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Capitolo II
2 La politica e i social media
La politica, grazie allo stretto legame con i mezzi di comunicazione di massa, ha assunto un ruolo
importante nella quotidianità delle persone tanto da divenirne il fulcro di molti dibattitti.
Basti pensare agli anni Trenta, dove la politica si è servita della radio la quale è divenuta lo
strumento principale nella comunicazione dei leader più abili del momento, da Hitler passando per
Mussolini sino ad arrivare a Roosevelt, i quali dimostrarono la loro capacità di propaganda e di
influenza sulla popolazione. Possiamo notare come già con la radio si iniziano a delineare le
caratteristiche principali che oggi sono alla base del rapporto tra politica e social media, ovvero la
presenza di vantaggi spazio-temporali, la facilità di accesso e di utilizzo del mezzo permettendo ad
ogni individuo di essere sempre presente all’interno di un discorso o comizio politico. La radio
permetteva l’ascolto di fatti o eventi che poi venivano ripresi successivamente nei giornali e lo
stesso lo si può individuare, ad esempio, nell’utilizzo delle dirette su Instagram, dove si evidenzia il
legame tra un leader politico e i suoi sostenitori e, così permette di commentare ciò che succede in
contemporanea.
Se la radio ha dato la “prima scossa” al rapporto tra leader e cittadini, quello che è riuscita a fare la
televisione è ancora più significativo; non solo essa permette di associare l’immagine al suono della
voce ma mette in risalto anche gli atteggiamenti di un politico, di fronte alla macchina da presa, i
quali possono influenzare lo spettatore. La televisione ha introdotto tattiche e strategie di
comunicazione diverse, a cui i leader si sono dovuti adattare. Adesso si ritrovano da soli davanti a
una macchina da presa a sostenere le loro idee con l’obbiettivo di entrare nelle case di numerosi
spettatori e possibili sostenitori e non più in una piazza davanti a numerose persone con la stessa
ideologia. Ciò che emerge è come la politica si sia dovuta adattare ai linguaggi, alle caratteristiche e
agli stratagemmi del “nuovo” mezzo di comunicazione e tale adattamento lo possiamo rintracciare
anche con l’ingresso della figura del politico all’interno dei social media. Però, come vedremo più
avanti, loro hanno bisogno di una comprensione e una buona professionalizzazione nell’impiego
delle varie piattaforme per raggiungere il giusto obbiettivo.
Nella prima parte del seguente capitolo vedremo come i social media aumentino la visibilità non
solo di determinati “personaggi” ma anche di eventi e movimenti, i quali accumulano una certa
risonanza mediatica. Inoltre, analizzeremo come questi mezzi comunicativi attivano nuove forme di
partecipazione alla politica offline, andando ad analizzare alcuni esempi.
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Nella seconda parte analizzeremo il linguaggio utilizzato dalle figure politiche all’interno degli
ambienti digitali, con il tentativo di raggiungere il pubblico della Generazione Z sino a notare se
questa scelta può influenzare il loro modo di esprimersi.
2.1 I social media aumentano la visibilità
Ogni individuo, per sua natura, possiede un intrinseco desiderio di volersi distinguere e attirare
l’attenzione dei suoi simili ed è per tale motivo che i social media sono adatti a ciò, perché
permettono di arrivare ad un vasto pubblico collocato in varie parti del globo. La ricerca di visibilità
può assumere svariati scopi, come ad esempio la possibilità di avere un vero guadagno monetario
oppure quella di generare awareness, consapevolezza, nei confronti dei propri followers. Ed è
proprio su quest’ultima che si concentrerà la seguente sezione, andando a constatare il suo utilizzo
da parte delle figure politiche.
Quello che ormai è sotto gli occhi di tutti è come i social permettano a qualsiasi persona di
raggiungere la notorietà e aumentarla in maniera rapida, creando un “trend” particolare o
pubblicando dei contenuti originali e di conseguenza riuscendo a comprendere le logiche e le
affordances delle piattaforme digitali. Infatti, la notorietà assume un ruolo sempre più importante,
diventando il risultato di un rapporto in cui collaborano sia le piattaforme che le azioni degli utenti.
Esse permettono di misurare la popolarità degli iscritti o dei contenuti attraverso like, reazioni o
commenti restituendo in questo modo visibilità a coloro che possiedono più seguaci o ai contenuti
che riescono a generare all'istante un buon engagement
85
. Quello che possiamo assodare è come la
logica dello sharing da parte degli utenti sia una parte fondamentale del Web 2.0 e dei social media;
d’altronde senza la continua produzione e condivisione dei contenuti tali piattaforme non
potrebbero funzionare e aumentare la loro crescita.
Gli utenti con l’attività di condivisione creano “flussi di circolazione dei contenuti digitali”
86
,che
possono raggiungere persone esterne alle proprie reti di contatto e così determinare la notorietà e la
visibilità di post con specifici temi e argomenti. Non a caso questa ridistribuzione dei contenuti e lo
scorrere delle informazioni tra gli individui appartenenti a un network restituiscano vivacità ai
social media, i quali senza di essa potrebbero trasformarsi in statici e asociali. Gli stessi sociologi
Henry Jenkins, Sam Ford e Joshua Green. avevano evidenziato la centralità della pratica dello
sharing con l’affermazione “If it doesn’t spread is dead”
87
, ovvero se un contenuto pubblicato non
circola all’interno di una piattaforma digitale tramite l’attività di condivisone, allora è disposto a
85
Vittadini N., Social Media Studies. I social media alla soglia della maturità: storia, teorie e temi, Franco
Angeli, Milano, 2018, p. 86.
86
Ivi, p. 100.
87
Ibid.
47
rimanere invisibile e dunque morto. A questo punto i sociologi parlano del principio di
spreadability, ovvero quella caratteristica di alcuni testi mediali di distinguersi per la loro
adattabilità alla diffusione, con la possibilità da parte degli utenti di condividere i contenuti per i
loro obbiettivi. Inoltre, la pratica di ridistribuzione è dovuta anche agli algoritmi dei social media, i
quali regolano la visualizzazione dei post sulle home degli iscritti e di conseguenza concedono una
determinata visibilità ad alcuni soggetti e contenuti
88
.
La visibilità restituita dai social media insieme alla collaborazione tra gli utenti e le piattaforme
stesse permette a certi eventi o a certi personaggi di diventare oggetto di discorso tra le persone e
perdipiù portare awareness su determinati argomenti e temi socioculturali, come ad esempio le
proteste condotte dal movimento attivista internazionale Black Lives Matter oppure le “battaglie”
per i diritti portate avanti da parte della comunità LGBTQIAP+.
Entrambi articolano il loro dissenso sia tramite pratiche offline (es. manifestazioni e cortei pacifici),
sia azioni all’interno dei social media (es. apertura di pagine dedicate al movimento, creazione di
contenuti) con l’obbiettivo di coinvolgere quanti più utenti possibili e portare conoscenza e
consapevolezza su determinati avvenimenti che stanno accadendo in varie parti del mondo, ma
soprattutto di far sentire la propria voce alle istituzioni politiche.
Il movimento Black Lives Matter
In merito agli episodi che hanno riscosso una buona notorietà nel “mondo online”, sicuramente il
movimento Black Lives Matter è stato al centro di una notevole produzione e condivisone di
contenuti da parte di numerosi utenti, rendendolo oggetto di molteplici discussioni nei social media.
L’aumento di visibilità è cominciata quando il 25 maggio 2020 un agente di polizia della città di
Minneapolis ha ucciso George Perry Floyd Jr - un uomo afroamericano - nel corso dell’arresto
eseguito successivamente alle accuse da parte del commesso di un negozio, il quale riteneva che il
sospettato avesse usato una banconota da venti dollari contraffatta. Il video dell’arresto, con annessa
uccisione (ripreso da uno smartphone da una passante e inizialmente caricato su Facebook), ha fatto
il giro del Web riscuotendo una tale visibilità da dare vita a uno dei movimenti più grandi della
storia degli Stati Uniti. Infatti, numerose persone si sono mobilitate con forme di protesta pacifica
sia nel mondo offline (manifestazioni, cortei nelle piazze), sia in campagne social per rappresentare
la volontà di una giustizia razziale creando uno degli hashtag più virali degli ultimi decenni, ovvero
#BlackLivesMatter. Tuttavia, la sua origine va ricondotta agli avvenimenti del 2013, quando George
Zimmerman è stato assolto dalle accuse di omicidio contro Trayvon Martin, generando un
malcontento generale tra le persone tanto da esprimere la loro delusione su Twitter.
88
Vittadini N., Social Media Studies. I social media alla soglia della maturità: storia, teorie e temi, Franco
Angeli, Milano, 2018, p. 101.
48
#BlackLivesMatter sarebbe diventato mainstream l’anno successivo a causa del rifiuto da parte del
gran giurì di incolpare l’agente Darren Wilson per la sparatoria letale contro il diciottenne
afroamericano Michael Brown, che generò rabbia e sconforto tra gli individui, i quali hanno
utilizzato il seguente hashtag per protestare sia nel mondo online sia in quello reale.
Quello che sicuramente va menzionato è come nell’anno successivo all’episodio dell’assassinio di
Floyd, tale movimento politico-sociale abbia riscosso un notevole interesse sulle piattaforme
digitali, coinvolgendo gli utenti in maniera esplicita. Nei sette giorni dopo la sua morte l’hashtag ha
generato 3,4 milioni di post originali con un aumento dell’engagement rispetto agli altri tweet
pubblicati in precedenza. Il vero picco lo si è avuto l’8 giungo 2020 con quasi 1,2 milioni di post
originali dottati
dell’#BlackLivesMatter, a
causa di molteplici
manifestazioni in varie
parti del mondo, tra cui in
Italia nelle città di Roma,
Milano, Torino e Bologna.
Dalla seguente figura si
nota come l’aumento
esponenziale dell’utilizzo
del seguente hashtag,
all’interno dei post
inerenti al movimento,
avvenga dopo l’omicidio di George Floyd, mentre i precedenti picchi (es. 2014-2015) vengono
registrati a malapena. Inoltre, sempre dalla stessa immagine emerge la disparita nell’impiego di un
altro hashtag, #BlueLivesMatter il quale si riferisce ad un movimento degli Stati Uniti - nato nel
settembre del 2014 - in appoggio agli agenti di polizia statunitensi. Tra il 2013 e il 2021 esso ha
registrato 1,6 milioni di post originali e 1,7 miliardi di engagement e perdipiù si evince come l’uso
dei due hashtag aumenti e diminuisca in contemporanea
89
.
Inoltre, l’acquisto di tale visibilità ha fatto sì che alcune figure politiche degli Stati Uniti, tra cui il
Presidente Joe Biden e la Vicepresidente Kamala Harris hanno rilasciato delle dichiarazioni con
l’intento di proporre una riforma della giustizia, spostando così le forme di proteste del seguente
89
Wirtschafter V ., How George Floyd changed the online conversation around BLM, in “Brookings”, 2021,
(https://www.brookings.edu/articles/how-george-floyd-changed-the-online-conversation-around-black-lives-
matter/).
Figura 2 Numero totale post originali #BlackLivesMatter e #BlueLivesMatter (Fonte:
Wirtschafter V., in “How George Floyd changed the online conversation around
BLM”, 2021)
49
movimento nelle sedi istituzionali, con l’inizio di nuove indagini su altri episodi razzisti commessi
dagli agenti, come ad esempio quello accaduto nel dipartimento di Louisville nel Kentucky in
merito alla sparatoria fatale dove sono rimasti coinvolti la giovane Breonna Taylor e alcuni
poliziotti. Tale avvenimento ha riscosso una notevole visibilità nei social media specialmente su
TikTok.
Il seguente episodio risale al 13 marzo 2020, in cui durante la notte la polizia ha fatto irruzione
nell’appartamento della ventiseienne, la quale stava dormendo con il suo ragazzo, perché si pensava
che fosse uno dei luoghi coinvolti in un'indagine su due spacciatori. Ciò attivò manifestazioni da
parte di numerose persone con la richiesta di un’ammissione di colpevolezza degli agenti di polizia
per la morte della giovane. Questa “mobilitazione” ha riscosso una vasta visibilità e adesione
mondiale grazie anche all’ausilio di hashtag ad hoc come #breonnataylor, #saytheirnames,
#sayhername.
Le varie analisi condotte in merito alla partecipazione ed espressione politica, specialmente come
abbiamo visto in precedenza con il caso di George Floyd, si focalizzano sull’utilizzo di hashtag da
parte di manifestanti su piattaforme social come Twitter o Facebook. Invece lo studio sull’episodio
dell’assassinio di Breonna Taylor verterà sull’impiego strategico di una canzone di protesta sociale
presente su TikTok dal titolo “I need you to”, composta e performata dal rapper statunitense Tobe
Nwigwe. La canzone con una durata di quarantaquattro secondi è stata pubblicata sul profilo
Instagram del cantante il 6 luglio 2020, con una rapida diffusione su TikTok dimostrando come tale
social sia uno spazio in cui poter condividere e distribuire contenuti a tema politico.
La diffusione tra i cittadini nell’utilizzo dei social media ha incrementato la possibilità di
partecipazione politica e una buona diffusione di contenuti politici, evidenziando come la fruizione
di essi non è intenzionale e spesso ciò avviene nelle persone con uno scarso interesse verso la “vita
politica”. Per tale motivo diventa importante concentrarsi su contesti e piattaforme online a prima
vista depoliticizzati dove l’impiego di immagini e video assumono un ruolo sempre più
fondamentale e TikTok ne è un esempio lampante. Infatti, è un social che si distingue per la sua
capacità di intrattenimento, tanto da spingere gli utenti a utilizzarlo come un ambiente adatto al
divertimento che permette di fruire di svariati contenuti in base alle sue logiche e affordances
90
.
Nell'ambiente politico che si basa sui social media, osserviamo la presenza di un’elevata
personalizzazione, creatività e visibilità delle pratiche “pubbliche in rete”, le quali rimodellano in
modo ricorrente la distinzione online tra privato e pubblico, nonché tra partecipazioni individuali e
collettive. Tale forma di coinvolgimento, secondo alcuni studiosi tra cui Bennet e Segerberg, la si
90
Boccia Artieri G., Zurovac E., Donato V ., Visibility and Networked Partecipation in TikTok: The Breonna
Taylor Trend, in “Comunicazione Politica”, a. XXIII, n.3, 2022, pp. 404-405.
50
può definire come “proteste connettive orientate da un’azione connettiva”
91
, dove le persone
devono dimostrare reciprocamente come possono appropriarsi, modellare e condividere determinati
temi.
Tramite questo processo interattivo di personalizzazione e condivisione, le reti di comunicazione
possono essere amplificate e stabilizzate mediante l'uso delle tecnologie digitali per condividere
idee e relazionarsi con gli altri. Esiste una differenza tra azione connettiva e azione collettiva:
quella connettiva si basa sulla risposta individuale alle questioni politiche e perdipiù può mobilitare
le persone in base alla visibilità che il contenuto politico condiviso ottiene negli spazi online.
Tuttavia, se introduciamo il concetto di esposizione volontaria alle azioni connettive e
concentriamo l'attenzione sulla diffusione di contenuti politicizzati all'interno di ambienti digitali, in
cui la percezione degli utenti è di tipo “ludico”, possiamo immaginare le azioni connettive come
forme basate su pratiche di micro-attivismo che promuovono la partecipazione in rete. Nel caso che
stiamo prendendo in esame, in merito alla morte di Breonna Taylor, tali pratiche sono
contraddistinte da una particolare affordance di TikTok, ossia “aggregating data through a specific
sound”
92
.
Ciò che emerge è l’esistenza di uno stretto e duraturo legame tra la musica e la politica che si è
protratto avanti per moltissimi anni, dove la musica può essere intesa sia come strumento di
espressione e protesta, sia come mezzo per diffondere messaggi politici e ideologie. Un esempio
rilevante è il genere rap, che va considerato sottoforma di protesta musicale globale e che
rappresenta soprattutto un veicolo per l'espressione politica delle comunità nere urbane americane,
spesso emarginate e disilluse dalla politica elettorale. La musica torna ad assumere un ruolo
fondamentale su piattaforme come TikTok, dove oltre al lato performativo e ludico, viene utilizzata
come atto di protesta.
Il seguente social media mette in risalto la produzione di contenuti e interazione tra gli utenti
tramite pratiche come la danza o la sincronizzazione delle labbra con uno specifico suono per
eseguire azioni codificate e condividere questi contenuti sui loro profili, come avviene nelle
cosiddette “challenges” presenti sulla homepage dell'app. L’homepage è rappresentata dalla
sezione ForYouPage (FYP) che mostra la maggior parte dei contenuti agli utenti attraverso un feed
algoritmicamente curato e personalizzato. Tale algoritmo individua somiglianze tra i video più
rilevanti per ogni utente con l’obbiettivo di suggerire contenuti in modo mirato e di creare un
profilo basato sulle preferenze di ciascun iscritto. Di conseguenza nella home possono essere
91
Ivi, p. 405.
92
Ibid.
51
presenti contenuti creati da random strangers, ma il sistema di raccomandazione impara in tempo
reale “i gusti” dalle risposte e dal comportamento degli utenti.
La user experience sembra organizzata in diversi “lati di TikTok”, dando origine a una struttura
sociale basata su nicchie e sotto-comunità altamente localizzate che possono risultare invisibili o
inaccessibili agli estranei. Il social media permette di sfogliare i contenuti tramite il tapping
sull'audio, mostrando una raccolta di risultati che includono challenge e altri audio memes intesi
come un “raggruppamento di elementi di contenuto”, aumentandone così la sua visibilità e
agevolandone la diffusione e la condivisione
93
.
Ed è questo che è accaduto il 6 luglio 2020, dopo la pubblicazione della canzone “I need you to” di
Tobe Nwigwe su Instagram, la quale è stata immediatamente adottata dagli utenti di TikTok, per via
delle sue caratteristiche di “canzone come protesta sociale”. La canzone deve essere considerata ed
analizzata in merito al contesto di riferimento, più precisamente alla protesta, e si riferisce a un
evento che non è capitato ma che sarebbe dovuto accadere, ovvero l'arresto dei tre poliziotti
implicati nella sparatoria. La frase in questione, “arrest the killers of Breonna Taylors”, è stata
usata e scelta dal cantante, non solo per descrivere e contestualizzare la situazione ma anche per
fare in modo che l'ascoltatore conosca, agisca e si mobiliti in delle forme di protesta pacifiche (es.
l’utilizzo della canzone per la creazione di video).
Analisi dei contenuti su Breonna Taylor
Perciò si è condotto un esperimento in merito all’analisi dei contenuti video che impiegavano il
suono prodotti da luglio 2020 a maggio 2022, sia in inglese sia in italiano, e dei cinque commenti
più apprezzati per ognuno di essi. L’analisi si è concentrata maggiormente sulla tipologia del
contenuto e su come una piattaforma di questo genere possa modellare la partecipazione politica
tramite l’ausilio di uno specifico suono. Esaminando i video sono emerse tre categoria di codifica: il
contenuto inteso l'orientamento politico dei video (pro o contro il movimento Black Lives Matter e
il caso di Breonna Taylor), la forma definita come la “tipologia” di video che emergono dallo studio
(la sincronizzazione delle labbra, i filmati originali, le risposte e i duetti, oppure la presenza o
assenza di immagini raffiguranti la giovane uccisa) e infine la posizione che indica l’assegnazione
di etichette legate all’identità, a simboleggiare l’appartenenza a una particolare “parte” o comunità
di TikTok. Quello che è emerso immediatamente è come i video presentavano la stessa forma,
ribattezzata con il nome “la tendenza clickbait”.
Inoltre, l’analisi si è focalizzata anche sugli hashtag per osservare la frequenza del loro utilizzo e
per valutare il loro impatto sul fenomeno, tramite la folksonomia (l’azione degli utenti di
93
Ivi, p. 407.
52
categorizzare le informazioni attraverso parole chiave scelte liberamente) e la visibilità
94
. Il risultato
sperato era quello di ottenere elementi utili per quanto concerne l'attivismo in rete e la
partecipazione su TikTok, con l'analisi del contenuto dei cinque commenti più apprezzati, i quali si
suddividono in: orientati alla visibilità, informativi, tagged (commenti con il tag di un altro utente),
off-topic (non inerenti alla protesta) e first topic-oriented (quelli che si riferiscono alla prima parte
del video). Inoltre, sono state aggiunte altre tre categorie in merito alla questione sulla percezione
del pubblico connesso sui seguenti contenuti, cioè: critici (quelli che protestano contro la “tendenza
clickbait”), di supporto e negativi (gli utenti che si sono schierati dalla parte dei poliziotti o contro il
movimento BLM). Infine, si è voluto comprendere se la tendenza al clickbait fosse stata sviluppata
più da alleati bianchi o meno e quanti utenti verificati vi hanno aderito, i quali possono procurare
rispettivamente un impatto significativo e dare una più ampia visibilità alla causa.
Se, da un lato, gli afroamericani hanno compreso l'obiettivo e l'utilizzo dei social media come
strumenti efficaci per l'attivismo, dall'altro lato - analizzando più attentamente il movimento Black
Lives Matter su Twitter - hanno riconosciuto l'importanza di coinvolgere “alleati bianchi” per
raggiungere un pubblico più ampio. Questa collaborazione comporta il rischio di un possibile
cambiamento nel linguaggio utilizzato e nel significato attribuito agli sforzi narrativi della protesta.
Infatti, il trend è stato principalmente realizzato da bianchi, poi dai creatori neri e da persone di
colore (POC), e infine dagli “utenti non riconoscibili” (NR). Quest'ultima categoria comprendeva
una serie di video in cui il protagonista non era né lo sviluppatore di contenuti né una persona reale,
ma spesso un'immagine condivisa come schermo (es. l’avatar di un giocatore o la foto di idoli). Ciò
dimostra come diverse fazioni o comunità all'interno di TikTok si siano attivamente confrontate con
il problema. Dal punto di vista del pubblico il tutto è servito per costruire un potente incentivo per
coinvolgere gruppi di interesse che potrebbero altrimenti essere distanti dalle questioni politiche.
Successivamente, è stata condotta un'analisi quantitativa sugli hashtag utilizzati (quando presenti),
dalla quale è emerso che il più predominante era #fyp (#foryoupage o #foryou), il quale mostrava il
desiderio di ottenere visibilità per il contenuto. D'altra parte, l'hashtag correlato all'evento specifico,
#justiceforbreonnataylor, si collocava dietro a quello #blm (Black Lives Matter). Quindi, sembrava
che la narrazione fosse maggiormente incentrata sul concetto di “ricerca della visibilità”, ponendo
in secondo piano la causa stessa. Tuttavia, va notato che alcuni contenuti riguardanti il “duetto”
consistevano in video shout-out/call-out, dove gli utenti utilizzavano la seguente affordance per
interagire personalmente con un determinato contenuto, esprimendo supporto oppure delle critiche.
Questo tipo di attività può essere interpretato come un segnale del desiderio di connettersi con altri
94
Ivi, p.409.
53
partecipanti, con il fine di ricercare il senso di vicinanza o distanza rispetto alla tematica
95
. Quindi i
creatori hanno acquisito capacità nel comprendere il funzionamento dell'algoritmo e nell’ipotizzare
il tipo di pubblico a cui si rivolgono. Pertanto, una volta che il pubblico dimostra interesse
nell'argomento, fruisce del video contenente informazioni che possono essere diverse o distanti
dalle loro fonti di notizie abituali. Inoltre, i creatori sono stati accusati di non essere veramente a
favore della protesta ma di utilizzare la canzone (il suono) come un meme, con il solo scopo di
aderire a una tendenza e guadagnare visibilità sulla piattaforma.
Il fatto che ci siano utenti, che hanno scoperto e interagito con i video senza conoscere l’argomento
principale permette di studiare meglio la struttura della piattaforma. Se consideriamo TikTok come
un sistema di raccomandazione che predilige i contenuti votati all’intrattenimento invece della
logica più tradizionale “follower/following”, l'incontro casuale di tali tipi di contenuti può essere
correlato alle caratteristiche della piattaforma con la presenza di diverse nicchie e diversi “lati” del
seguente social. Quando i creators non appartengono a nessun “lato” specifico di TikTok, utilizzano
la propria immagine o identità per attirare l'attenzione e ottenere visibilità. Di conseguenza, i
commenti identificati come off-topic oriented contenevano domande o complimenti riguardanti il
creatore: infatti questa tipologia indicava che il pubblico considerava l'aspetto come motivo per
interagire, indipendentemente dal tema principale dei video. In effetti, TikTok sembrava
incoraggiare l'idea di tollerare l'attenzione rivolta ai creators come una possibilità per ottenere
popolarità, visibilità e diventare virali.
Quello che è emerso dall’analisi della canzone di protesta “I need you to” è come essa possa
modellare i termini della partecipazione politica su TikTok, tenendo conto di tutti gli attori
coinvolti, sia coloro che creavano i contenuti sia le persone che commentavano. L’utilizzo del
suono ha dato origine ad una tendenza, la quale ha aumentato la visibilità della causa ma in maniera
più performativa e spettacolare. Ciò dimostra come la canzone ha reagito positivamente alla logica
delle prestazioni e della visibilità delle piattaforme, grazie all'ampio utilizzo di un particolare suono
in un breve arco temporale, sviluppando così una tendenza. Tuttavia, se consideriamo il suo ruolo
come strumento di impegno politico e identificatore simbolico di un gruppo socialmente oppresso,
lo studio evidenzia chiaramente che la sua rilevanza è influenzata dalle pratiche legate al social
media in questione.
Nel nostro caso, l'impiego dei social media non si manifesta mediante la partecipazione in un “noi”
collettivo, ossia un movimento o una protesta, ma piuttosto come strumento per incanalare
l'attenzione di quella “fetta” di pubblico in merito all’episodio della giovane Breonna.
95
Ivi, p. 413.