La governance e il profilo del controllo
Ora ci occupiamo delle Governance ed analizzeremo quindi il profilo del controllo. Il Legislatore a questo proposito ci ha offerto tre scenari:
- il primo è quello più diffuso ovvero il caso di una S.r.l senza organi di controllo dove il controllo è svolto dai singoli soci. Abbiamo visto che i soci hanno competenze amplissimi quali chiedere informazioni, chiedere consultazione ecc. Ovviamente i poteri consuntivi e informativi di ciascun socio sono posti nell'interesse di ciascun socio. Ogni socio ha astrattamente l'interesse che la società funzioni bene e quindi se questo è un socio diligente allora sarà lui stesso a tenersi informato sulle vicende della società. Tuttavia siccome sono diritti di ciascun socio questi possono anche quello che vogliono anche per esempio non esercitare questi diritti o disinteressarsi della gestione. Diverso è il discorso nel caso in cui ci sia un organo preposto al controllo dove questo ha il dovere istituzionale di svolgere il controllo.
- Poi possiamo avere un secondo scenario dove i soci con una loro scelta autonoma hanno introdotto degli organi di controllo. Il Legislatore ha lasciato ampio margine alle fantasie dei soci e possono essere previsti organi di controllo di varia natura e soprattutto possono essere attribuite competenze variegate. L'atto costitutivo può prevedere, secondo l'art. 2477 c.c primo comma, determinandone le competenze e i poteri la nomina di un collegio sindacale o di un revisore. Il Prof. Cagnasso crede che l'organo di controllo facoltativo non debba essere per forza un collegio sindacale o un revisore. Se è un organo facoltativo può essere anche qualcosa di diverso ma con il limite che questi organi di controllo facoltativi devono essere nominati dall'assemblea dei soci.
- Terzo scenario: è il caso della S.r.l che sia obbligata a nominare l'organo di controllo. Lo scenario si complica parecchio perchè la nuova disciplina del controllo legale dei conti è venuta a modificare direttamente e indirettamente questa disciplina.
Il terzo scenario è composto da più scene. Possiamo avere i casi dove il Legislatore prevede obbligatoriamente la nomina del collegio sindacale che abbia poteri ampi nel senso che ha sia il potere di controllo della gestione che quello di controllo legale dei conti.
L'art. 2477, nella nuova formulazione, prevede che il collegio sindacale sia obbligatorio in presenza di certe situazioni che sono legate della società o alla collocazione della società all'interno di gruppo. Possiamo dire che per le società di maggiori dimensioni o per le società che hanno una particolare posizione all'interno di un gruppo, il collegio sindacale diventa un organo obbligatorio e diventa un organo che ha le due competenze.
Tuttavia l'atto costitutivo potrebbe prevedere che al collegio sindacale sia sottratta la competenza del controllo legale dei conti e che questa sia attribuita ad un revisore o ad una società di revisione. Abbiamo quindi uno scenario che prevede l'organo di controllo obbligatorio e un sotto-scenario che prevede il collegio sindacale come organo obbligatorio.
Abbiamo ancora un altro scenario dove necessariamente l'organo di controllo sono due. Il collegio sindacale o il revisore o la società di revisione.
Per schematizzare il tutto abbiamo:
- una S.r.l senza organi di controllo;
- una S.r.l con organi di controllo facoltativi;
- una S.r.l con collegio sindacale e basta salvo che siano i soci a volere anche il revisore o la società di revisione;
- una S.r.l con collegio sindacale e società di revisione o revisore.
A questo punto si apre la necessità di soffermarsi a grandi linee il tema della nuova disciplina del controllo legale dei conti.
Queste norme sono tutte norme di origine Comunitaria che hanno modificato le leggi nazionali. Il panorama delle S.p.a vedeva una differenza netta tra le società quotate e non quotate. Per le società quotate il Legislatore prevedeva che fosse necessaria la nomina di una società di revisione iscritta in un'apposito albo. Questo vuol dire che nell'ambito delle società quotate esisteva necessariamente una duplicità di controllo. Il collegio sindacale svolgeva il controllo SULLA gestione e il controllo CONTABILE era svolto dalla società di revisione.
Nelle società quotata naturalmente poteva non essere previsto il collegio sindacale nei sistemi dualistici e monistici. Ricordiamo che nel sistema dualistico l'attività propria del collegio sindacale di controllo sulla gestione è svolta dal consiglio di sorveglianza mentre nel sistema monistico è compito del comitato per il controllo sulla gestione.
Nelle società non quotate della riforma ha previsto ancora una volta la separazione tra controllo sulla gestione e controllo contabile. Notate che prima questa separazione non esisteva ma valeva solo per le quotate. La riforma ha introdotto anche per le non quotate la distinzione tra controllo sulla gestione e controllo contabile. Il controllo sulla gestione spetta al collegio sindacale e anche qui bisogna aggiungere che nel sistema monistico e dualistico il controllo di gestione spetta ad altri organi ivi previsti. Il controllo contabile può essere attribuito al revisore o ad una società di revisioni regolarmente iscritti nel registro.
Tuttavia si è voluto non depotenziare troppo la posizione del collegio sindacale e quindi si è stabilita la possibilità per il collegio sindacale di svolgere il controllo contabile purché ricorressero due condizioni:
- primo: che fosse previsto dallo statuto;
- secondo: non si deve trattare di una società che non deve redigere il bilancio consolidato ovvero società non capogruppo.
Nelle S.r.l valevano i primi tre scenari che prima abbiamo elencato ovvero:
- una S.r.l senza organi di controllo;
- una S.r.l con organi di controllo facoltativi;
- S.r.l con collegio sindacale che ha sia il controllo sulla gestione che il controllo contabile. Quindi il collegio sindacale è obbligatorio in certi casi fermo restando la possibilità per scelta statutaria di sottrarre al collegio sindacale il controllo contabile e introdurlo al revisore o società di revisione.
Oggi il panorama è cambiato. Primo non si parla più di controllo contabile ma si parla di revisione legale dei conti. E' un profondo cambiamento e questo vuol dire che il controllo contabile oggi si fa in base alla revisione legale dei conti. Non esiste più un controllo contabile diverso da dalla revisione legale dei conti. Il controllo contabile oggi si fa in base ai principi contabili laddove è previsto il controllo legale dei conti ( S.p.a., S.r.l). Secondo punto importante è che il Legislatore ha messo sullo stesso piano revisore e società di revisione in quanto ha eliminato l'albo e ha creato un nuovo registro dei revisori e delle società di revisione. Questo vuol dire che il controllo legale dei conti può essere indifferente attribuito ai revisori o alle società di revisione anche per le quotate.
Terza novità è che la disciplina è praticamente, almeno in prima battuta, la stessa per tutte le S.p.a e le S.r.l ove esista il controllo obbligatorio e infatti il controllo legale dei conti avviene secondo le stesse tecniche della revisione.
Quarta novità è che il Legislatore ha individuato una categoria di super di società indipendentemente dal tipo. Le super società sono chiamate “tempi di interesse pubblico” e rientrano in questa le quotate, le banche, assicurazioni e le società d'intermediazione e le controllate e le controllanti di queste società. Allora per le super società e per le controllanti e controllate di queste società di interesse pubblico il legislatore detta particolari regole indipendentemente dal fatto che siano S.p.a o S.r.l. Questo giustifica il quarto scenario che precedentemente abbiamo individuato ovvero S.r.l che sia una società. Ora è vero che una S.r.l non può essere una quotata, una banca, un'assicurazione e nemmeno una società d'intermediazione ma può essere una controllata o controllante e quindi rientra in una disciplina diversa in merito al controllo legale dei conti.
La direttiva numero 43 del 2006 della Comunità Europea ha disciplinato la Revisione Legale dei conti annuali e consolidati. Oggi, in applicazione e utilizzando il linguaggio del legislatore comunitario, non si parla più di controllo contabile ma di revisione legale e di conti annuali e consolidati, sempre seguendo il linguaggio del legislatore comunitario, che non parla di bilancio ma appunto di conti.
Questa direttiva del 2006 ha trovato applicazione all’inizio di quest’anno, con il Decreto Legislativo del 27 gennaio 2010 numero 39. E’ un Decreto molto complesso e molto lungo che, in prima battuta, si occupa della figura del revisore e della società di revisione e quindi dell’attività di revisione, prevedendo ampliamente quelli che sono i requisiti di professionalità e indipendenza, i vari profili relativi al registro dei revisori o delle società di revisione, i profili concernenti la formazione professionale, lo svolgimento dell’attività, insomma i profili deontologici.
Soffermiamoci ora sugli aspetti che direttamente riguardano la disciplina societaria.
Esiste un corpus di norme, all’interno di questo Decreto, che riguarda la revisione dei conti, che è quindi avulso dal Codice Civile, e, all’interno di questo insieme di norme, troviamo alcune che riguardano da vicino la disciplina societaria.
In particolare, una norma ci dice in che cosa consiste la Revisione Legale dei conti, o come debba essere esercitata questa attività. L’articolo 11, rubricato “Principi di Revisione” recita “la revisione legale è svolta in conformità ai principi di revisione adottati dalla Commissione europea”. Questo è molto importante, perché significa che, oggi, il controllo avviene attraverso le modalità della revisione legale dei conti e quindi avviene secondo i principi di revisione, non esiste più controllo contabile che non utilizzi i principi di revisione. I principi di revisione sono quelli che saranno elaborati dalla Commissione europea.
L’articolo 11 comma 3 si occupa del diritto transitorio, cioè quali principi si applicano oggi che i principi di revisione elaborati dalla Comunità europea non esistono ancora. Si dice che “fino all’adozione dei principi di revisione adottati dalla Commissione europea la revisione legale è svolta in conformità ai principi di revisione elaborati da associazioni e ordini professionali e dalla Consob”, quindi demanda alle associazioni e agli ordini professionali, in particolare al Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, l’elaborazione di questi principi e poi alla Consob per le società quotate.
L’articolo 13 disciplina il conferimento dell’incarico di revisore o la cessazione di tale incarico, quindi chi conferisce questo incarico, con quali modalità e come può cessare. L’organo cui spetta attribuire l’incarico di revisore e quindi, nominare il revisore o la società di revisione è l’assemblea ordinaria. In base all’articolo 13 comma 1, “l’assemblea, su proposta motivata dell’organo di controllo, conferisce l’incarico di revisione legale dei conti e determina il corrispettivo spettante al revisore legale o alla società di revisione legale per l’intera durata dell’incarico e gli eventuali criteri per l’adeguamento di tale corrispettivo durante l’incarico”. Quindi, all’assemblea vengono attribuiti due compiti più uno eventuale:
- conferire l’incarico di revisione legale dei conti, quindi di nominare il revisore o la società di revisione;
- determinare il corrispettivo per tutta la durata dell’incarico;
- determinare i criteri per l’adeguamento del corrispettivo durante l’incarico, qualora si ritenga che il corrispettivo non debba essere fisso, puramente eventuale.
L’assemblea nomina, quindi, il revisore o la società di revisione su proposta motivata dell’organo di controllo. Questa era una norma prevista per le società quotate che oggi diventa norma di carattere generale, norma che prevede quindi la particolare presenza dell’organo di controllo. Come sappiamo, l’organo di controllo è il collegio sindacale nelle società con sistema tradizionale, il Consiglio di Sorveglianza con sistema dualistico e il Comitato per il Controllo Interno con quello monastico. Nel classificare i compiti del collegio sindacale, tralasciando gli altri due casi ma il discorso è lo stesso, la dottrina tendeva a distinguere sostanzialmente tre categorie di compiti:
- il controllo sulla gestione;
- una attività di tipo consuntivo: ci sono parecchie norme che dicono “su parere del collegio sindacale”o “acquisito il parere del collegio sindacale”, ad esempio l’insieme di norme relative ai bilanci, dove per la valutazione di certe voci occorre il parere del collegio sindacale. E’, quindi, un parere obbligatorio ma non vincolante.
- una attività di tipo sostitutivo, per esempio quando gli amministratori non adempiono a certe pubblicità, quando non convocano un’assemblea deve provvedere il collegio sindacale oppure quando addirittura tutti gli amministratori sono cessati il collegio sindacale deve gestire la società per l’ordinaria amministrazione fin quando non sono nominati nuovi amministratori.
Qui la partecipazione del collegio sindacale, e in generale dell’organo di controllo, è più pregnante perché non si tratta di dare un parere, ma si tratta addirittura di effettuare una proposta, quindi il collegio sindacale deve proporre all’assemblea il nome del revisore o della società di revisione. Il meccanismo sembra essere questo: la proposta non è vincolante, però se non viene seguita, se viene disattesa dall’assemblea occorre provvedere ad un’altra proposta, e così via.
Per quanto riguarda la “proposta motivata”, in un documento recentissimo del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili che si occupa delle norme di comportamento del collegio sindacale, si sottolinea come la motivazione debba tener conto sia della capacità, della professionalità del revisore o della società di revisione che si vuol proporre sia della loro indipendenza, molto importante è verificare che siano completamente indipendenti rispetto alla società, sia il compenso da loro richiesto.
L’assemblea, su proposta motivata del collegio sindacale, nomina il revisore o la società di revisione, poi spetta all’assemblea, qui non rileva il parere o la proposta del collegio sindacale, determinare il compenso ed eventualmente dei criteri di rivalutazione, di adeguamento del compenso durante l’incarico.
La norma prosegue stabilendo la durata dell’incarico, “l’incarico ha la durata di tre esercizi, con scadenza alla data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo al terzo esercizio”, la norma si adegua a quanto già stabilito oggi per gli amministratori, la durata non è più legata agli anni ma agli esercizi e dura fino all’assemblea che approva il bilancio del terzo esercizio.
Profilo molto delicato è quello previsto nelle norme successive e cioè la revoca, “l’assemblea revoca l’incarico, sentito l’organo di controllo - qui in caso di revoca occorre sentire l’organo di controllo, quindi occorre acquisire un parere obbligatorio ma non vincolante - quando ricorra una giusta causa”. Quindi la revoca del revisore o della società di revisione è ammissibile, è compito dell’assemblea previo parere non vincolante dell’organo di controllo, ma attenzione perché la revoca è ammissibile solo per giusta causa. A differenza della revoca degli amministratori, che è sempre ammissibile indipendentemente dalla giusta causa: l’assemblea può sempre revocare gli amministratori, ma può revocare il revisore solo per giusta causa. Ciò dipende dal fatto che il revisore deve avere una posizione di indipendenza dall’assemblea, non può essere revocato in qualsiasi momento e per qualsiasi ragione, a differenza degli amministratori che devono godere sempre della fiducia dell’assemblea e quindi possono essere revocati in qualsiasi momento e per qualsiasi ragione, fatto salvo il diritto dell’amministratore di ottenere risarcimento dei danni se la revoca è senza causa.
Ovviamente nel momento in cui l’assemblea revoca il revisore o la società di revisione per giusta causa deve provvedere contestualmente a conferire l’incarico a un altro revisore legale o ad un’altra società di revisione legale, con le modalità che abbiamo visto e quindi previa proposta motivata del collegio sindacale.
Particolarmente significativa è l’ultima parte del comma 3 dell’articolo 13, dove dice “non costituisce giusta causa di revoca la divergenza di opinioni in merito ad un trattamento contabile o a procedure di revisione”.
Il comma 4 dello stesso articolo aggiunge che “il revisore legale o la società di revisione possono dimettersi dall’incarico” e si prevedono altre ipotesi di cessazione.
Quali sono i compiti del revisore legale o della società di revisione? La risposta a questa domanda la si trova nell’articolo 14 comma 1: “il revisore legale o la società di revisione legale incaricati di effettuare la revisione legale dei compiti:
- esprimono con apposita relazione un giudizio sul bilancio di esercizio e sul bilancio consolidato, ove redatto” il primo compito è quello di dare un giudizio sul bilancio di esercizio e sul bilancio consolidato, se redatto dalla società, attraverso una relazione alla fine dell’esercizio.
Durante l’esercizio, invece:
- verificano la regolare tenuta della contabilità sociale e la corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili”.
Il compito del revisore è un compito che si svolge durante l’esercizio, con la valutazione della regolarità della tenuta della contabilità e della corretta rilevazione nelle scritture contabili dei fatti gestionali e alla fine dell’esercizio con la relazione in cui esprime un giudizio sul bilancio.
Tutto questo comporta che il legislatore disciplini in modo analitico, con l’articolo 14, quelli che sono i contenuti della relazione; il giudizio può essere un giudizio positivo, positivo con rilievi, negativo o una impossibilità ad esprimere un giudizio.
E’ chiaro che il revisore o la società di revisione hanno diritto di avere dagli amministratori e dai sindaci ogni informazione.
Molta attenzione la merita il tema della responsabilità del revisore nell’esercizio dell’attività. Tema molto delicato e soprattutto molto attuale, si ricordano i grandi scandali finanziari degli ultimi anni come la vicenda “Enron” che ha coinvolto una delle più importanti società di revisione al mondo, la Arthur Andersen, portandola al fallimento. Quindi, il tema della responsabilità del revisore è molto delicato perché su questo tema si scontrano vari profili, da un lato si vorrebbero introdurre dei paletti per non scoraggiare l’esercizio di questa attività, dall’altro si tratta di trovare degli strumenti efficienti che permettano di garantire un corretto esercizio dell’attività di revisione.
Vale la pena soffermarci sulle ultime vicende della disciplina perché il legislatore italiano ha imboccato una strada, forse positiva, ma diversa da quella del legislatore europeo. In più, tanto per complicare le cose, ha usato delle formule che se lette senza approfondire potrebbero far pensare che il legislatore italiano abbia seguito una strada ancora diversa.
La direttiva numero 46 relativa alla revisione dei conti, che è stata attuata col provvedimento numero 39 che stiamo esaminando, affronta il tema della responsabilità del revisore prevedendo che la Commissione europea debba presentare una relazione sull’impatto delle normative nazionali vigenti in materia di responsabilità dei revisori e sulla base di questa relazione debba poi avvenire una consultazione con le varie autorità competenti. Tutto questo è avvenuto, è stata fatta la relazione ed è intervenuta la consultazione, e la Commissione ha emesso il 5 giugno 2008 una raccomandazione – la raccomandazione non ha efficacia ma è comunque autorevole. La raccomandazione in questione è rivolta agli stati membri della comunità ed ha per oggetto l’invito ad adottare dei metodi che possano in qualche misura circoscrivere la responsabilità dei revisori.
Vengono ipotizzate queste alternative:
- la fissazione di un importo massimo: si stabilisce che il revisore sia responsabile qualora non abbia adempiuto con la diligenza richiesta il suo incarico però la responsabilità non può superare un certo tetto massimo, naturalmente può essere diverso se si tratta di revisore persona fisica o società di revisione;
- prevedere delle formule che consentano nei vari casi di determinare questo tetto massimo: per esempio una percentuale sul danno;
- applicare il principio di proporzionalità nel risarcimento del danno: applicare un principio elastico per cui ci sia una sorta di equilibrio tra il danno dichiarato risarcibile e il danno effettivo;
- prevedere la possibilità di disposizioni che consentano a priori un accordo tra la società che incarica e il revisore che limiti la responsabilità di quest’ultimo.
Al di là di tutto questo la Commissione si è rivolta ai legislatori nazionali raccomandando l’adozione di criteri equilibrati che potessero in qualche modo contenere la responsabilità dei revisori.
Nonostante l’apparenza la nuova disciplina della responsabilità dei revisori contenuta nel decreto in esame non introduce nessuna limitazione e non innova più di tanto rispetto alla disciplina precedente. Alla prima occhiata sembrerebbe una disciplina profondamente innovativa e che sembrerebbe introdurre qualche limitazione poi se si scava un pochino più a fondo si scopre che in realtà ben poco è cambiato.
L’articolo in questione è il numero 15 rubricato “Responsabilità – I revisori legali e le società di revisione legale rispondono in solido tra loro e con gli amministratori nei confronti della società che ha conferito l’incarico della revisione legale, dei suoi soci e dei terzi per i danni derivanti dall’inadempimento ai loro doveri”. Si parla di responsabilità dei revisori e di responsabilità in solido con gli amministratori, è chiaro che laddove ci sia una responsabilità di un revisore c’è anche una responsabilità degli amministratori perché significa, ad esempio, che la redazione del bilancio non è corretta, le scritture contabili non sono corrette e quindi prima di tutto vi è un inadempimento degli amministratori e poi dei controllori che non hanno controllato con la diligenza richiesta. Quindi si tratta di una responsabilità solidale con gli amministratori nei confronti della società, dei singoli soci e dei terzi – si ripetono i vari casi di responsabilità degli amministratori, con l’esclusione dei creditori sociali anche se probabilmente nella formula sono compresi anch’essi – ed ha come presupposto l’inadempimento dei doveri.
Si aggiunge la formula “essi sono responsabili nei limiti del contributo effettivo al danno cagionato”. Letta così, avulsa dal testo integrale, farebbe pensare che in realtà ci sia una sorta di ripartizione della responsabilità, in particolare tra revisori e amministratori, perché sembrerebbe dire che laddove ci sia una responsabilità di revisori e amministratori, o meglio di amministratori e revisori, il danno possa essere ripartito tra di loro. C’è sempre una responsabilità degli amministratori, magari anche dei revisori, a volte solamente degli amministratori e non dei revisori se questi sono stati ingannati e non erano in grado, con la diligenza richiesta, di individuare le irregolarità poste in essere dagli amministratori. Questa formula potrebbe quindi limitare la responsabilità dei revisori perché in certe situazioni, per non dire quasi sempre, è chiaro che la responsabilità maggiore è degli amministratori e quindi si potrebbe graduare l’incidenza del danno caricando di più il peso sugli amministratori e limitando quello dei revisori – gli uni hanno fatto il guaio e gli altri non l’hanno visto.
Ma non è così perché la norma stabilisce che vi è questa limitazione solo “nei rapporti interni tra debitori sociali” – articolo 15 comma 1. Revisore e amministratori sono solidamente responsabili nei rapporti con la società, i soci ed i terzi, questo significa che questi ultimi soggetti possono chiedere a revisore e amministratori l’intero danno, poi successivamente potrà esserci la ripartizione del risarcimento del danno, ma solo nei rapporti interni tra amministratori e revisore, in base al contributo effettivo. Nei rapporti esterni, con la società, i soci ed i terzi, vi è una responsabilità solidale quindi si può richiedere l’intero risarcimento a ciascun obbligato solidale.
Il comma 2 si occupa della responsabilità anche dei dipendenti che hanno collaborato all’attività di revisione contabile, quindi la dove ci sia una società di revisione la responsabilità non è solo della società ma anche del responsabile della revisione e dei dipendenti che hanno collaborato. L’articolo recita: “il responsabile della revisione ed i dipendenti che hanno collaborato all’attività di revisione contabile sono responsabili, in solido tra loro, e con la società di revisione legale per i danni conseguenti dai propri inadempimenti”.
Di fronte ad una norma che non introduce dei veri e propri limiti all’attività di revisione, e che considera il revisore responsabile in solido con l’amministratore, è possibile prevedere strumenti contrattuali di limitazione della responsabilità, strumenti inseriti direttamente nel contratto di revisione tra la società che incarica e il revisore? Sicuramente sì, il contratto di revisione può prevedere dei limiti perché esiste una norma generale che non è derogata che consente sempre la limitazione della responsabilità, ma attenzione alla colpa lieve. Rimane inderogabilmente la responsabilità per dolo e per colpa grave ma può essere esclusa la responsabilità per colpa lieve.
Questo può essere un profilo interessante dal punto di vista operativo perché è un limite che può essere introdotto da contratto e che può ridurre la responsabilità del revisore per danni di entità lieve.
Un altro profilo più delicato su cui la giurisprudenza ha avuto occasione di riflettere, è quello che riguarda il rapporto di causalità tra il comportamento del revisore e il danno conseguente. Questo è un profilo delicato perché qual è precisamente il danno che deriva da un comportamento negligente del revisore? Si pensi all’ipotesi di responsabilità fatta valere da terzi, da investitori. La società ha redatto un bilancio consolidato non corretto che enuncia certi risultati tra cui un conto economico gonfiato da cui risultino determinati valori e quindi determinati indici – come sappiamo il conto economico contiene i risultati dell’attività ordinaria, l’attività vera e propria dell’impresa – e uno stato patrimoniale da cui risulti una situazione di assoluto equilibrio e un patrimonio netto molto consistente. Facendo affidamento su questo patrimonio, su questi risultati e su quanto emerge dai documenti contabili gli investitori effettuano certe scelte. Qual è il danno risarcibile se emerge che il bilancio non è stato redatto in maniera corretta e se emerge che i revisori o la società di revisione non hanno operato con la necessaria diligenza. Nel caso di bilancio non corretto e relazione del revisore positiva senza rilievi, che equivale a dire che va tutto bene, occorre verificare se questa relazione con giudizio positivo senza rilievi possa aver inciso sulle scelte degli investitori. Si tratta di un profilo particolarmente delicato, che ha già visto orientamenti differenti nella giurisprudenza e che oggi va considerato alla luce della scelta del legislatore di non introdurre limiti alla responsabilità dei revisori. La dove esista un’azione promossa dai soci terzi o dal curatore, in caso di fallimento, che si basi sull’affermazione che “il bilancio dava tutta un’altra impressione e ha nascosto la reale situazione della società”, i revisori sono stati silenti e quindi si sono poi verificati determinati fatti negativi, cosa sarebbe cambiato se i revisori avessero espresso un giudizio differente, magari positivo con rilievi? Che incidenza avrebbe avuto sulla vita della società e sul comportamento degli investitori? Si tratta di una valutazione molto difficile che incide poi sulla valutazione del danno arrecato da un’attività di revisione non corretta.
Il legislatore dal punto di vista formale è intervenuto con questa disciplina in un testo normativo avulso dal Codice Civile, ha poi modificato alcune norme del C.C. per renderle coerenti con questa disciplina.
Prima di affrontare questo profilo bisogna trattare un aspetto che complica un po’ la situazione. Fin qui ci troviamo di fronte ad una disciplina di un certo tipo in cui il legislatore ci da delle informazioni sull’attività di revisione e su chi la esercita, poi nel Capo V detta “disposizioni speciali riguardanti gli enti di interesse pubblico”, quindi all’interno delle varie società individua una particolare categoria, gli enti di interesse pubblico, e detta per questa delle disposizioni speciali. Intanto è curioso che si parli di enti quando, in realtà, si tratta sostanzialmente di società – c’è qualche ente non societario ma per lo più sono società – ancora più singolare è che si parli di enti di interesse pubblico, non si tratta di enti pubblici ma di società che hanno particolare rilievo per la collettività. Questi enti sono, ad esempio, le società quotate, le banche, le imprese di assicurazione e altri enti, l’intero elenco è contenuto nell’articolo 16 comma 1.
Le norme particolari sono tante, ma la più importante è quella contenuta nel comma 2: “negli enti di interesse pubblico, nelle società controllate da enti di interesse pubblico, nelle società che controllano enti di interesse pubblico e nelle società sottoposte con questi ultimi a comune controllo, la revisione legale non può essere esercitata dal collegio sindacale”. Per prima cosa occorre evidenziare che la disciplina in questione non riguarda solo gli enti di interesse pubblico, per esempio una società quotata, ma anche la società che controlla la quotata, la società che è controllata dalla quotata, la società che è controllata da una controllante dell’ente pubblico – l’ente di interesse pubblico ha una controllante, questa controlla l’ente e potrebbe controllare altre società, la disciplina riguarda anche queste altre società controllate dalla società che controlla l’ente. Ad esempio c’è una società quotata controllata da Alfa – anche Alfa è soggetta a questa disciplina – Alfa controlla Beta – anche Beta ne è soggetta – Alfa controlla la quotata e controlla Gamma – anche Gamma è soggetta a questa disciplina. Possiamo dire che tutte le società appartenenti al gruppo, controllate, controllanti e società sorelle sono tutte sottoposte a questa disciplina.
La prima peculiarità è che la revisione non può essere esercitata dal collegio sindacale ma solo ed esclusivamente da un revisore o da una società di revisione.
Ci sono poi ulteriori norme che riguardano i controlli da parte della Consob e della Banca d’Italia, che riguardano particolari regole concernenti l’indipendenza, che riguardano l’obbligo di redigere una particolare relazione ulteriore, che riguardano particolari organi di controllo sull’attività di revisione.
Iniziamo ad esaminare la disciplina riguardante le Società per azioni.
In questo campo abbiamo pochissime norme, rimane l’articolo 2409-bis C.C. perché le altre norme sono state abrogate e sono contenute nel decreto.
L’articolo 2409-bis C.C. dice “la revisione legale dei conti sulla società è esercitata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale iscritti nell’apposito registro. Lo statuto delle società che non sono tenute alla redazione del bilancio consolidato può prevedere che la revisione legale dei conti sia esercitata dal collegio sindacale”, quindi con una clausola ad hoc e purché si tratti di società che non redigono il consolidato il collegio sindacale può assumere il compito della revisione legale dei conti. L’articolo prosegue con “in tal caso il collegio sindacale è costituito da revisori legali iscritti nell’apposito registro”. Tutto questo funziona purché non si tratti di società rientrante nella categoria degli enti di interesse pubblico, perché come abbiamo già visto per questa categoria la revisione non può essere svolta dal collegio ma esclusivamente dal revisore legale. Tra l’altro, per le quotate, possiamo avere la nomina non solo di una società di revisione ma anche di un revisore persona fisica.
Cosa succede nell’ambito delle S.r.l., anche qui è stata modificata la norma contenuta nell’articolo 2477 C.C. per metterla al passo con questa disciplina.
Torniamo un po’ indietro, abbiamo visto che per una certa fascia di S.r.l. non esiste l’obbligo di un organo di controllo e quindi il controllo è esercitato esclusivamente dai soci, attraverso il potere di consultazione o di informazione. Sempre in questa fascia, dove non c’è l’obbligo di nominare l’organo di controllo, lo statuto potrebbe prevedere un organo di controllo facoltativo. Poi troviamo una fascia di S.r.l. per le quali è obbligatoria la nomina del collegio sindacale, l’articolo 2477 C.C. comma 2 stabilisce che “la nomina del collegio sindacale è obbligatoria se il capitale sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per le società per azioni”. Questa è una prima categoria di S.r.l. per le quali è obbligatoria la nomina, quindi collegio sindacale in funzione del capitale sociale.
Il comma 2 prosegue con “la nomina del collegio sindacale è altresì obbligatoria se la società:
- è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;
- controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;
- per due esercizi consecutivi ha superato due dei limiti indicati dal primo comma dell’articolo 2435-bis.”
Qui abbiamo altri casi in cui una S.r.l. è obbligata alla nomina del collegio sindacale, nel caso a) si tratta di società capogruppo che hanno l’obbligo di redazione del consolidato, nel caso b) si tratta di società che controllano, per esempio, società per azioni obbligate alla revisione e quindi la controllante deve nominare il collegio, nel caso c) si tratta di S.r.l. che sono obbligate a redigere il bilancio in forma ordinaria. Secondo il Codice Civile, il bilancio può essere redatto in forma ordinaria o in forma abbreviata, quest’ultimo può essere redatto da società che abbiano un attivo patrimoniale, dei ricavi e un numero di dipendenti al di sotto di una certa soglia. Se la società supera questa soglia è obbligata a redigere il bilancio ordinario e quindi la S.r.l. dovrà nominare il collegio. Ricapitolando la nomina del collegio sindacale per le S.r.l. è obbligatoria in funzione del capitale sociale, del consolidato, della revisione dei conti e dell’obbligo del bilancio ordinario.
Quando il collegio sindacale è obbligatorio, la disciplina del collegio nelle S.r.l. è quella propria del collegio nelle S.p.a., ma vi è una vistosissima eccezione: nell’ambito delle S.r.l. si inverte quella che è la disciplina delle S.p.a. per quanto riguarda i compiti del collegio. Nelle società per azioni il collegio ha compiti di controllo sulla gestione, può avere compiti di controllo legale solo se è previsto e non è una società capogruppo, nelle S.r.l. è l’opposto, il collegio ha il controllo sulla gestione e il controllo legale dei conti a meno che non sia lo statuto a sottrarlo al collegio per affidarlo ad un revisore. Di fatti l’articolo 2477 C.C. comma 5, dispone che “se l’atto costitutivo non dispone diversamente, la revisione legale dei conti è esercitata dal collegio sindacale”. Nei quattro casi in cui il collegio è obbligatorio, questo esercita oltre al controllo sulla gestione anche la funzione del controllo contabile, fermo restando la possibilità di disporre diversamente nell’atto costitutivo e nominare un revisore.
La norma si ferma a questo punto, ma bisognerebbe immaginare un ulteriore scenario, oltre a scenario con nessun organo di controllo, con organo di controllo facoltativo e con organo di controllo obbligatorio. In aggiunta a questi tre, dovremmo introdurre la S.r.l. che viene attratta nella categoria degli enti di interesse pubblico. Per prima cosa bisogna dire che né le quotate, né le banche, né le società di assicurazione o finanziarie possono essere delle S.r.l., tuttavia la norma dice che la disciplina non riguarda solo gli enti di interesse pubblico ma anche le controllanti, le controllate e le società sorelle. Una S.r.l. può benissimo essere una controllante, una controllata o una sorella di una società quotata ed a questo punto la S.r.l. è attratta nell’orbita della disciplina degli enti di interesse pubblico. Ma in questo caso bisogna ricordarsi che per gli enti di interesse pubblico il collegio sindacale non può esercitare l’attività di controllo legale dei conti ma questa deve essere necessariamente esercitata da un revisore o da una società di revisione. Quindi esiste un quarto scenario nel quale quando la S.r.l. è attratta nella disciplina degli enti di interesse pubblico il controllo legale dei conti deve essere effettuato da un revisore, senza tener conto della norma nella quale si attribuisce al collegio il controllo dei conti.
Queste norme sono recentissime e per coloro che si occupano di questi profili avranno un grosso impatto, viene, infatti, delineandosi sempre di più la professione del revisore che diventa una figura con tutta una sua serie di caratteristiche e una sua disciplina molto articolata e molto particolare, di cui noi abbiamo analizzato solamente una piccola parte.
Ora abbiamo un’idea dei profili della Governance o del governo della società, della struttura interna della società che può essere molto articolata. Possiamo avere delle S.r.l. praticamente che hanno solo l’assemblea o nei casi di S.r.l. unipersonale con un’assemblea formata dall’unico socio amministratore oppure S.r.l. con Consiglio di amministrazione, gli organi delegati, il collegio sindacale ed i revisori.
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Autore:
Andrea Balla
[Visita la sua tesi: "Analisi delle principali tecnologie applicate al settore automotive"]
[Visita la sua tesi: "I Diritti Particolari del Socio nella Nuova S.R.L."]
- Università: Università degli Studi di Torino
- Facoltà: Economia
- Esame: Diritto commerciale II
- Docente: Prof. Vicini
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