Diritto tributario:
Appunti di diritto tributario. Vengono abilmente riassunti i temi delle imposte sul reddito, con una specifica sul reddito d'impresa. Inoltre si approfondiscono due particolari imposte sul reddito: l'IVA e l'IRAP.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Alessandro Pastore
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- Università: Università degli Studi di Torino
- Facoltà: Economia
- Esame: Diritto tributario II
- Docente: Alessandro Vicini Ronchetti
Indice dei contenuti:
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DIRITTO TRIBUTARIO Appunti del corso a.a. 2010/11 tenuto dal prof. Alessandro Vicini Ronchetti Le imposte sul reddito sono principalmente disciplinate dal DPR 917 del 1986. Le imposte indirette principali sono l’IVA e l’imposta di registro. Non si sa bene di quale categoria sia l’Irap, e su questo argomenti vi sono stati numerosi contenziosi. Le imposte dirette colpiscono la manifestazione diretta della capacità contributiva. Vi sono aliquote diverse in base alle diverse manifestazioni di capacità contributiva. Sono previste sei categorie reddituali: - Redditi fondiari; - Redditi di capitale; - Redditi da lavoro dipendente; - Redditi da lavoro autonomo; - Redditi d’impresa; - Redditi diversi. Se produco un reddito che non rientra in questa catalogazione allora non è reddito imponibile, ma questa resta solo una possibilità teorica. Tutte le sei categorie di redditi sono disciplinate da due gruppi diversi di norme che ordinano la prima i presupposti, la seconda le modalità di determinazione della base imponibile e come assoggettarle a tassazione. REDDITI FONDIARI Derivano dal possesso di beni immobili come manifestazione di capacità contributiva. Si suddividono in: - Reddito agrario: possesso di un terreno agricolo; - Reddito demaniale: possesso di un mero terreno. Il reddito fondiario ha la caratteristica di essere predeterminato: ufficialmente dal catasto degli immobili o dei terreni viene attribuito ai terreni o agli immobili un reddito chiamato rendita catastale (reddito figurativo). Tutte le altre categorie prevedono la determinazione del reddito direttamente da parte del singolo contribuente e non dei terzi. L’erario è l’ente impositario (cioè lo Stato). La commissione tributaria decide eventuali contravvenzioni e il legislatore tributario emana i provvedimenti aventi forza di legge. Non bisogna confondere il legislatore, o la norma, con l’amministrazione finanziaria, le circolari della quale non hanno forza di legge, in quanto meri atti amministrativi. L’Art. 23 della Costituzione introduce la “riserva di legge”: nessuna prestazione patrimoniale o personale può essere imposta se non in base alla legge. Appunti di Alessandro Pastore www.tesionline.it REDDITI DA CAPITALE Non esiste una definizione ma un elenco in cui rientrano i redditi di questa categoria. Comprendono gli investimenti di capitali, gli interessi attivi su C/C, i prestiti obbligazionari, i pronti contro termine e i dividendi (=> remunerazione del capitale investito). Tutti i redditi di natura diversa, anche se simili, rientrano nella categoria redditi diversi. REDDITI DA LAVORO DIPENDENTE E AUTONOMO Sono tassati dal reddito effettivamente percepito (criterio dell’incasso e non della competenza come per l’impresa). Appunti di Alessandro Pastore www.tesionline.it IL REDDITO D’IMPRESA: L’IRES Si basa su l principio dell’autodeterminazione e dell’auto tassazione dopo la riforma del ’70. Prima era stimato ed era ammesso un contenzioso tra imprese e ente imposotore. Prima si trattava di imprese meno sviluppate e il numero era più esiguo: con la struttura odierna questo metodo è improponibile. L’amministrazione finanziaria ha quindi meno oneri da questo punto di vista, compensati però dagli obblighi di verifica. L’ente impositore ha ora solo un mero compiti di controllo e applicazioni delle sanzioni previste in caso di irregolarità. Art. 55 del TUIR: Redditi di Impresa 1. Sono redditi d'impresa quelli che derivano dall'esercizio di imprese commerciali. Per esercizio di imprese commerciali si intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell'art. 2195 c.c., e delle attività indicate alle lettere b) e c) del comma 2 dell'art. 32 che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se non organizzate in forma d'impresa. 2. Sono inoltre considerati redditi d'impresa: - i redditi derivanti dall'esercizio di attività organizzate in forma d'impresa dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell'art. 2195 c.c.; - i redditi derivanti dall'attività di sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque interne; - i redditi dei terreni, per la parte derivante dall'esercizio delle attività agricole di cui all'articolo 32, pur se nei limiti ivi stabiliti, ove spettino alle società in nome collettivo e in accomandita semplice nonché alle stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti esercenti attività di impresa. 3. Le disposizioni in materia di imposte sui redditi che fanno riferimento alle attività commerciali si applicano, se non risulta diversamente, a tutte le attività indicate nel presente articolo. I redditi d’impresa, previsti dall’art. 55 sono quelli che derivano da imprese commerciali: si intendono professioni abituali ancorché non esclusivamente, quelle previste dall’art. 2195 del C.C. Sono previsti cinque gruppi di soggetti: - dell’attività industriale per la produzione di beni e servizi; - Esercizio dell’attività intermediaria nella circolazione dei beni; - Esercizio dell’attività di trasporto; - Esercizio dell’attività bancaria o assicurativa; - Esercizio dell’attività ausiliaria alla produzione. Il reddito agrario a volte diventa reddito d’impresa quando l’attività agricola è esercitata in modo industriale. Art 55 del TUID: sono redditi d’impresa quelli che derivano dall’attività in forma di impresa anche quando non rientra nel 2195 C.C. Lo sono anche le attività di sfruttamento del sottosuolo. Ogni attività svolta da un’impresa è comunque reddito d’impresa: può anche svolgere attività di consulenza ma se è un’ Srl sarà comunque reddito di impresa. ILOR: imposta locale sui redditi, gravava esclusivamente sulle imprese ( 16,2%) e la base imponibile era la stessa dell’IRES. Quindi capire se il reddito era di impresa o autonomo aveva conseguenze anche su questo. Questa imposta che causava una doppia tassazione dello stesso reddito fu abolita a seguito di numerose rimostranze. Appunti di Alessandro Pastore www.tesionline.it DETERMINAZIONE DEL REDDITO D’IMPRESA A partire dall’articolo 56 del TUID; - fino all’articolo 71 disciplina il trattamento del reddito delle persone fisiche; riguarda ad esempio l’imprenditore individuale, le SNC e le SAS, poiché esse sono sprovviste di personalità giuridica, per cui vige il principio della trasparenza: la società è riconosciuta dal CC come commerciale, soggiace alle modalità di calcolo dei redditi di impresa che però va a carico dei soci indipendentemente dalla modalità di distribuzione degli utili, ma in proporzione alle quote di partecipazione come risultanti dall’atto costitutivo, o (se ivi non è indicato) in parti eguali. Il reddito e’ determinato come reddito di impresa ma viene tassato come IRPEF, che va a carico non della società ma del socio. Ratio della trasparenza: nelle società di persone sono i soci stessi in prima persona che lavorano e portano avanti l’attività commerciale, quindi il reddito della società coincide con quello della persona fisica. - Dopo l’articolo 71 e’ disciplinato il trattamento del reddito per le società dotate di personalità giuridica, per le quali non vige il principio della trasparenza, quindi l’utile costituito in capo alla società non è tassato in capo al socio. Rispondono a tale disciplina le seguenti società: - S.p.A.; - S.r.l.; - S.A.P.A.; - Cooperative; - Società europee di cui al diritto comunitario. Appunti di Alessandro Pastore www.tesionline.it Art. 73 del TUIR: Soggetti Passivi Sono soggetti all'imposta sul reddito delle società: - le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato; - gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali; - gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali; - le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato. Tra gli enti diversi dalle società, di cui alle lettere b) e c) del comma 1, si comprendono, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti delle quali il presupposto dell'imposta si verifica in modo unitario e autonomo. Tra le società e gli enti di cui alla lettera d) del comma 1 sono comprese anche le società e le associazioni indicate nell'articolo 5. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell'amministrazione o l'oggetto principale nel territorio dello Stato. L'oggetto esclusivo o principale dell'ente residente è determinato in base alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l'attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto. In mancanza dell'atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l'oggetto principale dell'ente residente è determinato in base all'attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti. Secondo l’art. 73 sono passivi i soggetti sopraelencati residenti nel territorio dello Stato. Il sistema tributario italiano è ispirato al metodo del reddito mondiale: i residenti in Italia, che svolgono un’attività commerciale, pagano allo Stato italiano il reddito ovunque prodotto, e i non residenti pagano il reddito prodotto sul territorio italiano. Vale anche gli enti pubblici o privati che svolgono l’attività commerciale solo in maniera residuale. Lo stesso metodo è utilizzato da molti altri Paesi dell’OCSE. Ma quand’è che il reddito di uno straniero è prodotto in Italia? Art 23: sono riconosciuti come reddito prodotto in Italia i seguenti redditi: - Redditi fondiari; - Redditi di capitale corrisposti dallo Stato italiano o da soggetti residenti in Italia. - Redditi da lavoro provenienti da attività svolte sul territorio italiano; - Redditi derivanti dallo sfruttamento dei redditi di ingegno qualora colui che produce il reddito (paga il diritto ad utilizzare il brevetto) sia residente in Iatalia; - Redditi di impresa: società straniere che svolgono attività di impresa attraverso una stabile organizzazione. Ratio della residenza: nell’ottica tributaria (art 73 comma 3) si considerano residenti le società o gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno avuto sede legale o amministrativa sul territorio italiano, o il cui oggetto principale di attività sia stato svolto principalmente nei confini nazionali. La sede legale si evince dall’atto costitutivo, o dallo Statuto della società ed è il più facile da eludere. La sede dell’amministrazione è il luogo dove vengono prese le decisioni strategiche però dato che al C.d.A. si può partecipare anche per video conferenza (ad esempio) si può facilmente eludere anche questo controllo. È più facile controllare dov’è che si è svolto l’oggetto principale dell’attività (ad esempio controllando dov’è che sono stati ottenuti i maggiori ricavi). Appunti di Alessandro Pastore www.tesionline.it L’art. 73 è stato modificato nel 2006 per evitare comportamenti elusivi, introducendo delle presunzioni relative, cioè si presume la residenza fino a prova contraria presentata dal contribuente. Non è più il legislatore a dover dimostrare l’illegalità di una dichiarazione dei redditi, ma l’onere della controprova spetta al contribuente. Comma 3 secondo periodo: si considerano residenti, salvo prova contraria, i trust e gli organi i cui beneficiari (almeno uno) è residente in Italia. L’onere della prova vale ad esempio per le holding o le controllate estere che a loro volta controllano un italiana. Es. 100% 100% Scatta l’inversione dell’onere della prova. Tutto ciò serve a combattere l’esterovastizione ottenuta soprattutto attraverso la creazione di holding. Sono norme di natura antiabusiva e antielusiva. Quindi chi è residente fiscalmente in Italia attira nel Paese tutti i suoi redditi; per i non residenti invece vale il principio dell’art. 23. Art. 23 del TUIR: Applicazione dell'imposta ai non residenti Ai fini dell'applicazione dell'imposta nei confronti dei non residenti si considerano prodotti nel territorio dello Stato: i redditi fondiari; i redditi di capitale corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti, con esclusione degli interessi e altri proventi derivanti da depositi e conti correnti bancari e postali; i redditi di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato, compresi i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 50; i redditi di lavoro autonomo derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato; i redditi d'impresa derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni; i redditi diversi derivanti da attività svolte nel territorio dello Stato e da beni che si trovano nel territorio stesso, nonché le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti, con esclusione: - delle plusvalenze di cui alla lettera c-bis) del comma 1, dell'articolo 6755, derivanti da cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti negoziate in mercati regolamentati, ovunque detenute; - delle plusvalenze di cui alla lettera c-ter) del medesimo articolo derivanti da cessione a titolo oneroso ovvero da rimborso di titoli non rappresentativi di merci e di certificati di massa negoziati in mercati regolamentati, nonché da cessione o da prelievo di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti; - dei redditi di cui alle lettere c-quater) e c-quinquies) del medesimo articolo derivanti da contratti conclusi, anche attraverso l'intervento d'intermediari, in mercati regolamentati; i redditi di cui agli articoli 5, 115 e 116 imputabili a soci, associati o partecipanti non residenti. Indipendentemente dalle condizioni di cui alle lettere c), d), e) e f) del comma 1 si considerano prodotti nel territorio dello Stato, se corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti: le pensioni, gli assegni ad esse assimilati e le indennità di fine rapporto di cui alle lettere a), c), d), e) e f) del comma 1 dell'articolo 17 ; i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui alle lettere c), c-bis), f), h), hbis), i) e l) del comma 1 dell'articolo 50; i compensi per l'utilizzazione di opere dell'ingegno, di brevetti industriali e di marchi di impresa nonché di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico; i compensi conseguiti da imprese, società o enti non residenti artistiche o professionali effettuate GBR PdM ITA Appunti di Alessandro Pastore www.tesionline.it per loro conto nel territorio dello Stato. Il metodo del reddito mondiale, essendo largamente utilizzato crea il problema della cosiddetta doppia tassazione, la quale viene evitata attraverso accordi bilaterali tra i diversi paesi. IRES È l’imposta che pesa sui soggetti dotati di personalità giuridica. C’è il problema della doppia tassazione tra società e socio, in quanto la società realizza un reddito che viene tassato e distribuisci ai soci un utile netto. Fino al 31 dicembre 2003 i dividente venivano tassati come IRPEF (imposta progressiva a scaglioni) ma veniva riconosciuto ai soci un credito di imposta in modo da evitare la doppia tassazione: in pratica veniva annullata la tassazione pagata in capo alla società, e veniva mantenuto il principio della progressività in capo al socio. Nell’esempio (in cui per assurdo il Sig. Rossi ha come unico reddito i dividendi) il contribuente paga 7 che sommate ai 33 già pagati dalla Società Alfa fa si che venga rispettato il principio della progressività senza che ci sia doppia tassazione. Ad oggi vige il meccanismo dell’esenzione, per cui i dividendi non sono più imponibili. Il credito di imposta creava problemi quando c’erano soci stranieri o i dividendi provenivano da società straniere, dalle quali lo Stato non aveva ricevuto tasse (ovviamente) e per i quali non poteva concedere credito di imposta (caso Manninen). Il credito di imposta frenava a tutti gli effetti la libera circolazione del denaro, perché le persone erano spinte a comprare azioni italiane per usufruire del credito di imposta più che azioni di società estere. Per evitare la doppia tassazione dei dividendi tra imprese e soci si usa il meccanismo dell’esenzione o della partecipation exception dei dividendi in capo ai soci. L’aliquota Ires in capo alla società è attualmente del 27,5%, mentre prima del 2008 era 33%. Per facilitare il pagamento delle tasse il legislatore ha deciso di suddividere l’esercizio in diversi periodi di imposta. Art. 83 del TUID: Determinazione del Reddito Complessivo 1. 1. Il reddito complessivo è determinato apportando all'utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo all'esercizio chiuso nel periodo d'imposta, [aumentato o diminuito dei componenti che per effetto dei principi contabili internazionali sono imputati direttamente a patrimonio], le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti stabiliti nelle successive disposizioni della presente sezione. 2. Per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali […] valgono, anche in deroga alle disposizioni dei successivi articoli della presente sezione, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione a bilancio previsti da detti principi contabili. Secondo l’art. 83 il reddito complessivo è determinato applicando al risultato del CE relativi al periodo di imposta le variazioni in aumento o diminuzione derivante dai criteri delle disposizione successive. Questo articolo introduce il principio della derivazione: il reddito di impresa è determinato partendo dal risultato civilistico, a cui saranno apportate le variazioni necessarie ad adeguarlo fiscalmente. Ma perché si parte dal CE? Appunti di Alessandro Pastore www.tesionline.it La legge delega 825 del 1971 con cui il legislatore delegante aveva disposto al governo di determinare il reddito imponibile secondo i criteri di adeguamento del reddito imponibile a quello calcolato secondo il principio della competenza economica. Tenuto conto delle esigenze di efficienza rafforzamento e razionalizzazione dell’apparato produttivo. Il legislatore delegato ha quindi preso come base di partenza il risultato civilistico di CE, poiché forniva un risultato determinato secondo il principio della competenza economica. Il bilancio d’esercizio è effettivamente l’unico documento a cui far riferimento per rispettare la richiesta della delega. A questo risultato vengono poi applicate delle variazioni in aumento o diminuzione , perché molte voci sono inserite a bilancio secondo valutazioni soggettive (vedi gli ammortamenti), sostituite fiscalmente da norme e criteri certi, sia per salvaguardare il contribuente sia per salvaguardare il gettito. Inoltre il bilancio è redatto secondo il principio della prudenza,il quale in poche parole abbassa l’utile poiché considera i costi presunti, ma non i crediti presunti. Il reddito imponibile è di derivazione dal reddito d’impresa. In seguito sono stati introdotti i principi contabili internazionali (IAS/IFRS) per fornire regole comuni a livello globale dato l’allargamento del mercato globalizzato. Il legislatore italiano ha deciso di applicare tali principi anche ai bilanci d’esercizio oltre che ai consolidati ad esempio per le banche o le assicurazioni. Questo fatto ha creato problemi al legislatore tributario poiché gli sono state cambiate le regole con cui viene calcolato il reddito d’esercizio. A tal proposito l’art. 83 del TUID è stato modificato: il risultato di CE va aumentato o diminuito a seconda dei valori derivanti dagli IAS/IFRS inseriti a PN (parte tra parentesi quadre). Le poste che per gli IAS/IFRS transitano a PN sono quelle che vanno valutate a fair value, e quindi sono si componenti positivi di reddito, ma sono plusvalenze, non ricavi. Quindi prevale quanto espresso dall’art.86 (norma speciale) che prevede la non imputabilità delle plusvalenze non effettivamente realizzate anche se iscritte a bilancio. Quindi anche con il vecchio 83 in realtà la plusvalenze iscritte PN ma non realizzate non erano rilevanti fiscalmente. Come si vede gli IAS fanno abbastanza pugni con il principio della prudenza. Con la finanziaria 2008 tutto cambia semplificandosi. L’art 83 comma 2 prevede che, per i soggetti che li utilizzano essi valgono, anche in deroga alle disposizioni successive, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione previsti per gli IAS. Come mai questo passi in dietro rispetto a quanto previsto prima? C’è chi sostiene che in realtà la nuova modifica già comprenda la parte abrogata, ma si attende un decreto ministariale o un regolamento che chiarisca la questione. È prevista l’emanazione di appositi regolamenti per chiarire i criteri di coordinamento di queste norme. Un’illuminazione, ancorché ridotta ai costi, deriva dall’art. 109che prevede che siano deducibili tutti i costi previsti dagli IAS, e quindi anche quelli inseriti a PN. Questo parrebbe confermare che il nuovo comma 2 dell’articolo 83 in realtà ricomprenda la parte abrogata. Il dato contabile quindi assume rilevanza fondamentale. L’impianto contabile della società acquista rilevanza a livello tributario. La contabilità per un soggetto di ridotte dimensioni (carrozzeria fratelli Carmelo) è tenuta quasi esclusivamente per esigenze di carattere tributario, ma per soggetti di grosse dimensioni (FIAT) la contabilità è parte integrante di un complesso sistema di reportistica necessario al buon governo dell’azienda, oltre che essere usato per il calcolo del reddito imponibile. L’art 83 fa parte delle norme cosiddette di carattere generale, mentre quelle successive, fino allìart 108, sono norme di carattere speciale. Le norme di carattere speciale, se in antinomia con quelle generali, le sostituiscono anche se esse sono successive. Si parla di doppio binario perché si parte dallo stesso punto (risultato d’esercizio) e poi si prendono due strade separate. L’Art 109 è una norma di carattere generale sulle componenti del reddito d’impresa. Appunti di Alessandro Pastore www.tesionline.it Parla dei principi della competenza, della inerenza e della previa imputazione. IL PRINCIPIO DELLA COMPETENZA È quel principio previsto dalla stessa legge delega. La competenza economica del C.C. può però non coincidere con quella tributaria, è per questo motivo che sono previste le variazioni in aumento o diminuzione. Salvo quanto stabilito dalle norme 84/108 le componenti positive o negative del periodo di imposta concorrono a formare il reddito d’impresa. Tuttavia i ricavi, le spese e glia altri componenti di cui a fine periodo non sia ancora certa la realizzazione o chiaro l’ammontare (obiettivamente calcolabile) NON concorrono a formare il reddito imponibile. È importante far notare che non solo i ricavi, ma anche i costi non certi non concorrono a fare reddito, a differenza di quanto previsto dal C.C. per il quale i costi non certi vanno tenuti di conto per rispettare il principio della prudenza. REALIZZAZIONE CERTA E OBBIETIVA CALCOLABILITÀ Secondo l’articolo 109 del TUIR i componenti di reddito devono essere calcolati secondo criteri ragionevoli e affidabili, se no non sono fiscalmente rilevabili in quel periodo di imposta. Appunti di Alessandro Pastore www.tesionline.it Articolo 109: Norme generali sui componenti del reddito d'impresaI ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme della presente Sezione non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell'esercizio di competenza; tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell'esercizio di competenza non sia ancora certa l'esistenza o determinabile in modo obiettivo l'ammontare concorrono a formarlo nell'esercizio in cui si verificano tali condizioni. Ai fini della determinazione dell'esercizio di competenza: - i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, alla data della consegna o spedizione per i beni mobili e della stipulazione dell'atto per gli immobili e per le aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l'effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale. Non si tiene conto delle clausole di riserva della proprietà. La locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti è assimilata alla vendita con riserva di proprietà; - i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei servizi si considerano sostenute, alla data in cui le prestazioni sono ultimate, ovvero, per quelle dipendenti da contratti di locazione, mutuo, assicurazione e altri contratti da cui derivano corrispettivi periodici, alla data di maturazione dei corrispettivi; - per le società e gli enti che hanno emesso obbligazioni o titoli similari la differenza tra le somme dovute alla scadenza e quelle ricevute in dipendenza dell'emissione è deducibile in ciascun periodo di imposta per una quota determinata in conformità al piano di ammortamento del prestito. I ricavi, gli altri proventi di ogni genere e le rimanenze concorrono a formare il reddito anche se non risultano i . Le minusvalenze realizzate ai sensi dell’articolo 101 sulle azioni, quote e strumenti finanziari similari alle azioni che non possiedono i requisiti di cui all’articolo 87 non rilevano fino a concorrenza dell’importo non imponibile dei dividendi, ovvero dei loro acconti, percepiti nei trentasei mesi precedenti il realizzo. Tale disposizione si applica anche alle differenze negative tra i ricavi dei beni di cui all’articolo 85, comma 1, lettere c) e d), e i relativi costi. Le disposizioni del comma 3-bis si applicano con riferimento alle azioni, quote e strumenti finanziari similari alle azioni acquisite nei trentasei mesi precedenti il realizzo, sempre che soddisfino i requisiti per l’esenzione di cui alle lettere c) e d) del comma 1 dell’articolo 87. Resta ferma l’applicazione dell’articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 , n. 600, anche con riferimento ai differenziali negativi di natura finanziaria derivanti da operazioni iniziate nel periodo d’imposta o in quello precedente sulle azioni, quote e strumenti finanziari similari alle azioni di cui al comma 3-bis. Le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui non risultano imputati al conto economico relativo all'esercizio di competenza. Si considerano imputati a conto economico i componenti imputati direttamente a patrimonio per effetto dei principi contabili internazionali. Sono tuttavia deducibili: - quelli imputati al conto economico di un esercizio precedente, se la deduzione è stata rinviata in conformità alle precedenti norme della presente sezione che dispongono o consentono il rinvio; - quelli che pur non essendo imputabili al conto economico, sono deducibili per disposizione di legge. Gli ammortamenti dei beni materiali ed immateriali, le altre rettifiche di valore, gli accantonamenti e le differenze tra i canoni di locazione finanziaria di cui all’articolo 102, comma 7, e la somma degli ammortamenti dei beni acquisiti in locazione finanziaria e degli interessi passivi che derivano dai relativi contratti imputati a conto economico sono deducibili se in apposito prospetto della dichiarazione dei redditi è indicato il loro importo complessivo, i valori civili e fiscali dei beni e quelli dei fondi. In caso di distribuzione, le riserve di patrimonio netto e gli utili d'esercizio, anche se conseguiti successivamente al periodo d'imposta cui si riferisce la deduzione, concorrono a formare il reddito se e nella misura in cui l'ammontare delle restanti riserve di patrimonio netto e dei restanti utili portati a nuovo risulti inferiore all'eccedenza degli ammortamenti, delle rettifiche di valore e degli accantonamenti dedotti rispetto a quelli imputati a conto economico, al netto del fondo imposte differite correlato agli importi dedotti. La parte delle riserve e degli utili di esercizio distribuiti che concorre a formare il reddito ai sensi del precedente periodo è aumentata delle imposte differite ad essa corrispondenti. L'ammontare dell'eccedenza è ridotto degli ammortamenti, delle plusvalenze o minusvalenze, delle rettifiche di valore relativi agli stessi beni e degli accantonamenti, nonché delle riserve di patrimonio netto e degli utili d'esercizio distribuiti, che hanno concorso alla formazione del reddito. Le spese e gli oneri specificamente afferenti i ricavi e gli altri proventi, che pur non risultando imputati al conto economico concorrono a formare il reddito, sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui risultano da elementi certi e precisi. Appunti di Alessandro Pastore www.tesionline.it Le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto di cui ai commi 1, 2, e 3 dell'articolo 96. Le plusvalenze di cui all'articolo 87, non rilevano ai fini dell'applicazione del periodo precedente. Qualora nell'esercizio siano stati conseguiti gli interessi e i proventi di cui al comma 3 dell'articolo 96 che eccedono l'ammontare degli interessi passivi, fino a concorrenza di tale eccedenza non sono deducibili le spese e gli altri componenti negativi di cui al secondo periodo del precedente comma e, ai fini del rapporto previsto dal predetto articolo 96, non si tiene conto di un ammontare corrispondente a quello non ammesso in deduzione.] In deroga al comma 1 gli interessi di mora concorrono alla formazione del reddito nell'esercizio in cui sono percepiti o corrisposti. In deroga al comma 5 non è deducibile il costo sostenuto per l'acquisto del diritto d'usufrutto o altro diritto analogo relativamente ad una partecipazione societaria da cui derivino utili esclusi ai sensi dell'articolo 89. Non è deducibile ogni tipo di remunerazione dovuta: - su titoli, strumenti finanziari comunque denominati, di cui all'articolo 44, per la quota di essa che direttamente o indirettamente comporti la partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell'affare in relazione al quale gli strumenti finanziari sono stati emessi; - relativamente ai contratti di associazione in partecipazione ed a quelli di cui all'articolo 2554 del codice civile allorché sia previsto un apporto diverso da quello di opere e servizi. Il comma 2 del 109 individua i criteri per stabilire quando matura la competenza delle più tipiche voci di bilancio: - Cessione o acquisto di beni mobili: data di consegna o spedizione; - Cessione o acquisto di beni immobili registrati: data della stipula dell’atto; - Spese o ricavi per prestazioni di servizi: alla data dell’ultimazione, con una deroga nel caso in cui siano servizi continuativi con corrispettivi periodici (affitto), in tal caso assume rilevanza fiscale il periodo di competenza economico/civilistico. Quand’è che la certezza e l’obiettiva calcolabilità possono essere verificate? Cioè, se l’esercizo chiude il 31/12 e la certezza e calcolabilità di una voce avviene in data successiva, hanno valenza fiscale? Se si, fino a quando? Fino all’assemblea che approva il bilancio? O anche successivamente presentando un integrativa? L’amministrazione finanziaria ha affermato che la data ultima per cui una voce di bilancio concorre ai fini del calcolo del reddito fiscale è la chiusura dell’esercizio. Questa affermazionedell’amministrazione tributaria non ha però valenza di legge, in quanto mero atto amministrativo (interpello); è assicurata però tutela a chi segue questa norma nel caso di successive variazioni. IL PRINCIPIO DELLA PREVIA IMPUTAZIONE Il comma 4 del 109 tratta del principio della previa imputazione secondo il quale le spese e le altre componenti negative di reddito (altre rispetto a quelle del comma due) non risultano deducibili se non nella misura in cui sono inseriti in conto economico. Sembra un affermazione quasi superflua dato che già nell’articolo 83 si stabilisce che la base di partenza per il calcolo del reddito imponibile sia il risultato civilistico del Conto Economico. Questo principio però è importante perché fin dai primi anni della sua comparsa ha comportato un particolare fenomeno, quello della dipendenza rovesciata. Appunti di Alessandro Pastore www.tesionline.it In poche parole invece di essere il reddito imponibile a dipendere da quello civilistico, i redattori partivano da quanto volevano dichiarare per arrivare al reddito d’esercizio. Si tratta di inquinamento del bilancio da parte di poste fiscali per ottenere dei benefici. È interessante osservare che fino al 31 dicembre 2003 il codice civile ammetteva la possibilità che fossero imputati a CE anche poste non economiche con il solo scopo di ottenere dei benefici fiscali. Es. Diritti UMTS Lo Stato aveva venduto agli operatori telefonici i diritti allo sfruttamento della tecnologia UMTS. Questi operatori, avendo sostenuto un costo decisamente alto per ottenere tali diritti, desideravano ammortizzare tale costo nonostante tali tecnologie non fossero ancora attive. Ciò fu reso loro possibile proprio da questa postilla del C.C. Vale la pena sottolineare che il principio della previa imputazione vale solo per i costi, e non per i ricavi. Dato che l’inquinamento dei bilanci non era più sostenibile nel 2003 con la manovra Vietti è stato modificato il CC per impedire che fossero imputati i costi non relativi all’attività economica dell’impresa. A questa manovrà però ne seguì una seconda con la quale fu aggiunto un comma all’articolo 109 (eliminato con la legge 244 del 2007: Finanziaria 2008) con il quale si dava la possibilità alle aziende di imputare anche componenti negative non iscritte a CE, solo se di tipo valutativo, e non connessi a terzi ( ammortamenti, accantonamenti, svalutazioni, altre rettifiche di valore). La differenza si spiega per il fatto che le componenti negative connesse a terzi hanno per l’appunto una controparte nelle componenti positive iscritte nel bilancio dei terzi. Essendo bilaterali o sono a somma zero (io inserisco un costo e lui un ricavo) oppure non si possono inserire, perché lo Stato concederebbe a me una deduzione senza incassare il corrispettivo dall’altra azienda. Tale deduzione a riserva aveva però dei vincoli: l’accantonamento a riserva non poteva superare l’importo delle deduzioni extra-contabili al netto della fiscalità differita. Gli ammortamenti anticipati acceleravano il periodo di ammortamento del bene, consentendo un aliquota di ammortamento pari al doppio di quella ministeriale. Tale norme è stata inserita come incentivo al rinnovamento produttivo (come concesso dalla legge delega del ’86 in deroga al principio della competenza), in quanto una minore vita utile poteva spingere le imprese ad investire di più su nuovi macchinari. In questo discorso ricopre un ruolo di importanza la fiscalità differita, perché se extra-contabilmente vengono accelerati gli ammortamenti, consentendo una deduzione delle imposte attuali, non bisogna ricordare che contabilmente questi ammortamenti invece ritorneranno negli anni successivi ma non saranno più deducibili. Come visto prima dal primo gennaio del 2008 il comma sei è stato abrogato: sono deducibili solo gli ammortamenti ordinari e non quelli anticipati o accelerati. Tale ulteriore modifica ha tre spiegazioni: - Il doppi binario tra CC e Fisco si stava allargando eccessivamente dopo essere partito da un punto comune; - Le imprese ormai presentavano deduzioni extracontabili eccessive rispetto a quelle contabili; - Il reddito imponibile delle imprese ormai deve fare i conti con una duplice serie di principi contabili: quelli internazionali e quelli italian gaap. L’art. 109 inoltre prevede casi di deroga al principio della previa imputazione; sono deducibili anche i costi non inseriti nel bilancio dell’ esercizio in esame, se a questo rimandati in osservanza Appunti di Alessandro Pastore www.tesionline.it delle norme precedenti: è ad esempio il caso dei costi inseriti contabilmente nei bilanci di esercizi precedenti, ma in essi non deducibili poiché non certi o non obiettivamente calcolabili. Altre deroghe a tale principio deriva dalla lettera b del suddetto articolo che prevede sia casi specifici, sia cosi diversi, come i costi non inseriti a bilancio ma riferiti a ricavi o ad altri proventi che siano rilevanti e che abbiano concorso a formare il reddito, purché tali costi siano certi e obiettivamente calcolabili. Tale caso è stato spesso utilizzato nel caso di ricavi non dichiarati; qualora il redattore del bilancio fosse stato colto in atto fraudolento per aver nascosto ricavi rilevanti alla formazione del reddito, oltre all’obbligo di dichiarare tali ricavi, gli è concesso di dedurre i costi a questi collegati. Hp di paradosso. Tizio in buona fede inserisce in deduzione un costo il quale sarà in seguito contestato da parte dell’amministrazione finanziaria in base al principio della competenza, in quanto non certo e non obbiettivamente calcolabile. L’esercizio successivo questo costo non comparirà più nel bilancio del signor Tizio, e quindi, per il principio della previa imputazione, esso non sarà deducibile. Siamo in un caso di doppia tassazione, in quanto non è riconosciuta a Tizio la possibilità di dedurre tale costo in nessun esercizio, mentre il relativo ricavo è stato tassato. PRINCIPIO DELL’INERENZA Tale principio, pur essendo universalmente riconosciuto da qualsiasi manuale, non è previsto da alcuna norma specifica. Spesso per sostenere l’esistenza di tale principio molti richiamano l’art. 109 comma 5. Articolo 109: Norme generali sui componenti del reddito d'impresa Le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto di cui ai commi 1, 2, e 3 dell'articolo 96. Le plusvalenze di cui all'articolo 87, non rilevano ai fini dell'applicazione del periodo precedente. I costi sono deducibili se si riferiscono a componenti positivi che hanno contribuito a creare il reddito. Tale norma sostiene effettivamente il principio dell’inerenza? In realtà essa introduce il principio di simmetria: si deduce il costo se esso è servito a conseguire dei proventi imponibili, o non imponibili perché esclusi (tipo i dividendi): si tratta di simmetria e non di inerenza. Il concetto espresso dal principio dell’inerenza invece è un altro, è un principio di tipo qualitativo: il costo è deducibile se afferisce (ha affinità con) all’attività dell’impresa. Prima di proseguire soffermiamoci un attimo sul concetto di ricavo non imponibile perché escluso: ogni volta che l’impresa ha un ricavo non imponibile le conviene controllare (ai sensi della norma che ne ha sancito la non imponibilità) se esse è esente o escluso. In caso di esclusione, infatti, i costi riferiti a tale ricavo sono comunque deducibili. Differente è il caso dell’istituto della Partecipation Exemption, il quale prevede l’esenzione al 95% delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni, e di conseguenza dei costi relativi a tale operazione. Appunti di Alessandro Pastore www.tesionline.it Un’attenta analisi dell’art. 109 comma 5 ci chiarisce che, mentre nel primo periodo si afferma la necessità di trovare una correlazione simmetrica tra ricavi imponibili e costi a essi correlati, il secondo periodo di tale articolo va oltre, occupandosi dei cosiddetti costi generali. Tali costi sono deducibili per la percentuale derivante dal rapporto tra ricavi imponibili (o non imponibili perché esclusi) e totale dei ricavi. Es. Costi generali: 800 Ricavi imponibili: 900 Ricavi totali: 1000 900/1000 *100 = 90% I costi generali sono deducibili per il 90%. Questa percentuale prende il nome prorata sulle spese generali. Il principio dell’inerenza c’è, ma non nasce da questa norma. Fino a qualche anno fa si riteneva che i costi fossero inerenti qualora riferiti ai ricavi conseguiti dall’azienda fossero essi imponibili o meno; una siffatta determinazione, però, escludeva alcuni costi, che per determinati tipi di azienda potevano anche essere rilevanti. Immaginiamo, ad esempio, il costo di ricerca sostenuto da un’azienda farmaceutica per lo sviluppo di un determinato medicinale; ipotizziamo che dopo i test di laboratorio questo nuovo medicinale risulti dannoso, e quindi non commercializzabile. Si può sostenere che tale costo non sia deducibile solo perché il medicinale sviluppato non abbia mai portato dei ricavi all’azienda? Questo problema è stato risolto modificando la definizione di inerenza: i costi sono inerenti se si riferiscono all’attività dell’impresa, e non più ai ricavi da essa ottenuti. Tale definizione comunque deriva dalla dottrina, non esiste nel TUIR. L’amministrazione finanziaria comunque si è riservata il diritto di giudicare il tipo di costo e il suo ammontare per valutarne la coerenza con l’attività dell’impresa. Per spiegare tale affermazione occorre fare qualche esempio; Es. 1 Quadro impressionista da 70.000 euro: è la stessa cosa che esso sia appeso nella sala riunioni dell’UNICREDIT S.p.A. in Piazza Duomo a Milano, o nell’ufficio ricavato nella Carrozzeria Bautasso e fratelli S.r.l.? Sicuramente si può sostenere che per la carrozzeria dei fratelli Bautasso questo costo non sia deducibile in quanto non inerente per manifesta antieconomicità dell’operazione (def. by Prof. Lupi), mentre per la UNICREDIT tale costo sia maggiormente inerente. Il professore non è tanto convinto di una siffatta distinzione, in quanto ritiene che non sia possibile incanalare il principio di inerenza in binari rigidi; a tal proposito fa un altro esempio. Es. 2 Ufficio in Piazza Duomo a Milano: chi può sostenere che per la UNICREDIT sia inerente avere la sede centrale in un ufficio in Piazza Duomo mentre per i fratelli Bautasso non lo sia?? Un caso interessante di inerenza è quello legato alla deducibilità o meno delle sanzioni amministrati somministrate all’azienda. La prevalenza della giurisprudenza sostiene la loro non deducibilità, affermando che il contrario si opporrebbe al principio di giustizia; in ogni caso nopn essite una norma espressa. Appunti di Alessandro Pastore www.tesionline.it Es. Sanzioni Anti-Trust I comportamenti lesivi della concorrenza solitamente portano molti ricavi all’azienda che li intraprende, e proprio per questa ragione sono sottoposti a sanzione. Accade molto spesso però che la sanzione arrivi in maniera non tempestiva, e quindi non è inverosimili ipotizzare che, prima che ciò avvenga, i ricavi così conseguiti siano già stati inseriti a bilancio e quindi tassati. Non è neanche troppo assurdo sostenere che i costi della sanzione amministrativa siano riferibili ai ricavi ottenuti con il comportamento anticoncorrenziale. Fatte queste premesse, e senza considerare il già citato principio di giustizia, si potrebbe a tutti gli effetti considerare tali costi inerenti all’attività dell’impresa. Un secondo caso su cui la dottrina ha lungamente discusso è riferito agli stipendi degli amministratori, i quali spesso sono stati giudicati eccessivi, e quindi antieconomici, rispetto all’attività dell’impresa. Ma come definire l’eccessività di uno stipendio? Tale dibattito comunque è avvenuto in un periodo particolare, in cui la tassazione in capo all’impresa arrivava ad essere quasi del 50% e quindi molte imprese gonfiavano gliu stipendi per diminuire gli utili imponibili. Esiste comunque una precisa norma a cui spesso si fa riferimento per ricavare, per via indiretta, l’esistenza del principio di inerenza. Si tratta dell’art. 100, il quale comprende disposizioni analitiche che disciplina la deducibilità dei costi legati agli oneri sociali. Art. 100 del TUIR: Oneri di utilità sociale Le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell'ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi. Sono inoltre deducibili: - le erogazioni liberali fatte a favore di persone giuridiche che perseguono esclusivamente finalità comprese fra quelle indicate nel comma 1 o finalità di ricerca scientifica, nonché i contributi, le donazioni e le oblazioni di cui all'articolo 10, comma 1, lettera g), per un ammontare complessivamente non superiore al 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato; - le erogazioni liberali fatte a favore di persone giuridiche aventi sede nel Mezzogiorno che perseguono esclusivamente finalità di ricerca scientifica, per un ammontare complessivamente non superiore al 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato; - [le erogazioni liberali a favore di università, fondazioni universitarie di cui all'articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e di istituzioni universitarie pubbliche, degli enti di ricerca pubblici, delle fondazioni e delle associazioni regolarmente riconosciute a norma del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, aventi per oggetto statutario lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ovvero degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ivi compresi l'Istituto superiore di sanità e l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, nonché degli enti parco regionali e nazionali]; - le erogazioni liberali a favore dei concessionari privati per la radiodiffusione sonora a carattere comunitario per un ammontare complessivo non superiore all'1 per cento del reddito imponibile del soggetto che effettua l'erogazione stessa; - le spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro delle cose vincolate ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 e del decreto del Presidente della Repubblica - 30 settembre 1963, n. 1409, nella misura effettivamente rimasta a carico. La necessità delle spese, quando non siano obbligatorie per legge, deve risultare da apposita certificazione rilasciata dalla Appunti di Alessandro Pastore www.tesionline.it