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Capitolo primo
IL CONSUMO
1. Consumo e società
Il consumo, che trova origine nella rivoluzione industriale, si presenta come un
fenomeno molto vasto e complesso, sul quale si sono effettuate numerose interpretazioni
da parte di molti studiosi e di importanti autori classici.
11
Sono stati infatti molti gli studi
sul consumo da parte di economisti, filosofi, sociologi, antropologi, “alcuni hanno tentato
di indagare le contraddizioni legate ai rapporti di produzione e consumo nelle moderne
società capitalistiche; altri si sono concentrati sul ruolo sociale svolto dalle dimensioni
culturali, dalle convinzioni religiose all‟interno di un determinato sistema economico. Altri
ancora hanno osservato la nascita di nuovi bisogni e nuovi mercati.”
12
I vari autori hanno studiato il consumo in diversi modi, principalmente da un punto
di vista economico e simbolico. Sembra necessario precisare che l‟oggetto di studio del
presente lavoro non è principalmente il consumo nella sua dimensione economica, ma
nella sua concezione simbolica nella società contemporanea.
Dato l‟argomento e la numerosità degli autori che lo hanno affrontato, si effettuerà
inizialmente un breve excursus al riguardo, segnalando sinteticamente i principali autori e
il loro pensiero sul tema. Si ritiene importante conoscere queste teorie per poter capire
l‟evoluzione del processo in questione ed osservare successivamente il fenomeno
nell‟attuale società, e per dimostrare come tra quest‟ultima e il consumo esista un rapporto
fondamentale, dato che, come emergerà in modo più approfondito nelle pagine seguenti, al
mutare della società si trasforma anche il concetto di consumo.
Per comprendere proprio il tema preso in esame, si crede opportuno dapprima
evidenziare in modo sintetico il passaggio da Karl Marx a Zygmunt Bauman, tra i quali
11
Tra i vari autori classici si possono citare Marx, Veblen, Baudrillard, Bourdieu, Douglas. Tra quelli
contemporanei studiati per questa tesi si trovano Minestroni, Codeluppi, Fabris, Ferraresi, Parmiggiani, Di
Nallo, Franchi.
12
MINESTRONI, Comprendere il consumo, 17.
9
avviene la fondamentale transizione da una società della produzione ad una società del
consumo: nel XIX secolo tale attività dipendeva totalmente dalla produzione ed era
finalizzata a soddisfare bisogni primari e materiali
13
, mentre nella società contemporanea è
diventata una pratica con cui, oltre ad adempiere dei bisogni necessari, gli individui
effettuano delle scelte personali attraverso le quali compiono particolari esperienze e
gratificano i loro desideri.
14
Tramite questa evoluzione, dall‟Ottocento sino alla società contemporanea, il
consumo ha assunto rispetto al passato un ruolo completamente nuovo e differente che si
intende prendere in esame in questa prima parte del presente lavoro.
1.1. Le teorie classiche
Nella seconda metà del „700, come spiega Parmiggiani, iniziava ad avviarsi una
riflessione interpretativa sul consumo da parte di alcuni esponenti della scuola di pensiero
classica inglese, tra cui Adam Smith, David Ricardo e Thomas Robert Malthus. Il
momento importante in cui il consumo è stato riconosciuto come un fenomeno è
rappresentato dal passaggio dalla società feudale a quella capitalistica attraverso la
Rivoluzione Industriale. Quest‟ultima aveva consentito lo sviluppo del mercato,
l‟accumulazione di capitale in mani private e l‟incremento del sistema industriale di
fabbrica. Il consumo, secondo la stessa autrice, diveniva lo scopo delle classi proprietarie:
il lavoratore, libero dalla dipendenza dal padrone, aveva una propria forza lavoro che
poteva vendere al capitalista interessato primariamente alla crescita del capitale e alla
catena di trasformazione del prodotto netto in mezzi di produzione e di sussistenza.
15
Come spiega Campbell, dal 1920, con la Rivoluzione Industriale, si passava da una
produzione artigianale ad una meccanica-industriale, comportando una diversa
rappresentazione del consumatore: da una visione che si basava sulla teoria economica ed
interpretava il consumatore come un individuo razionale, attivo e calcolatore, che
13
Quando si esprime il concetto di consumo come produzione ci si riferisce in particolare a Karl Marx.
14
Tra gli autori che sostengono questa visione del consumo vi sono Bauman, Codeluppi, Di Nallo,
Parmiggiani, Franchi, Paltrinieri, Fabris.
15
Cf. P. PARMIGGIANI, Consumo e identità nella società contemporanea, Milano, FrancoAngeli, 1999, 89-
90.
10
disponeva di beni e di servizi per la loro utilità, si arriva ad un consumatore passivo,
manipolato e assoggettato alle forze del mercato. Nella società produttiva, caratterizzata da
scarsità di risorse, di beni di servizi, il consumo svolgeva una funzione di secondo piano:
come il lavoro nelle fabbriche era considerato alienante, così era visto il consumo di
prodotti poiché questi erano realizzati meccanicamente in quelle stesse fabbriche. L‟attività
in questione era così interpretata negativamente soprattutto da sociologi ed intellettuali di
sinistra, in quanto i consumatori erano considerati individui manipolati dai pubblicitari e
indotti al consumo.
16
1.1.1. Il consumo nel pensiero marxista
Campbell
17
spiega che in questo contesto si inseriscono le teorie di alcuni autori
classici del pensiero sociologico, quali Karl Marx e Thorstein Veblen, che ritenevano il
passaggio dalla produzione artigianale a quella meccanico-industriale un processo
disumanizzante che portava, come osservava in particolare Marx, all‟alienazione.
Marx, ne Il Capitale, è stato uno dei primi autori ad aver riflettuto sociologicamente
sugli oggetti e sul consumo, nella seconda metà dell‟Ottocento.
18
Egli, infatti, in
quest‟opera, si era concentrato sull‟economia politica, interessandosi principalmente al
capitalismo e ai suoi meccanismi. Sono vari gli aspetti del suo pensiero, ma se ne vogliono
sottolineare alcuni in particolare, come l‟interesse alla produzione delle merci e al loro
consumo, l‟attenzione verso la strutturazione della produzione e verso il valore del lavoro.
Secondo l‟autore, ogni bene economico rappresentava molte ore di fatica fisica e psichica,
e dato che il valore dei beni era commisurato al lavoro necessario a produrli, ogni
lavoratore avrebbe dovuto ricevere un compenso commisurato al valore dato alle merci
16
Cf. C. CAMPBELL, Il consumatore artigianale. Cultura, artigianato e consumo nella società post-
moderna, in E. DI NALLO - R. PALTRINIERI (Edd.), Cum sumo. Prospettive di analisi del consumo nella
società globale, Milano, FrancoAngeli, 2006, 65-67.
17
Cf. CAMPBELL, Il consumatore artigianale, 65-67.
18
Cf. MARX, Il Capitale.
11
prodotte. Invece, il lavoratore ricavava uno stipendio inferiore alla sua manodopera, mentre
il valore restante andava al capitalista ed era definito da Marx plus-valore.
19
Come osserva Minestroni, secondo il pensiero marxista
il modo di produzione materiale condiziona e determina il processo sociale,
politico e spirituale di una comunità. Il modo di produrre la vita materiale
fonda la natura dell‟uomo e della società, e da esso dipendono le forme di
relazione tra individui, gruppi, nazioni.
20
Minestroni sostiene dunque che, secondo Marx, era la produzione che generava il
consumo e veniva vista alla base della società, determinando anche le relazioni che si
formavano in essa.
La natura umana è, per Marx, una natura di bisogni e il comportamento degli
uomini si esplica come azione economica volta alla soluzione di tali bisogni.
Nel risolvere i propri bisogni di esistenza l‟uomo entra in rapporto con la
natura, piegandola e manipolandola. Lo fa mediante strumenti e tecniche
sempre più raffinati, che Marx definisce mezzi di produzione. In questo
processo di produzione e riproduzione della vita materiale l‟uomo entra
anche in rapporto con i suoi simili, con gli altri individui […] fondando cioè
rapporti economici, chiamati rapporti di produzione.
21
Quindi, secondo la stessa autrice, nel pensiero marxista l‟uomo era volto a
soddisfare dei bisogni materiali attraverso delle azioni economiche, stabilendo dei rapporti
con le altre persone all‟interno della società: era tramite i rapporti sociali che gli oggetti
necessari alla vita materiale erano prodotti e distribuiti. La struttura economica della
società era rappresentata dal modo di produzione, in base alla quale si determinavano tutti i
suoi processi e le relazioni fra persone, e in cui rientravano due elementi chiave: la
struttura, ovvero la base della società, e la sovrastruttura, il mondo delle idee con cui una
società si rappresentava.
22
Nel capitalismo, dominavano l‟alienazione ed il feticismo delle merci, come spiega
il sociologo Codeluppi, che sottolinea un altro concetto importante, sostenendo come Marx
vedesse il consumo in modo negativo, giudicandolo
19
Cf. L. FIRPO, Introduzione, in C. MARX, Il Capitale. Critica dell'economia politica, Torino, Unione
tipografico - Editrice Torinese, 1945, IX-XXXVII.
20
MINESTRONI, Comprendere il consumo, 39.
21
MINESTRONI, Comprendere il consumo, 38.
22
Cf. MINESTRONI, Comprendere il consumo, 38-39.
12
una forma di godimento, che si contrappone allo spirito del capitalismo, ed
una forma di alienazione, cioè un modo in cui le persone sono allontanate
dalla loro umanità, alienate cioè dalla loro dimensione più specifica.
Quest‟idea ha portato Marx ad elaborare la teoria del feticismo, secondo la
quale le merci sono dei feticci perché sembrano essere dei soggetti autonomi,
dotati di vita propria e in grado di intrattenere delle relazioni.
23
In questo modo, Marx aveva individuato due caratteristiche del capitalismo: la
prima vedeva l‟alienazione sia di chi lavorava nelle fabbriche sia di chi consumava le
merci prodotte attraverso il processo meccanico di produzione; la seconda si esprimeva
nella tendenza al consumo che egli aveva chiamato il feticismo delle merci, secondo il
quale il prodotto dominava l‟uomo e i rapporti sociali erano al pari dei rapporti fra le cose,
che diventavano autonome rispetto a chi le aveva prodotte, dimenticando così che la merce
era un puro frutto del lavoro umano. Come osserva Minestroni, la merce aveva per Marx
un duplice aspetto: aveva un valore d‟uso che si compiva solo nel processo del consumo, in
quanto era utile a qualcosa, cioè alla soddisfazione di un bisogno; ed aveva un valore di
scambio, che risultava fondamentale nell‟analisi del capitalismo, perché la merce doveva
poter essere scambiata con altre merci, soprattutto con quella ritenuta universale, il
denaro.
24
Il consumo era così visto come uno degli aspetti della vita dell‟individuo in cui si
manifestava la centralità della produzione e le merci avevano funzioni unicamente
economica ed utilitaristica.
25
In questi anni, era quindi la produzione a determinare il
consumo, che ancora non risultava avere le funzioni che svolge oggi nella società
contemporanea, poiché consisteva in un‟azione economica volta alla soddisfazione di
bisogni prettamente materiali.
23
V. CODELUPPI, La sociologia dei consumi. Teorie classiche e prospettive contemporanee, Carocci,
Roma, 2002, 37-38.
24
Cf. MINESTRONI, Comprendere il consumo, 49.
25
È importante evidenziare, a proposito della funzione utilitaristica, che, secondo Marx, la merce è un oggetto
esteriore ed una cosa adibita a soddisfare dei bisogni umani di qualsiasi natura; l‟autore la ritiene un
complesso di proprietà diverse e può assumere quindi la caratteristica di utilità sotto vari aspetti. (Cf. C.
Marx, Il capitale, 11-12.)
13
1.1.2. Il consumo nella Scuola di Francoforte
Un approfondimento della teoria marxista del consumo, come alienazione e falsa
coscienza, si è sviluppata negli anni Trenta del Novecento, con una delle prime critiche al
consumo emerse dalle scienze sociali che proveniva dalla Scuola di Francoforte. I
principali autori, come riferisce Gagliardi, sono stati Adorno, Horkeimer, Marcuse, i quali
aspiravano ad un ideale di società marxista e attaccavano la società capitalistica con una
visione critica e pessimista del ruolo dei consumatori.
26
Per quanto riguarda l‟indirizzo sociologico, la Scuola di Francoforte si
caratterizzava, quasi identificandosi con essa, per l‟elaborazione di una teoria critica della
società, che metteva sotto analisi il capitalismo avanzato, la logica del profitto e le varie
forme di alienazione indotte dal progresso, tra cui la manipolazione dell‟individuo
attraverso i mass media.
27
Horkeimer e Adorno, come osserva Di Nallo, avevano tuonato
contro la società dei consumi, che riduceva gli uomini “a fantocci eteroguidati secondo il
disegno e il desiderio delle aziende di marketing e programmazione”.
28
Tali autori, secondo Franchi, consideravano responsabile la diffusione di massa dei
beni di consumo dello stato di alienazione in cui si trovavano gli individui nel capitalismo
maturo e giudicavano la stessa anche come causa di una produzione di finti bisogni.
Inoltre, le persone venivano considerate nella società di massa elementi funzionali al
sistema, in cui erano incisivi i mass media, costruttori di bisogni, di linguaggio, modelli,
valori e comportamenti che avevano un‟influenza decisiva sulle persone.
29
Questo concetto
si può riportare alla società odierna: basti pensare al ruolo della pubblicità che diffonde
modelli di consumo e stili di vita, influenzando e manipolando le persone, inducendole a
seguire stereotipi veicolati dai mass media, volti unicamente a soddisfare gli obiettivi
commerciali.
Tale modello sociale era stato proposto da Marcuse, che
26
Cf. GAGLIARDI, Scuola di Francoforte, 1041.
27
Cf. GAGLIARDI, Scuola di Francoforte, 1041-1042.
28
E. DI NALLO (Ed.), Il significato sociale del consumo, Editori Laterza, 2007, 22.
29
Cf. FRANCHI, Il senso del consumo, Milano, Mondadori, 2007, 21-22.
14
descrive la crescita della produzione capitalistica come un raffinato mezzo di
dominio, che subordina la cultura alla creazione di una nuova domanda che
minaccia l‟individualità e la creatività individuale tramite la manipolazione
delle esigenze reali. La stessa ricerca di novità da parte dell‟individuo
sarebbe il prodotto di tecniche manipolatorie il cui potenziale espressivo
condiziona le masse dei consumatori e gli operatori di mercato.
30
Il consumo della società borghese era visto, in questo modo, come forma di
alienazione, falsa coscienza e manipolazione dell‟individuo. Il consumatore era oggetto
dell‟industria culturale manipolatrice, che serviva a suscitare bisogni e determinare
consumi non necessari, per imporre valori e modelli di comportamento, riducendo gli
individui ad una massa uniforme il cui tempo libero, visto come prodotto della società dei
consumi, era programmato.
1.1.3. Verso il consumo simbolico
Un cambiamento importante nella concezione del consumo è avvenuto circa
trent‟anni dopo la teorizzazione marxista, alla fine dell‟Ottocento, con Thorstein Veblen. È
molto interessante la teoria vebleniana in relazione al tema qui trattato, soprattutto se viene
riportata alla società contemporanea. L‟autore infatti aveva evidenziato nel suo pensiero un
concetto di consumo che andava oltre la funzione utilitaristica, considerata una pratica
adibita a mettere in mostra lo status sociale degli individui: esibire la propria ricchezza
attraverso il consumo di determinati beni. Veblen, così, con una sorta di previsione, aveva
notato già quella funzione del consumo, che aveva chiamato appunto vistoso, che prevale
nella società di oggi, nella quale dietro all‟uso degli oggetti si nascondevano molti
significati, tra cui quello di sentirsi parte di un certo gruppo sociale tramite il possesso e
l‟esibizione di peculiari oggetti.
31
Come nota Minestroni, egli si può considerare il primo vero sociologo dei consumi,
con il quale la pratica presa in esame “appare per la prima volta come un maker capace di
30
FRANCHI, Il senso del consumo, 22.
31
Cf. T. VEBLEN, La teoria della classe agiata. Studio economico sulle istituzioni, Torino, Giulio Einaudi
Editore, 1949, 70-75.
15
segnalare, di mettere in scena e rendere visibili, consuetudini e distinzioni sociali,
dinamiche di classe e gerarchie di gusto.”
32
Ne La teoria della classe agiata, Veblen aveva individuato un‟importante funzione
svolta dagli oggetti, quella di evidenziare e comunicare le differenze di status esistenti nel
sistema sociale. Con la cosiddetta teoria del consumo ostentativo, il sociologo si riferiva, in
particolare, al consumo dei generi di lusso, finalizzato al benessere del consumatore stesso
e visto quindi come un segno di signoria. In questo modo, Veblen sosteneva che il
gentiluomo agiato, oltre che ad utilizzare quegli oggetti necessari al sostentamento della
propria vita, consumava soprattutto per la qualità dei beni: l‟uso di questi oggetti era così
un segno di ricchezza, mentre l'incapacità di consumare nella giusta qualità e quantità era
un segno di inferiorità.
33
Secondo Laura Minestroni, Veblen sosteneva che esistesse una stretta relazione tra
la società, la sua struttura economica e culturale, ed il comportamento di consumo degli
individui, e interpretava quest‟ultimo come segno di distinzione e di prestigio sociale:
34
per Veblen i consumatori sarebbero mossi non dalla necessità di soddisfare
bisogni biologici, ma quasi esclusivamente da una volontà di spreco
determinata dalla necessità di ostentare agli altri la quantità di prestigio e di
onore insita nella propria posizione sociale (o status), la quale è a sua volta
dipendente dalla ricchezza monetaria posseduta.
35
Secondo l‟autore, come spiega Franchi, erano due i fondamentali meccanismi nel
consumo: l‟ostentazione e l‟emulazione. Con il primo termine si intendeva il mettere in
evidenza l‟accumulazione della propria ricchezza; con il secondo ci si riferiva all‟acquisto
da parte delle classi meno ricche di quegli stessi beni utilizzati dalle classi superiori con lo
scopo di imitarle. Era per questo che Veblen aveva chiamato il consumo vistoso, dato che,
secondo l‟autore, le sue funzioni erano di dimostrare la posizione elevata delle persone e di
ostentare la loro potenza e la loro ricchezza, che solo se esibite e messe in evidenza
32
MINESTRONI, Comprendere il consumo, 111.
33
Cf. VEBLEN, La teoria della classe agiata, 70-75.
34
Cf. MINESTRONI, Comprendere il consumo, 112-113.
35
CODELUPPI, La sociologia dei consumi, 42-43.
16
avrebbero potuto portare ad ottenere la stima. Nel mondo studiato da Veblen lo strumento
più importante per dimostrare il successo era appunto il consumo vistoso.
36
Dunque, come evidenzia Di Nallo, il consumo nel pensiero vebleniano aveva un
significato di falsità, dato che nascondeva con le apparenze la vera natura della società.
37
Come nota anche Ritzer, il consumo vistoso è anche oggi uno strumento
privilegiato per dimostrare la propria ricchezza. Nella società contemporanea sembra che
più si accumulano oggetti, più aumenta il proprio valore e la propria posizione sociale;
inoltre, non è importante la qualità o la funzionalità degli oggetti, ma esclusivamente il loro
costo, perché l‟unica cosa che conta è lo status e la ricchezza che essi simboleggiano.
38
In questo modo, Veblen aveva interpretato gli oggetti di consumo come status
symbol e aveva visto quest‟attività in modo negativo, come un‟espressione di distinzione
che si basava esclusivamente su valori falsi e non autentici. È da tenere a mente la visione
degli oggetti di consumo come status symbol per comprendere le pagine seguenti, in cui si
noterà come gli individui, oggi, consumando, esprimano significati particolari,
comunicandoli all‟ambiente circostante.
1.1.4. Il consumo come linguaggio nel pensiero di Baudrillard
In continuità con l‟analisi marxista e vebleniana, negli anni Sessanta del
Novecento, le pratiche quotidiane del consumo sono state concepite come gesti in cui si
articolavano processi di identificazione e differenziazione sociale e culturale. Ci si era
allontanati dalla subordinazione del consumo rispetto alla produzione, tipica del pensiero
marxista, ed era stato sviluppato un nuovo aspetto del consumo.
In particolare, era stato il sociologo francese Jean Baudrillard, che negli anni
Settanta del Novecento aveva compiuto importanti riflessioni sul tema del consumo, e che,
distaccandosi dal pensiero marxista, aveva negato il primato della produzione, e aveva
36
Cf. FRANCHI, Il senso del consumo, 27-29.
37
Cf. DI NALLO, Il significato sociale del consumo, 37.
38
Cf. G. RITZER, L'era dell'iperconsumo. McDonaldizzazione, carte di credito, luoghi del consumo e altri
temi, Milano, FrancoAngeli, 2001, 266-270.
17
assegnato un nuovo valore agli oggetti, che erano stati interpretati come dei segni, cioè
espressioni di un linguaggio.
39
Baudrillard aveva analizzato la società dei consumi in termini di semantica
40
: aveva
sostenuto che in essa tutto fosse un sistema di segni dietro i quali non si nascondeva più
nulla, dato che gli oggetti e i significati erano annullati proprio da questo sistema. Egli
sottolineava la differenziazione individuale dei consumi, che non consentiva una scelta
personale sull‟utilizzo dei beni, e soprattutto vedeva tale pratica come una manipolazione
di segni: non esistevano, secondo l‟autore, valori simbolici, ma solo valori esteriori.
41
In
questo modo, l‟oggetto perdeva la sua finalità materiale ed acquistava una valenza più
ampia, in cui si combinavano molteplici significati che dipendevano soprattutto dal sistema
culturale.
La nozione di “bisogni” è legata a quella di benessere nella mistica
dell‟uguaglianza. […] La tesi implicita è la seguente: Tutti gli uomini sono
uguali davanti al bisogno e davanti al principio di soddisfazione, perché tutti
gli uomini sono uguali davanti al valore d’uso degli oggetti e dei beni
(mentre sono disuguali e divisi davanti al valore di scambio). […] Al livello
della bistecca (valore d‟uso) non esistono né proletari né privilegiati.
42
Secondo Baudrillard, i bisogni erano prodotti del sistema di produzione, dato che
erano generati come una forza consumatrice: gli individui erano spinti da un desiderio di
soddisfare un bisogno che non era solo dell‟oggetto materiale, ma soprattutto di quello che
esso significava, cioè la differenza sociale. Era per questo che nel pensiero dell‟autore la
società dei consumi era vista un ambito in cui le differenziazioni economiche si erano
accentuate così come le differenze di consumo. Quest‟ultimo era interpretato come sistema
di comunicazione a cui veniva attribuita la funzione di integrazione in un gruppo sociale:
quando si consumava non lo si faceva per godimento, ma si effettuava questa pratica in un
sistema di scambio e di produzione di valori codificati.
43
Il consumo, al pari della scuola, è un‟istituzione di classe: non solo c‟è di
fronte agli oggetti una disuguaglianza in senso economico […] ma più in
39
Cf. MINESTRONI, Comprendere il consumo, 263.
40
La visione degli oggetti come simboli e significanti risulta importante per il tema qui trattato e per gli
argomenti che successivamente saranno sviluppati, dato che l‟intento del lavoro è comprendere la dimensione
simbolica degli oggetti di consumo.
41
Cf. BAUDRILLARD, La società dei consumi, 5-10.
42
BAUDRILLARD, La società dei consumi, 56-57.
43
Cf. BAUDRILLARD, La società dei consumi, 85-99.
18
profondità c‟è una discriminazione radicale nel senso in cui solo certi
accedono a una logica autonoma, razionale, degli elementi dell‟ambiente
[…]; essi non hanno a che fare con degli oggetti e propriamente parlando non
“consumano” – gli altri essendo votati a un‟economia magica, alla
valorizzazione degli oggetti in quanto tali, e di tutto il resto in quanto oggetti
(idee, tempo libero, sapere, cultura): questa logica feticista è propriamente
l’ideologia del consumo.
44
Come spiega Di Nallo, per Baudrillard, come anche per Veblen, il consumo
rappresentava un segno falso, cioè aveva altre funzioni rispetto a ciò che esso significava:
serviva ad indicare le differenze riconducibili alla stratificazione sociale. In questo modo,
le persone si distinguevano per i beni che utilizzavano: i sistemi degli oggetti, dei quali i
gruppi sociali fruivano e con cui si differenziavano, diventavano indicatori di stili di vita,
strumenti per comunicare diversità, coesione, appartenenza o esclusione.
45
Anche oggi gli
individui fanno uso di vari segni che rimandano ad altro di diverso da sé: si può fare
riferimento alle marche degli oggetti, che rappresentano dei segni che hanno ulteriori
significati oltre a quelli per i quali essi esistono. Ad esempio indossare un vestito di marca
ha per le persone peculiari significati: sentirsi belli, stare alla moda, appartenere ad un
certo ceto sociale, essere accettati in un determinato contesto.
Ciò che era interesse di Baudrillard era l‟oggetto, visto come espressione di un
sistema di segni capaci di comunicare con gli individui, andando oltre la loro dimensione
funzionale, quella cioè di soddisfare i bisogni materiali e individuali. Il consumo, secondo
l‟autore, si definiva:
1) non più come pratica funzionale degli oggetti, possesso, ecc., 2) non più
come semplice funzione di prestigio individuale o di gruppo, 3) ma come
sistema di comunicazione e di scambio, come codice di segni continuamente
emessi e ricevuti, come linguaggio.
Le differenze di nascita, di sangue, di religione un tempo non si
scambiavano: esse non erano differenze di moda ma riguardavano invece
l‟essenziale. Esse non erano “consumate”. Le differenze attuali (di vestito, di
ideologia, persino di sesso) si scambiano in seno a un vasto consorzio di
consumo. È uno scambio socializzato di segni.
46
In questo modo, il sistema di consumo non riduceva, ma accresceva le differenze
sociali, in una società che stimolava gli individui ad eccedere nel bisogno di beni.
44
BAUDRILLARD, La società dei consumi, 70.
45
Cf. DI NALLO, Il significato sociale del consumo, 37.
46
BAUDRILLARD, La società dei consumi, 123.