4
Per una migliore lettura dell’analisi del Movimento per
l’autonomia ho elaborato delle tabelle sui risultati dei dati
delle campagne elettorali.
5
CAPITOLO I
PERCORSO STORICO DELL’AUTONOMIA SICILIANA
1.1 Cenni sulla Storia istituzionale Siciliana
I Siciliani sono un popolo da secoli abituati ad essere governati in
nome di un Re lontano e quasi astratto, secondo leggi e consuetudini
che, in quel tempo, erano fra le migliori di quante fossero in Europa
1
.
Dal 1815, quando Re Ferdinando III fu indotto a cancellare dalla
storia e dalla realtà il glorioso regno di Sicilia, fu sempre viva nella
nazione siciliana, l'attesa del momento propizio per riacquistare la
propria personalità
2
.
La Sicilia ha sempre cercato, con testardaggine e determinazione
l'autonomia, uno statuto che ne sancisse l'indipendenza dal resto
dell'Italia e già a partire dal 1112 in Sicilia con Ruggero II nasce lo
stato moderno con il suo primo parlamento, organizzato in tre
“bracci”: ecclesiastico, militare e demaniale.
3
Ogni tre anni si riuniva e votava l'entità del donativo
La Sicilia ha alimentato da sempre un sentimento di rivalsa, che con
il tempo si è trasformato in sicilianismo, identità regionale e spirito
autonomistico, a conferma di una "nazionalità" siciliana che è stata
sempre insita nella popolazione isolana.
Il meccanismo di formazione del parlamento – alto organismo
rappresentativo – ha escluso sempre l'intervento diretto del popolo.
Storicamente parlamento e popolo in Sicilia sono due realtà estranee:
né il parlamento riceve sovranità dal popolo né gli interessi del
popolo riguardano l'attività del parlamento.
Il parlamento siciliano risale alle Curiae generales o solemnes del
periodo normanno svevo. Esso nasce con l'incoronazione di Ruggero
1 Duca di Càrcaci, Il movimento per l’indipendenza della Sicilia: Memorie
del duca di Carcaci, S.F. Flaccovio, Palermo,1977.
2 ibidem.
3 Ganci Massimo, Storia Antologica della Autonomia Siciliana, vol.I,
Editore Società Siciliana per la Storia Patria, Palermo, 1980.
6
II avvenuta il giorno di Natale del 1130 nel Duomo di Palermo.
4
Durante il periodo svevo (1190-1266), succeduto a quello normanno
(1097-1189), per volontà di Federico II si stabilisce in Lentini nel
1232 che alle adunanze per le discussioni in parlamento debbano
partecipare anche le rappresentanze delle città e dei villaggi. Questo
tendeva a dare una maggiore partecipazione alla popolazione, ma la
volontà del sovrano fu presto ostacolata dalle classi feudali
5
.
Quella angioina (1266- 1282), invece, fu l'epoca dei parlamenti
muti
6
.
Carlo, infatti, con un editto del 15 febbraio 1267 aveva istituito
semestrali sessioni per le curiae generales, che dovevano tenersi
ogni primo Maggio e ogni primo novembre di ogni anno, ma le
curiae generales non furono mai convocate. L'isola, a seguito della
guerra del Vespro, cadde preda di un fazioso e brutale baronaggio e
da allora rimase staccata dalla generale cultura italiana. Di questo
distacco porta ancora le tracce nella sua persistente vita provinciale.
La rivolta scoppiò improvvisamente a Palermo il 30 marzo 1282
7
,
quando l'esasperazione della popolazione era già provata dalla crisi
economica e dalle repressioni dei francesi.
Com'era consuetudine in Sicilia il lunedì di Pasqua era un giorno di
festa e, mentre due sposi e i loro congiunti festeggiavano nel piano
antistante la chiesa di Santo Spirito a Palermo, un generale, un tale di
nome Drouet, insieme ad un drappello di soldati si avvicinò alla
donna palpandole il seno oltraggiosamente con il pretesto di
controllare se vi fossero armi. La gente con sdegno disapprovò quel
gesto e il sopruso fu pagato con la morte del francese
8
.
Ben presto l'intera cittadinanza, chiamata all'insurrezione, si sollevò
4 Romolo Menighetti e Franco Nicastro, Storia della Sicilia
Autonoma(1947-1996), Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta-Roma
1998.
5 ibidem.
6 ibidem
7 Salvo di Matteo, Storia della Sicilia dalla preistoria ai nostri giorni,
Edizioni Arbor, Palermo, 2006.
8 Salvo di Matteo, Storia della Sicilia dalla preistoria ai nostri giorni,
Edizioni Arbor, Palermo, 2006.
7
contro i tiranni al grido “morte ai francesi!
9
mentre le campane delle
chiese suonavano l'ora del Vespro.
Nei giorni successivi l'intera Sicilia si rivoltò assaltando e
distruggendo palazzi, case, espugnando castelli e fortilizi e
costituendosi Liberi Comuni.
Da tali autonome compagini emergeva l'aspirazione a forme
democratiche di istituzioni cittadine fondate sulla partecipazione
popolare della cosa pubblica, nella loro unione in lega sicula
confluiva l'antico sentimento autonomistico dell'isola.
L'ultima ad insorgere fu Messina centro amministrativo e polo
economico commerciale. Con la fine del dominio angioino in Sicilia
nasceva la Communitas Siciliae, organizzazione federativa di tutte le
città dell'isola ispirata alla costituzione di uno Stato siciliano
repubblicano e indipendente.
I siciliani, però, non seppero darsi una salda e unitaria costituzione di
nazione. Essi erano troppo divisi al loro interno malgrado la formale
aggregazione delle città, erano discordi sul modello di
organizzazione e amministrativo che dovevano darsi e la loro
debolezza portò al riemergere dell'élites nobiliare.
Ben presto non trovando soluzione si costituirono due blocchi di
pensiero raggruppati intorno alle due principali città Messina e
Palermo.
La prima era orientata ad una soluzione repubblicana, meglio
conforme ai propri interessi economici, mentre la seconda era più
fedele alla tradizione monarchica tendente alla restaurazione del
Regnum.
I siciliani chiesero, a questo punto, l'alta protezione alla Santa Sede,
che condannò il movimento autonomistico dell'isola e scomunicò i
ribelli lasciando libero campo alla reazione del sovrano.
Durante il periodo aragonese ( 1282-1412), con i Capitoli
federiciani (la Magna Charta dei siciliani) la rappresentanza
parlamentare viene di nuovo limitata alla nobiltà e al clero.
Nel periodo aragonese castigliano (1412-1516), divisi i feudatari in
signori laici e signori ecclesiastici.
Il parlamento si componeva di tre classi: braccio baronale (o
militare), braccio ecclesiastico, braccio demaniale (composto da
9 ibidem.
8
città demaniali e borghi indipendenti)
10
.
Sotto gli Aragonesi, quindi, il parlamento perde la propria essenziale
funzione.
Nel periodo Asburgo-Spagnolo (1518-1700), nell'isola nasce il
latifondo, (una tipica cultura basata sulla rendita parassitaria) che
porterà i siciliani nelle condizioni da servitù della gleba e li condurrà
fino alla fine del secondo conflitto.
Il parlamento in questo periodo come sempre rimane assente per le
pressione dei baroni.
Nel periodo che va dal 1701 al 1734 la Sicilia passa dalla
dominazione dei Borboni-Spagna (1701-1713) a quella dei Savoia
(1713-1720), e poi quella Asburgo-Austria (1720-1734).
In questo arco di tempo il Parlamento viene riunito pochissime volte
e solo per interessi extra-isolane
11
.
10 ibidem.
11 Romolo Menighetti e Franco Nicastro, Storia della Sicilia
Autonoma(1947-1996), Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta-Roma
1998.
9
1.2 La prima carta Costituzionale Siciliana
Nel 1810 si ebbe una fase critica dei rapporti tra Corona e baroni.
12
A seguito del Sovrano venne un napoletano, noto per la chiarezza di
idee, chiamato Luigi Medici.
Il Medici – nominato ministro delle Finanze – per esigenze di
maggiori introiti, necessari alla condotta della guerra
antinapoleonica, richiese al Parlamento un donativo di 350.000 onze
d'oro.
13
La riforma del Medici non passò.
14
A questo punto Ferdinando IV
tentò di scavalcare il Parlamento, emanando i provvedimenti fiscali
per decreto regio e facendo arrestare i capi degli oppositori del
partito costituzionale: i principi Belmonte, Castelnuovo e l'abate
Balsamo.
15
Ma la sollevazione del ceto aristocratico e borghese, il cui peso
economico e politico era allora in ascesa grazie ai lucrosi guadagni
che si facevano con il commercio del vino, frumento e con l'armata
britannica, impedì il disegno della Corona.
16
Ferdinando IV dovette cedere, anche per le pressioni di Lord
Bentinck, comandante delle forze inglesi nell'Isola, schieratosi con i
costituzionalisti.
Nel gennaio del 1812, il potere passava al figlio Francesco,
riprendendo il dibattito costituzionale sulla Sicilia
17
.
Francesco, costituito un governo di costituzionalisti convoca il primo
maggio del 1812 lo Straordinario Generale Parlamento, al fine di
riformare la Costituzione.
18
La maggior parte dei costituzionalisti era per l'aggiornamento dello
statuto siciliano, mediante la recezione da parte di questo degli
12 Ganci Massimo, Storia Antologica della Autonomia Siciliana, vol.I,
Editore Società Siciliana per la Storia Patria, Palermo, 1980.
13 ibidem.
14 Ganci Massimo, Storia Antologica della Autonomia Siciliana, vol.I,
Editore Società Siciliana per la Storia Patria, Palermo, 1980.
15 ibidem.
16 ibidem.
17 ibidem.
18 ibidem.
10
istituti più caratteristici della Carta inglese. Il controllo politico dello
Stato rimaneva in tal modo alla classe economicamente più forte,
quella aristocratica, che controllava il Corpo legislativo bicamerale le
cui attribuzioni trovano un limite in un forte esecutivo facente capo
al sovrano
19
.
Mentre una minoranza era per la redazione di una nuova
Costituzione che si ispirasse il più possibile al modello inglese.
Questa tendenza finì col prevalere perché fu appoggiata dalla Corona
e da lord Bentinck.
I tempi per le riforme delle strutture dello Stato erano diventate
mature.
Il dibattito, quindi, doveva approfondire la costituzione di una Carta
Costituzionale siciliana, sul modello della Costituzione inglese cui fu
dato incarico a Paolo Balsamo
20
che lavorò insieme ai principi di
Castelnuovo e di Belmonte.
L''Inghilterra voleva limitare l'assolutismo monarchico ed instaurare
le libertà sociali e il parlamentarismo democratico nell'isola e grazie
all'evoluzione democratica che nel Regno di Napoli i bonapartisti
avevano introdotto con l'introduzione di notevoli riforme istituzionali
e sociali che si era formato un partito costituzionale.
La carta costituzionale era composta da quattordici articoli e
prevedeva la distinzione del parlamento in camera dei Pari e camera
dei Comuni
21
.
La camera dei Pari è composta da 185 deputati, per due terzi da
nobili e per un terzo ecclesiastici e i loro successori.
La camera dei Comuni è formata da 154 deputati eletti in tutto il
regno, senza alcuna distinzione demaniale o baronale, tranne gli
19 Ganci Massimo, Storia Antologica della Autonomia Siciliana, vol.I,
Editore Società Siciliana per la Storia Patria, Palermo, 1980.
20 Economista, insegnò dal 1791 scienza agraria nell'Accademia di
Palermo e dal 1804 anche economia e commercio. Fu sostenitore
dell'ammodernamento della vita economica dell'Isola. Si schierò col
partito costituzionalista, a lui si deve la redazione delle basi della
Costituzione del 1812 votata dal Parlamento Siciliano. Cit. in Ganci
Massimo, Storia Antologica della Autonomia Siciliana, vol.I, Editore
Società Siciliana per la Storia Patria, Palermo
21 Cfr. Carta costituzionale del 1812.
11
analfabeti
22
.
Erano elettori i cittadini che possedevano una rendita annua di 50
onze a Palermo, mentre era eleggibile colui che godeva di una
rendita annua di 500 onze a Palermo.
23
La carta costituzionale della Sicilia fu approvata il 19 e 20 luglio
1812 e promulgato il 10 agosto, e votato il 4 novembre 1812, con
l'approvazione del re Ferdinando III..
Lo storico Niccolò Palmeri scriveva: «Il Parlamento del 1812 fissa
un'epoca memorabile nei fasti siciliani, e la Costituzione del 1812
brillerà sempre come un astro luminoso nel suo orizzonte politico, e
sempre saranno ad essa rivolti gli sguardi ed i cuori de' Siciliani
24
».
Il barone Giovanni Aceto, pubblicista educato alle idee del liberismo
inglese diceva: « La Costituzione del 1812 altro non era, in sostanza,
che l'antica costituzione di Sicilia regolata e resa più analoga ai
bisogni e ai lumi della moderna società
25
».
Secondo la carta costituzionale del 1812 il potere di far le leggi, e
quello di dispensarle, interpretarle, modificarle ed abrogarle,
risiederà esclusivamente nel Parlamento
26
.
La carta conteneva diversi punti di innovazione come quello di non
ammettere nella Camera dei Comuni i debitori dello Stato, lo stesso
dicasi per la camera dei Pari trovandosi nella stessa circostanza.
Altre innovazioni erano contenute nella distinzione dei tre poteri. Il
parlamento manteneva l'esclusiva competenza del potere legislativo,
l'abolizione del feudalesimo e dei privilegi ad esso connessi.
La Costituzione del 1812 fu il primo esempio italiano – coevo a
quello spagnolo delle Cortes di Cadice – di Carta votata da
un'Assemblea Costituente. Inoltre contiene quasi tutti i principi del
liberalismo costituzionale; separazione del potere legislativo da
22 Salvo di Matteo, Storia della Sicilia dalla preistoria ai nostri giorni,
Edizioni Arbor, Palermo, 2006.
23 Ganci Massimo, Storia Antologica della Autonomia Siciliana, vol.I,
Editore Società Siciliana per la Storia Patria, Palermo, 1980.
24 Salvo di Matteo, Storia della Sicilia dalla preistoria ai nostri giorni,
Edizioni Arbor, Palermo, 2006.
25 ibidem.
26 Cfr. Carta costituzionale della Sicilia del 1812, approvato da re
Ferdinando III
12
quello esecutivo dipendente dal Re; indipendenza del potere
giudiziario ( art. IV); responsabilità dei ministri e funzionari di fronte
al Parlamento (art. VI); l'approvazione e la promulgazione del Nuovo
Codice Penale da parte del Parlamento.
27
Altri principi furono: la libertà di stampa, di parola, di associazione;
il riordino della magistratura, con la creazione di una Corte d'Appello
e della Corte di Cassazione; l'abolizione delle dogane interne,
l'inalienabilità dei beni ecclesiastici.
28
Questa riorganizzazione del Regno fu formalizzata in una
Costituzione che sancì ciò che i Siciliani volevano da secoli:
l'indipendenza da ogni altro Regno.
Tale Costituzione esaltava la libertà ed uguaglianza dei diritti e
doveri dei cittadini, il diritto di opporsi ad ogni illegittima pretesa
delle autorità. Fulcro della vita politica era ancora il vecchio istituto
parlamentare, dotato delle più ampie competenze nel campo
legislativo e amministrativo.
Era una costituzione moderna per quel tempo, in quanto introduceva
il principio della divisione e della distinzione di ruoli fra potere
legislativo, esecutivo e giudiziario.
Aboliva il sistema feudale ed ogni suo retaggio, aboliva la tortura e
dava centralità al parlamento.
Tra i principi costituzionali vi era anche il divieto di mantenere in
Sicilia milizie napoletane e straniere senza il consenso del
Parlamento.
Solennemente inaugurato l'otto luglio 1813 dal vicario, il Parlamento
fu sciolto tre mesi più tardi, per sortire nell'estate successiva un
secondo parlamento, che visse solo quattro giorni, dal 18 al 23 luglio
1814.
A seguito di altre elezioni si formò un terzo Parlamento formato da
democratici e realisti, essendosi i costituzionalisti rifiutati di
prendervi parte, che inaugurato il 22 ottobre 1814, venne sciolto il 14
maggio 1815 per non essere più convocato
29
.
27 Ganci Massimo, Storia Antologica della Autonomia Siciliana, vol.I,
Editore Società Siciliana per la Storia Patria, Palermo, 1980.
28 Salvo di Matteo, Storia della Sicilia dalla preistoria ai nostri giorni,
Edizioni Arbor, Palermo, 2006.
29 ibidem
13
Quello che poteva essere l'inizio di un nuovo corso della storia
siciliana, fu solo un'occasione mancata. Il parlamento si dimostrò
incapace di governare il Regno e le popolazioni reclamarono il
ritorno dei Borboni, cosa che puntualmente accadde, portando con sé
lo scioglimento del Parlamento e l'accantonamento della
Costituzione.
Infatti, dopo la sconfitta di Napoleone Bonaparte, i rappresentanti
delle nazioni vincitrici si riunirono a Vienna e decisero di ripristinare
il vecchio assetto dell'Europa, furono soffocati ovunque i fermenti
rivoluzionari e liberali.
L'Inghilterra, regista dell'operazione che permette ai siciliani di
dotarsi di una costituzione e di formare un parlamento, ha tutto
l'interesse affinché la Sicilia si renda indipendente entro un
mediterraneo che è ormai era
30
quasi tutto sotto il dominio francese.
La Sicilia, durante il periodo Napoleonico, per l'Inghilterra diventa il
centro strategico della politica di difesa e di attesa che attua nei
confronti dell'Europa Napoleonica.
31
Ma una volta sconfitto Napoleone, l'Inghilterra perde ogni interesse
per l'isola, lasciandola in balia dei Borboni.
La restaurazione borbonica ricacciò la Sicilia nelle tristi condizioni
politiche del passato, riconducendola a semplice provincia del Regno
meridionale e sul piano amministrativo la privò di tutte le
innovazioni che erano state approvate
32
.
30 ibidem
31 Ganci Massimo, Storia Antologica della Autonomia Siciliana, vol.I,
Editore Società Siciliana per la Storia Patria, Palermo, 1980.
32http://www.ambientediritto.it/dottrina/Federalismo/2003/Storia_autonomi
smo_siciliano.htm
14
1.3 I Moti del 1848
Protagonista della rivoluzione siciliana del 12 gennaio 1848 è la
borghesia, sviluppatasi negli ultimi trent'anni e allineatasi alla grande
aristocrazia terriera della quale cercò di divenire l'alternativa
economica e politica.
33
Nel 1848 esplose a Palermo una nuova rivolta popolare che portò i
Siciliani verso quelli che presero il nome di moti. Lo scoppiò fu
causato da un improvviso volantino apparso il 9 gennaio 1848
34
sui
muri della città e diffuso a mano in molte copie.
L'inatteso invito sembrava fosse emanato da un comitato
rivoluzionario dove si leggeva: «Siciliani! Il tempo delle preghiere
inutilmente passò! Inutili le proteste, le suppliche, le pacifiche
dimostrazioni, Ferdinando tutto a spezzato; e noi popolo nato libero,
ridotto fra catene nella miseria, tarderemo ancora a riconquistare i
legittimi diritti? Alle armi, figli della Sicilia! La forza di tutti è
onnipotente: l'unirsi dei popoli è la caduta dei re. Il 12 gennaio
segnerà l'epopea gloriosa della universale rigenerazione[...]»
35
.
Il volantino fu come un invito a nozze. Per una decina di giorni le
città furono invase da combattimenti, più tardivamente insorse la
Sicilia orientale alla notizia dei fatti di Palermo.
Invano re Ferdinando, preoccupato per le agitazioni dei liberali, si
era affrettato a promettere la Costituzione; il Comitato li respinse
trasformandosi in Comitato provvisorio di governo.
Alla presidenza del nuovo organismo fu confermato Ruggiero
Settimo, con Mariano Stabile segretario generale. Si costituirono
quattro dicasteri:
Interni e Pubblica Istruzione, con presidente il principe di Scordia e
segretario il pubblicista Vito Beltrani;
Guerra e Marina, presidente il principe di Pantelleria e segretario
33 Ganci Massimo, Storia Antologica della Autonomia Siciliana, vol.I,
Editore Società Siciliana per la Storia Patria, Palermo, 1980.
34 Senza collegamenti organizzati, ma semplice improvvisazione da parte
di un giovane avvocato Francesco Bagnasco, cit Storia della sicilia dalla
preistoria ai giorni nostri.
35 Salvo di Matteo, Storia della Sicilia dalla preistoria ai nostri giorni,
Edizioni Arbor, Palermo, 2006.
15
Francesco Crispi, un giovane avvocato riberese , esordiente nella
politica con orientamenti repubblicano-democratici;
Finanze, presidente il marchese Fardella di Torrearsa e segretario il
mineralogista Francesco Anca Accardi;
Giustizia e Sicurezza, presidente il messinese Pasquale Calvi, già
noto per un acceso passato da carbonaro e segretario Vincenzo
Errante.
Fu rielaborata la Carta Costituzionale del 1812 e adattata ai tempi e
il 18 marzo furono indette le elezioni che portarono in Parlamento
alla camera dei Comuni, una maggioranza di moderati, costituita
dalla borghesia, intellettuali e elementi del ceto impiegatizio, mentre
alla camera dei Pari veniva ricostituita le vecchie parìe.
I moti liberali conquistarono la libertà e la democrazia perdute nel
1812 e, soprattutto, ottennero il ripristino della Costituzione e delle
due Camere.
Furono effettuati grandi deliberazioni istituzionali: la proclamazione
del principio dell'adesione della Sicilia libera e indipendente ad una
federazione di Stati italiani; la dichiarazione di decadenza dei
Borboni; l'approvazione dello Statuto del Regno di Sicilia( 10
luglio); la proclamazione del secondogenito di re Carlo Alberto a re
di Sicilia.
Nello Stato della Chiesa il pontefice mandava a comunicare ai
Siciliani, per mezzo del segretario, la sua condanna per la
proclamazione di indipendenza e la decadenza della dinastia
borbonica.
Purtroppo, anche stavolta fu una breve stagione di libertà.
Dopo appena un anno di vita rivoluzionaria, la Sicilia si ritrovò
debole e priva di sostegni.
Il fallimento dello Stato indipendente di Sicilia fu dovuto a vari
aspetti: l'incapacità di organizzare un esercito per la difesa - si
assunsero solo ufficiali; l'insicurezza pubblica - le città e le
campagne furono preda di bande di malfattori; lo scompaginamento
delle finanze - i contribuenti non pagarono più le imposte e i registri
fiscali in molti casi furono distrutti; il disordine della giustizia e la
sfiducia generale.
I Borboni di Napoli abolirono nuovamente Parlamento e la
Costituzione e i capi della rivolta siciliana furono costretti a lasciare
l'Isola.
16
Intorno al 1860 Garibaldi insieme agli storici Mille liberò la Sicilia
dalla dominazione dei Borboni, dopo sanguinose battaglie.
Il 2 giugno 1860 Garibaldi costituì un governo della dittatura, nel
quale Crispi, incaricato dell'Interno e delle Finanze, assunse la
posizione preminente.
Nell'isola vennero riproposte innovazioni che erano state cancellate:
furono sciolte le corporazioni gesuitiche e dei Liguorini e le loro
rendite furono devolute alle tre Università dell'Isola; furono istituite
licei e soppresse le settecentesche “scuole normali” per realizzare le
scuole elementari e i ginnasi; furono assegnate le pensioni alle
vedove e agli orfani dei caduti; vennero interdetti il vagabondaggio e
la mendicità.
La liberazione definitiva dai Borboni, dopo la spedizione dei Mille,
vide le aspirazioni e le velleità siciliane destinate, grazie al successo
del moto unitario ed il trionfo dell'idea dell'Italia “una ed
indivisibile”, ad appiattirsi in una visione regionalistica della cosa
pubblica comune ad altre aree della Penisola.
Alla fine del secolo XIX, le condizioni di povertà e le esose tasse
decise dal governo italiano provocarono rivolte popolari e, tra l'altro,
una forte richiesta di autonomia.
Le rivolte diedero vita ad organizzazioni e movimenti chiamati
"Fasci dei lavoratori
36
", che furono repressi dal governo nazionale
con l'intervento dell'esercito.
I Fasci dei lavoratori erano organizzazioni operaie e di contadini, con
lo scopo determinato e preciso del miglioramento economico e
morale delle classi lavoratrici.
Il primo a insorgere fu il comune di Messina nel 1889 , poi nel
maggio 1891 nasceva il fascio di Catania e Paternò, nel giugno 1892
fu la volta di Palermo
37
, poi quello di Girgenti e Trapani, a marzo
36 I fasci sorte negli anni 1892-1893 erano costituiti da contadini,
braccianti, mezzadri, minatori, artigiani e piccoli proprietari. Furono
guidati da uomini di orientamento socialista come Nicola Barbato,
Rosario Garibaldi Bosco e Giuseppe Felice. I Fasci siciliani furono
duramente repressi col governo Crispi nel 1893-'94 dove furono eseguiti
più di duemila arresti.
37 Il 21 maggio 1893 si celebrò a Palermo il primo congresso socialista, cui
parteciparono le rappresentanze dei Fasci dei lavoratori.
17
1893 quello di Caltanissetta; altri fasci si costituirono in molti centri
della Sicilia
38
: Misterbianco, Mazzarino, Santa Caterina, Termini,
Prizzi, Caltavuturo, Partinico, Borgetto, Bisacquino, Belmonte, San
Giuseppe Jato e così via.
I fatti di Sicilia sconvolsero la nazione e Crispi fu costretto a
dimettersi e il 10 marzo 1896 dovette trasferire il potere nelle mani
dell'avversario storico, il liberale Di Rudinì; che con decreto del 5
aprile 1896, istituì il Regio Commissariato Civile per la Sicilia,
organo temporaneo di amministrazione decentrata (la sua durata fu di
un anno dopo il quale non fu rinnovato), con lo scopo dichiarato di
studiare ed affrontare i problemi dell'Isola.
In realtà, l'istituto non fu altro che una delegazione in Sicilia della
centralità statale (una sorta di governatorato), esercitando nell'isola
funzioni politiche e amministrative in materia di pubblica sicurezza
alle dipendenze del ministero dell'Interno.
L'istituzione del Commissario finì, infatti, col riproporre l'antica
visione aristocratica e conservatrice di una ormai stantia “Nazione
Siciliana”.
Il contesto nel quale il potere del Commissario della Regione
avrebbe dovuto operare doveva servire ad eliminare quelli, piuttosto
sgraditi alle proprietà fondiarie, degli uffici dell'amministrazione
periferica dello Stato, mentre in realtà per la sua scarsità nei risultati
conseguiti fu soppresso.
Il rapporto di tipo clientelare, che si instaura tra il ristrettissimo corpo
elettorale e le rappresentanze parlamentari e locali, disancora poi
ogni scelta da fede politica e da credo ideologico. E fa sì che
l'ambiente siciliano si cristallizzi in uno stato di deideologizzato che
la dittatura fascista renderà assoluto.
38 Salvo di Matteo, Storia della Sicilia dalla preistoria ai nostri giorni,
Edizioni Arbor, Palermo, 2006.