Tesina conclusiva del ciclo di lezioni seminariali, tenuto dalla dott.ssa Ilaria Riva, eccellente assistente del prof.re BIN dell'Università degli Studi di Torino. In seguito ad un'approfondita ricerca giurisprudenziale e dottrinale, la presente relazione rielabora il materiale bibliografico così ottenuto e trae delle conclusioni circa la possibile configurabilità della responsabilità precontrattuale in presenza di un contratto validamente concluso.
Configurabilità della responsabilità precontrattuale in presenza di
un contratto valido
di Luisa Agliassa
Tesina conclusiva del ciclo di lezioni seminariali, tenuto dalla dott.ssa Ilaria
Riva, eccellente assistente del prof.re BIN dell'Università degli Studi di Torino.
In seguito ad un'approfondita ricerca giurisprudenziale e dottrinale, la presente
relazione rielabora il materiale bibliografico così ottenuto e trae delle
conclusioni circa la possibile configurabilità della responsabilità precontrattuale
in presenza di un contratto validamente concluso.
Università: Università degli Studi di Torino
Facoltà: Giurisprudenza
Corso: Giurisprudenza
Esame: Diritto Civile
Docente: dott.ssa Ilaria Riva1. Responsabilità precontrattuale in presenza di un contratto valido
L’obiettivo della presente relazione è valutare, a fronte della clausola generale ex art. 1337 c. c., se sia
possibile riconoscere un risarcimento a titolo di responsabilità precontrattuale per violazione della buona
fede nella fase delle trattative, anche in presenza di un contratto valido.
In particolare, stante il parere favorevole della sentenza Cass. Civ., sez. III, 16 ottobre 1998, n. 10249 -
quale fondamentale impulso ad un’inversione di tendenza che da circa un decennio, pur con qualche
sporadico tentennamento, sta affiorando nel panorama giurisprudenziale italiano -, si ripercorrerà
sommariamente la posizione della dottrina in proposito, per poi analizzare più dettagliatamente alcuni
precedenti giurisprudenziali - sia di merito sia di legittimità -, che hanno delineato l’apertura positiva - prima
più cauta e poi più netta - dell’orientamento dei giudici.
Dal punto di vista metodologico, è stato fatto riferimento, per quanto possibile, anche e soprattutto ai casi
giurisprudenziali, nella convinzione che la rilevanza giuridica delle sentenze, in quanto espressioni del
diritto vivente, è, senza dubbio, più indicativa rispetto a quella delle opinioni dottrinali dei singoli autori,
che, per quanto autorevoli e fondate, non sono quasi condivise all’unanimità dagli altri studiosi.
Luisa Agliassa Sezione Appunti
Configurabilità della responsabilità precontrattuale in presenza di 2. Regole di validità e regole di correttezza tra autonomia e
coordinamento
La fase delle trattative e della formazione del contratto è disciplinata da un duplice ordine di regole: da un
lato, le norme in materia di responsabilità precontrattuale (artt. 1337 e 1338 c. c.); dall’altro, le norme in
materia di validità del contratto, di cui una parte tratta specificatamente i vizi del consenso (artt. 1427 ss. c.
c.), prevedendo l’annullabilità del contratto nei casi in cui il consenso sia stato manifestato per errore,
estorto con violenza o carpito con dolo.
I due ordini di regole appaiono molto diversi nella struttura testuale e nella rispettiva sanzione. Tuttavia,
proprio perché insistono entrambi sulla formazione del vincolo contrattuale, danno luogo a delicati problemi
di coordinamento.
A tal proposito, è pacifico che, in caso di mancato accordo, le regole sulla responsabilità trovino
applicazione indipendentemente da quelle sulla validità del contratto, qualora il recesso di una delle parti sia
ingiustificato. È, altresì, condiviso che il dolo e la violenza, così come la mancata comunicazione alla
controparte del suo errore essenziale riconoscibile con l’ordinaria diligenza, integrino tipiche ipotesi di
responsabilità precontrattuale, con la conseguenza che l’obbligo risarcitorio potrà, in questi casi, sommarsi
alla sanzione caducatoria.
Al contrario, è discusso se i comportamenti non integranti i tipici vizi del consenso possano, in quanto
giudicati scorretti alla luce della clausola generale di buona fede ex art. 1337 c. c., dar luogo a responsabilità
precontrattuale.
In particolare, è evidente la stretta connessione del problema della configurabilità di una responsabilità
precontrattuale in caso di negozio validamente concluso con la tematica degli obblighi di informazione nella
fase antecedente il perfezionamento del rapporto contrattuale: la specificazione della clausola di buona fede
precontrattuale in obblighi di avviso è, peraltro, riconosciuta pressoché unanimemente in dottrina, ma tuttora
controversa è la loro ampiezza e, in particolare, l’inquadrabilità dell’ipotesi di cui all’art. 1338 c. c. - ovvero
la mancata comunicazione dolosa o colposa di una causa d’invalidità del contratto - quale fattispecie a sé o,
piuttosto, quale esemplificazione di un dovere di informare più ampio ex art. 1337 c. c.
Allo stesso tempo, è pressoché unanime in dottrina che l’eventuale applicabilità della disciplina ex art. 1337
c. c. in caso di negozio validamente concluso implica l’influenza delle regole di responsabilità sul sistema
delle regole di validità, quale problematica causa di erosione della tipicità delle cause di annullabilità del
contratto. In particolare, qualora si accolgano impostazioni che reputano modificabile nel tempo il rapporto
tra regole di responsabilità e regole di validità, «l’espansione dei vizi tradizionali del consenso comporta
inevitabilmente una contrazione delle regole di responsabilità, il che è particolarmente evidente in materia di
dolo; basti per esempio pensare al semplice mendacio, alla reticenza ed all’inganno colposo» .
Prima di affrontare queste problematiche, è comunque opportuno un breve excursus storico sull’istituto della
responsabilità precontrattuale.
Luisa Agliassa Sezione Appunti
Configurabilità della responsabilità precontrattuale in presenza di 3. Profilo storico: la teoria di Jhering e l’elaborazione successiva
La stretta connessione della responsabilità precontrattuale con la tematica della validità del contratto emerge
fin dalla prima elaborazione dell’istituto della culpa in contrahendo, dovuta al fondamentale saggio del
giurista tedesco Jhering di metà XIX secolo ; ivi, l’Autore sosteneva che il soggetto, che è stato
colpevolmente causa dell’invalidità del contratto, deve risarcire il danno che l’altra parte ha sofferto per aver
confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto.
In particolare, la ricostruzione di Jhering faceva scaturire tale dovere risarcitorio dallo stesso contratto
invalidamente concluso. La dottrina successiva comprese che era un’evidente forzatura far discendere
l’obbligo di risarcire il danno dalla fattispecie contrattuale invalida ed elaborò, pertanto, soluzioni diverse: si
fece ricorso all’actio legis Aquiliae o, altrimenti, si fece discendere la responsabilità precontrattuale da un
negozio di garanzia implicitamente concluso dalle parti al momento della stipulazione del contratto. Queste
dispute perdevano, ovviamente, di significato, ove l’obbligo di risarcire il danno da negozio invalido fosse
stato previsto dalla legge.
Al di là della sua più o meno accentuata opinabilità, comunque, il lodevole merito della teoria di Jhering è
stato l’affermazione del principio secondo cui il comportamento delle parti può essere rilevante per il diritto
anche prima della nascita del vincolo contrattuale. In seguito alla sua amplia influenza in tutta Europa,
infatti, la dottrina e la giurisprudenza, negli anni immediatamente successivi, hanno introdotto la nozione di
culpa in contrahendo negli ordinamenti positivi europei e, quale logica conseguenza legislativa in deroga al
principio generale della libertà negoziale, sono state elaborate le prime codificazioni a tutela dei contraenti,
anche nella fase antecedente alla conclusione del contratto.
In particolare, è facile intuire che il raggio di operatività della culpa in contrahendo non può essere limitato
alla fattispecie descritta da Jhering, motivo per cui altre ipotesi di responsabilità precontrattuale sono state
presto elaborate dalla dottrina.
Per limitare l’esame all’ordinamento giuridico italiano, è opportuno ricordare che, già durante la vigenza del
codice del 1865 - che non disciplinava la culpa in contrahendo -, peculiari ipotesi di responsabilità
precontrattuale sono state ravvisate nella rottura ingiustificata delle trattative, nella revoca della proposta,
giunta a notizia dell’altra parte, dopo che la stessa ha già iniziato l’esecuzione del contratto e nella vendita
di cosa altrui.
In particolare, la responsabilità per rottura ingiustificata delle trattative è il frutto dell’elaborazione della
dottrina e della giurisprudenza dei primi decenni del XX secolo; questa fattispecie, fino ad un decennio fa ,
rappresentava pressoché l’unica ipotesi di responsabilità precontrattuale - ulteriore rispetto a quella tipica ex
art. 1338 c. c., intesa unanimamente quale specifica applicazione dell’art. 1337 c. c. - che la giurisprudenza
faceva discendere dall’art. 1337 c. c.
Queste elaborazioni dimostrano come, al momento della redazione del codice civile del 1942, fosse ormai
acquisita la consapevolezza della rilevanza giuridica della fase delle trattative e della formazione del
contratto.
Dagli anni Sessanta del XIX secolo, inoltre, superata la reazione dottrinale anti fascista, contraria alla
sussistenza di clausole generali, la dottrina maggioritaria sostiene che l’art. 1337 c. c. è esplicitazione del
principio costituzionale di solidarietà sociale, quale precetto con efficacia diretta nei rapporti fra privati. Per
questo motivo, all’iniziale interpretazione restrittiva di detta norma, si succede un’interpretazione estensiva
della stessa - così come per l’art. 1375 c. c. -, secondo cui la responsabilità precontrattuale è ravvisabile,
oltre all’ipotesi di recesso ingiustificato dalle trattative, anche qualora sia violato un obbligo di informazione
Luisa Agliassa Sezione Appunti
Configurabilità della responsabilità precontrattuale in presenza di