VI
dell’uomo. Ecco perché Peters (1984) sottolinea la necessità di un costante
coinvolgimento dei dipendenti, per motivarli, per farne emergere la creatività e il
talento, per incrementare la loro capacità e disponibilità a fare.
Nel secondo capitolo mi sono soffermata su quello che è l’aspetto centrale anche
nelle opere dell’autore: l’esigenza di emergere dal trambusto e dalla folla, l’importanza
di stare al passo coi tempi, di “buttarsi” e di capire come la velocità sia diventata un
esclusivo vantaggio competitivo.
L’obiettivo dell’azienda eccellente deve essere il miglioramento a lungo termine: per
raggiungerlo occorre agire tempestivamente, ma non prematuramente, garantendosi
piccoli traguardi iniziali che servano come “rampa di lancio” per poi mirare alla
creazione di quel valore aggiunto, che è per l’azienda la chiave del successo. Con valore
aggiunto si intende la capacità dell’organizzazione di fornire una qualità eccellente,
focalizzata soprattutto sugli aspetti intangibili del prodotto, e un servizio superiore. E’
infatti fondamentale instaurare un buon legame col cliente, fonte di profitto e di
rinomanza, mostrare sensibilità nei suoi confronti, catturarlo e cercare di conservarlo,
coccolandolo ed entusiasmandolo con stravaganza.
Per sopravvivere, l’azienda deve aprirsi ai mercati internazionali, cercando di
fronteggiare la concorrenza con la costruzione di un posizionamento unico che la renda
riconoscibile tra i competitors.
La seconda parte del lavoro è dedicata allo studio di caso, ovvero la Borsalino
S.p.A.
Sono molteplici le motivazioni che mi hanno indotto a scegliere questa azienda come
oggetto di studio.
La storia dell’azienda alessandrina è quella classica di un’industria che lega il suo nome
indissolubilmente ad un territorio: tra mito e realtà ancora oggi per gli alessandrini la
Borsalino non rappresenta solo un elemento di vanto agli occhi del mondo, ma anche un
modello di imprenditorialità legato al territorio e promotore di sviluppo. Quindi, da
buona alessandrina, l’ho scelta quale caso di studio perché condivido con i miei
concittadini questo comune sentire.
Ho intrapreso comunque questa ricerca non con intento celebrativo nei confronti di
un’azienda che è un po’ il simbolo della mia città, quanto piuttosto per studiarne la
VII
nuova apertura ai mercati internazionali, quale tentativo di farsi conoscere a livello
globale, dimostrando di sapersi rimettere continuamente in gioco e di mantenere
l’eccellenza raggiunta negli anni.
E’ questo oggi l’aspetto che più conta per mantenere il successo: come sostiene Peters
(1989), è necessaria una costante re-invenzione e flessibilità. Solo in questo modo anche
un’azienda di dimensioni oggi modeste, quale la Borsalino, può imporsi sul mercato
mondiale, nonostante la spietata concorrenza dei colossi della moda, e conquistare
nuove quote di mercato, pur offrendo un prodotto di nicchia, quale è il cappello.
L’area di vera eccellenza dell’azienda alessandrina è stata, e senza dubbio continua
ad essere, l’indiscusso livello qualitativo del prodotto, che le ha permesso di essere
qualificata come emblema di stile, eleganza e raffinatezza.
Gli aspetti enucleati nei primi due capitoli sono stati dunque necessari per
analizzare il caso della Borsalino, in particolare per quanto riguarda le scelte di
penetrazione internazionale e di attuale rilancio del brand.
Si tratta di un’azienda che ha saputo costruirsi in passato una solida eccellenza, ma che
ha finito per restare un po’ nell’ombra con l’avvento dei colossi internazionali nel
campo della moda. Da qui la necessità di ampliare le conoscenze, di migliorare il know
how e di proiettare l’esperienza accumulata nel futuro, per crescere nonostante i tempi si
evolvano continuamente, consapevole che, se i bisogni degli uomini sono innumerevoli,
ciò che deve soddisfarli non ha limiti.
Ho dedicato il terzo capitolo alla ricostruzione storica del percorso compiuto
dall’azienda, dalla fondazione fino alle scelte strategiche attuali
Ho poi presentato, nel quarto, la struttura dell’azienda cercando di mettere in luce
quali sono i principi aziendali su cui la Borsalino fonda le proprie strategie; l’impresa va
infatti vista come un’unità nell’ambito della quale ogni decisione va valutata alla luce di
più variabili esterne ed interne.
In particolare mi sono soffermata sull’importanza che ha rivestito per l’azienda la
creazione di un brand forte, sinonimo di qualità eccellente, tradizione ed artigianalità,
tale da permetterle di essere leader nel proprio settore e emblema del Made in Italy in
tutto il mondo.
VIII
Ho poi affrontato un altro aspetto cruciale, relativo alla definizione del marketing mix,
per considerare tutti gli elementi che contribuiscono a delineare il profilo aziendale
come propedeutici all’analisi delle politiche di marketing internazionale.
L’ultimo capitolo prende infatti in esame le strategie di valutazione dell’attrattività
di ciascun mercato, di ingresso nei mercati-obiettivo e la scelta delle diverse modalità di
affermazione nei mercati prescelti, una volta considerata la domanda di mercato e la
situazione competitiva. L’internazionalizzazione richiede di esplorare i mercati, con un
elevato grado di creatività e soggettività, per individuare quelli a più alto potenziale,
selezionare i partner, scegliere le strategie finanziarie e ridurre i rischi. E’ una scelta
cruciale per il successo per molte aziende, in particolare per quelle che, come la
Borsalino, non sono di grandi dimensioni: viene, infatti, vista come una modalità per
realizzare un obiettivo di crescita, di sviluppo e di eccellenza.
La Borsalino, sebbene si sia guadagnata una posizione di leader di nicchia e vanti quindi
un posizionamento difficilmente espugnabile, si scontra con le grandi case di moda a
livello globale e con le imprese artigianali a livello locale, soprattutto dove la tradizione
del cappello è ancora oggi radicata.
1
I PARTE
2
CAPITOLO 1
ALLA SCOPERTA DELL’ECCELLENZA
Questo primo capitolo rappresenta un’ introduzione al pensiero e alla filosofia di Tom
Peters, sostenitore del concetto di “azienda eccellente”. Ho cercato di illustrare quali,
secondo Peters, sono i parametri fondamentali in base ai quali esaminare la gestione di
un’impresa, tra i quali emerge la necessità da parte dell’azienda di riservare le proprie
energie all’osservazione del mondo esterno, che è in continuo cambiamento, per
coglierne le tendenze e adeguarvisi con rapidità.
Il segreto del successo sta infatti nel ricercare costantemente un grado maggiore di
qualità del prodotto, attributo che il consumatore attuale, attento e selettivo, ricerca
come elemento fondamentale di valore aggiunto; l’azienda eccellente sa bene che la
soddisfazione del cliente è determinante per la sua sopravvivenza e dedica molta
energia all’esame delle sue preferenze, al cogliere i suoi desideri, a soddisfare i suoi
bisogni e a costruire un rapporto profondo e duraturo con quest’ultimo.
Per far questo, è necessario un miglioramento costante dei processi e una tendenza alla
sperimentazione e all’innovazione: ecco perché l’azienda di successo è “curiosa” e si
avvale di un personale originale ed entusiasta, costantemente coinvolto nei processi e
nelle decisioni interne.
Peters sottolinea più volte l’importanza del fattore umano e della necessità che in
azienda vi sia un management in grado di spronare all’azione costante, di trasmettere
tenacia, impegno e passione nello svolgere il proprio lavoro.
Per potersi dire eccellente, l’azienda non deve indirizzare i propri sforzi solo al
conseguimento di un buon risultato in termini finanziari, ma deve essere flessibile per
poter lavorare in modo globale e deve sviluppare distintività e unicità agli occhi dei
clienti tali da permetterle di emergere dai principali competitors.
3
1.1 La ricerca dell’azienda eccellente
Alla ricerca dell’eccellenza (1984) è il resoconto dello studio empirico compiuto
da Peters e Waterman, in seguito all’assegnazione nel ’77 del progetto “aziende
eccellenti” riguardante 43 tra le aziende americane di maggior successo negli anni ’80
(Ibm, Johnson&Johnson, McDonald, Exxon, Procter&Gamble, General Electric,
Southwest Airlines) e che si erano distinte per vent’anni in una lista di 500 grandi
aziende pubblicata sulla rivista “Fortune”.
Tale analisi è fondamento metodologico della ricerca accademica in campo manageriale
ed è finalizzata a rilevare i fattori critici che determinano l’eccellenza aziendale.
L’opera infatti introduce il concetto di “eccellenza aziendale” e “patologia del
miglioramento” o, come dice Peters, “miglioramentite” ed è ancora oggi il libro di
management pratico più venduto al mondo.
I due autori individuano le cosiddette “7 S”, guida completa all’analisi della cultura
e comportamento aziendale attraverso l’uso di criteri extra finanziari1:
• struttura
• strategia
• sistemi
• stile di management
• skill e resistenze corporative
• staff
• valori comuni (shared values)
Le aziende “idolo” vengono studiate attraverso l’impiego di quelli che per Peters e
Waterman sono parametri di grandezza: crescita degli asset, crescita del valore del titolo
azionario, rapporto tra valore di mercato e valore contabile, ritorno sul capitale, retourn
on equity, ritorno sulle vendite.
1
Peters (1989) sostiene che occorre mettere la soddisfazione del cliente prima dei target numerici e degli
obiettivi finanziari:
<<La fissazione per gli indicatori finanziari ci porta a sottovalutare o ignorare indicatori meno tangibili di
carattere non finanziario>>.
4
Tale analisi permette ai due autori di individuare otto caratteristiche comuni del
successo aziendale, nessuna delle quali misurabile:
• approccio empirico e orientamento all’azione
• forma semplice e staff ridotto
• orientamento e contatto continuo coi clienti: <<le migliori idee per i nuovi
prodotti provengono dai clienti, sempre che li si ascolti con attenzione e
regolarità>> (Peters, 1984).
• miglioramento della produttività attraverso il coinvolgimento del personale
• incoraggiamento imprenditoriale e autonomia operativa per stimolare
l’imprenditorialità interna
• enfasi su un particolare valore di business
• enfasi sulla necessità di concentrare l’attività sulle aree note
• flessibilità e contemporaneamente rigidità dei controlli
L’azienda ideale e di successo deve essere “curiosa”, ovvero dotata di personale
originale, di giovani menti, di club di individui estrosi, disponibile ad offrire
un’occupazione varia e divertente.
Tale azienda è flessibile, dinamica, esuberante, informale, creativa, orizzontale, sa
accettare l’errore, infondere fiducia, modificarsi e ascoltare clienti e dipendenti.
Sono cinque le virtù che un’azienda di successo dovrebbe praticare:
• azione
• piede sull’acceleratore
• accettazione dell’insuccesso, senza drammi
• mai risposte tiepide
• bussola anche in mezzo alla tempesta
Per ottenere risultati straordinari occorre avere al vertice persone straordinarie,
riconosciute tali proprio in virtù dei risultati.
Soprattutto, dice Peters, occorre molto buon senso.
Ciò che dà motivazione e risultato finale all’azienda non è solamente il successo
economico, ma la qualità superiore del contributo sociale apportato sia in termini di
prodotto che di risposta alle esigenze fondamentali dell’uomo.
La tesi finale sostenuta da Peters è che l’eccellenza aziendale dipenda quindi dal
contemporaneo trionfo del fattore umano e del controllo di gestione.
5
L’autore ritiene che l’eccellenza sia un’esperienza imitabile basata su quattro
principi:
• rendersi conto che risultati finanziari eccellenti non sono necessariamente il
prodotto di un management di qualità superiore
• individuare sempre i bisogni reali
• adottare metodi adatti all’azienda
• non legarsi mani e piedi ad un determinato modus operandi.
1.1.1 Il buon leader
Nel perseguire l’eccellenza conta la leadership, più che il management. Peters
(1984) sostiene che il leader ha quattro funzioni (di cui le prime due sono tipiche
dell’amministratore):
1. controllare gli altri
2. organizzare il lavoro
3. facilitare il successo
4. costruire il business
Il buon leader deve saper decidere quando sacrificare un bene a vantaggio di un altro, sa
essere tempestivo senza muoversi prematuramente, deve essere orgoglioso dell’azienda
e delle persone che vi operano, deve mostrare entusiasmo e, se amichevole, la sua
presenza ha effetto positivo sui collaboratori. <<Trasudare entusiasmo ed energia per
quello che si fa, mostrare tenacia verso la chiarificazione di un ostacolo preciso, ridere
quando si cade e mettersi di nuovo di lena bandendo tetraggini e cinismo è un potente
elisir>> (Peters, 1984).
Luttwak (1999) osserva che l’entusiasmo diventa fattore catalizzante di successo,
efficienza e produttività. Se ogni forma avanzata di industria è colma di processi fragili
che richiedono molta attenzione anche solo per funzionare, il male è spesso dato dalla
degenerazione e abuso della burocrazia, che porta a mortificare energie, iniziative e
abilità.
6
Il capo deve essere umile, disponibile alla conoscenza e all’incontro coi dipendenti, in
cui dovrà accendere l’entusiasmo.
L’impegno e la passione che mette in ciò che fa sono importantissimi, ma altrettanto
fondamentale è che gli altri percepiscano la sua volontà di combattere strenuamente per
gli obiettivi che si propone.
Il buon leader è colui che loda in pubblico assumere il rischio di poter emettere
degli errori e punisce in privato; sa benissimo che spingersi continuamente oltre i limiti
significa , eppure non solo non predica la prudenza, ma incoraggia l’audacia e la
sperimentazione. Deve sapersi rendere conto che gli insegnamenti che scaturiscono da
un insuccesso sono preziosissimi, ma solo se ci si sforza di imparare da essi. Va dunque
premiato il successo quanto l’insuccesso, ma punita l’inazione.
Sa che diventando indispensabile per gli esterni, nessuno oserà intaccare la sua
posizione, così mira a costruire la propria credibilità sul campo e a crearsi una buona
immagine esterna.
Sa essere se stesso e sviluppa anche nel vestire un suo stile personale, che esprima la
sicurezza che ha di sé.
Sa curare le buone maniere, senza essere eccessivamente ossequioso, consapevole che
le offese non vengono dimenticate facilmente e portano spesso a ripercussioni personali.
Si rende conto che non è sufficiente “sapersela cavare”, ma occorre sviluppare
l’abilità di parlare in pubblico, affinarla e perfezionarla. Raggiungere un livello di
assoluta eccellenza nell’oratoria fa una grande differenza.
Sono cinque, dice Peters, le virtù cardinali dei leader rivoluzionari più incisivi:
• premere sull’acceleratore
• agire
• accettare l’insuccesso
• non accettare risposte tiepide
• concentrarsi in mezzo alla confusione.
7
1.1.2 Dare una svolta
In Alla ricerca dell’eccellenza è evidente il rifiuto del modello razionale di
business; secondo tale impostazione ciò che contava di più per il cliente era il costo e
l’impresa era assimilata nel suo operare ad una macchina. Il budgeting rappresentava il
paradigma da utilizzare per pianificare a lungo termine e le previsioni erano
importantissime.
Si riteneva che il compito del top management fosse prendere le decisioni giuste,
equilibrare il portafoglio degli investimenti aziendali e puntare sui settori che offrivano
valide prospettive di crescita. Il top management usava i collaboratori come
“controllori” col compito di far funzionare la macchina e evitare sorprese.
In realtà i cambiamenti in atto nel mondo economico e la crescente ricerca di
qualità (value for money) e varietà da parte di un consumatore sempre più critico ed
esigente risultavano incompatibili con tale visione tradizionale.
Peters incoraggia la sperimentazione e il management creativo, sottolineando i problemi
dell’eccesso di razionalità e ritenendo che la rigidità è nemica della sperimentazione e
non consente errori2.
Il principio fondamentale dell’opera citata è quello che Peters e Waterman
chiamano “tendenza all’azione”; è il principio delle “piccole vittorie”, il “fattore vai
avanti”: una filosofia, un modo di vivere secondo cui le aziende che si propongono di
realizzare cambiamenti importanti devono seguire una “strategia di sfondamento”, che
consiste nell’iniziare coi profitti che si possono ottenere in poco tempo, per poi usare
questi primi successi come trampolino di lancio per profitti sempre più ambiziosi. Ciò
porta a creare un’organizzazione di apprendimento, di sperimentazione.
Il successo a lungo termine è infatti il risultato della creazione di una spinta iniziale e
dell’orchestrazione del suo mantenimento.
2
Bennis (1985) dice che gli errori sono il sale della vita e dovrebbero essere incentivati oltre che tollerati.
Un comportamento viene classificato come errore quando non produce i risultati attesi. Apprendere è
allargare la gamma dei comportamenti possibili che siamo in grado di adottare nelle diverse situazioni. E’
importante raggiungere una flessibilità che ci permetta di sostituire un comportamento non funzionale con
uno più adatto a raggiungere i nostri obiettivi. Il feedback mette a disposizione informazioni che aiutano
ad individuare comportamenti nuovi utili a raggiungere un risultato desiderato.
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Quasi tutti i migliori programmi di partenza prevedono un festeggiamento costoso e di
grande effetto, che faccia colpo, per sottolineare incisivamente il progresso e per fare da
piattaforma per l’annuncio di nuove e importanti mete prossime.
1.1.3 Puntare sul coinvolgimento
Una volta capito che nel management è riscontrabile un conflitto tra controllo e
esigenza di libertà, Peters e Waterman si sono focalizzati sul tentativo di bilanciarli,
sottolineano tuttavia l’importanza del fattore libertà.
Per imparare il modello di gestione più efficace bisogna studiare ciò che fanno gli altri
manager, anche quelli delle piccole imprese, per poi adattare o adottare i loro metodi e
tutto ciò che funziona. E’ necessaria un’azione costante tesa a responsabilizzare le
persone, rimuovendo gli ostacoli che ne impediscono la piena realizzazione e
assunzione di responsabilità.
Occorre coinvolgere tutto lo staff, che è senza dubbio la priorità numero uno per
l’azienda, in modo che collabori per un miglioramento continuo della performance.
Obiettivo del miglioramento a lungo termine è creare un “mare ondoso” di piccoli
esperimenti da parte di persone a tutti i livelli e in tutte le funzioni.
Peters consiglia di considerare i dipendenti come partner, con dignità e rispetto:
solo risorse umane motivate e soddisfatte sanno identificarsi con gli obiettivi
dell’azienda.
Grazie alla tecnologia, le persone sono più libere di lavorare lontano dalla loro
scrivania, di girare costantemente per i locali dell’azienda.
Solo così si incoraggiano innovazione e creatività e si evita un management rigido che
esclude sperimentazione e apprendimento degli errori.
9
1.2 Gestire con passione
Nel 1986 Peters scrive con Austin Una passione per l’eccellenza, in cui elogia
aziende quali Ibm, Hewlett Packard, Ford, Marks&Spencer e dove si sottolinea come un
turbinio confuso di buone idee allontani sempre più dalla performance eccellente3.
Oggi, in un’epoca in cui le organizzazioni dipendono nelle loro attività da labili
legami con fornitori esterni, la capacità di gestire i rapporti umani diventa sempre più
cruciale. Peters sottolinea l’importanza delle relazioni col personale, dell’ascolto dei
lavoratori, dell’equità nel trattamento dei dipendenti; sottotitolo dell’opera è non a caso
La leadership che fa la differenza: leadership è liberazione dell’energia del sistema, è
costruttività, crescita, eliminazione di vincoli interni.
Obiettivo centrale della leadership è il “management dell’impossibilità”, ovvero
garanzia di stabilità interna da parte di leader a tutti i livelli, per incoraggiare il
cambiamento continuo, cosa che potrebbe sembrare un paradosso.
Per rendere efficace la leadership Peters consiglia di ricorrere al “management by
wandering around (Mbwa), ovvero contatto continuo coi clienti e ascolto attivo,
comunicazione faccia a faccia da parte di un top management non autoritario che esca
dall’ufficio per intervenire sul posto, che tenga riunioni informali con collaboratori e
clienti e che conosca per nome tutti i dipendenti.
I capi migliori sono quelli che capiscono ciò che i loro collaboratori si sforzano di
realizzare e che li aiutano, li incitano, li ascoltano e ne riconoscono i meriti, consapevoli
che “vendere” significa anzitutto creare rapporti umani.
Occorre quindi valutare i manager in base alla qualità e frequenza dei rapporti coi
subordinati; i lavoratori vanno coinvolti e a questo proposito Peters distingue cinque
principi di coinvolgimento:
1. creare l’opportunità di farsi ascoltare
3
Amatori (2004) sostiene che le migliori aziende americane erano quelle che si concentravano sulle
attività legate ad un nucleo originario per il quale possedevano competenze distintive. Peters (1996)
sottolinea però in un secondo momento come focalizzarsi sull’eccellenza in qualcosa di specifico tenda a
rafforzare i paraocchi che limitano la capacità di adattarsi al cambiamento. La strategia, per evitare la
cecità, è sviluppare un atteggiamento critico nei confronti delle acquisizioni del passato e curare la
memoria come una malattia.
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2. selezionare in base alla capacità di lavorare in team
3. fornire un’adeguata formazione
4. dare incentivazioni economiche basate sulla performance e il contributo apportato
5. offrire un posto di lavoro sicuro.
Il buon manager deve abolire le strutture complesse ed eliminare procedure
burocratiche insensate, norme mortificanti e condizioni di lavoro demotivanti; si
preoccupa della qualità e deve saper osservare la realtà del mercato, poiché sa che la
combinazione fortunata è dominio di mercato più posizione a basso costo.
Il cliente è qualcuno con cui co-inventare il futuro, è alla radice della reputazione
aziendale, è qualcuno che perde quando perdiamo e vince quando vinciamo. Deve
sentirsi “umanizzato”, unico e al centro dell’attenzione e ciò deriva dall’aver saputo
trasformare ogni dipendente di front line in un imprenditore4.
Il cliente è fonte di idee e la sua percezione determina il successo o meno di un
prodotto/servizio; se soddisfatto dall’eccellenza del prodotto, comunica agli altri la
propria soddisfazione in un preziosissimo circolo di passaparola, finendo per “valere
tanto oro quanto pesa”, addirittura cinque volte il suo peso in costi di pubblicità. Ecco
perché gli si devono offrire prodotti differenziati e ad alto valore aggiunto.
Sono cinque le strategie per creare valore aggiunto:
• fornire una qualità eccellente
• enfatizzare gli aspetti intangibili
• essere sensibili verso il cliente
• attuare un approccio internazionale
• adottare un posizionamento unico.
Le aziende esaminate da Peters e Waterman (1984) si rivelano poco disponibili al
compromesso, ma si preoccupano dei collaboratori e li rispettano ed esigono quindi da
loro un contributo innovativo. Sono quindi soft nel gestire le persone e hard nel
pretendere da esse performance di qualità.
4
Oggi è di moda l’espressione “marketing dei rapporti”, per indicare l’incessante tentativo di instaurare
un legame quasi familiare con il cliente. Tale legame è ulteriormente rafforzato da una campagna
pubblicitaria incentrata su chi sta dietro il prodotto e sul rapporto tra chi produce e chi acquista.
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Tre sono i principi alla base del successo aziendale:
• qualità superiore
• servizio superiore
• innovazione costante
Eccellenza è combinarli in modo da creare valore aggiunto per il cliente. Le aziende si
stanno rendendo conto che è nei servizi aggiuntivi che si possono conseguire utili
superiori, a patto che si sia in grado di sviluppare un’adeguata cultura di servizio al
cliente.
Peters (1984) arriva a ridurre a due i criteri precedentemente elaborati per raggiungere e
conservare una performance superiore nel lungo termine:
• prestare attenzione attraverso un servizio e una qualità superiori
• innovare costantemente
Occorrono pianificazione e adeguati controlli finanziari, collaboratori entusiasti e valore
aggiunto al prodotto per renderlo vendibile e profittevole.
1.2.1 La ricerca della qualità
La qualità è un valore immateriale che determina la preferenza di un
prodotto/servizio, la soddisfazione di chi lo acquista o ne fruisce e la motivazione a
continuare ad acquistarlo o a fruirne.
Esiste una qualità “assoluta”, che consiste nel livello massimo di eccellenza di un
prodotto/servizio, e quella “relativa”, che sta nell’ottimizzazione di produzione,
distribuzione, assistenza, qualità e prezzo e, per quanto immateriale, deve essere
controllabile e misurabile.
Ciò che qualsiasi organizzazione persegue è la ricerca della qualità “totale”, che
tiene conto di tutti gli elementi e gli aspetti dell’azienda (ricerca e innovazione,
produzione, manutenzione, distribuzione, sicurezza e ambiente, risorse umane,
formazione, comunicazione,…), per realizzare una catena virtuosa che parte dai
fornitori, passa per la produzione e la distribuzione e arriva ai clienti finali.