12
Relatore hanno ritenuto che nel processo formativo sia indispensabile conoscere
sia gli studi già svolti su argomenti simili, sia i presupposti sociologici, storici e
di comunicazione che hanno creato tanto interesse per la comunicazione ambien-
tale, disciplina particolare e di recente sviluppo.
ξ Infine il Capitolo 3 è quello di tipo sperimentale. È qui presentata la ricerca ef-
fettuata, nei mesi di collaborazione presso l’ENEA, che riguarda tutti gli articoli
raccolti sul Vertice di Nairobi e confrontare, ove possibile, i risultati con una ri-
cerca equivalente, sviluppata dai Ricercatori dell’ENEA, nel 1997 in occasione
della Conferenza di Kyoto. Una volta raccolti gli articoli, aver predisposto una
scheda di rilevazione dei dati, elaborata dall’ENEA ed utilizzata per studi simili,
è stata svolta un’analisi del contenuto dei testi che indaga le principali modalità
della produzione giornalistica. All’interno di questa analisi sono stati tentati con-
fronti tra le diverse testate. Le conclusioni generali del lavoro guadano in manie-
ra complessiva l’intero percorso di lavoro affrontato in questa tesi e, tentano, per
quanto possibile, di fornire chiavi interpretative comuni.
13
CAPITOLO 1
Il Cambiamento Climatico e le Nazioni Unite.
Storia della UNFCCC.
“La sincerità non consiste nel dire,
ma nell'intenzione di comunicare la
verità.”
Samuel Taylor Coleridge
Presupposti
Nel giugno del 1992 a Rio de Janeiro, nell’ambito della Conferenza su Ambiente e Svi-
luppo promossa dalle Nazioni Unite, è stata approvata e sottoscritta dai rappresentanti di
diverse nazioni, una Convenzione Quadro sul Cambiamento Climatico. Il testo firmato a
Rio era frutto di un lungo negoziato internazionale portato avanti dal Comitato Negozia-
le Intergovernativo per una Convenzione sul Clima (Intergovernmental Negotiating
Committee for a Framework Convention on Climate Change), nonché il consuntivo di
un ventennio di programmi e conferenze in tema di riscaldamento globale. Questo tema
è ritenuto di rilevanza cruciale da tutti coloro che vedono nell’aumento della temperatu-
ra atmosferica una seria minaccia all’equilibrio della Terra. In questi ultimi anni, la pre-
occupazione nei confronti dello stato dell’atmosfera terrestre, è drammaticamente cre-
sciuta. Grandi problemi come: inquinamento atmosferico, effetto serra, impoverimento
dell’ozono atmosferico, interessano ogni parte del nostro pianeta. La crescita della po-
polazione mondiale, con conseguente maggior richiesta di risorse alimentari ed energe-
tiche, non fa che amplificare tali problematiche. Il termine “effetto serra” è usato, in
un’ accezione un po’ particolare, per indicare l’aumento del riscaldamento della superfi-
cie terrestre e degli strati bassi dell’atmosfera. L’effetto serra è di per sé un fenomeno
naturale. La Terra, come anche gli altri pianeti del Sistema Solare, è un “pianeta serra”:
l’aria, il suolo, la vegetazione, le nubi, riemettono energia proveniente dal Sole.
L’atmosfera si comporta come i vetri di questa serra: lascia passare le radiazioni lumi-
nose provenienti dal sole, ma intercetta quelle termiche riemesse dalla Terra, che può
così mantenersi calda. I più importanti componenti atmosferici da cui deriva l’effetto
14
serra sono l’acqua, il biossido di carbonio e le nubi
1
. Tuttavia negli ultimi decenni, que-
sto equilibrio energetico è stato alterato dall’immissione in atmosfera di gas che hanno
la proprietà di influenzare le caratteristiche radiative dell’atmosfera, catturando una par-
te delle radiazioni termiche terrestri. Più aumenta la loro concentrazione in atmosfera,
più l’equilibrio dell’energia radiante viene alterato in termini favorevoli all’effetto serra:
la temperatura cioè, aumenta sempre più sulla superficie terrestre e nell’atmosfera infe-
riore. I gas responsabili dell’aumento del riscaldamento atmosferico a bassa quota sono
stati dominati, per questo stesso motivo, “gas ad effetto serra”, o più semplicemente
“gas serra”.
La prima risposta internazionale ai cambiamenti climatici va fatta risalire alla Conven-
zione Quadro sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite (UNFCCC), New York 9
maggio 1992. La Convenzione definisce un quadro per le iniziative tese alla stabilizza-
zione in atmosfera delle concentrazioni dei gas ad effetto serra al fine di impedire inter-
ferenze pericolose con il clima. La Convenzione è entrata in vigore il 21 marzo 1994 e i
paesi firmatari sono attualmente 189 che annualmente si riuniscono nelle Conferenze
delle Parti (COP). Nel dicembre 1997, le Nazioni Unite hanno promosso una più incisi-
va iniziativa sia per mitigare le emissioni sia per migliorare i processi di assorbimento
di gas-serra con il Protocollo di Kyoto. Questo documento, ormai divenuto più celebre
dei suoi effetti, impegna i paesi firmatari, sia quelli sviluppati che quelli con
un’economia in transizione a ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra, nel loro insie-
me del 5% rispetto ai livelli del 1990 entro il periodo 2008-2012. Gli obiettivi specifici
di riduzione variano da paese a paese. L’Unione Europea nel suo insieme si è impegnata
a ridurre le proprie emissioni di gas-serra dell’8% rispetto all’anno 1990 entro il periodo
2008-2012. Successivi accordi hanno ridistribuito questo impegno all’interno degli Stati
membri; l’Italia dovrà ridurre le proprie emissioni del 6,5%. Il Protocollo di Kyoto è en-
trato in vigore il 16 febbraio 2005, ovvero 90 giorni dalla ricezione da parte del Segreta-
rio Generale delle Nazioni Unite dello strumento di ratifica da parte della Russia, avve-
nuta il 18 novembre del 2004. Con la ratifica da parte della Russia, i paesi che hanno
aderito al Protocollo rappresentano il 61,6% delle emissioni totali di CO
2.
In questo
modo è stata soddisfatta la condizione che il Protocollo sarebbe entrato in vigore quan-
do a ratificare sarebbero stati i paesi industrializzati che rappresentano il 55% delle e-
1
La CO
2
meglio conosciuta come anidride carbonica, è il primo gas serra di origine antropica a contribui-
re al riscaldamento della Terra. Altri gas simili sono: il metano (CH
4
), il protossido di azoto (N
2
O), i
composti fluorurati (HFC, PFC) e l’esafluoruro di zolfo (SF
6
), oltre il vapore acqueo.
15
missioni di anidride carbonica dei paesi industrializzati stessi al 1990. L’Unione Euro-
pea ha ratificato il Protocollo di Kyoto durante il Consiglio dei Ministri dell’Ambiente
del 4 marzo 2002; l’Italia ha a sua volta ratificato il Protocollo con la legge 120/2002
del 1° giugno 2002. La genesi del Protocollo di Kyoto è stata particolarmente travaglia-
ta e si parla sempre si più di dopo-Kyoto. Questo è dovuto al fatto che gli impegni presi
sembrano superati e pochi li hanno rispettati. Nel 2010 le Nazioni Unite prevedono che i
paesi industrializzati emetteranno il 10% in più dei gas inquinanti rispetto al 1990. A ciò
va aggiunta la mancata adesione degli Stati Uniti che da soli producono quasi il 50%
delle emissioni in atmosfera di gas serra.
Per quanto riguarda l’Italia bisogna notare che, a differenza di altri paesi europei come
Francia, Germania e Inghilterra che hanno già raggiunto l’obiettivo dell’Unione
dell’8%, si è verificato un aumento delle emissioni di gas serra del 9% circa. Questo
vuol dire che l’Italia dovrebbe ridurre le emissioni non più del 6% ma del 15,5% entro il
2012, impresa chiaramente impossibile
2
.
1.1 Cosa intendiamo per cambiamento climatico
Il Clima della Terra è sempre mutato per cause naturali. Gli scienziati credono che co-
munque un nuovo tipo di cambiamento climatico è ora in corso. I suoi impatti sulla po-
polazione e sull’ecosistema potrebbero essere drastici. I livelli di biossido di carbonio e
di altri gas ad effetto serra sono aumentati rapidamente a partire dalla rivoluzione indu-
striale a causa dell’uso di combustibili fossili, deforestazioni ed altre attività umane,
conseguenti allo sviluppo della popolazione mondiale. I gas serra hanno la proprietà di
essere trasparenti alla radiazione ad onda corta proveniente dal Sole e di assorbire la ra-
diazione ad onda lunga riemessa e diffusa dalla superficie terrestre, riscaldandosi e
bloccando in tal modo energia sotto forma di calore. La loro concentrazione
nell’atmosfera favorisce il riscaldamento della sua parte più bassa e della superficie ter-
restre, proprio come una serra. L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) è
l’organo scientifico delle Nazioni Unite che si occupa di stilare rapporti annuali
sull’andamento del cambiamento climatico. Il III Rapporto di Accertamento dell’IPCC
ha confermato che:
2
Cfr. G. Borrelli, L’applicazione del protocollo di Kyoto: una opportunità per la competitività delle im-
prese?, in La politica ambientale tra scelta e non scelta, in bibliografia.
“La maggior parte del riscaldamento della Terra osservato negli ultimi 50 an-
ni, è attribuibile ad attività umane”
3
.
Benché ci siano delle incertezze nel proiettare nel futuro il trend a causa di possibili er-
rori nelle stime, l’IPCC ha previsto un aumento delle temperature da 1,4 C° a 5,8 C° du-
rante il corso dei prossimi 100 anni. L’impatto del riscaldamento globale, anche se solo
al livello più basso di questa graduatoria, sarebbe disastroso sia per l’ecosistema che per
gli esseri umani. Alcune popolazioni in certe aree del pianeta potrebbero beneficiare del
cambiamento del clima, ma molte di più lotteranno per poterlo affrontare nel migliore
dei modi. I paesi in via di sviluppo soffriranno molto di più di altri anche a causa della
loro mancanza di risorse, il che li rende ancor più vulnerabili alle avversità e alle emer-
genze
4
.
Fonti: Okanagan University College inCanada, Department of Geography; United States Environmental
Protection Agency (EPA), Washington; Climate change 1995, The science of climate change, contribu-
tion of working group 1 to the second assessment report of the Intergovernmental Panel on Climate
Change, UNEP and WMO, Cambridge University Press, 1996. GRID Arendal.
3
Cfr. http://www.ipcc.ch
16
4
Cfr. IPCC 2001, Third Assesment Report.
17
1.2 La Conferenza di Rio de Janeiro
Dal 3 al 14 giugno del 1992, si è svolto a Rio de Janeiro lo storico Earth Summit, ovve-
ro il Summit della Terra organizzato dalle Nazioni Unite, che è un nome informale per
delineare quella che è stata più precisamente la United Nations Conference on Envi-
ronment and Development (UNCED). Questa Conferenza è stato un evento storico sen-
za precedenti in termini di impatto e scopo che l’aveva mossa. Mai prima gli Stati e le
potenze mondiali si erano riunite per affrontare argomenti quali l’ambiente e lo sviluppo
del pianeta. Centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo hanno manifestato affin-
ché i rappresentanti dei Governi dei rispettivi paesi andassero a questa Conferenza, in
cui si decideva delle sorti del pianeta e delle generazioni future. Vi parteciparono 172
Governi, 108 Capi di Stato, 2.400 rappresentanti delle Organizzazioni non Governative
e oltre 17.000 persone aderirono al NGO (Non Governmental Organizations) Forum.
Questo Summit ha avuto anche una eco mediatica senza precedenti: 10.000 giornalisti
inviati sul luogo hanno trasmesso le notizie a milioni di persone nel mondo. Il messag-
gio del Summit di Rio ha riflettuto la complessità dei problemi affrontati: la povertà ec-
cessiva di alcune regioni del globo, così come il sovrasfruttamento delle risorse da parte
dei paesi più ricchi, sono due estremi che portano alla medesima conclusione, il danno
all’ambiente. I Governi riconobbero quindi l’importanza di reindirizzare i piani naziona-
li ed internazionali e le politiche affinché tutte le decisioni economiche tenessero in con-
to dell’impatto ambientale. Il messaggio di Rio ha prodotto il risultato di porre
all’ordine del giorno dei Governi questioni come la tossicità di alcuni elementi, come ad
esempio il piombo presente nelle benzine, ma anche la necessità dell’uso di fonti ener-
getiche rinnovabili e alternative ai combustibili fossili. Politicamente vi era l’intenzione
di incrementare il trasporto pubblico ai fini della diminuzione dei gas a effetto serra e
contemporaneamente salvaguardare le risorse naturali, in primis l’acqua
5
.
Alla sua chiusura, il Segretario Generale della Conferenza di Rio, Maurice Strong ha
pronunciato le seguenti parole:
“Questo Vertice è uno storico momento per tutta l’umanità”.
Il risultato operativo del Summit, durato due settimane, fu alla fine l’adozione
dell’Agenda 21, un documento fondamentale che nei suoi propositi punta alla realizza-
5
Cfr. http://www.un.org
18
zione di uno sviluppo sostenibile a livello mondiale. Benché l’Agenda 21 sia stata inde-
bolita da trattative e transazioni, secondo Strong è ancora il documento che se perfezio-
nato può risultare il più completo e risolutivo programma di azione mai sanzionato dalla
Comunità internazionale.
La grave colpa dei Governi è stata che negli anni successivi non sono stati fatti dei passi
importanti per integrare le preoccupazioni ambientali con adeguate misure politico-
economiche. In generale l’ambiente ha continuato a deteriorarsi e il problema effetto
serra è cresciuto in maniera allarmante
6
sebbene a Rio de Janeiro 108 Capi di Stato ab-
biano adottato tre importanti accordi che miravano a modificare l’approccio tradizionale
allo sviluppo:
1) L’Agenda 21, un programma comprensivo di sistemi di azioni globali in tutte le
aree per uno sviluppo sostenibile.
2) La Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo, una serie di principi che defi-
niscono gli obblighi e le responsabilità degli Stati.
3) “The Statement of Forests Priciples”, una serie di principi per la gestione ed il
controllo delle foreste del mondo.
In più sono state aggiunte tre Convenzioni giuridicamente vincolanti, aperte alla firma
durante il Summit di Rio, che puntano a prevenire il cambiamento climatico globale e lo
sradicamento delle diversità biologiche delle specie e che conferiscono un alto profilo a
questi sforzi:
1) La Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici meglio
conosciuta come UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate
Change).
2) La Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD, Convention on Biological Di-
versity).
3) La Convenzione per Combattere la Desertificazione (UNCCD, United Nations
Convention to Combat Desertification).
6
La Conferenza di Rio è stata il frutto di un processo iniziato nel 1972 a Stoccolma, dove le Nazioni Uni-
te prepararono lo United Nations Environment Programme (UNEP), che costituisce ancor oggi un punto
di riferimento per la protezione dell’ambiente. A questo ebbe seguito nel 1983 la formazione da Parte
dell’ONU della Commissione Mondiale su Ambiente e Sviluppo condotta da Go Harlem Bruntland, a cui
si deve l’omonimo rapporto che tratta il concetto di Sviluppo Sostenibile. Nel 1987, infine, l’Assemblea
Generale dell’ONU ha formato la UNCED.
1.3 La UNFCCC (Convenzione sui Cambiamenti climatici delle Nazioni Unite)
I negoziati su quella che poi è diventata la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui
Cambiamenti Climatici iniziarono nel dicembre 1990 dall’Assemblea Generale
dell’ONU. Fu creato un Comitato Intergovernativo per la Negoziazione (INC) che con-
cluse i Negoziati in soli quindici mesi. La Convenzione fu adottata il 9 maggio del 1992
e si aprì alla firma solo un mese dopo, durante la Conferenza delle Nazioni Unite su
Ambiente e Sviluppo di Rio de Janeiro. Essa entrò in vigore il 21 marzo del 1994 dopo
aver ricevuto le 50 ratifiche richieste. La Convenzione rappresenta una struttura com-
plessiva di sforzi intergovernativi per risolvere la sfida posta dal cambiamento climati-
co. Essa riconosce che il “sistema clima” è una risorsa condivisa la cui stabilità può es-
sere colpita da emissioni industriali e da altre emissioni di biossido di carbonio ed altri
gas ad effetto serra. La Convenzione gode oggi di un’appartenenza quasi universale con
192 paesi che l’hanno ratificata, chiamati “Parti”. I Governi devono:
ξ Raggruppare e dividere informazioni sui gas ad effetto serra, sulle emissioni di
gas inquinanti, utilizzando gli strumenti politici nazionali e le migliori tecniche
di rilevamento.
ξ Incoraggiare e promuovere strategie nazionali per reindirizzare le emissioni dei
gas ad affetto serra ed adattare gli impatti previsti, inclusi i provvedimenti di
supporto finanziario e tecnologico per i paesi in via di sviluppo.
ξ Cooperare affinché vi sia una adeguata preparazione nei confronti del cambia-
mento climatico
7
.
La Convenzione, fin dalla sua stipula originaria, non poneva limiti obbligatori per le
emissioni di gas serra alle nazioni individuali, era quindi legalmente non vincolante. In-
vece, essa includeva previsioni di aggiornamenti, denominati “protocolli”, che avrebbe-
19
7
Il testo completo degli impegni dei paesi aderenti la Convenzione (Parti) è stato analizzato e tradotto dal
sito web http://unfccc.int
20
ro posto i limiti obbligatori di emissioni, come il Protocollo di Kyoto. L’obiettivo di-
chiarato della Convenzione è:
“Raggiungere la stabilizzazione delle concentrazioni dei gas serra in atmosfera
a un livello abbastanza basso per prevenire interferenze antropogeniche danno-
se per il sistema climatico”
8
.
Fin dall’adozione della Convenzione le “Parti” hanno continuato a negoziare dapprima
nell’INC, poi, dopo l’entrata in vigore della Convenzione, nella Conferenza delle Parti
(COP) ed i suoi organi sussidiari come il Subsidiary Body for Scientific and Technolo-
gical Advice (SBSTA) e l’Organo Sussidiario per l’Implementazione (SBI)
9
. In aggiun-
ta a questi lavori di “routine” per l’avanzamento dell’implementazione della Conven-
zione, le “Parti” hanno iniziato a riunirsi a partire dalla COP 1, la prima Conferenza del-
le Parti tenutasi a Berlino nel 1995. Queste negoziazioni sono sfociate nell’adozione
del Protocollo di Kyoto in occasione della COP 3 svolta in Giappone nel dicembre del
1997. Il Protocollo di Kyoto lasciò molti dei suoi dettagli operazionali non risolti, cosa
che fu quindi rimandata alle successive Conferenze delle Parti e agli Organi Sussidiari
per ulteriori negoziazioni. Il Protocollo di Kyoto fu firmato originariamente da 84 Stati
e ricevette 39 ratifiche. Molti degli Stati che non firmarono o non ratificarono il Proto-
collo, decisero di aspettare per avere bene il quadro tecnico su come questo documento
dovesse essere implementato. Durante la COP 4 svolta a Buenos Aires nel novembre
del 1998, le “Parti” hanno adottato il cosiddetto “Buenos Aires Plan of Action” per po-
ter iniziare un programma di lavoro per avanzare la realizzazione della Convenzione e
per chiarire tutti i dettagli operativi riguardanti l’applicazione del Protocollo di Kyoto.
Tale programma di lavoro fu condotto dagli Organi Sussidiari e nelle successive Confe-
renze COP 5 (Bonn, 1999) e COP 6 (L’Aia, 2000). Le “Parti” però non furono capaci di
prendere accordi sul pacchetto di decisioni che facevano capo al “Buenos Aires Plan of
Action”. Ciononostante gli Stati membri decisero di riunirsi ancora una volta in una
COP 6 bis per tentare di risolvere le loro divergenze. Alla COP 6 bis, che si è tenuta a
Bonn nel luglio del 2001, le “Parti” sono riuscite finalmente ad accordarsi sulla realiz-
zazione degli “Accordi di Bonn per la realizzazione del Buenos Aires Action Plan”, re-
8
Cfr. http://unfccc.int
9
Ibidem