7
spesso hanno il dono della visionarietà. Vedono molto di più di quello che si
presenta in apparenza. E vedono lontano, oltre lo Stretto anche quando vivono
al di là»
1
.
Si presuppone così che i siciliani siano diversi e in questa diversità si costruisce
un immaginario collettivo che dà forma alle relazioni, agli scambi tra l’Io e l’Altro.
Come ha scritto Sciascia: «le verità e le suggestioni che corrono in simili
definizioni e ritratti un po’ somigliano a quelle degli oroscopi e danno origine a
luoghi comuni, a quelle idee che acriticamente si ricevono e si ripetono».
Questo scambio, inteso come il luogo dove si formano i modi di rapportarsi
all’alterità, affonda le sue radici nell’imagologia, una scienza che studia le
opinioni che popoli, nazioni, paesi, si sono creati gli uni degli altri nel corso della
storia, attraverso le immagini, i luoghi comuni, gli stereotipi e i pregiudizi.
Il nostro lavoro si muoverà dunque attraverso un’analisi delle origini
dell’imagologia, l’evoluzione delle sue teorie attraverso le varie scuole di ricerca
imagologica e gli strumenti teorico-metodologici che ci saranno utili per
costruire l’immagine letteraria della Sicilia.
Costruito il profilo imagologico siciliano, affiancheremo, infine, una parte
antologica, analizzando un testo significativo per ogni singolo autore.
Le immagini della Sicilia tra realtà e metafora, che si delineano in questo lavoro,
sono dunque insieme metodo di analisi critica e ritratto di una terra mitica,
immutabile, dalle mille sfaccettature, cui Sciascia si rivolgeva dicendo «né con
te né senza di te posso vivere»
2
.
1
Dacia Maraini, Colomba, Milano, Rizzoli, 2004, nota editoriale.
2
Leonardo Sciascia, «Come si può essere siciliani?», in Fatti diversi di storia letteraria e civile
[1989], Palermo, Sellerio, 1999, III p.524.
9
1.1. Immagini dell’ “Altro”
Gli stimoli che alimentano la curiosità e l’immaginazione nei confronti di
paesi e popoli stranieri sono sempre più vari e molteplici. Alle informazioni
lette o ascoltate, si aggiungono oggi gli incontri con gli immigrati, i turisti, i
facili viaggi, i mass media, internet. Quasi quotidianamente ci ritroviamo
dunque ad esprimere giudizi, fare confronti, immaginare altri luoghi e altre
situazioni che differenziano noi e i nostri connazionali dagli stranieri e i loro
paesi. Per quanto le fonti di informazione siano oggi più puntuali e rapide,
la letteratura riveste un ruolo importante nella formazione di questo
immaginario, proprio per il motivo opposto: la difficile oggettività delle
informazioni e la variabile del tempo.
Attraverso la letteratura possiamo conoscere tutto quello che sul tema dello
straniero è stato espresso in tutti i tempi e in tutte le culture. Quei giudizi,
quelle immagini, quei pensieri che sin dall’antichità rispondevano al
bisogno comune a tutte le società umane di porre un confine tra il noto e
l’ignoto, stabilire la differenza tra l’Io e l’Altro.
I giudizi espressi sulle altre comunità avevano raramente un fondamento
empirico ma, anche a partire dal Settecento quando viaggiare per l’Europa
divenne una pratica diffusa tra nobili e letterati (si pensi all’Italia del Gran
Tour inglese), i giudizi formulati non risulteranno scevri da pregiudizi e
stereotipi.
Queste immagini che ci giungono quindi mediate o rielaborate da sensibilità
diverse, operanti in contesti storico–sociali diversi, hanno nel loro potere di
suggestione più che di verità, quella forza che ancora oggi influenza il
nostro pensiero nella formazione di un “immaginario” su paesi stranieri e
sullo straniero stesso.
Dall’analisi di questi testi letterari e dal contesto storico–sociale in cui sono
stati prodotti, è possibile quindi evincere le ideologie e i pregiudizi culturali
che essi esprimono ed in cui sono radicati.
10
1.2. Imagologia
Nella rappresentazione dell’Altro (inteso come altra nazione o altra cultura),
l’imagologia acquista un ruolo fondamentale in quanto studia le immagini
(images), i pregiudizi, gli stereotipi, i cliché, ovvero le opinioni che popoli,
nazioni, paesi si sono creati gli uni degli altri nel corso della storia e
rispettivamente anche nella letteratura
3
.
Queste images non rispecchiano le caratteristiche reali dell’ “altro”, perché
contaminate dalle conoscenze e dal punto di vista dell’autore e sono
dipendenti soprattutto dal contesto storico culturale in cui nasce l’opera
letteraria.
Come vedremo, ogni image si costituisce attraverso un continuo confronto
che muove dall’identità all’alterità, così che parlare degli “altri” è sempre
anche un modo per rivelare qualcosa di sé.
La vastità degli aspetti e dei metodi scientifici con riferimento ai tanti fattori
che convergono nella formazione dell’immagine che un uomo si fa
dell’altro, un gruppo sociale dell’altro, un popolo dell’altro, una razza
dell’altra, rispecchia lo sviluppo del nostro sapere sull’intricato rapporto fra
gli uomini e le loro relazioni vicendevoli. Le lingue e le letterature seguono,
rispecchiano e influenzano l’evoluzione dell’intreccio sociale, internazionale
e interculturale. Il caso classico partendo dal quale gli studiosi delle
letterature comparate hanno sviluppato per primi gli strumenti dell’analisi
imagologica, è il rapporto tra Francia e Germania. Lo scambio reciproco tra
le immagini che i membri di un gruppo costruiscono di se stessi in relazione
agli altri, ovvero gli autostereotipi positivi corrispondenti ai rispettivi
eterostereotipi negativi fra scrittori tedeschi e francesi risale al lontano
Medioevo e si rafforzò col nascente interessamento per la propria nazione
tra gli umanisti e culminò nel Settecento
4
. Il Positivismo influenzerà, infine,
3
Cfr. Daniel-Henri Pageaux, «De l’imagerie culturelle à l’imaginaire», in Pierre Brunel e Yves
Chevrel (a cura di), Précis de Littérature comparée, Paris, PUF, 1989, pp. 133-161.
4
Per un approfondimento della problematica tra Francia e Germania si veda Jean-Marie Carré,
Les écrivans français et le mirage allemand, 1800-1940, Paris, Boivin, 1947 ; Yves Chevrel, «Le
naturalisme français en Allemagne: L'année 1892» in Feindbild und Faszination.
11
negli anni compresi tra l’ultimo decennio dell’Ottocento ed il primo
cinquantennio del Novecento la nascita dell’imagologia tradizionale.
Vermittlerfiguren und Wahrnehmungsprozesse in den deutsch-französischen
Kulturbeziehungen (1789-1983). Beiträge zum Kolloquium an der Universität Bayreuth 19.-21.
Mai 1983, ed. Lüsebrink, Hans-Jürgen / Riesz, János (Frankfurt: Diesterweg), 82-96.
12
1.3. Origini dell’Imagologia
Tenteremo adesso di fornire una sintesi, un excursus che ripercorre alcune
tappe dell’imagologia. In prima battuta, cercheremo di definire un quadro
delle principali “scuole” di ricerca imagologica sviluppatesi a partire dagli
anni sessanta in Europa e del loro rapporto con l’imagologia tradizionale
che la comparatistica francese, nei lavori di Carré e Guyard, aveva avviato
sin dai primi anni del novecento.
La scuola francese originava dalla tradizionale osservazione delle
caratteristiche nazionali, testimonianza la famosa formula di J.M. Carré,
“comment nous voyons-nous entre nous”
5
, che introduceva negli studi di
comparatistica letteraria lo studio delle images nazionali. L’indicazione di
ampliare le ricerche sull’aspetto delle relazioni spirituali tra e dentro le
nazioni e le loro letterature, fu introdotta a partire dal libro di Jean-Marie
Carré, Les écrivains français et le mirage allemand, 1800-1940
6
e dal
capitolo conclusivo del manualetto di Marius-François Guyard, capitolo che
titolava L’étranger tel qu’on le voit nel quale egli stesso evidenzia questo
cambiamento di prospettiva:
«Il s’agit de chercher à mieux comprendre comment s’élaborent et
vivent dans les consciences individuelles ou collectives les grands
mythes nationaux, tel est le changement de perspective qui a
provoqué depuis une quarantaine d’années en France un véritable
renouvellement de la littérature comparée, en lui ouvrant une
nouvelle direction de recherches».
7
5
Jean-Marie Carré, introduzione a M.-F. Guyard, La littérature comparée, Paris, PUF, 1951, p.
5, «come ci vediamo tra di noi».
6
Jean-Marie Carré, Les écrivans français et le mirage allemand, 1800-1940, Paris, Boivin,
1947.
7
Marius-François Guyard, «L’étranger tel qu’on le voit», in La litérature comparée, Paris, PUF,
1951 p. 111, «Bisogna cercare di capire meglio come, nella coscienza individuale o collettiva, si
elaborano e vivono i grandi miti nazionali, questo è il cambiamento di prospettiva che, da una
quarantina d’anni, ha provocato in Francia un reale rinnovamento della letteratura comparata,
aprendole un nuovo campo di ricerca».
13
È in questo nuovo campo di ricerca che Guyard vede l’avvenire delle
discipline comparatistiche, perché le influenze e le analogie tra paesi sono
così evidenti e fortuite da permetterci di descriverne metodologicamente
l’image o le images che un paese ha di un altro in un particolare momento
storico.
Egli, infine, sottolinea che, nonostante queste images siano fondate su dei
fatti letterari consolidati, l’interpretazione di questi fatti deve essere delicata
perché si potrebbe oltrepassare la mera letteratura: «c’est apprendre aux
peuples à se mieux connaître en reconnaissant leurs illusions»
8
. Gli studi
imagologici, a partire da queste premesse, si moltiplicarono nonostante la
critica sollevata da parte dei teorici del New Criticism e, in particolar modo,
dal comparatista americano Réne Wellek. Egli richiamò l’attenzione sulla
possibilità che la comparatistica, seguendo le tesi di Carré e Guyard,
potesse scadere in una sorta di «scienza ausiliaria di servizio delle relazioni
internazionali»
9
, perché non è di competenza delle letterature comparate,
studiare le “immagini dell’ “Altro” attraverso images e mirages. Sebbene il
successivo sviluppo dell’imagologia su scala internazionale invalidò queste
critiche, non possiamo attribuire le sue origini ad un unico punto di svolta,
considerando che l’interessamento della “scuola francese” a questo nuovo
campo d’indagine ha contribuito ad un lento e graduale sviluppo. Inoltre, le
teorie di Carré e Guyard rimasero legate all’ etnopsicologia o “psicologia
dei popoli” che prevedeva la presenza in ogni nazione di “caratteri
costitutivi”, nella convinzione che il Popolo incarnasse l’identità nazionale
attraverso le manifestazioni delle più elevate attività intellettuali e culturali,
quali l’arte, il linguaggio, la religione e gli usi e costumi
10
.
Illustriamo adesso le due principali correnti imagologiche europee: quella
sviluppatasi tra gli anni sessanta–settanta con la scuola di Aquisgrana,
intorno alle analisi delle images e mirages contenute negli studi di Hugo
8
Ivi, p. 119, «significa insegnare ai popoli a riconoscere le loro illusioni per conoscersi meglio».
9
Cfr. Hugo Dyserinck, «Zum Problem der “images” und “mirages” und ihrer Untersuchung
im Rahmen der Vergleichender Literaturwissenschaft», in Arcadia 1, Bonn, Bouvier, 1966,
pp.107-120.
10
Cfr. Manfred Beller, «Imagologia», in Michele Cometa (a cura di), Dizionario degli studi
culturali, Roma, Meltemi, 2004, pp. 224-230.
14
Dyserinck e quella nata negli anni settanta dietro l’impulso del comparatista
Daniel-Henri Pageaux, che introduce una prospettiva aperta sull’imagerie
culturelle.
15
1.4. Un nuovo impulso per gli studi di imagologia: Hugo Dyserinck
Dyserinck, con Zum Problem der “images” und “mirages” und ihrer
Untersuchung im Rahmen der Vergleichender Literaturwissenschaft
(Intorno al problema di “images” e “mirages” nell’ambito della letteratura
comparata), riprende le teorie sull’imagologia di Carré e Guyard ampliando
il discorso sull’ “influsso” sull’opinione pubblica che le images e i mirages
hanno all’interno della Nazione. Egli evidenzia che bisogna approfondire lo
studio della ricezione di questo influsso al di fuori del contesto di
determinate opere e non semplicemente limitarsi a rappresentare ed
allineare le images e mirages contenute nei testi, senza alcun criterio.
Dyserinck non sottovaluta comunque l’importanza dello studio di images e
mirages all’interno delle strutture del testo, considerandole uno strumento
per “demistificare” le idee preconcette sull’ “altro”
11
. Questo processo di
“demistificazione”, verrà successivamente ripreso ed ampliato nella
letteratura della migrazione, per la quale l’identità culturale dell’immigrato è
un continuo farsi e disfarsi, un dubbio, una convinzione disperata ma falsa
e oscillante, però anche più libera dagli schemi imposti dalla società
d’origine e dalle strutture socio-culturali del luogo d’arrivo.
Mettendo in evidenza l’image come oggetto dello studio imagologico,
Dyserinck afferma che bisogna rilevare quelle strutture ideologiche che
sono alla base di images e mirages, attraverso un atteggiamento di
“neutralità culturale” che permetterebbe allo studioso di non farsi
condizionare dalla propria identità nazionale e culturale. In questo modo si
“razionalizza” il concetto stesso di “carattere nazionale” o “spirito di un
popolo”
12
.
In relazione a queste ultime analisi, in cui Dyserinck accentua il carattere
intrinsecamente letterario delle images, si potrebbe non riconoscere
all’imagologia la sua “ortodossia”. In effetti, esistono altri obiettivi, nei suoi
11
Cfr. H. Dyserinck, «Zum Problem der "images" und "mirages" und ihrer Untersuchung im
Rahmen der Vergleichenden Literaturwissenschaft», in Op. Cit., p. 107-20.
12
Cfr. H. Dyserinck, «Komparatistische Imagologie jenseits von “Werkimmanenz“ und
“Werktranszendenz“», in Synthesis, IX, 1982, pp. 27-40.