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1. INTRODUZIONE
1.1 Il pane
Senza dubbio il pane ha esercitato e continua ad esercitare una notevole influenza sul
genere umano e sulle varie fasi di civilizzazione. Il controllo della produzione e della
distribuzione del pane è stato spesso utilizzato in questi ultimi duemila anni come
mezzo per esercitare una influenza politica. Anche ai giorni d’oggi, la scarsità del
pane o aumenti indiscriminati del suo prezzo sono considerati indicatori di periodi di
recessione economica.
Il pane è un solido morbido, e, come molti altri alimenti, è costituito a livello
macroscopico da due fasi: una fluida (l’aria) ed una solida (la mollica). Quando si
osserva una sezione trasversale della mollica di pane, sembra che la fase solida sia
interamente interconnessa; quelle porzioni che non lo sono, non formano un’unica
mollica di pane, ma rappresentano propriamente diverse molliche di pane (Scanlon
and Zghal, 2001). Comunque, in tre dimensioni, almeno una porzione (e forse la
maggior parte) delle celle sono connesse. La frazione volumetrica delle fasi e la
natura della loro connettività determinano la struttura e, conseguentemente, le
proprietà meccaniche del pane.
In base alla legislazione italiana il pane è il prodotto ottenuto dalla cottura totale o
parziale di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano,
acqua, lievito, con o senza aggiunta di sale comune (Legge 4/7/1967, n.580, Art.14 e
successive modifiche).
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Il pane con aggiunta di sostanze grasse deve contenere non meno del 3% di materia
grassa totale riferito alla sostanza secca (D.P.R 30/11/1998, n.502, Art.4).
Gli ingredienti di base del pane sono rappresentati dalla farina, dall’acqua, da un
agente lievitante e dal sale. I lipidi sono considerati degli ingredienti facoltativi.
La farina è l’elemento principale secondo cui varia la tecnologia di produzione. La
farina di frumento è la sola ad avere la capacità, quando è miscelata con acqua in
corrette proporzioni, di formare un impasto sufficientemente elastico, in grado di
trattenere il gas prodotto durante la fermentazione e di sviluppare una struttura soffice
ed elastica durante la cottura in forno. Il fenomeno che rende possibile la produzione
di pane di frumento, con caratteristiche peculiari rispetto a quello che può essere
realizzato con altre specie di farine, dipende fondamentalmente dalla presenza di
particolari proteine del grano tenero che danno origine al glutine (Cubadda, 1991). I
due tipi fondamentali di proteine formanti il glutine sono le gliadine e la glutenine.
Queste proteine, quando vengono idratate separatamente, presentano comportamenti
completamente differenti. Le caratteristiche dell’impasto quali la deformabilità,
l’attitudine alla laminazione, all’estrusione, la capacità di trattenere i gas che si
sviluppano, il tipo e la distribuzione dell’alveolatura che si ottiene a cottura ultimata,
nonché la consistenza del prodotto finito, dipendono dalle proprietà reologiche che
esso possiede. Tali proprietà sono influenzate notevolmente dallo sfarinato adoperato,
per cui è importante scegliere tra le semole e le farine presenti in commercio, quelle
che meglio rispondono alle diverse esigenze dell’industria. Gli impasti di farina ed
acqua hanno un comportamento viscoelastico: essi manifestano allo stesso tempo
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caratteristiche proprie dei liquidi viscosi unitamente ad alcune tipiche dei solidi
elastici. Al pari di un liquido viscoso, l’impasto è in grado di scorrere e di deformarsi
senza perdere continuità (si pensi ad esempio alla laminazione delle sfoglie). Al pari
di un solido elastico, un impasto è in grado di incamerare parte dell’energia
recuperando in parte la sua forma nel momento in cui cessa l’applicazione della forza
esterna (si pensi all’allargamento degli estrusi all’uscita della trafila o al fatto che un
impasto possa risalire lungo l’asse dell’impastatrice). Una farina di grano di buona
qualità per la panificazione contiene amido (70-80%), proteine (8-18%), lipidi (circa
2%), pentosani (2%), enzimi ed altre componenti minori (Oates, 2001). In particolare,
per quanto concerne alla frazione lipidica, i triacilgliceroli sono i principali lipidi di
riserva. Essi sono comunemente definiti lipidi non polari; gli altri sono lipidi
strutturali presenti in varie membrane ed organelli e comprendono numerosi
glicolipidi e fosfolipidi, comunemente denominati lipidi polari. I lipidi
dell’endosperma sono divisi in lipidi non amidacei, che influenzano la performance
di cottura, e lisofosfolipidi amidacei (Gan et al.,1995).
L’acqua è un ingrediente fondamentale ai fini della formazione del glutine, in quanto
permette alle proteine di stabilire interazioni intra e intermolecolari. La fase acquosa
è necessaria per dissolvere i composti solubili, per fornire il mezzo per le reazioni
che hanno luogo nell’impasto e per facilitare la dispersione delle cellule di lievito.
Anche la formazione di composti lipo-proteici si presuppone che avvenga durante
l’impasto (De Cindio et al., 1987). Il comportamento reologico dell’impasto è
profondamente influenzato dalla quantità di acqua aggiunta. È noto che, se è aggiunta
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alla farina in piccole quantità, l’impasto risultante può essere caratterizzato da
insufficiente coesività e non essere capace di sostenere stress meccanici. Al contrario,
una quantità di acqua troppo elevata, può portare alla formazione di un impasto poco
resistente e viscoso.
I lieviti più comunemente usati per la panificazione appartengono al genere
Saccharomyces Cerevisiae. Le cellule di lievito metabolizzano gli zuccheri
fermentabili (glucosio, fruttosio, saccarosio, maltosio) in condizioni di anaerobiosi
producendo anidride carbonica e alcol etilico. I lieviti, inoltre, possono produrre in
seguito a fermentazione secondaria anche dei metaboliti come esteri e alcoli
superiori, che hanno un ruolo importantissimo nel delineare il profilo aromatico del
prodotto finito. Gli esteri si formano dalla reazione di esterificazione di acidi grassi
con alcol etilico e, in misura minore, con alcoli superiori. La concentrazione di esteri
dipende dal tipo di fermentazione. Generalmente il lievito viene aggiunto all'impasto
con un rapporto rispetto alla farina che va dal 3 al 6%.
Il cloruro di sodio addizionato all’impasto svolge molteplici funzioni: oltre a
migliorare le caratteristiche organolettiche, il cloruro di sodio agisce sulla formazione
del glutine, rendendo l’impasto più compatto e più lavorabile, e favorisce lo
imbrunimento superficiale del pane, dando alla crosta una colorazione più vivace,
maggiore fragranza e colore. Il cloruro di sodio svolge anche una blanda azione
antisettica rallentando le fermentazioni secondarie dei microrganismi.
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1.2 I lipidi
La produzione di prodotti da forno richiede frequentemente l’impiego di quantità non
trascurabili di sostanze grasse (chiamate lipidi). Per lipidi si intende una classe
alquanto eterogenea di composti organici. La natura e il contenuto dei lipidi nei
prodotti da forno sono molto variabili a seconda della tipologia del prodotto e della
formulazione. In generale i lipidi più utilizzati nella preparazione dei prodotti da
forno sono burro, strutto, oli vegetali idrogenati, margarine, ed olio di oliva (Manley,
1991).
I lipidi sono composti idrofobici e si presentano come miscele di trigliceridi:
particolari molecole costituiti da glicerolo i cui tre gruppi ossidrilici sono esterificati
con tre acidi grassi. La struttura molecolare degli acidi grassi è essenzialmente
riconducibile ad una catena di atomi di carbonio di lunghezza variabile (denominata
catena alifatica) in genere lineare, con un gruppo carbossilico ad una estremità. Gli
acidi grassi possono essere distinti in saturi (ovvero privi di doppi legami), in mono-
insaturi (dotati di un doppio legame) e poli-insaturi (con due o più doppi legami). Un
lipide che è liquido a temperatura ambiente di 25
o
C è chiamato “olio”, mentre se
nelle stesse condizioni si presenta in forma solida o semi-solida è indicato con il
termine di “grasso”. In effetti la struttura di ogni acido grasso esterificato con il
glicerolo influenza notevolmente le proprietà fisiche di un alimento: elevate
concentrazioni di acidi grassi saturi a 16 e/o 18 atomi di carbonio conferiscono
concretezza al grasso (è il caso dell’olio di palma); più elevata sarà la concentrazione
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di acidi grassi con catena lunga intorno ai 12-14 atomi di carbonio, più il grasso
assumerà carattere di fluidità.
Grassi e oli commestibili provengono da fonti sia animali che vegetali ed hanno
importanti proprietà funzionali e nutrizionali nei cibi. Certi costituenti dei grassi sono
nutrienti richiesti come carriers di vitamine lipo-solubili. Essi, inoltre, hanno un alto
valore calorico ed hanno proprietà montanti, emulsionanti, lubrificanti.
Oli e grassi svolgono numerose ed importanti funzioni tecnologiche nei prodotti da
forno, grazie all’instaurarsi di interazioni chimiche e fisiche con gli altri ingredienti
dell’impasto. Il risultato macroscopico di tali interazioni è rappresentato
dall’ottenimento di prodotti da forno con le caratteristiche di texture e fragranza
desiderate. Queste funzioni tecnologiche possono essere esplicate sia dai lipidi
endogeni (contenuti nelle farine), sia da quelli addizionati in fase di formulazione. E’
importante considerare in questo senso la costituzione di base delle miscele di grassi,
ma anche il successivo processo di cristallizzazione. La morfologia dei cristalli di
grasso riveste un ruolo importante quando si deve comprendere la funzione di un
grasso nella creazione di un prodotto da forno. Questa morfologia spiega il
polimorfismo dei grassi, in quanto diverse molecole di trigliceridi si raggruppano in
modi differenti quando si cristallizzano.
Le principali funzioni tecnologiche dei lipidi nei prodotti da forno sono:
1) Aerazione degli impasti: è la capacità degli impasti di incorporare aria o i gas
prodotti durante la fermentazione; i gas occupano le cavità generate durante la
miscelazione dell’impasto. In questo caso la funzione principale del grasso è
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quella di lubrificare i complessi gliadina-lipide-glutenina e, quindi, di
migliorare la capacità dell’impasto di incorporare aria (Brooker, 1993)
2) Ritenzione dei gas nella maglia glutinica: dato che i grassi aumentano la
temperatura di gelatinizzazione dell’amido e l’aumento di volume dell’impasto
si arresta solo quando l’amido risulta gelatinizzato, l’ addizione dei grassi
consente di prolungare nel tempo il momento di fine espansione dell’impasto e,
quindi, di ottenere prodotti più lievitati e soffici.
3) Azione plasticizzante: è la proprietà che rende possibile la fase di miscelazione
ed il mantenimento di una consistenza costante dell’impasto; poiché la
concentrazione dei lipidi nell’impasto è inversamente proporzionale al
contenuto in acqua, un dosaggio di queste componenti permette di modulare i
valori di umidità nel prodotto.
4) Azione anti-raffermamento: i lipidi (soprattutto quelli con un maggiore grado
di insaturazione) sono in grado di ritardare il processo di retrogradazione
dell’amido (che è alla base del raffermamento dei prodotti da forno) grazie alla
formazione di complessi lipidi-amilosio insolubili in acqua; in questo modo il
grasso può avere proprietà di barriera prevenente l’assorbimento di acqua
dall’ambiente esterno.
5) Proprietà sensoriali: l’ammontare e il tipo di grassi usati sono di fondamentale
importanza per la qualità percepita dal consumatore (in effetti la maggior parte
delle farine è liposolubile). Gli attributi sensoriali maggiormente influenzati
dalla presenza di grassi nella formulazione sono l’aroma, l’aspetto (oli
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spruzzati sulla superficie del prodotto dopo la cottura conferiscono un aspetto
traslucido apprezzato dal consumatore) e caratteri a loro volta legati alle
caratteristiche reologiche del prodotto, quali morbidezza e croccantezza. In
quest’ultimo caso la funzione tecnologica del grasso è quella di “rompere” la
struttura del glutine e di consentire al prodotto di spezzarsi facilmente sotto
l’azione dei denti.
Inoltre le componenti grasse di un impasto devono essere scelte in maniera tale da
ridurre i fenomeni di irrancidimento ossidativo e da aumentare la vita di scaffale
del prodotto da forno finito.
1.3 Sviluppo della struttura del pane durante le fasi di lavorazione
Il processo di panificazione consente di trasformare lo sfarinato in un alimento
appetibile e digeribile che, a livello macroscopico, presenta una struttura porosa
differenziata in una crosta friabile e in una parte alveolata. A livello microscopico è
possibile riconoscere una struttura reticolare, il glutine, più o meno sviluppata in una
maglia regolare e omogenea che contiene l’amido (Scanlon and Zghal, 2001).
Al fine di convertire gli ingredienti in pane, devono essere effettuate le seguenti
operazioni unitarie:
1) Miscelazione degli ingredienti
2) Lievitazione
3) Cottura