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INTRODUZIONE
Uno dei maggiori processi internazionali della storia fu il Processo di Norimberga, in cui vennero
giudicati i principali criminali nazisti della Seconda Guerra Mondiale, condannandoli per le atrocità
commesse contro la popolazione ebraica e altre categorie di persone. L’evento ha avuto una portata
mondiale, con giornalisti provenienti da ogni dove per poter dare conto di tale momento storico.
Innumerevoli persone hanno lavorato per garantirne la realizzazione: giuristi, avvocati, tecnici,
costruttori, interpreti, traduttori e linguisti. Dal punto di vista linguistico, infatti, è stato possibile gestire
la comunicazione in quattro lingue differenti a favore di un’intera sala di processo. Il tedesco, l’inglese,
il russo e il francese sono state le lingue protagoniste dei processi, le quali avrebbero rappresentato un
enorme ostacolo se non fossero stati impiegati gli interpreti. Le barriere linguistiche sono sicuramente
un fattore di notevole importanza quando si tratta di comunicazione fra nazioni differenti. Senza un
gruppo di mediatori, i processi stessi non si sarebbero potuti realizzare, o almeno non in quattro lingue.
Dunque, viene naturale chiedersi come sia stato possibile condurre un processo di tale portata.
La seguente tesi di laurea prova a rispondere alla domanda, descrivendo nel dettaglio gli avvenimenti dal
punto di vista linguistico. L’intento, infatti, è immergersi nelle acque più profonde del mondo dei
traduttori e degli interpreti che hanno lavorato al Processo di Norimberga, cercando di scovare le
particolarità del loro incarico e le complicazioni che possono aver incontrato nel loro cammino. Se si
immagina che gli interpreti stessi, al momento della loro assunzione, erano parzialmente o addirittura
totalmente all’oscuro del sistema di traduzione simultanea che avrebbero dovuto utilizzare, si capisce
perfettamente che i problemi non siano sicuramente mancati. L’analisi vuole dunque concentrarsi sul
lavoro svolto sia dalla squadra di traduttori che da quella di interpreti, studiandone l’aspetto linguistico,
morale e tecnico. Saranno esaminate le principali difficoltà del loro incarico, a partire dall’installazione
del sistema di traduzione, al reclutamento di esperti adatti al tipo di lavoro e alla criticità del ritrovarsi al
cospetto dei maggiori criminali nazisti.
2
È bene precisare che lo sviluppo della tesi non vedrà in alcun modo protagonista l’aspetto giuridico delle
udienze. Viene spontaneo pensare che lo studio di un processo verta principalmente sui fattori legali,
prendendo spunto per un approfondimento anche dall’insieme dei sistemi giuridici delle nazioni Alleate.
Ciò potrebbe essere molto interessante per chi si occupa di legge. Tuttavia, non ci si è voluti addentrare
nel mondo legale, poiché non si hanno le conoscenze adeguate per una tale analisi. Si è ritenuto invece
stimolante e avvincente districarsi fra le varie lingue del processo, leggendo e analizzando documenti
ufficiali.
L’obiettivo principale, infatti, è stato proprio quello di analizzare a fondo l’aspetto linguistico del
Processo di Norimberga dal punto di vista di traduttori e interpreti. Ad esempio, è stato interessante
concentrarsi sull’esame puntuale della grammatica e del lessico delle lingue utilizzate; o ancora,
osservare il metodo di lavoro di circa 75 anni fa, in cui è stato impiegato un sistema primordiale di
traduzione rispetto a quello diffuso oggigiorno.
Al fine di raggiungere tale obiettivo, si è dunque sviluppato un preciso percorso, caratterizzato da ricerche
su diversi testi, articoli di giornale e siti Internet. Inoltre, sono stati presi in considerazione due documenti
in particolare, oggetto di due proposte di traduzione portate a termine dalla laureanda, grazie alle quali è
stato possibile immedesimarsi nella figura del traduttore del Processo. Il capitolo quattro e il capitolo sei
della presente tesi, infatti, contengono le traduzioni con i testi originali a fronte. La prima che si incontrerà
sfogliando le pagine è la traduzione dal tedesco all’italiano di un documento riguardante la relazione
scientifica su alcuni esperimenti condotti al campo di concentramento di Dachau; la seconda, invece,
concerne un estratto della trascrizione di un’udienza dall’inglese all’italiano. I documenti sono stati scelti
dopo un’attenta selezione, per poter valutare cosa si adattasse maggiormente allo svolgimento della tesi.
Si tratta, dunque, di una tesi di traduzione, arricchita da ricerche e studi inerenti al tema centrale, per dare
completezza all’elaborato. È rilevante specificare che, durante la raccolta di informazioni riguardanti
l’aspetto linguistico del Processo, il materiale trovato facesse principalmente riferimento alla figura
dell’interprete, tralasciando in parte quella del traduttore. Per questo motivo è risultato più complicato
illustrare il lavoro di traduzione scritta, avendo a disposizione poche informazioni. Si è cercato, tuttavia,
di fornire un quadro descrittivo il più dettagliato possibile, in modo tale da esaltare entrambi i ruoli.
3
La scelta di tale forma testuale è basata, dunque, sulla volontà di cimentarsi nel lavoro di un traduttore,
mettendo in campo le abilità e le conoscenze acquisite durante gli anni di studio.
Si considera questo lavoro quasi come una sfida personale volta a impiegare le competenze sviluppate
e a cercare sempre nuovi spunti di miglioramento, confrontando il proprio operato con quello di
professionisti del settore.
La tesi si articola in otto differenti capitoli: a partire dal primo, ci si addentra sempre di più nel mondo
dell’interprete e del traduttore del Processo, fino a culminare nella personale esperienza di traduzione.
Nello specifico, il primo capitolo riguarda il contesto generale dei Processi di Norimberga, fornendo le
informazioni necessarie per comprendere gli avvenimenti e le varie dinamiche. Il secondo e il terzo
capitolo, invece, ricoprono la sezione della tesi scritta in lingua straniera. In inglese si parlerà della fase
preliminare del processo, ovvero l’organizzazione complessiva delle udienze, privilegiando sempre il
punto di vista linguistico; in tedesco, invece, ci si addentrerà nelle reali problematiche dell’interprete,
dalle questioni tecniche a quelle etiche, così come nelle complessità affrontate dal traduttore, tra quantità
e qualità del lavoro. Come anticipato, i capitoli quattro e sei sono costituiti dalle due proposte di
traduzione menzionate in precedenza; mentre i numeri cinque e sette offrono il commento traduttologico,
il quale andrà a esporre le principali caratteristiche dei testi tradotti e ad analizzare accuratamente le
particolarità della lingua. Dalla grammatica al lessico, dalla sintassi allo stile, ogni aspetto ha ricevuto le
dovute attenzioni. Infine si potrà leggere un ulteriore approfondimento riguardante il parallelismo tra le
tre lingue dell’opera - italiano, inglese e tedesco - grazie a un unico documento di riferimento che si è
prestato egregiamente a tale scopo.
La presente tesi è stata pertanto frutto di un notevole studio e grande impegno volto a scoprire sempre
più informazioni e dettagli, procedendo man mano con le ricerche. Si è deciso così di porre l’accento su
un aspetto poco trattato del Processo di Norimberga, volendo contribuire con un’analisi descrittiva e
comparativa della tematica.
5
CAP. I. IL PROCESSO DI NORIMBERGA: UNA VISIONE D’INSIEME
Il 1945 fu un anno ricco di eventi decisivi a livello internazionale. Rappresentò la fine della Seconda
Guerra Mondiale che coinvolse la maggior parte dei paesi nel mondo e segnò la sconfitta in ambito
bellico delle potenze dell’Asse, ovvero Germania, Italia e Giappone. La Germania stessa firmò la propria
resa il 7 maggio dello stesso anno, quando venne completamente invasa dalle truppe degli Alleati: Stati
Uniti d’America, Unione Sovietica, Gran Bretagna e Francia, i quali si divisero il territorio tedesco in
quattro zone di occupazione. Pochi mesi dopo, verso tardo autunno, ebbe luogo uno dei processi che
entrò nella storia, cambiando notevolmente le carte in tavola nell’ambito di traduzione e interpretariato.
Il prototipo iniziale del sistema di interpretazione simultanea si fece conoscere proprio in questa
occasione.
Il 20 novembre 1945, si riunirono nella stessa aula di tribunale più persone di nazionalità diverse per
giudicare le atrocità naziste della Seconda Guerra Mondiale. Fu così che si aprirono i processi davanti al
Tribunale Militare Internazionale (TMI) a Norimberga.
1
I.1. Perché Norimberga?
Innanzitutto appare spontaneo chiedersi, perché venne scelta Norimberga come città dei processi.
Come già menzionato, la Germania venne suddivisa in quattro settori e, nel momento di selezionare il
luogo delle udienze, sia gli Stati Uniti d’America che l’Unione Sovietica sostennero l’idea di scegliere
una città nella propria zona. Quindi, per trovare un accordo politico fra le due nazioni, si decise di
identificare Berlino come sede permanente del TMI, sotto il presidio sovietico, in quanto capitale della
Germania nemica.
2
1
United States Holocaust Memorial Museum, “Il Tribunale Militare Internazionale di Norimberga”, in Enciclopedia
dell’olocausto, encyclopedia.ushmm.org/content/it/article/international-military-tribunal-at-nuremberg.
2
Memorium Nürnberger Prozess, “Die Wahl des Ortes”, in Museen der Stadt Nürnberg, museen.nuernberg.de/memorium-
nuernberger-prozesse/dauerausstellung/schwurgerichtssaal/die-wahl-des-ortes/.
6
Tuttavia, era necessario individuare un luogo che potesse accogliere più persone possibili, dotato di
un edificio adibito alla detenzione degli imputati e di altre sistemazioni per coloro che lavorarono ai
processi. Berlino, a causa dei bombardamenti degli Alleati che distrussero ogni edificio adatto, non
poteva certamente essere la soluzione definitiva. Si scelse, dunque, una seconda città nel settore
americano, considerando sia la disponibilità di edifici intatti, sia i riferimenti simbolici.
3
Uno dei luoghi poco colpiti dagli scontri armati era proprio Norimberga, in cui il Palazzo di Giustizia
e le prigioni avevano subito solo danni parziali. “These buildings provided accommodations for detention
of prisoners and conduction of trials”.
4
Dal punto di vista simbolico invece, la città aveva un valore
estremamente significativo per tutti i Nazionalsocialisti tedeschi: era l’area dei raduni del Partito Nazista,
anche detta Reichsparteitagsgelände. Qui Adolf Hitler tenne i maggiori congressi con il partito,
manifestando giorno e notte “with four hundred thousand strident voices of [his] triumphant legions”.
5
Fu questo il luogo in cui vennero promulgate le leggi razziali, conosciute anche come “Leggi di
Norimberga”, le quali posero le basi per le conseguenti misure antisemite.
6
La città divenne dunque la
capitale ideologica del Terzo Reich, dimostrandosi senza alcun dubbio il luogo ideale per condannare i
crimini di guerra commessi dagli stessi nazisti che pochi mesi prima avevano diffuso il terrore su tutta la
nazione e oltre.
Di conseguenza, nello Statuto del Tribunale Militare Internazionale venne stabilito ufficialmente
quanto menzionato:
3
Bosch W. J., Judgement on Nuremberg: American attitudes toward the major German war-crime trials, The University of
North Carolina Press, Chapel Hill, N.C 1970, p. 12.
4
Ibid.
Traduzione della laureanda: “Questi edifici offrivano delle sistemazioni sia per la detenzione dei prigionieri, sia per lo
svolgimento dei processi”.
5
Ibid.
Traduzione della laureanda: “insieme a quattrocentomila voci stridenti, appartenenti alle sue schiere trionfanti”.
6
Le cosiddette Leggi di Norimberga, o Nürnberger Gesetze in tedesco, sono state emanate il 15 settembre 1935, e
comprendevano la legge per la cittadinanza del Reich e la legge per la protezione del sangue e dell’onore tedesco. L’idea
principale era quella di distinguere nettamente gli Ebrei dalla popolazione tedesca: la prima legge, infatti, definiva chi era
tedesco e chi ebreo. Erano considerati di “razza ebraica” coloro che avevano tre o più nonni di origine ebraiche.
La seconda legge invece prevedeva che non ci potessero essere unioni matrimoniali o relazioni fra persone di sangue tedesco
ed ebraico.
Dall’emanazione di tali leggi, questi ultimi non vennero più considerati cittadini della Germania e persero addirittura i loro
diritti fondamentali.
United Stated Holocaust Memorial Museum, “Le Leggi di Norimberga”, in Enciclopedia dell’Olocausto,
encyclopedia.ushmm.org/content/it/article/nuremberg-laws.
7
“The permanent seat of the Tribunal shall be in Berlin. The first meetings of the members of the Tribunal
and of the Chief Prosecutors shall be held at Berlin in a place to be designated by the Control Council for
Germany. The first trial shall be held at Nuremberg, and any subsequent trials shall be held at such places
as the Tribunal may decide”.
7
Come definito dall’Articolo 22 dello Statuto, il 18 ottobre 1945 a Berlino si tenne il primo incontro
ufficiale del Tribunale, a cui presero parte soltanto i giudici prescelti: due per ogni nazione. In questa
occasione furono individuati gli imputati nazisti e i capi d’accusa a loro attribuibili.
I.2. Contesto storico
Il TMI venne istituito con l’Accordo di Londra, firmato l’8 agosto 1945 dalle potenze vincitrici del
conflitto mondiale, pochi mesi dopo la resa della Germania. Il fine del “primo tribunale internazionale
competente in materia di crimini internazionali”
8
era quello di giudicare e punire in modo equo e giusto
i maggiori criminali di guerra, appartenenti agli stati europei dell’Asse.
9
Lo Statuto di Londra dunque
“determined the court’s constitution and jurisdiction [and] was the Tribunal’s supreme law”.
10
Durante
i processi i giudici si attennero strettamente a quanto riportava l’Accordo di Londra. Infatti, quest’ultimo
stabiliva esattamente ogni procedura e disposizione del Tribunale, indicando inoltre i crimini da giudicare
e sottolineando l’impossibilità della difesa di richiedere l’immunità dalle pene per gli imputati, in quanto
capi dello stato nazista. O ancora, chiariva che l’esecuzione degli ordini imposti da un superiore durante
il periodo bellico, non esonerava l’imputato da alcuna responsabilità personale e, dunque, non lo
assolveva da alcuna sentenza.
7
Charter of the International Military Tribunal, “V. Powers of the Tribunal and Conduct of the Trial”, Art. 22, in
www.un.org/en/genocideprevention/documents/atrocity-crimes/Doc.2_Charter%20of%20IMT%201945.pdf.
Traduzione della laureanda: “La sede permanente del Tribunale dovrà essere Berlino. Le prime riunioni dei membri del
Tribunale, così come dei Pubblici Ministeri, dovranno avere luogo a Berlino, nella località stabilita dal Consiglio di Controllo
per la Germania. Il primo processo dovrà tenersi a Norimberga, e tutti i processi successivi saranno svolti dove deciderà il
Tribunale”.
8
Mancini M., “Crimini internazionali”, in Treccani, 2019, www.treccani.it/enciclopedia/crimini-internazionali_%28Diritto-
on-line%29/.
9
Charter of the International Military Tribunal, “I. Constitution of the International Military Tribunal”, Art. 1, in
www.un.org/en/genocideprevention/documents/atrocity-crimes/Doc.2_Charter%20of%20IMT%201945.pdf.
10
Bosch W. J., cit, p. 11.
Traduzione della laureanda: “stabilì la costituzione della corte e la giurisdizione facente capo all’ordinamento supremo del
Tribunale”.
8
Per di più, l’accordo includeva tra i crimini anche l’appartenenza a organizzazioni criminali. Il Tribunale
stesso aveva il diritto di definire quali gruppi od organizzazioni potessero essere classificate di
“orientamento criminale”.
11
Già nel 1943, tre delle potenze che vinsero il conflitto, ovvero Stati Uniti d’America, Gran Bretagna
e Unione Sovietica, firmarono una dichiarazione collettiva sui criminali di guerra: la cosiddetta
Dichiarazione di Mosca. Essi stabilirono di comune accordo che nel momento dell’armistizio, i criminali
delle potenze dell’Asse ritenuti responsabili di violazione delle regole di guerra o di crimini contro
l’umanità, sarebbero stati giudicati nel luogo in cui avevano commesso il crimine. I maggiori criminali
di guerra, invece, avrebbero ricevuto sentenza da un governo comune degli Alleati, poiché non vi era
un’unica precisa localizzazione geografica.
12
Due anni dopo, quindi, il documento dello Statuto del
Tribunale, chiamato Charter of the International Military Tribunal
13
, fu firmato dalle potenze alleate,
compresa la Francia. In queste circostanze, come anticipato, vennero definiti quali crimini sarebbero stati
giudicati e puniti una volta iniziati i processi: crimini contro la pace, “which consisted of conspiring,
initiating, or waging a war of aggression”; crimini di guerra, “which included all the traditional
violations of the laws or customs of war”; crimini contro l’umanità, “which covered the atrocities of
deportation, enslavement, and genocide”.
14
In seguito venne aggiunto un quarto capo d’accusa, ovvero quello di cospirazione al fine di realizzare i
suddetti crimini. Le azioni criminali contro la pace vennero così divise e giudicate in due diversi capi
d’accusa, comprendente la cospirazione il primo, e l’effettiva dichiarazione di aggressione il secondo.
15
In questo modo fu possibile includere nei convenuti anche diverse organizzazioni naziste e molti
appartenenti a tali gruppi criminali.
11
Ibid, pp. 11, 12.
12
Ibid, p. 22.
13
Traduzione della laureanda: “Statuto del Tribunale Internazionale di Norimberga”.
14
Charter of the International Military Tribunal, “II. Jurisdiction and General Principles”, Art. 6, in
www.un.org/en/genocideprevention/documents/atrocity-crimes/Doc.2_Charter%20of%20IMT%201945.pdf;
Bosch W. J., cit, p. 11.
Traduzione della laureanda: “i quali riguardavano la cospirazione, l’inizio o la dichiarazione di guerre di aggressione”;
“i quali includevano tutte le violazioni delle leggi o dei costumi di guerra”;
“i quali comprendevano atrocità come la deportazione, la schiavitù e il genocidio”.
15
Ibid.
9
Per un miglior funzionamento delle indagini e della raccolta di prove, le quattro nazioni coinvolte
decisero di suddividersi il lavoro. Ogni procedimento accusatorio venne infatti gestito da una
commissione dedicata: la commissione inglese si occupò di indagare sui crimini contro la pace; quella
americana si dedicò al quarto capo d’accusa, la cospirazione; la commissione sovietica e francese
avevano il compito di collaborare in merito ai crimini contro l’umanità e ai crimini di guerra.
16
I.3. La traduzione prima del Processo
Le caratteristiche di tali processi risultavano sicuramente del tutto nuove a molti osservatori esterni,
così come agli stessi partecipanti. I processi in questione, infatti, non hanno alcun precedente su cui poter
fare riferimento, soprattutto dal punto di vista linguistico. Ciò nonostante, fu possibile garantire la
comprensione del processo in quattro lingue a un pubblico internazionale. Proprio tale aggettivo
racchiude infatti la principale particolarità delle udienze che hanno giudicato i maggiori criminali di
guerra nazisti. Senza una mediazione linguistica simile non sarebbe stato affatto possibile condurre
queste serie di processi, supportando sempre l’idea di trasparenza ed equità per gli imputati. Il mezzo
linguistico è stato infatti ciò che ha garantito una continua comprensione all’interno dell’aula e tra gli
stessi componenti del Tribunale.
Tuttavia, se si è detto che un’impresa del genere non era mai stata affrontata nel passato, come era
possibile organizzare eventi internazionali prima della traduzione simultanea?
A partire dalla Prima Guerra Mondiale, si sentì il bisogno di negoziare con potenze straniere, tramite
conferenze internazionali, in cui non vi era una lingua comune tra i partecipanti. Dunque venne ritenuta
necessaria la presenza di interpreti per mediare le conversazioni, ad esempio fra il francese e l’inglese,
in quanto gli Stati Uniti d’America, la Gran Bretagna e la Francia erano parte della Triplice Intesa.
16
De Prà M., “Il processo a Herman Göring”, in Diacronie [Online], N° 14, 2013, documento 8,
www.studistorici.com/2013/08/29/depra_numero_14/.
10
“During the First World War, however, some of the negotiators from the United States and Great Britain
were not conversant with French, and this created the need for interpretation. Thus, at international
meetings one of the diplomats would usually translate sentence by sentence for those who did not understand
the working language. This was the first type of consecutive interpretation”.
17
La modalità utilizzata in questo tipo di conferenza era infatti l’interpretazione consecutiva, la quale
prevedeva una particolare tecnica di presa di note da parte dell’interprete. Il discorso dell’oratore veniva
trascritto in simboli dal traduttore, per essere poi riportato oralmente nella lingua di arrivo. L’oratore
poteva anche decidere di fermarsi dopo ogni frase per lasciare il tempo all’interprete di trasmettere il
messaggio nell’altra lingua.
18
In seguito, la necessità di mediatori linguistici divenne sempre più forte, data la successiva fondazione
della Società delle Nazioni nel 1920. Si trattava di un’organizzazione internazionale con lo scopo di
mantenere la pace fra i paesi, liberi di utilizzare la propria lingua per comunicare.
19
Ciò richiese
obbligatoriamente la presenza di interpreti alle riunioni dei membri, in modo da permettere la
comprensione a chi non conoscesse la lingua utilizzata. Tra le tecniche di traduzione orale adottate vi era
la sopracitata consecutiva, nel caso di numerose persone di lingua diversa; la dialogica, se si trattava di
conversazioni bilingue tra pochi soggetti; o lo chuchotage, quando un piccolo gruppo di parlanti stranieri
ascoltava un discorso in una lingua a loro non nota.
20
17
Gaiba F., The Origins of Simultaneous Interpretation: The Nuremberg Trial, University of Ottawa Press, Ottawa 1998, p.
28.
Traduzione della laureanda: “Durante la Prima Guerra Mondiale, comunque, alcuni negoziatori degli Stati Uniti e della Gran
Bretagna non erano in grado di comunicare in francese e di conseguenza nacque il bisogno di mediazione linguistica. Pertanto,
alle riunioni internazionali uno dei diplomatici aveva il compito di tradurre frase per frase per coloro che non comprendevano
la lingua di lavoro. Questo è stato il primo tipo di interpretazione consecutiva”.
18
Ibid, p. 17.
19
Paulucci de’ Calboli Barone G., “Società delle Nazioni”, in Treccani, 1934, www.treccani.it/enciclopedia/societa-delle-
nazioni_%28Enciclopedia-Italiana%29/.
20
La tecnica della traduzione dialogica prevede l’interpretazione orale del traduttore, posto tra due persone parlanti lingue
diverse. L’interprete ha quindi il compito di ascoltare la frase o la domanda del primo oratore, per poi tradurla al secondo.
Quest’ultimo darà la risposta nella propria lingua e l’interprete eseguirà la stessa operazione di traduzione verso il primo
oratore. L’interprete ha dunque la possibilità di assimilare l’intera frase e riportarla in un secondo momento, dovendo però
avere a disposizione tra le proprie conoscenze linguistiche un’immediata traduzione nella lingua di arrivo.
La tecnica dello chuchotage, invece, prevede una traduzione simultanea sussurrata all'orecchio di colui/colei o coloro che non
comprendono la lingua veicolare, senza l’utilizzo di microfono o cuffie. Il fine di questa tecnica è quello di interpretare per
un gruppo ristretto di due o tre persone, senza dover impiegare una cabina di traduzione simultanea.
Gaiba F., cit, p. 16.
11
La traduzione dialogica e consecutiva, utilizzate anche al giorno d’oggi, permettono di dare il tempo
necessario all’interprete di ascoltare l’intero periodo o parte del discorso, in modo tale da avere un quadro
generale del concetto spiegato e trasferire una traduzione più accurata. L’interprete, infatti, inizia a
tradurre soltanto quando l’oratore smette di parlare. La tecnica dello chuchotage invece richiede una
traduzione simultanea al discorso dell’oratore, ottimizzando così il tempo dell’interpretazione. Tuttavia,
questo metodo è applicabile soltanto in casi di gruppi molto ristretti di persone, non rendendosi così
disponibile per grandi eventi.
Questo processo in quattro lingue aveva dunque bisogno di una nuova tecnica di traduzione, che
potesse garantire la traduzione dei discorsi a tutti i partecipanti, nel minor tempo possibile e con la
massima accuratezza. I metodi sopraelencati, conosciuti fino a quel momento, avrebbero dilatato
notevolmente la durata dell’intero processo, poiché implicavano l’interpretazione di un discorso nelle
altre tre lingue di lavoro. I tempi sarebbero stati quadruplicati, o nel caso di lingue diverse dalle quattro
del processo, avrebbero subito ulteriori dilatazioni. Il pubblico, ad esempio, avrebbe dovuto ascoltare la
sentenza in tre lingue sconosciute; gli imputati e gli altri oratori, invece, sarebbero stati costretti ad
aspettare tre traduzioni diverse prima di controbattere o di ricevere risposta.
21
Dunque venne ideato un
nuovo metodo di traduzione orale, che permise di ridurre decisamente le tempistiche previste dalle altre
tecniche, e di garantire in ogni caso un elevato livello di precisione linguistica. Un sistema innovativo di
comunicazione tramite cavi e apparecchi elettronici collegati fra loro fu la soluzione più efficace: “the
system of simultaneous interpretation was invented”.
22
I.4. Il Processo in numeri
Il processo iniziò il 20 novembre 1945, come evidenziato in precedenza, e terminò il 31 agosto 1946
23
,
raggruppando nello stesso luogo numerose persone, con mansioni e ruoli differenti. Ogni personaggio
scelto per la riuscita di questo evento venne selezionato con cura, testando le abilità tramite prove
preliminari. Ad esempio, nel caso dei traduttori e degli interpreti, venne avviata una procedura di
selezione del personale in Europa e in America, per verificare le capacità linguistiche di ogni candidato.
21
Ibid, p. 29.
22
Ibid.
Traduzione della laureanda: “venne ideato il sistema di traduzione simultanea”.
23
Bosch W. J., cit, p. 13.
12
In ciascuno stato coinvolto si iniziò a mettere alla prova chi si proponeva come linguista. Coloro che
superavano la selezione iniziale potevano essere mandati a Norimberga per ulteriori test. Una volta
raggiunto il tribunale, i candidati dovevano prendere parte a una simulazione del processo, in cui
ascoltavano e traducevano in base alle lingue conosciute, proprio come durante una traduzione in
simultanea. Tale concetto, qui brevemente riassunto, verrà approfondito dettagliatamente nel successivo
capitolo della presente tesi.
Alcuni dati riguardanti le selezioni sottolineano, tuttavia, che soltanto il cinque per cento delle oltre 400
persone testate personalmente dal Vicecapo e Ufficiale Esecutivo della Divisione Interpretazione Alfred
Gilbert Steer era effettivamente in grado di svolgere il lavoro richiesto, nonostante alcuni candidati
fossero esperti di traduzione consecutiva.
24
Si capì facilmente che pochi interpreti potevano davvero
tradurre secondo la tecnica della simultanea, poiché la velocità, la pressione e in alcuni casi la mancanza
di vocaboli, rendevano difficile l’esposizione.
Coloro che vennero definitivamente scelti rientravano in una fascia di età tra i 35 e i 45 anni, e
possedevano tutti i requisiti per questo incarico, come ad esempio una perfetta conoscenza e padronanza
della lingua straniera di competenza, un alto livello di educazione che permettesse di avere un ampio
background culturale e professionale, una forte capacità di autocontrollo sotto pressione e una voce
gradevole e chiara, da poter ascoltare per molte ore.
25
È stato possibile notare che le persone più giovani
spesso non disponevano di un'esatta conoscenza della terminologia nella lingua di arrivo; chi superava
tale età, invece, non riusciva a sopportare lo sforzo e la tensione del lavoro.
26
L’intera organizzazione dei Processi Principali ha dunque richiesto la collaborazione e la
partecipazione di molte persone, vista la lunga durata delle udienze; dall’apertura del processo passarono
216 giorni prima della sentenza finale.
27
Numerosi furono coloro che vennero impiegati per la
realizzazione di tale evento, spaziando tra vari settori come quello linguistico, giuridico, tecnico e
pubblicitario.
24
Gaiba F., cit, p. 48.
25
Ibid, pp. 46, 47.
26
Ibid, p. 47.
27
Matasov R. A., “Nuremberg: The Trial of Six Million Words”, in AIIC.net, 2017, p. 9, espaiic.es/document/995/.