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La responsabilità degli amministratori


In questa seconda parte del corso il prof ci vuole parlare degli amministratori e per questo ha parlato della disciplina del bilancio d’esercizio che rappresenta uno degli obblighi fondamentali per gli amministratori; ora vuole proseguire con il tema della responsabilità degli amministratori; anche qui il prof prende le mosse dalla disciplina della SpA per poi parlare della peculiarità della Srl.
Il tutto sarà affrontato sotto il profilo del diritto sostanziale e fallimentare per poi fare un cenno alla responsabilità nei gruppi.
Si potrebbe fare un discorso parallelo sulla responsabilità dei sindaci e dei revisori della SpA; ma qui parliamo della responsabilità degli amministratori.
Partiamo da una constatazione che viene spesso ripetuta: il tema della responsabilità degli amministratori trova un suo terreno di elezione in un certo ambito. È vero che nelle società di minori dimensioni e cioè nelle Srl la responsabilità degli amministratori emerge anche in modo diverso e cioè laddove la società sia in bonis, in salute e tuttavia esistano contrasti tra i soci che molto spesso portano ad una azione di responsabilità. Questo tanto più nell’ambito della Srl laddove l’azione di responsabilità può essere promossa da ogni socio e questo porta talvolta a delle situazioni pesanti in cui ogni socio può agire in responsabilità verso gli amministratori e verso gli altri soci. Ma almeno nelle società ad un certo livello l’azione in responsabilità verso gli amministratori è rarissima; nelle grandi società quotate è sostanzialmente sconosciuta perché spesso gli amministratori sono soci o fiduciari dei soci ed inoltre perché quest’azione rappresenta una gravissima lesione d’immagine della società. Questi sono i motivi per cui è molto difficile scattino delle azioni in responsabilità, mentre il terreno d’azione è piuttosto quello fallimentare: se la società fallisce il curatore ha la possibilità di agire in responsabilità verso gli amministratori, anzi ne ha il pieno dovere e proprio su questo terreno l’azione in responsabilità trova la sua piena applicazione.
Il prof l’ha già ripetuto più volte ma vale la pena ritornare su questo tema analitico per poi verificare le peculiarità proprie della Srl; lasciamo da parte la responsabilità penale degli amministratori in quanto non è di nostra competenza; esiste una disciplina che si chiama diritto penale commerciale o diritto penale societario che si occupa di questo tema, ma a noi non interessa.
Dal punto di vista civilistico della SpA il legislatore prevede alcune ipotesi di responsabilità degli amministratori:
-Responsabilità degli amministratori verso la società: è l’ipotesi in cui gli amministratori abbiano arrecato un danno al patrimonio della società. Qui c’è una considerazione elementare però a volte è fonte di qualche confusione: il termine responsabilità è usato nel diritto societario in due accezioni che non hanno nulla in comune. Si parla di responsabilità di (alcuni) soci per le obbligazioni sociali (la responsabilità dei soci della società di persone, la responsabilità degli accomandatari nella sapa) quando si intende che il socio è tenuto ad adempiere alle obbligazioni sociali in solido con la società ed i creditori possono agire chiedendo il pagamento alla società oppure ai soci.
La responsabilità degli amministratori, dei revisori e dei sindaci è qualcosa di totalmente diverso: qui si prende in considerazione la sanzione degli amministratori, del collegio sindacale o dei revisori che consiste nel risarcimento del danno arrecato da questi soggetti.
Quindi un conto è la responsabilità verso le obbligazioni sociali, un’altra cosa è la responsabilità che comporta il pagamento del danno.
Gli amministratori sono responsabili verso la società e hanno l’obbligo di risarcire alla società il danno ad essa provocato in presenza di certi presupposti.
Ricorderete dal corso di istituzionale che la responsabilità per danni sia di duplice natura e cioè che esistano due ipotesi di responsabilità per danni disciplinate in modo diverso:
- responsabilità contrattuale;
- esponsabilità extra-contrattuale.
La responsabilità contrattuale è quella che deriva dalla violazione di un preciso obbligo che può derivare da contratto o da altra fonte; la responsabilità extra-contrattuale è quella che invece deriva dalla violazione del fondamentale principio previsto dall’articolo 2043 del Codice Civile ovvero quella che deriva dal comportamento che reca danno ingiusto in assenza di vincoli contrattuali.
Se è stato stipulato un contratto di amministrazione e se il somministrante deve fornire un certo materiale entro un certo termine e non lo fornisce e questo fatto impedisce la produzione, questo comporta un danno e dal momento che il somministrante è legato a me da un obbligo contrattuale, il ritardo nella fornitura costituisce una violazione di un preciso obbligo derivante da un contratto; si tratta qua di responsabilità contrattuale; se invece mentre cammino un automobilista mi investe e mi ferisce subisco un danno, senza avere alcun rapporto contrattuale con l’automobilista, ma la sua condotta comporta un danno ingiusto che a norma del fondamentale 2043 deve essere risarcito. (ipotesi di responsabilità extra-contrattuale).
Sulla base di questa distinzione, non dovrebbe esserci dubbio sulla natura della responsabilità degli amministratori verso la società quando hanno arrecato un danno al patrimonio sociale : è senza dubbio una società contrattuale perché esiste un preciso rapporto tra gli amministratori e la società. Quando l’assemblea ordinaria nomina gli amministratori, pone in essere una vera e propria proposta contrattuale, quando gli amministratori accettano la carica, è una vera e propria accettazione della proposta e così si stipula un contratto tipico di amministrazione che comporta per gli amministratori certi doveri oltre che certi diritti (come il compenso) e la violazione di questi doveri se causano danno per la società è causa di responsabilità che deriva da un obbligo nascente da un contratto tra società e amministratori. Quali sono i presupposti cioè quando gli amministratori sono tenuti a risarcire il danno provocato al patrimonio della società?
L’articolo 2392 del Codice Civile rubricato “responsabilità degli amministratori verso la società” recita : “Gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze”. Abbiamo visto come esista un contratto che lega società ed amministratori; da questo contratto derivano doveri a carico degli amministratori, molti di questi sono previsti dallo stesso legislatore mentre altri sono richiesti dallo statuto. Gli amministratori devono adempiere questi doveri con la diligenza professionale.
“Essi sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall'inosservanza di tali doveri, a meno che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite ad uno o più amministratori.”
La norma ci dice con chiarezza quali sono i presupposti di questa responsabilità :
- violazione dei doveri imposti dalla legge o dallo statuto e derivanti dall’atto di amministrazione;
- danno derivanti dalla violazione di questi doveri per il patrimonio della società.
Vediamo ciascuno di questi presupposti:
- violazione dei doveri: il prof si è già soffermato su questo punto molto importante. Quindi la responsabilità scatta in presenza di violazione dei doveri; la responsabilità non sussiste laddove gli amministratori abbiano compiuto un errore di gestione; l’errore di gestione non è fonte di responsabilità. Occorre che ci sia un dovere e la violazione di quel dovere. Però attenzione va sottolineato – anche se lo si poteva ricavare anche implicitamente - che oggi il legislatore dice a chiare note agli amministratori che devono agire con la dovuta diligenza (si pensi alla creazione di procedure adeguate e standardizzate delle loro scelte) e devono fare un’attività preparatoria delle scelte gestionali. Quindi gli amministratori non rispondono delle scelte gestionali; se le cose sono andate male è un errore di gestione ma devono porre in essere nel modo migliore l’attività preparatoria delle scelte. Possono quindi essere responsabili per violazione dei doveri relativamente a questa attività preparatoria. Qualcuno ha usato questa formula: “non si risponde su che cosa si è scelto, ma su come si è arrivato alla scelta”.
- Danno: occorre che la violazione del dovere provochi per il patrimonio della società un danno perché esistono violazioni di doveri che non sono per la società un danno. In questo caso possono scattare altre sanzioni ad esempio gli amministratori che violano i loro doveri senza provocare danno alla società possono essere revocati, ma non ci può essere la sanzione per risarcimento del danno perché sarebbe contradditorio pagare una somma di denaro pari ad un danno che non si è causato.
Ancora la responsabilità è chiaramente definita dall’articolo 2392 come responsabilità solidale. Nell’ambito della disciplina delle obbligazioni sociali riportata nel libro IV si trova la regola generale: quando ci sono più obbligati sono obbligati solidalmente, questo vuole dire che il creditore può chiedere l’intero a ciascuno, poi questo potrà rivalersi sugli altri. Quindi se ci sono cinque amministratori che hanno fatto una scelta sconsiderata perché non hanno posto in essere le procedure adeguate, arrecando al patrimonio sociale danno di 100, la società potrà chiedere 100 all’amministratore 1 che potrà più facilmente degli altri pagare questa somma. L’amministratore 1 deve pagare la somma e poi potrà rivalersi sugli altri e immaginando che ci sia una responsabilità paritetica potrà quindi chiedere agli amministratori la restituzione di 20 ciascuno.
La regola della responsabilità ha due eccezioni:
- non risponde l’amministratore dissenziente, quindi laddove ci siano più amministratori in Cda e laddove la decisione in questione sia stata presa a maggioranza, l’amministratore dissenziente non è responsabile. Però ha l’obbligo di fare constare a verbale il proprio dissenso;
- l’altra eccezione è costituita dall’ipotesi già in parte esaminata della delega: gli amministratori deleganti non sono responsabili dell’operato degli amministratori delegati salvo che siano venuti a conoscenza dell’atto pregiudizievole posto in essere dai delegati e non abbiano fatto nulla per evitarlo o quantomeno per attenuarne le conseguenze. Se gli amministratori deleganti non sono venuti a conoscenza dell’atto pregiudizievole oppure una volta venuti a conoscenza dell’atto pregiudizievole hanno fatto quanto in loro potere per attenuarne le conseguenze, non sono responsabili dell’atto compiuto. Se invece i delegati hanno posto in essere un atto pregiudizievole ed i deleganti venuti a conoscenza non hanno fatto nulla per attenuare l’atto pregiudizievole, saranno responsabili deleganti e delegati.
Tutto questo è detto dall’articolo 2392 in cui si dice che: “In ogni caso gli amministratori, fermo quanto disposto dal comma terzo dell'articolo 2381, sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose”.
E ancora: “La responsabilità per gli atti o le omissioni degli amministratori non si estende a quello tra essi che, essendo immune da colpa, abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio, dandone immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale.”
Questa è l’ipotesi della responsabilità degli amministratori verso la società.
- Abbiamo poi l’ipotesi della responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali: qui ci troviamo sicuramente di fronte all’ipotesi di responsabilità extracontrattuale: non c’è nessun rapporto diretto tra amministratori e creditori, è un’ipotesi paragonabile a quella del pedone messo sotto la macchina,e quando scatta questa responsabilità? La responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali è caratterizzata dai presupposti che già conosciamo ( pregiudizio e danno), ma rispetto a quella precedente ha un requisito in più. È abbastanza evidente se si pensa ad un esempio di questo tipo: gli amministratori pongono in essere una scelta sconsiderata creando un danno per la società pari a1.000. Il patrimonio della società è di 10.000 e i debiti verso i creditori sono di 500. Quindi anche se si causa un danno a causa di un comportamento scorretto e dannoso, ma c’è un patrimonio restante di 9.000 con un esposizione creditoria di 500 i creditori sono ampiamente garantiti.
Diverso è il discorso se ci fosse un danno di 500 su un patrimonio di 1.000 con un’ esposizione debitoria per 600; i creditori sono garantiti dalla presenza di un patrimonio di 1000, se c’è un danno per cinquecento e il patrimonio si riduce per la metà i creditori non sono più tutelati. Quindi affinché scatti la responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali occorre qualcosa di più rispetto alla violazione dei doveri e al danno per il patrimonio della società: occorre il pregiudizio per i creditori e cioè che il patrimonio della società a causa del danno si contragga in modo tale da pregiudicare i creditori: il pregiudizio per i creditori consiste proprio in questo e cioè in una contrazione del patrimonio sociale che diventi insufficiente a garantire il loro credito.
Ritorniamo al nostro esempio e supponiamo per semplicità un unico creditore con credito per 600 e patrimonio di 1000; se il patrimonio per colpa degli amministratori si riduce a 500 il creditore rileva un danno di 100 e può chiederne il risarcimento. Questo danno è in capo agli amministratori perché sono loro che hanno creato il danno facendo contrarre il patrimonio della società e quindi gli amministratori non hanno trovato un patrimonio sufficiente. Il danno è imputabile agli amministratori per 100. Questa è un’azione praticamente sconosciuta, il prof si ricorda un caso o due di azioni promosse dai creditori sociali anche perché come tutte le azioni giudiziarie hanno dei costi e tempi lunghissimi; è invece un’azione molto presente in sede fallimentare.
- ultimo caso: la responsabilità degli amministratori verso singoli soci o terzi quindi per il danno che colpisce non il patrimonio della società ma il patrimonio di singoli soci o terzi; si tratta di responsabilità singolarmente extracontrattuale in quanto non c’è nessun rapporto; il danno non va a colpire il patrimonio della società, ma quello di singoli soci o terzi. I casi più frequenti sono quelli di non corrette informazioni ad esempio l’amministratore dà ad un socio informazioni non corrette che portano il socio ad acquistare o vendere azioni ad un prezzo non congruo oppure informazioni errate date ai terzi come l’amministratore che dice al fornitore di continuare a fornire tranquillo, poi la società si trova sull’orlo del fallimento. Ecco che il terzo fornitore sulla base di informazioni non corrette ha continuato una certa fornitura ed ha avuto un danno. Questa il prof ripete è una responsabilità extra contrattuale che può essere fatta valere da singoli soci o terzi direttamente danneggiati dagli amministratori stessi.
Questo è il panorama, dovremo svilupparlo vedendo come questa azione possa essere promossa in determinate circostanze.
La responsabilità verso la società deve essere fatta valere dalla società con una delibera dell’assemblea ordinaria oppure da soci di minoranza che rappresentino almeno il 20 %  del capitale sociale e che agiscono per conto della società; la responsabilità nei confronti di singoli creditori può essere fatta valere da singoli creditori; la responsabilità nei confronti di singoli soci o terzi può essere fatta valere dai soci o terzi.
Vedremo come questa responsabilità può anche essere fatta valere da altri soggetti che sono i sindaci, il commissario giudiziario e soprattutto il curatore, e poi vedremo di ribaltare il discorso sulle Srl e il caso della responsabilità nei gruppi.
Stavamo esaminando le varie ipotesi di responsabilità degli amministratori in S.p.A..
Gli amministratori rispondono verso la società,i creditori sociali, i singoli soci o i terzi. Abbiamo esaminato la natura di queste responsabilità (e cioè contrattuale verso la società e extra-contrattuale le altre 3) e i presupposti di applicazione, cioè in ogni caso di violazione dei propri doveri e danno al patrimonio della società nel primo caso, danno al patrimonio della società con conseguente pregiudizio per i creditori sociali nel secondo caso, quindi un danno tale da rendere il patrimonio incapiente rispetto ai debiti della società, un danno diretto al patrimonio dei singoli soci o terzi.
Bene, questa disciplina è quella propria della S.p.A..
Se passiamo alle S.r.l. troviamo una prima peculiarità su cui ci siamo già soffermati ampiamente, e cioè il caso in cui la competenza gestoria sia attribuita ai soci o a singoli soci, qui la responsabilità per atti di mala gestio fa capo ai soci e ai singoli soci oltre chè agli amministratori.
Una seconda peculiarità è questa: se mettiamo a confronto le norme sulle responsabilità degli amministratori di S.p.A. (gli articoli 2392 e seguenti) con l’art. 2476 sulla responsabilità degli amministratori di S.r.l. scopriamo che c’è  la responsabilità verso la società, c’è la responsabilità verso i singoli soci o i terzi ma non c’è la responsabilità verso i creditori sociali.
Quindi nell’ambito delle S.r.l. in legislatore prevede espressamente, in modo esclusivo, la responsabilità degli amministratori verso la società e verso i singoli soci o terzi, di conseguenza gli amministratori di S.r.l. non rispondono verso i creditori sociali.
Quando degli amministratori di S.r.l. fanno degli atti di mala gestio depauperando il patrimonio della società, rendendolo addirittura incapiente per i creditori sociali, questi non hanno strumenti di difesa.
I creditori nei confronti della S.p.A. possono puntare il dito contro gli amministratori dicendo “Brutti e Cattivi” e agendo in responsabilità, i creditori della S.r.l. debbono restare privi di tutela.
Al professore questa sembra una soluzione senza senso. Perché mai i creditori di una S.p.A.. di fronte ad atti di mala gestio che depauperano il patrimonio sociale tale da renderlo totalmente insufficiente al lo soddisfacimento,  hanno uno strumento di difesa di fronte a un atto che li pregiudica, mentre quelli di S.r.l. no?
Nel fallimento queste sono azioni concesse al curatore a tutela del ceto creditorio; il prof crede che una interpretazione di questo genere (S.p.A. sì e S.r.l. no) dovrebbe costituire una ipotesi fondata di incostituzionalità per disparità di trattamento.
Come noi sappiamo, esiste il principio fondamentale all’art. 3 della parità di trattamento, che impone al legislatore di trattare nello stesso modo situazioni equivalenti. Il prof non riesce a vedere differenza di situazioni in quanto siamo sempre di fronte a società caratterizzate da una responsabilità limitata con un creditore che trova l’unica garanzia nel patrimonio della società e quindi questo deve essere gestito in modo corretto. Se dovesse essere gestito in modo non corretto, i gestori devono essere responsabili dei danni che hanno causato, sia nelle S.p.A. sia nelle S.r.l..
Come colmare questa lacuna? È possibile, nel silenzio del legislatore ritenere che esista una responsabilità verso i creditori sociali anche per gli amministratori di S.r.l.?
Certamente il legislatore storico, cioè chi ha scritto queste norme, sembrava che questo regime di responsabilità dovesse mancare, perché è difficile immaginare che l’art. 2476 scritto in parallelo con le norme della S.p.A. e quindi prima parla della responsabilità degli amministratori verso la società e poi della responsabilità verso i singoli soci o terzi, sia stato scritto dimenticando, per pura dimenticanza, la terza ipotesi di responsabilità.
Chi l’ha scritto questa norma sapeva benissimo dei tre regimi di responsabilità; se l’ha lasciata da parte voleva lasciarla da parte.
Ma le norme del legislatore storico vanno interpretate in modo sistematico. Qui diventa estremamente importante “la qualificazione della responsabilità”: questa è una responsabilità extracontrattuale; quindi è una responsabilità che deriva agli amministratori dal fatto che hanno violato i loro doveri e hanno causato un danno ingiusto ai creditori. È lo stesso tipo di responsabilità che grava su chi, con un auto violando le norme di condotta, investisse un pedone o un’altra auto. È una responsabilità ex.art. 2043. Ed allora, anche se il legislatore non l’ha espressamente previsto, anche se c’è una lacuna nella norma, possiamo ugualmente arrivare alla conclusione dell’esistenza di questa responsabilità (quindi verso i creditori sociali per gli amm.ri di S.r.l.) basandosi sui principi generali, sull’art. 2043.
Quindi il 2476 delle S.r.l. non riporta questa ipotesi; bene, ma dato che il 2043 esiste e un amministratore che violando i proprio doveri depaupera il patrimonio della società in modo da rendere incapiente e quindi da arrecare un danno ai creditori, viola il 2043. Per cui se non soccorre la disciplina delle S.r.l., soccorre la norma generale del 2043. Quindi si può concludere, ed è anche un opinione largamente condivisa in giurisprudenza, che anche gli amministratori di S.r.l. siano responsabili verso i creditori sociali. Sotto questo profilo, il professore crede non esista differenza tra S.p.A. e S.r.l.; l’unica differenza sta nel fatto che qui (S.r.l.) abbiamo anche la responsabilità dei soci gestori.
Bene, il prof ci diceva che l’azione di responsabilità nei confronti della società, nell’ambito delle S.p.A., è piuttosto rara. Le ragioni di ciò sono tante; questa azione provoca anche un danno di immagine per la società; ma la ragione fondamentale è che questa azione, almeno stando alla disposizione originaria del codice, da chi può essere promossa? Quale organo decide la promozione dell’azione di responsabilità nella S.p.A. nei confronti degli amministratori? Beh, l’assemblea ordinaria dei soci.
Ma allora, l’assemblea ordinaria dei soci nomina gli amministratori; l’assemblea ordinaria dei soci può promuovere l’azione di responsabilità. In sostanza, la stessa maggioranza che nomina gli amministratori è quella che può poi agire in responsabilità.
Ecco perché è abbastanza raro che queste azioni di responsabilità siano promosse dall’assemblea, perché sarebbe la stessa maggioranza che ha nominato gli amministratori che poi va a colpire quelli che erano stati, dalla stessa maggioranza, nominati come i propri fiduciari.
Ed allora, già il legislatore nel 42 e poi successivamente, ha introdotto dei correttivi.
Qui fa la storia perché crede che sia importante: nel 42, il legislatore di S.p.A. ha dato la possibilità di promuovere l’azione di responsabilità all’assemblea ordinaria, che vuol dire attribuire la stessa maggioranza che ha nominato gli amministratori. Perciò se la maggioranza è d’accordo con gli amministratori, questi non verranno mai rimossi. La minoranza perciò non può rimuoverli.
Il legislatore del 42 ha introdotto un primo correttivo. Lo stesso legislatore che ha sbarrato la strada alla minoranza per la promozione di questa azione di responsabilità, che ha attribuito la promozione di questa azione alla sola maggioranza, ha però introdotto un correttivo sicuramente importante.
Il correttivo è costituito dall’articolo 2409, norma molto importante nella governance della S.p.A., denominato “Denuncia al Tribunale”. È una denuncia che non ha nulla a che vedere con la denuncia penalistica, perché è una procedura civilistica. Precisamente è la denuncia di gravi irregolarità da parte degli amministratori fatta da soci di minoranza al tribunale.
Quindi il ragionamento del legislatore più o meno è questo: se gli amministratori compiono atti di mala gestio e se la maggioranza è connivente o comunque la maggioranza non intende avvalersi dell’azione di responsabilità per revocare gli amministratori, possono i soci di minoranza, attraverso l’intervento del tribunale, avere uno strumento di tutela.
Questo era uno strumento di tutela offerto ai soci di minoranza che raggiungano una percentuale abbastanza elevata, cioè deve essere un socio o più soci che raggiungano il 10% del capitale sociale, altrimenti questa azione può anche essere promossa dal Pubblico Ministero e quindi i soci che non raggiungessero questa maggioranza del 10% avrebbero potuto attivare il PM e cioè informare il PM di gravi irregolarità e poi il PM, se lo riteneva, poteva promuovere questa azione.
Quindi era un’azione utilizzabile di fronte a gravi irregolarità degli amministratori, utilizzabile sia dai soci di minoranza che raggiungessero il 10%, sia dal PM con la possibilità per i soci di minoranza al di sotto del 10%.
Notare che questa azione presuppone gravi irregolarità da parte degli amministratori; non presuppone necessariamente un danno.Mentre l’azione di responsabilità presuppone un danno, perché si chiede il risarcimento di un danno. Qui invece la denuncia viene effettuata anche solo in presenza di gravi irregolarità che non abbiano ancora provocato un danno.
Bene. Il tribunale deve svolgere un’attività di tipo istruttorio; deve vedere se questi fatti censurabili sono effettivamente sussistenti e può farlo in vari modi: deve sentire gli amministratori e i sindaci; se vuole può nominare un consulente che svolga un’attività ispettiva.
Bene. Svolta questa prima fase istruttoria diretta a verificare se esistono i presupposti e i fatti gravi denunciati, il tribunale ha aperte 2 strade, due possibilità:
-Una strada decisamente “soft” è quella della convocazione dell’assemblea, in quanto intervenga l’assemblea e provveda nominando anche altri amministratori;
-La seconda strada è molto più invasiva, ed è quella di revocare gli amministratori e sostituirli con un amministratore giudiziario con il compito di portare avanti un certo programma di risanamento dettato dal tribunale, e alla fine, quando l’amministratore giudiziario avrà terminato il suo compito, o la situazione è tornata ad un clima di legalità oppure la società di scioglie (nell’acido..).
Questo meccanismo di tutela per i soci di minoranza, questo meccanismo che consente ai soci di minoranza di far sentire la loro voce quando la maggioranza non fa niente (o è addirittura connivente con gli amministratori), prevede tra l’altro che l’amministratore giudiziario possa esperire l’azione di responsabilità contro gli amministratori.
Che cosa è successo in epoche successive?
La riforma del 2003 (entrata in vigore nel 2004) è stata preceduta da un’altra importante riforma delle società quotate.
Il legislatore ha iniziato il processo di riforma dai “piani alti”, cioè dalle società quotate per poi riformare tutte le società.
La riforma delle quotate del 1998 (anno maledetto in cui quei francesi di m…hanno vinto il mondiale!) prevedeva che per le quotate i soci che raggiungessero una certa maggioranza potessero esperire l’azione di responsabilità.
Quindi introduce l’azione di responsabilità posta in essere con deferimento dell’assemblea, da soci di minoranza. Quindi introduce la legittimazione ai soci di minoranza che raggiungessero certe percentuali diversificate, la legittimazione ad esperire l’azione di responsabilità.
Questo significa che, dinnanzi all’inerzia dell’assemblea, anche i soci di minoranza qualificata possano esperire l’azione di responsabilità, ma l’azione di responsabilità che spetta alla società e quindi si sostituiscono alla società ed esperiscono un’azione che se ha successo, porta al risarcimento dei danni a favore della società.
Andiamo alla riforma del 2003 entrata in vigore nel 2004, che porta ad una tutela sia maggiore che minore, cioè un colpo di acceleratore e poi di freno (cribbio però..prima mi sgasi e poi mi freni..)
C’è un colpo di acceleratore perché  la riforma del 2003 estende a tutte le società la possibilità per la minoranza qualificata del 20% di esperire l’azione di responsabilità.
Cioè quelle che era una facoltà per le minoranze data solo alle quotate, diventa una facoltà per tutte le società. In questo senso è un’accelerazione, cioè uno strumento di tutela a favore delle minoranze di tutte le società.
Il colpo di freno è dato invece sul 2049, perché l’azione del 2049 di denuncia la tribunale oggi può essere messa in moto, sempre dai soci che raggiungano il 10% del capitale sociale, ma non più dal PM, se non per le quotate.
Quindi i soci al di sotto del 10%, in realtà non hanno più strumenti di tutela perché prima potevano attivare il PM, oggi non più.
Nel 2005, con gli scandali di tipo finanziario come Enron, Parmalat e Berlusconi, è stata introdotta una legge cosiddetta “a tutela del risparmio” che introduce una novità interessante: legittima all’esercizio dell’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori anche i sindaci.
Quindi i sindaci o i soci, sia pure con una particolare maggioranza, possono promuovere l’azione di responsabilità.
Allora, alla fine della fiera, qual è la situazione attuale per la S.p.A.?
L’azione di responsabilità può essere promossa:
- dall’assemblea ordinaria; questo è il soggetto legittimato normalmente;
- dai soci di minoranza che raggiungano una certa percentuale;
- può essere promossa dai sindaci, cioè dal collegio sindacale con una certa maggioranza; e
- può essere promossa dal commissario giudiziale nel caso in cui sia stata nominato nel caso del 2409.
In particolare, i soci di minoranza che raggiungano il 10%, o per le quotate anche il PM, possono proporre, in presenza di gravi irregolarità, questa azione che può portare ad una decisione del tribunale di revoca degli amministratori e di nomina di un commissario giudiziale.
Cosa succede nelle S.r.l.?
Qui abbiamo una situazione più tutelante e meno tutelante. Il legislatore, nell’individuare le varie competenze dell’assemblea, non parla della promozione dell’azione di responsabilità.
Questo è un pochino strano: l’assemblea di S.r.l., i soci della S.r.l. attraverso le loro decisioni, non possono promuovere l’azione di responsabilità?
Il legislatore non lo dice. Perché non potrebbe promuoverla, nonostante quella di S.p.A. può?
Come l’assemblea di S.p.A, quella di S.r.l. esprime la volontà della società. Questa è una azione che vede come soggetto attivo, cioè come legittimato, la società; è la società che chiede di essere risarcita della mala gestio degli amministratori, perché non potrebbe promuoverla?
Stranamente, per un certo periodo, l’ottava sezione del Tribunale di Milano che è competente in materia societaria, ha detto che l’assemblea di S.r.l. non poteva promuovere l’azione sociale di responsabilità, con una tesi veramente strana, tanto è vero che oggi è stata corretta e si dice esattamente l’opposto.
Oggi l’assemblea di S.r.l., come l’assemblea di S.p.A., possa promuovere l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori di S.r.l.. E poi? E poi il legislatore ci dice espressamente che legittimato è anche ogni socio. Quindi ogni socio può promuovere l’azione sociale di responsabilità indipendentemente dalla sua partecipazione. C’è una differenza netta tra le S.p.A. (dove può essere promossa solo se ho una partecipazione qualificata pari al 20%) e S.r.l., dove ciascun socio può promuovere questa azione (e quindi anche i soci con una partecipazione dello 0.000001% possono promuovere l’azione sociale di responsabilità nei confronti di amministratori di S.r.l. che abbiano danneggiato il patrimonio della società).
E poi? Ma oreste…non è che vuoi sapere un po’ troppo.. lo sai che poi ti fanno le scarpette…
E poi non c’è dubbio che laddove sia obbligatoria la nomina del Collegio Sindacale, si applica la disciplina della S.p.A. e quindi il Collegio Sindacale può esperire l’azione sociale di responsabilità così come il Collegio Sindacale della S.p.A.
Tormentone: il 2409, cioè la denuncia al tribunale; vale nell’ambito delle S.r.l.?
Il legislatore non ne parla. Non c’è nessuna norma che esplicitamente o per rinvio, faccia riferimento al 2409.
La prima impressione è che il 2409 sia fuori gioco e quindi nell’ambito delle S.r.l. non ci sia questa possibilità per i soci di avvalersi di questo strumento di tutela.
Questa tesi è stata contrastata da una parte della dottrina con questo tipo di argomentazione: il 2409, e cioè la denuncia al tribunale di gravi irregolarità, è uno strumento che può essere attivato dai soci che raggiungano il 10% del Capitale sociale, dal PM per le società quotate e può essere attivato dal Collegio Sindacale.
Quindi il 2409 in qualche misura è anche collegato al Collegio Sindacale. Il Collegio Sindacale oggi ha dei poteri molto più forti di un tempo.
Un tempo poteva solo riferire all’assemblea; oggi può esperire l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e può anche denunciare gravi irregolarità degli amministratori chiedendone la revoca e la sostituzione con l’amministratore giudiziario.
Quindi il 2409 con l’esperimento dell’azione di responsabilità rappresenta un bagaglio sanzionatorio, uno strumento sanzionatorio del Collegio Sindacale. Per cui si è ragionato: siccome il legislatore, nell’ambito delle S.r.l. è obbligatoria la nomina del Collegio Sindacale, richiama la disciplina del Collegio Sindacale, ecco allora che devono essere richiamate tutte le norme del Collegio Sindacale e allora anche queste norme che attribuiscono al Collegio Sindacale la legittimazione a promuovere la denuncia al tribunale, in quanto fa parte della disciplina del Collegio Sindacale.
In realtà il rinvio alle norme del Collegio Sindacale è un rinvio esclusivamente alle norme in tema di nomina, modalità di funzionamento che il 2409 non segue.
Si apre un'altra questione di legittimità costituzionale: alcuni tribunali hanno sollevato innanzi alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale per o eccesso di delega (non sono state rispettate le norme in tema di delega) o per disparità di trattamento, dicendosi che non è costituzionalmente legittima, per disparità di trattamento, perché il 2409 non vale per le S.r.l. ma solo per le S.p.A..
La Corte Costituzionale si è pronunciata respingendo la questione di costituzionalità, dichiarandola infondata (ah..meno male!) e ragionando in questi termini: notate che quando la Corte Costituzionale dichiara incostituzionale una norma la sua pronuncia fa “stato”, nel senso che da quel momento la norma è inapplicabile.
Quando invece la Corte Costituzionale dichiara costituzionale una norma e ne da una sua interpretazione, è un precedente molto autorevole ma non è vincolante.
La corte costituzionale ha ragionato così: nell’ambito delle S.p.A. i singoli soci non hanno strumenti di tutela, perché gli strumenti di tutela sono dati (se poi si potesse non parlare tanto, grazie..sarebbe possibile? grazie) o alla maggioranza (con deliberazione assembleare) o ai soci di minoranza qualificata. Nell’ambito delle S.r.l. addirittura i singoli soci hanno uno strumento di tutela: possono esperire l’azione di responsabilità e se importante, anche chiedere la revoca dell’amministratore.
Allora la corte costituzionale ragiona in questi termini: ma se ha il singolo socio la possibilità si esperire l’azione di responsabilità chiedendo al tribunale la revoca dell’amministratore, allora cosa serve il 2409? Già il singolo socio, non più i soci che rappresentano il 10% che hanno questa possibilità.
Della questione è stata investita (3 mesi di prognosi) la Corte di Cassazione, la quale ha ritenuto che il 2409 non fosse mai invocabile nell’ambito della S.r.l. ne dai soci, ne dai sindaci, proprio sulla falsa riga del ragionamento della corte costituzionale, dicendo che qui il 2409 non serve perché tanto qui è dato a ciascun socio, addirittura ai più piccoli soci, uno strumento di tutela costituito appunto dalla promozione dell’azione di responsabilità e la promozione dell’azione di revoca degli amministratori.
Il tribunale di Milano, nella primavera tra aprile e maggio di quest’anno (immaginatevi voi quanti piccioni ci saranno sul Duomo di Milano…), e andato all’incontrario di questa tesi, dicendo che il 2409 può essere utilizzato dai sindaci della S.r.l quando è presente come organo obbligatorio.
La sentenza della corte costituzionale che ha respinto il dubbio di costituzionalità non è vincolante e neanche i ragionamenti e le sentenze della corte di cassazione non sono vincolanti.
Non esiste nel sistema italiano il principio del “precedente vincolante”.
Ed allora il tribunale di Milano ha ragionato in un’altra prospettiva e anche in una visione realistica.
Intanto c’è una grande differenza tra lo strumento di tutela offerto dall’azione di responsabilità offerto dalla revoca degli amministratori e lo strumento di tutela offerto dal 2409; perché i singoli soci di S.r.l. possono agire in responsabilità e chiedere la revoca (anche con provvedimento immediato) degli amministratori, la nomina deve sempre essere fatta dalla maggioranza.
Invece per le S.p.A. è dato dal tribunale un importantissimo potere: ci sono dei casi in cui l’avere attribuito dei poteri al socio può rappresentare uno strumento particolare, perché il socio ha dei poteri, delle facoltà anche incisive ma le esercita esclusivamente nel proprio interesse e discrezionalmente; nessuno obbliga il socio ad agire in responsabilità e chiedere la revoca degli amministratori. Il Collegio Sindacale ha dei precisi doveri, quindi il collegio sindacale di fronte a gravi atti di mala gestio e restando inerte, se ne assume la responsabilità.
Quindi in un caso ha il potere, nell’altro ha il dovere. Il socio PUO’ agire in responsabilità e chiedere la revoca degli amministratori; il collegio sindacale in presenza di gravi irregolarità DEVE agire in responsabilità e attivare il 2409, chiedendo la revoca degli amministratori e la nomina di un amministratore giudiziario.
Quindi laddove la S.r.l. sia di maggiori dimensioni e quindi sia obbligatoria la presenza del collegio sindacale, il tribunale di Milano ritiene che questo potere debba rimanere in mano al collegio sindacale proprio per un interesse privato, dei singoli soci ma che per l’interesse della collettività in senso generale, per la corretta gestione della società.
Se non avesse questo potere, di fronte a soci che siano inerti a provvedere,che cosa si può fare? Il collegio sindacale non può fare nulla.
L’azione di responsabilità è sempre un’azione a posteriori, cioè è un’azione che presuppone che ci sia stato un atto illegittimo, un atto che abbia arrecato un danno e che debba cancellare un danno.
Mentre l’azione del 2409 può essere un’azione anche preventiva, perché di fronte a gravi irregolarità io posso bloccare la continuazione di questo tipo di attività chiedendo al tribunale di revocare l’amministratore e nominare un nuovo amministratore giudiziario. Eliminare questa possibilità può essere danno per la società, almeno per la società di maggiori dimensioni dove è presente il collegio sindacale.
D’altra parte può essere più che convincente ritenere che il legislatore richiama la disciplina del collegio sindacale la richiama in toto e in particolare proprio sotto il profilo degli strumenti sanzionatori.
Ma se c’è un socio unico e questo socio unico addirittura si nomina amministratore, quale strumento di tutela ci sarà?
Se non c’è questo strumento di tutela del 2409 chi mai potrà agire in responsabilità contro gli amministratori? Il socio unico non si farà mai l’azione contro se stesso.
Oggi il discorso sull’applicazione del 2409, almeno nelle società di maggiori dimensioni dove il collegio sindacale è obbligatorio e almeno come strumento utilizzato dai sindaci, ha una nuova possibilità di venire in considerazione proprio grazie all’orientamento, a questa preso di posizione recente del tribunale di Milano.
Quindi, anche qui cercando di fare una sintesi, l’azione di responsabilità nei confronti di amministratori di S.r.l. può essere promossa da:
- assemblea dei soci (anche se il legislatore non lo dice);
- dai sindaci, come dice il legislatore;
- dal collegio sindacale ; e anche dal
- commissario giudiziale nominato in applicazione del 2409 se si ritiene applicabile, laddove sia obbligatorio il collegio sindacale e dove il collegio sindacale si attivato.
Domande dubbi? Dubbi?
Bene. Vediamo un altro fronte che riguarda S.p.A. e S.r.l.: cosa succede se, in presenza di mala gestio degli amministratori (e poi il discorso cambia se ci sono i revisori), la società fallisce.
Qui abbiamo un’interessante interferenza tra diritto societario e diritto fallimentare.
Le azioni di responsabilità, quando sono espressioni del disaccordo tra i soci nelle piccole società, normalmente sono sempre il frutto di un’azione promossa in sede fallimentare.
Il caso di fallimento il curatore deve verificare la causa del fallimento, deve verificare le condotte degli organi societari e in particolare degli amministratori  e deve verificare se sono stati posti in essere comportamenti non legittimi e se questi comportamenti abbiano determinato un danno per la società.
I comportamenti illegittimi più frequenti sono soprattutto 2:
- avere occultato le perdite attraverso dei bilanci non corretti;
- occultando le perdite attraverso bilanci non corretti, di aver proseguito l’attività sociale anche quando la società era in stato di insolvenza e quindi ci sarebbe stato modo di chiedere la dichiarazione di fallimento.
Questa è la situazione più frequente, cioè aver mascherato lo stato d’insolvenza e quindi di aver prolungato l’agonia della società aumentando il dissesto societario.
Bene. In sede fallimentare, nel 2006 il legislatore è intervenuto con una riforma ed è intervenuto sul tema della responsabilità del fallimento della società.
Questo tema ha 2 profili fondamentali: l’azione di responsabilità e quello poi più importante del fallimento dei soci illimitatamente responsabili.
Per capire questa nuova norma del 146 si deve tener conto che i commissari governativi che hanno redatto questa norma, si sono trovati davanti a 2 esigenze:
- un problema piccolo era quello di mettere la norma al passo con le riforma societarie;
- un problema grosso era quello della mancanza di una responsabilità in espressa previsione della responsabilità degli amministratori di S.r.l. nei confronti dei creditori sociali.
Il vecchio articolo 146 della legge fallimentare suonava più o meno così:
“l’azione di responsabilità spettante alla società e quella spettante ai creditori sociali, in caso di fallimento, sono promosse dal curatore”.
Il curatore sostituisce il fallito anche sotto il profilo processala, e quindi l’azione di responsabilità che sarebbe spettata alla società nei confronti degli amministratori è esperita dal curatore (e qui non ci piove).
Quando la società era in bonus era legittimata ad esperirla; se non è più in bonus è legittimato ad esperirla il curatore.
È invece meno scontato che l’azione dei creditori spetti al curatore. In realtà, se non ci fosse questa norma, l’azione promuovibile del creditore, anche dopo il fallimento potrebbe continuare ad essere promuovibile dal creditore.
Io non sono stato pagato perché quell’amministratore brutto e cattivo ne ha combinate di tutti i colori, anche se è intervenuto il fallimento io posso sempre, come creditore insoddisfatto, prendermela con l’amministratore.
È il legislatore che è intervenuto con una norma di carattere eccezionale dicendo No!. Intervenuto il fallimento, i creditori non possono più agire in responsabilità, ma quella azione che sarebbe spettata ai vari creditori viene promossa dal curatore.
Quindi il curatore è legittimato a sostituirsi alle società e ai creditori. Può promuovere sia l’azione sociale di responsabilità che sarebbe spettato alla società sia l’azione che sarebbe spettata ai creditori. Attenzione: è chiaro che se la società è fallita, vuol dire che non è in grado di pagare regolarmente i creditori (nozione di stato d’insolvenza).
Se il fallimento è stato causati dagli amministratori, e quindi ci sono delle responsabilità degli amministratori, sicuramente esiste una responsabilità degli amministratori verso la società e verso i creditori sociali.
Quando c’è un fallimento, se c’è una responsabilità degli amministratori verso la società c’è anche verso i creditori sociali, perché il danno che hanno arrecato al patrimonio della società sicuramente incide anche sui creditori sociali.
Seconda osservazione che potremmo fare: ma che cosa importa che il curatore possa esperire tutte e 2 le azioni, perché tanto cosa può chiedere il curatore agli amministratori oltre a risarcire il danno?
Il danno è lo stesso; se gli amministratori hanno creato un buco di 100 nel patrimonio della società e se la società è fallita, il curatore deve chieder 100 sia agendo in sostituzione della società sia in sostituzione dei creditori. Quindi il fatto che possa esperire 2 azioni sembrerebbe del tutto inutile, perché tanto il danno risarcibile è 1 solo.
Tutt’altro che inutile è questa circostanza, perché le azioni hanno 2 revoche diverse.
Il curatore potrebbe trovarsi in una situazione in cui potrebbe non poterne esperire una ma l’altra sì e anche il regime probatorio hanno delle caratteristiche diverse.
Quindi non poter esperire entrambe le azioni potrebbe creare dei problemi per il curatore.
Mettiamoci un attimo nella testa dei redattori di questo articolo.
Dovevano metterlo a norma della riforma societaria e dovevano prendere le mosse da questo interrogativo: ma esiste la responsabilità di amministratori di S.r.l. verso i creditori della società?
Le tesi che il prof ci ha illustrato erano un pochino più articolate, perché di fronte al silenzio totale da parte del legislatore c’era chi diceva che esisteva facendo il ragionamento del 2043. Ma anche tra coloro che diceva che esisteva c’era una disparità di vedute, perché c’era chi sosteneva che esiste la responsabilità degli amministratori di S.r.l. verso i creditori sociali nonostante il silenzio del legislatore, però siccome il legislatore non prevede nessuna norma apposita, questa norma esiste ma non è esperibile dal curatore.
Il curatore si sostituisce al fallito e non al creditore, ed allora si dice “sì, questa azione esiste ma siccome non c’è una norma che l’attribuisca al curatore, saranno i creditori nonostante il fallimento che la possono esperire”. Per cui avremo i creditori di S.p.A che in caso di fallimento che non possono esperire l’azione ma la esperisce il curatore, e i creditori di S.r.l. che invece, in caso di fallimento, sono tenuti se vogliono ed esperire l’azione.
Soluzione assolutamente fuori logica perché se è il curatore che esperisce l’azione, esperisce l’azione nell’interesse di tutti i creditori; se invece ciascun creditore può esperire un’azione autonoma, sarebbe una follia.
Questa soluzione del legislatore è una soluzione logica, perchè io potrei avere centinaia di creditori ognuno dei quali potrebbe esperire una sua azione per suo conto.
Non era facile arrivare alla conclusione che fosse il curatore legittimato ad esperire quest’azione perché manca la norma.
Questo è il panorama che si sono trovati di fronte i redattori dell’art. 146.
Azione di responsabilità sì da parte dei creditori o azione di responsabilità no?
Se sì, esperita dal curatore o dai singoli creditori?
Risposta: Gli amministratori di S.r.l. rispondono verso i creditori sociali e questa azione è esperita dal curatore.
Quindi il curatore di una S.r.l. fallita, può esperire l’azione oltre che nei confronti della società, anche nei confronti dei creditori.
E non lo hanno fatto, perché se avessero costruito una norma di questo genere, probabilmente sarebbe stata incostituzionale per eccesso di delega. Se avessero costruito una delega con una norma di questo genere, sarebbero andato a modificare il codice civile e le norme societarie, e quindi sarebbero probabilmente incorsi in un vizio di eccesso di delega.
Si sono posti un ulteriore problema: certamente potevano dire che l’azione sarebbe spettata al curatore, se esiste.
Avrebbero potuto costruire la norma dicendo: “se l’azione esiste, spetta al curatore”.
Hanno trovato una soluzione molto intelligente, e cioè non hanno più elencato le azioni. La norma dice solo “azioni di responsabilità”, mentre la vecchia recitava anche verso la società e verso i creditori.
La norma dice che le azioni di responsabilità spettano al curatore, ed è una soluzione intelligente perché da un lato i commissari non hanno preso posizione sull’esistenza dell’azione di responsabilità verso i creditori nelle S.r.l. perché avrebbero modificato il codice civile, dall’altro lato hanno detto che le azioni di responsabilità le si vedranno dal codice civile quali sono. Così hanno risolto il problema che se si ammette questa azione di responsabilità verso i creditori nelle S.r.l., la legittimazione spetta al curatore
La norma che ne è venuta fuori è la seguente, l’art. 146 secondo comma della legge fallimentare:
“l’azione di responsabilità (non si dice verso la società o verso i creditori sociali. Se l’amministratore ha dato informazioni errate e un singolo socio o terzo era disposto ad acquistare e vendere partecipazioni ad un prezzo spropositato, questa azione di responsabilità è proponibile) se esiste, nei confronti di amministratori, componenti degli organi di controllo (perché adesso non ci sono solo più i sindaci, ma anche componenti del consiglio di sorveglianza, il comitato per il controllo sulla gestione), nei confronti del revisore e della società di revisione, nei confronti dei liquidatori, è esperita sempre dal curatore.”.
In questo modo il legislatore ha attribuito la legittimazione ad esperire l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori al curatore. E poi ha aggiunto una ulteriore ipotesi, per metterla al passo con la riforma, dicendo che spetta sempre al curatore promuovere l’azione di responsabilità nei confronti dei soci di S.r.l..
Abbiamo così anche la responsabilità dei soci di S.r.l.
Oggi abbiamo anche la responsabilità della capogruppo e degli amministratori della capogruppo quando eserciti in modo non corretto il potere di direzione e coordinamento senza che esistano vantaggi compensativi che limitino il pregiudizio e questa responsabilità può essere fatta valere sia nell’ambito delle S.p.A. sia nell’ambito delle S.r.l., se la società è in bonis, o dai soci di minoranza che siano pregiudicati dai soci di maggioranza, o dai creditori sociali della società eterodiretta. In caso di fallimento della società eterodiretta, cioè sottoposta a direzione e coordinamento, le azioni che sarebbero spettate ai creditori sono esercitate dal curatore. Altro caso in cui il curatori si sostituisce per espressa norma di legge ai creditori. Bene.
Parte dedicata agli amministratori è terminata. L’ultimo pezzo del corso è dedicata alle operazioni straordinarie viste nella logica delle S.r.l.

Tratto da DIRITTO COMMERCIALE di Andrea Balla
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