Appunti delle lezioni di Archivistica. Nella prima parte degli appunti vengono presentati gli archivi con una breve definzione e il ruolo che essi hanno avuto nel passato fino a doggi. Viene presentata poi la riforma del titolo V della Costituzione art.117-118, in cui Il settore degli archivi è passato sotto la dirigenza del Ministero per i beni e le attività culturali e ambientali, nel momento in cui è stato creato nel 1974. Successivamente viene descritta la pratica conservativa dei documenti e delle fonti, vengono descritti i più importanti archivi italiani, tra i quali Firenze e Milano, e i loro metodi di conservazione del materiale. Nella parte centrale degli appunti viene fatto una piccola storia degli archivi, in particolare sull'uso degli archivi durante l'unità d'Italia. Viene poi affrontato il tema del passaggio dall'archivo cartaceo all'uso dei primi mainframe fino alla diffusione del personal computer. Alcuni paragrafi fanno riferimento al libro "Il passato digitale", di Stefano Vitali, in particolare i paragrafi che si riferiscono al ruolo dello storico e l'apprioccio di quest'ultimo con le nuove tecnologie, l'utilizzo e la gerarchia delle fonti. Infine vengono analizzati i vari modi di ottenere informazioni, tra i quali l'intervista, il problema della trascrizione del documento storico, e in particolare il problema della trasrizione del documento sonoro.
Gli archivi tra passato e presente
di Alessia Muliere
Appunti delle lezioni di Archivistica. Nella prima parte degli appunti vengono
presentati gli archivi con una breve definzione e il ruolo che essi hanno avuto
nel passato fino a doggi. Viene presentata poi la riforma del titolo V della
Costituzione art.117-118, in cui Il settore degli archivi è passato sotto la
dirigenza del Ministero per i beni e le attività culturali e ambientali, nel momento
in cui è stato creato nel 1974. Successivamente viene descritta la pratica
conservativa dei documenti e delle fonti, vengono descritti i più importanti
archivi italiani, tra i quali Firenze e Milano, e i loro metodi di conservazione del
materiale. Nella parte centrale degli appunti viene fatto una piccola storia degli
archivi, in particolare sull'uso degli archivi durante l'unità d'Italia. Viene poi
affrontato il tema del passaggio dall'archivo cartaceo all'uso dei primi
mainframe fino alla diffusione del personal computer. Alcuni paragrafi fanno
riferimento al libro "Il passato digitale", di Stefano Vitali, in particolare i paragrafi
che si riferiscono al ruolo dello storico e l'apprioccio di quest'ultimo con le
nuove tecnologie, l'utilizzo e la gerarchia delle fonti. Infine vengono analizzati i
vari modi di ottenere informazioni, tra i quali l'intervista, il problema della
trascrizione del documento storico, e in particolare il problema della trasrizione
del documento sonoro.
Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
Facoltà: Lettere e Filosofia
Esame: Archivistica1. L'archivio come luogo di conservazione
È tra gli ultimi decenni del 700 e i primi dell’800 che si formano i primi embrionali archetipi di istituti
archivistici quali oggi li intendiamo. L’archivio è la naturale sedimentazione di un’attività di gestione,
pratica, giuridica, amministrativa; è il complesso dei documenti elaborati, ricevuti o comunque acquisiti per
finalità pratiche o giuridiche da una persona fisica o un ente pubblico o privato, in rapporto agli scopi
perseguiti.
Precedentemente gli archivi erano stati considerati soprattutto memoria-autodocumentazione a disposizione
di chi li aveva prodotti, quindi produzione, conservazione ed uso erano stati aspetti strettamente collegati
all’interno del processo scrittura-redazione e circolazione della documentazione archivistica. Ma a cavallo
dei secoli XVIII-XIX si delinea una rottura tra produzione, uso (prevalentemente pratico amministrativo) e
conservazione; si formano dunque luoghi istituti di conservazione, distinti da luoghi-uffici di produzione,
pertanto alla documentazione viene attribuito un significato più ampio: non solo memoria auto
documentazione, ma anche memoria-fonte, a disposizione di chi, estraneo al processo di produzione, aveva
un qualsiasi interesse a conoscerla e utilizzarla; dunque, per quel che riguarda l’uso degli archivi, si afferma
il principio della pubblicità di contro il principio della segretezza. Nella documentazione archivistica, nel
momento in cui è posta in essere, ritroviamo due significati: uno pratico-amministrativo, uno storico-
culturale. Un momento cruciale per la storia degli archivi è stata l’unità d’Italia; nell’immediato periodo post
unitario furono istituiti, soprattutto nelle città ex capitali di stato, appositi istituti di conservazione, fino a
prevedere un archivio centrale di stato, un archivio di stato in ogni capoluogo, e un congruo numero di
sezioni d’archivio all’interno di territori provinciali.
Alessia Muliere Sezione Appunti
Gli archivi tra passato e presente 2. Art.117-118, La dirigenza del settore degli archivi
Il settore degli archivi è passato sotto la dirigenza del Ministero per i beni e le attività culturali e ambientali,
nel momento in cui è stato creato nel 1974. Per quanto riguarda la documentazione archivistica prodotta
negli ultimi decenni del 900 e i primi anni del 3 millennio, è caratterizzata da alcuni tratti distintivi: la
molteplicità dei soggetti produttori, l’affievolirsi della distinzione tra sfera statale e non statale, l’uso sempre
più frequente di tecnologie informatiche, sia nel porre in essere che nell’utilizzare la documentazione
archivistica, la fine del monopolio statale riguardo la conservazione-trasmissione della documentazione
(progetto che fu attuato dal ceto dirigente della destra storica; riforma del titolo V della cost. art. 117-118) e
la cessazione della separazione tra beni archivistici e beni culturali, definitivamente sancita dal codice dei
beni culturali entrato in vigore nel 2004 approvato con decreto legislativo. Il materiale archivistico raccolto
negli archivi viene organizzato per istituzioni, intendendo il termine in un’accezione estensiva. Chi fa
ricerche d’archivio deve sforzarsi di tradurre la domanda storiografica in domanda archivistica: cioè
incanalare l’oggetto-argomento della propria indagine all’interno del complesso reticolato archivistico. Ogni
archivio infatti ha una sua storia (non sempre però facilmente ricostruibile); chi utilizza documenti
d’archivio isola i documenti dallo statuto, cioè dall’universo d’uso cui appartengono, per inserirli in un altro,
venendo a creare per così dire una nuova documentazione (per questo istituto produttore e materiale
archivistico non sono sempre sovrapponibili). Chi produce documentazione archivistica lo fa per memoria
propria e non per altrui, per i contemporanei e non per i posteri (infatti abbiamo detto che la documentazione
archivistica è prodotta per finalità pratiche, giuridiche, amministrative, connesse all’esercizio di specifiche
attività).
Alessia Muliere Sezione Appunti
Gli archivi tra passato e presente 3. La pratica conservativa della documentazione archivistica
Per quanto riguarda la pratica conservativa della documentazione archivistica, questa è stata segnata
nell’arco dei secoli, ovviamente in modi diversi, da eventi accidentali, calamitosi, come pure concrete
pratiche conservative; in generale fino al 700 è stata soprattutto finalizzata a esigenze giuridiche, politiche; i
più antichi documenti conservati da istituti archivistici, sono atti notarili di epoca medievale;si pensi
all’importanza della figura notarile in epoca medievale (dove la m maggioranza della popolazione era
analfabeta), agli archivi ci si rivolgeva per la trattazione di affari per i quali era necessario ricorrere a
precedenti; per cui alla documentazione si riconosceva un valore di praticità, di utilità, considerandola
dunque come memoria auto documentazione si sentiva l’esigenza di conservarla per un lungo periodo. Già
nel medioevo dunque era stata predisposta una sorta di “macchina conservativa”, un esempio è la camera
actorum del comune di Bologna, che svolse dal XIII al XVI la funzione di archivio di carte provenienti da
diverse magistrature cittadine. Successivamente, tra il XVI e il XVIII secolo, la pratica conservativa è si
ispirata alla tradizione precedente, ma si accentua il carattere strumentale e l’uso politico che degli archivi si
può fare, non a caso per questo periodo si parla di “bella diplomatica”. Una guerra del genere è quella
condotta da Ludovico Antonio Muratori, archivista presso gli estensi, che basandosi sui documenti presenti
in archivio sosteneva la loro rivendicazione circa il possesso delle valli di Comacchio. In pratica gli
interventi conservativi compiuti lungo tutto il 700 miravano a fare degli archivi qualcosa di utile al potere; i
documenti che non erano ritenuti tali, erano giudicati superflui o inutili e una volta distinti dagli altri oggetto
di pratiche conservative venivano accantonati o bollati come non meritevoli e dunque distrutti (ci è rimasta
memoria della loro esistenza e distruzione contemporaneamente). Per quanto riguarda le opinioni circa la
pratica di spurgo dell’apparato politico burocratico, c’era chi si dichiarava favorevole purché sia fatto da
persone intelligenti, e chi si dichiarava contrario perché sosteneva che gli scritti di qualsiasi genere benché
all’apparenza inutili, andavano conservati perché anche l’uomo più erudito non poteva a prima vista
prevedere a quale uso e vantaggio potessero essere utilizzati in futuro.
Alessia Muliere Sezione Appunti
Gli archivi tra passato e presente 4. La nascita del primo archivio a Firenze, 1778
Il primo istituto di conservazione per usi culturali di documentazione antica fu il pubblico archivio
diplomatico di Firenze, istituito nel 1778 attraverso un motu proprio leopoldino, in cui si legge di
raccogliere “antichi documenti...perché essi importanti lumi possono apportare…anche all’erudizione e alla
storia”. Quali che fossero le finalità perseguite, durante e successivamente l’età napoleonica si continuò a
raccogliere materiale documentario, scritture e memorie in quanto accumulo e sedimentazione di
conoscenze di quello che il potere, nelle sue varie forme era stato nel passato: appartenevano cioè ad una
tradizione dalla quale ci si voleva distinguere ma non separare. Si mirava ora a raccogliere materiale
documentario che, anche se non più utilizzabile come memoria auto documentazione (cioè aspirassero o
meno a soddisfare esigenze pratico amministrative o all’erudizione e alla storia) potevano rivelarsi utili
come memoria fonte, dell’immagine che il potere voleva tramandare di se stesso alla posterità. Per questo
all’interno degli istituti di conservazione la documentazione archivistica del presente come del passato
venne ripartita in base a parametri classificatori elaborati dal coevo pensiero politicogiuridico; in base a
definizioni interpretazioni più generali della coppia concettuale passato/presente (antico e moderno). Ad
esempio la documentazione archivistica conservata presso l’archivio di Palermo venne ripartita in 3 sezioni:
diplomatica (carte relative ai reali ministeri, alla luogotenenza generale, agli istituti ecclesiastici, guerra,
marina e alla storia e al diritto pubblico in Sicilia), giudiziaria (tutti gli atti e i processi delle antiche e
moderne giurisdizioni), amministrativa (l’amministrazione civile e l’economia). L’archivio veneziano de’
Frari invece a partire dal 1817 adottò una pratica conservativa che collocava nel passato tutta la
documentazione precedente la caduta della repubblica della serenissima, nel presente quella successiva
(questo per trasmettere l’immagine di un potere che per secoli aveva cercato di mantenere intatta la sua
fisionomia).
Alessia Muliere Sezione Appunti
Gli archivi tra passato e presente 5. L’archivio di Milano e il metodo peroniano
Per quanto riguarda l’archivio di Milano tra i secoli XVIII e XIX adottò una pratica conservativa
denominata “metodo peroniano” dal nome del suo massimo realizzatore, Luca Peroni, una pratica
all’insegna della continuità più che dell’opposizione passato/presente, o antico/moderno, anzi quasi ad una
certa enfatizzazione del moderno. In pratica si collocava nel passato tutta la documentazione precedente al
secolo dell’ottocento, compresa l’età napoleonica e nel presente quella successiva. Ma tale separazione
costituiva come due tomi di uno stesso libro dedicato al sapere documentario, tant’è che i criteri
classificatori dell’uno e dell’altro periodo erano i medesimi. A distanza di tempo la dottrina e la pratica
conservativa daranno un giudizio negativo circa il metodo adottato da questo archivio, ma non
dimentichiamo che chi l’ha elaborato e messo in pratica rispondeva a delle esigenze di governo: aspirava a
rimodellare il passato/antico in funzione del presente/moderno, riappropriandosi di una tradizione
documentaria, che se riproposta con forza poteva trasmettere l’immagine gloriosa al futuro.
L'ordinamento per materia
L'ordinamento per materia (o secondo il "principio di pertinenza") nasce sulla scorta dei
principidell'Illuminismo e dell'Enciclopedia. Prevedeva di disporre le carte secondo delle "materie"
individuate dallo stesso archivista e strutturate in base ad un "quadro di classificazione".Tale operazione
però spesso (quasi sempre) comportava la perdita del legame tra le carte e di quello con il soggetto
produttore.
Alessia Muliere Sezione Appunti
Gli archivi tra passato e presente