5
posto delle basi fondamentali per migliorare significativamente le
condizioni di vita dello stesso all’interno delle organizzazioni. I
riferimenti vanno a Taylor, alla scuola delle Relazioni Umane di
Elton Mayo ed infine alla scuola Motivazionalista.
Nel terzo capitolo si analizzeranno i call center sotto ogni punto di
vista. Si partirà dalla loro nascita per percorrere successivamente
tutta la loro evoluzione, si parlerà del tipo di servizio che erogano,
delle professionalità che vi operano, e di come l’operatore viene
selezionato e preparato per svolgere il suo lavoro.
Si metteranno in luce quali siano gli elementi fondamentali per
valutare un call center (dimensione economica, tecnica e umana) e
come i call center siano fondamentali per accrescere e mantenere il
pacchetto clienti di un’organizzazione.
Nel quarto capitolo si parlerà dello stress lavorativo e di come nasce
nelle organizzazioni, per rapportarlo poi all’operatore di call center.
Stress che per questa figura professionale sarà legata, come già detto,
all’utilizzo del computer e a tutto ciò che ad esso è collegato, ma
anche al tipo di mansione e di attività che l’operatore dovrà svolgere.
L’analisi sullo stress focalizzerà l’attenzione sui disturbi oculari,
posturali, uditivi, sulle disfonie professionali, ma anche
sull’affaticamento derivato dal lavoro su turni e dalle mansioni
svolte.
Tutti i dati presenti nel capitolo derivano principalmente dalla ricerca
che è stata condotta dalla U.S.L n.5 di Milano, a cui ho partecipato,
su un campione di 695 soggetti, nell’anno in corso e che è
attualmente in fase di pubblicazione. L’indagine mira ad
approfondire, tramite due questionari, le condizioni di lavoro degli
operatori, in relazione all’ambiente, all’attività e ai disturbi fisici che
i soggetti lamentano quando svolgono questo lavoro.
Nell’ultimo capitolo l’attenzione si concentrerà invece sulla ricerca
condotta nel call center di Roma del Gruppo Bofrost.
La seconda ricerca ha coinvolto 79 persone. Tramite un questionario
si sono messe in evidenza, questa volta, le peculiarità di un solo call
center e di un solo gruppo di lavoro. L’obiettivo era quello di
indagare ogni aspetto del call center in esame e di mettere in
evidenza, qualora ci fossero, anche tutti quegli aspetti positivi che
caratterizzerebbero questo tipo di attività.
6
Capitolo primo
Che cosa si intende con il termine Fattore Umano
1.1 La nascita dell’industria e i problemi relativi allo
sfruttamento del fattore umano.
L’uomo ed il lavoro, queste sono le due idee che per poter essere
definite debbono per necessità vivere insieme, potrebbe sembrare un
paradosso, ma effettivamente al giorno d’oggi, ogni cosa ruota
intorno al concetto di lavoro. Tutti i settori della vita di ogni singolo
individuo sono orientati e improntati verso e dal lavoro: l’istruzione,
la formazione e il tempo libero; insomma tutto ruota intorno ad esso.
Dobbiamo andare indietro nel tempo per comprendere però come
questo legame sia cambiato nel corso della storia, per quali motivi,
per quali cause sociali, politiche, storiche e tecniche, ma anche e
soprattutto per la presa di coscienza dei protagonisti stessi della
trasformazione: gli uomini.
Sono loro infatti, che con il tempo, inizieranno a prendere coscienza,
seppur lentamente, della loro condizione e della necessità di
cambiarla e migliorarla.
Con la scoperta dell’agricoltura, il lavoro inizia ad essere organizzato
e ad essere accompagnato dall’impiego di macchine semplici, quindi
la produzione di surplus inizia a mettere in crisi la struttura della
tribù
1
.
Con l’articolasi della vita cittadina nascono nuove necessità e
specializzazioni, in città infatti un contadino non può più essere,
come lo era in campagna, autosufficiente. In città c’è bisogno di
persone in grado di apportare contributi tra loro diversissimi, ma
1
Le tribù, e insieme a loro tutte le comunità preindustriali possono essere definite come società
dove non esiste il lavoro; si caccia e si raccoglie il necessario per la sussistenza e solo quando
la necessità lo richiede. Il gruppo vive in simbiosi e tutti contribuiscono attivamente e in modo
egualitario al suo sostentamento.
7
complementari; da questa esigenza nasceranno le corporazioni
2
.
Accanto a queste forme di associazionismo, si svilupperanno gli
opifici, dove, a differenza delle fabbriche, ogni artigiano svolgeva
tutto il processo di lavorazione di sua competenza.
Il livello successivo di produzione è l’ormai ben noto sistema
capitalistico, che sostanzialmente è attivo a tutt’oggi, il passaggio a
questo sistema di produzione è stato graduale, ma ha portato a un
cambiamento sostanziale di vita.
Con il passaggio dal lavoro a domicilio e dal laboratorio alla fabbrica
il lavoratore da artigiano diventa operaio, diventa cioè un produttore
di una parte del prodotto finale. Ora, nella produzione di fabbrica,
non serve più un artigiano capace di gestire e condurre tutte le fasi
della lavorazione, ma solo una fase, quella di produzione, ecco la
differenza ed ecco il significato della parcellizzazione.
Questo passaggio, però, non è solo caratterizzato da una diversa “ri-
progettazione” del lavoro, ma è anche dovuto alla comparsa, sullo
scenario produttivo, delle macchine.
La macchina svolge il compito che prima era dell’operaio, la
parcellizzazione fa perdere di vista all’operaio il processo globale di
produzione.
Nasce da questo momento in poi, e durerà per diverso tempo, la
miseria degli operai, una miseria resa necessaria per alimentare lo
sviluppo della società, per assicurarsi il profitto. Una miseria che non
è causata o voluta deliberatamente dai nuovi datori di lavoro e dalla
loro insensibilità nei confronti degli operai, ma è una necessità del
nuovo sistema di produzione.
All’interno di questo nuovo sistema l’operaio viene immediatamente
legato alla macchina, ora non c’è più nessun mestiere da trasmettere
e nessuna tecnica da imparare, c’è solo un lavoro e una mansione da
legare alla macchina; l’operaio diventa intercambiabile, le operazioni
sono semplificate al massimo, i gesti sono ripetuti costantemente,
2
<<Le Corporazioni avevano il compito di sorvegliare sia la quantità che la qualità dei
prodotti, di salvaguardare i segreti della produzione, e di combattere ogni iniziativa che
portasse a forme di organizzazione del lavoro …>> Cfr Anna Ferraris Olivero, 1987, L’uomo
e la macchina, Editori Riuniti, Roma, p. 35.
8
quello che serve è solo la forza fisica e sono pochi coloro che nella
fabbrica si salveranno da questa agonia
3
.
Abitualmente i locali sono rumorosi
4
, gelidi di inverno e caldissimi
in estate, nei locali non c’era alcun tipo di comodità né alcun tipo di
sicurezza e di indennizzo per i frequentissimi incidenti.
La durata della giornata lavorativa era pari alla resistenza fisica dei
lavoratori: sino al 1860 oscilla dalle dodici alle quindici ore, il riposo
domenicale non sempre veniva rispettato e la cosa che rendeva tutto
ancora tutto più logorante era la scansione del tempo all’interno della
fabbrica,
5
ogni cosa era regolarmente scandita.
Ci sono fabbriche che grazie all’illuminazione a gas riescono a
rimanere aperte ventiquattro ore su ventiquattro.
Questo però per la produzione che aumenta non è ancora
sufficiente, quindi a causa della necessità di manodopera arrivano le
donne
6
e i bambini, sottopagati, che con il loro contributo aumentano
le ore lavorate, la produzione, e riescono a far uscire dalla fabbrica
coloro che volevano condizioni migliori o un salario più alto.
E’ il sistema che porta i bambini nelle fabbriche, la povertà, che
costringe le famiglie a farli lavorare, la Chiesa, che il deve mantenere
e i padroni che li sfruttano, rimane il fatto che tutti i bambini, o
quasi, lavorano e che sino al 1850
7
questo tipo di manodopera
fornisce la metà degli effettivi dell’industria tessile inglese.
3
Nella fabbrica soltanto pochi operai diventano dei tecnici, cioè addetti alla riparazione delle
macchine,questi <<molto lentamente, costituiscono una élite di professionisti in grado di
dominare, alla fine del secolo, la manodopera generica..>> Cfr. Jean Pierre Rioux ,1986 La
rivoluzione industriale 178-1880,Garzanti, Milano, pag 180.
4
Il problema della rumorosità degli ambienti di lavoro nasce proprio con l’industria, per
approfondimenti si rimanda al capitolo quarto, paragrafo 4.5.3.
5
Nel corso del 700’ l’orologio si diffonde sistematicamente, grazie ai bassi prezzi si diffuse
sopratutto in Inghilterra anche tra la popolazione, il tempo ora cambia, non è più un concetto
vago, ma diventa qualcosa di certo.
6
<<Il vantaggio [ delle donne e dei bambini ] è triplice: spezzare per mezzo della concorrenza,
eventuali resistenze dei lavoratori maschi e abbassare i salari; legare intere famiglie al lavoro
industriale…cercare la massa di manodopera disponibile…utilizzare infine la macchina al suo
massimo di rendimento…>> Cfr. J. P. Rioux , La rivoluzione industriale 1780-1880, Garzanti,
Milano pag 174.
7
<<Nel 1834 nell’industria cotoniera inglese il 13.3% degli effettivi hanno meno di 13
anni…in Belgio i minori di 16 anni rappresentano ancora nel 1880 il 14% della manodopera
industriale …>> Cfr. J.P.R.,1986, La Rivoluzione Industriale 1780-1880, Garzanti, Milano pag
175.
9
Il problema è che queste condizioni non si vivono solo nelle
fabbriche, quindi sul luogo di lavoro, ma anche al di fuori.
A parte la povertà dettata dai bassi salari, gli operai vivono in
pessime condizioni, le città non erano infatti attrezzate ad ospitare
tutti questi lavoratori che venivano dalle campagne, gli alloggi erano
pochi e decisamente pessimi, molti erano costretti a venire ogni
mattina dalle campagne limitrofi, altri dormivano dei dormitori
dell’impresa e altri si rifugiavano nei sotterranei; non era raro che in
un locale dormissero insieme una quindicina di persone, spesso i letti
erano condivisi da operai che si avvicendavano con il turno nella
fabbrica.
Oltre alla condizioni pessime di vita, legate ai “luoghi”, gli operai
erano ovviamente anche sottonutriti, la loro alimentazione era
decisamente insufficiente ed alcuni cibi non erano pressoché mai
consumati.
La mortalità per malattie e malnutrizione, escludendo quella causata
dagli incidenti lavorativi, era molto alta.
L’unico scorcio di paradiso si intravedeva in Inghilterra grazie
all’industriale Owen e ai cotonieri francesi di Mulhouse che
tentarono di cambiare concretamente le condizioni dei loro operai,
migliorando la sicurezza nei locali ma anche rendendogli disponibili
alloggi e quindi condizioni di vita migliori.
La presa di coscienza da parte delle istituzioni pubbliche sulla
condizione operaia avvenne ma, in modo decisamente troppo
superficiale.
Vennero, infatti, approvate delle leggi, in favore degli operai, che
però non vennero mai applicate
8
.
Arriviamo all’anno 1850, un anno significativo, un anno di svolta, da
questo momento in poi la condizione operaia muta in modo
decisamente positivo; ciò avviene principalmente grazie a due
motivi: il primo è la vera e propria presa di coscienza da parte della
classe operaia della sua condizione e della necessità di cambiarla; il
8
<<in Gran Bretagna nel 1819, si limita a nove anni l’età per entrare nelle fabbriche di cotone,
si riduce a 48 ore la settimana lavorativa per i ragazzi…In Francia la Legge Guizot del 1841
sul lavoro minorile non viene applicata e bisognerà aspettare il 1893 perché la giornata di 12
ore sia riconosciuta come un massimo…>> Cfr. J.P.Rioux, 1986 La Rivoluzione Industriale
1789-1880, Garzanti, Milano, pag 183.
10
secondo punto riguarda invece l’entrata in vigore di meccanismi
cumulativi di sviluppo e di consumo del capitalismo ormai adulto.
La vita nelle fabbriche migliora anche grazie al progresso tecnico e
all’emigrazione, verso i paesi in via di sviluppo che decongestiona i
centri operai.
Tutto ciò fa aumentare i margini di profitto degli imprenditori e al
contempo il salario degli operai che guadagnano in potere d’acquisto
e di conseguenza in condizioni di vita.
Cambia l’alimentazione, le abitazioni e l’aumento sostanziale dei
depositi presso le Casse di risparmio testimoniano come ora gli
operai possano pensare anche la futuro.
Nascono delle nuove classi sociali, ora nella fabbrica ci sono operai
specializzati che hanno salari più alti e condizioni di vita migliori e
insieme a loro vivono operai ancora poco specializzati che
provengono dalle campagne, che si sono trasferiti da poco nelle città
e che hanno salari più bassi.
I successi e le migliorie ottenute sembrano molto se paragonate alle
condizioni di precarietà e di difficoltà che esistevano in precedenza
ma sono anche lì a dimostrare come il lavoro è diventato il
“discriminante” di vita di ogni persona, ciò che scandisce, regola,
caratterizza e vincola la vita di ognuno.
1.2 Come cambia la considerazione del fattore umano
all’interno delle organizzazioni lavorative.
Dal momento in cui iniziano a ridursi gli orari di lavoro, a migliorare
le condizione dell’ambiente e a decrescere la percentuale di bambini
costretti a lavorare, possiamo affermare che inizia quel
miglioramento e quel cambiamento che porterà, dopo qualche anno,
alla nascita del sistema di produzione postindustriale.
Il processo è lungo, le lotte che si susseguono tra lavoratori e
capitalisti sono difficili e sanguinose, caratterizzate da sconfitte e
vittorie, in buona parte dell’Europa; la nascita del movimento
11
luddista, le lotte per la Carta del popolo fino ad arrivare alla nascita
della corporazioni.
La grande forza del futuro sarà il sindacalismo che vide le sue origini
in Gran Bretagna, dove i primi sindacati sono autorizzati dalla legge
del 1825. Si prosegue con l’avanguardista industriale Owen che tenta
di organizzare una rappresentanza dei lavoratori nazionale, siamo nel
1834 quando si ottiene la giornata lavorativa di otto ore. Nel 1843
nasce il sindacato della ceramica e poi via via si formano gli altri, il
desiderio non è quello di avviare un’insurrezione, ma di chiedere e
ottenere condizioni di lavoro decenti.
9
Quando lo sciopero viene
dichiarato legale, nel 1864, si arriva al vero punto di svolta:
l’affermarsi dell’operaio come classe capace di essere vista e
riconosciuta e che si afferma con una doppia identità, quella che
lavora e quella che esiste anche al di fuori delle sua mansione.
1.3 Dal sistema capitalistico al sistema postindustriale.
Nel momento in cui si arriva alla conquista, raggiunta dal movimento
operaio, sembra aprirsi una nuova strada e un nuovo sistema di
produzione che caratterizzerà il nostro tempo. I termini per definirlo
sono stati molti e diversi tra loro, ma la parola a tutt’oggi più indicata
per rappresentare questo cambiamento è postindustriale.
Con il termine di società postindustriale nel 1960 Daniel Bell indica
una società priva di ideologie, una società che è sottoposta a cinque
tipi di trasformazioni principali << lo spostamento della componente
economica principale …lo squilibrio a favore del terziario…la nuova
centralità acquisita dal sapere teorico come fonte di innovazione e
formulazione delle politiche pubbliche; la necessità di segnalare il
futuro anticipandolo; l’affermazione di una nuova tecnologia
intellettuale finalizzata ad una logica professionale…>>
10
9
<<Nel 1870 sono almeno 370.000 gli iscritti ai sindacati, facenti capo a una centrale di
collegamento che stabilisce gli obiettivi generali e controlla le iniziative locali: Il London
Trades’ Council…>> Cfr. J.P.Rioux,1986, La Rivoluzione industriale 1780-1880, Garzanti,
Milano pag.194.
10
Cfr Armand Matterlat,2002, Storia della società dell’informazione, Einaudi, Torino pag.70
12
Quello che Bell sostiene è che sostanzialmente la società
postindustriale è caratterizzata da un tempo interstiziale dove ancora
non si è affermata una forma sociale chiara e ben definita: una
società dove le trasformazioni in atto sono causate principalmente
dall’innovazione scientifica e tecnologica; Bell arriverà ad affermare
negli anni 70’ che la società attuale è una società dell’informazione.
In questa epoca sembra che si vada formando una nuova
intellighentia, dove il numero di professionisti aumenta in modo
considerevole rispetto alla forza-lavoro media.
11
La vera crescita esponenziale in questa società spetta al settore dei
servizi e alle categorie professionali dei professionisti, a questo punto
si rende necessario il superamento del terziario e il passaggio al
terziario avanzato che ingloba in sé le società di consulenza, di
auditing, di informatica, istituti di ricerca e formazione, e di molto
altro ancora.
Allargando in questo modo il concetto di terziario si abbandona
l’idea che questo sia slegato, in parte o in toto, dal sistema di
produzione e all’innovazione scientifica.
E’ necessario superare le numerose classificazioni del settore
terziario che sono state fatte: basta qui ricordare che una società e
un’economia postindustriale sposta la sua centralità da un sistema
che ruota intorno all’industria e, al suo sistema produttivo, ad un
sistema dove cambia la struttura occupazionale e dove la produzione
di beni materiali non cessa di esistere ma ha la necessità di essere
sorretta dai servizi
12
.
11
In A Venture in Social Forecasting Bell sostiene che il tasso di crescita dei professionisti e
dei tecnici è pari al doppio di quello della forza- lavoro media.
12
Si vedrà nel capitolo terzo come i call center svolgano proprio questo tipo di servizio.
13
1.4 Le conseguenze umane della società postindustriale
Il passaggio da un sistema produttivo ad un’altro implica numerose
trasformazioni in ambito sociale. Cambiano le mansioni, i compiti, i
luoghi di lavoro e cambiano anche i problemi dei protagonisti.
La massiccia divisione del lavoro è stata ereditata dalla rivoluzione
industriale tuttavia la cosa che oggi colpisce maggiormente, è che
non è più solo parcellizzato il lavoro dell’operaio, ma anche quello di
uno scienziato o un ingegnere i quali lavorano in un gruppo e spesso
svolgono un lavoro intellettuale ormai simile ad una catena di
montaggio. La domanda che ci si pone, non solo come osservatori,
ma anche come partecipanti è che cosa significhi tutto questo e quale
sia il senso del lavoro.
Tentando di rispondere a questo interrogativo siamo costretti a
classificare il lavoro in tre categorie: il lavoro come vocazione, il
lavoro come sofferenza e costrizione e il lavoro vissuto come un’area
amorfa sopportabile.
Sebbene molto sia stato fatto per superare la sofferenza e la
costrizione che caratterizzavano soprattutto il lavoro di fabbrica, a
tutt’oggi il lavoro viene visto dall’individuo come un acuto affronto
alla sua dignità, ma anche come una violazione dei suoi diritti, per
molti e a tutti i livelli; basti pensare che nei paesi industrializzati, per
l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i tentativi di suicidio sono
aumentati da due a tre volte negli ultimi venti anni.
13
Il problema oggi non risiede solo nella parcellizzazione del lavoro o
nel tipo di mansione che si svolge, ma riguarda soprattutto la
saturazione del mercato, del lavoro e la precarietà dello stesso.
Proprio da questo punto parte l’analisi della Psicologia del Lavoro,
analisi che si incentra su un individuo che non solo è degradato e
sminuito dalla mansione che svolge ma anche dalla stabilità stessa
della sua occupazione che diventa sempre più fragile e difficile da
mantenere.
13
<< gli indicatori del malessere sociale nei paesi industrializzati sono forniti Dall’Istituto
Mondiale della Sanità …a tal proposito psicologi come Kohut parlano di << estinzione
dell’anima>>…>> Cfr Francesco Novara e Guido Sarchielli, 2002, Fondamenti di Psicologia
del lavoro , il Mulino, Bologna.
14
Se fino agli anni 70’ la disoccupazione era diventata un fenomeno
che sembrava essere in via di estinzione, ora la stessa sembra aver
compiuto un’inversione di tendenza e diventare, nel mondo
postindustriale, la costante. Oggi viviamo in una fase di profonda
crisi dettata, secondo Pierre Durand
14
da tre motivi fondamentali. Il
primo riguarda il raggiungimento, più che soddisfacente dei bisogni,
tanto che oggi i mercati raggiungono una sorta di “salubrità”. Il
secondo punto riguarda principalmente il livello di automazione che
si è raggiunto negli stabilimenti industriali: un livello cioè di
“indipendenza della macchina” che produce una forte
disoccupazione nel lavoro manuale e che difficilmente riesce ad
essere assorbita da un settore terziario, si in crescita, ma non in modo
così forte.
Il terzo punto riguarda il fenomeno della dislocazione della
manodopera fuori dei confini nazionali ed europei, per arrivare
quindi a toccare tutta quella massa di manodopera dei paesi
extraeuropei numerosa e a basso costo.
Ora il lavoro , come dice Durat, diventa una rarità non esiste per tutti
coloro che lo vogliono o ne sono alla ricerca un posto stipendiato. Si
arriverà in un futuro, dove ci sarà un gruppo di lavoratori privilegiati
e stipendiati e un gruppo di lavoratori, molto poco privilegiati, e
assistiti .
Questo dualismo, come è facile da immaginare, non porterà solo a
degli squilibri di tipo economico, ma anche e soprattutto di tipo
psicologico.
A questo squilibrio si sommano anche le differenze che esistono in
materia di legislazione nei singoli stati, in Europa, dove il mercato
sembra essere maggiormente regolato, la disoccupazione diventa per
gli individui una disoccupazione di lungo periodo, negli Stati Uniti, il
mercato più flessibile aiuta la popolazione a cambiare più spesso
lavoro, ma anche a rimanere meno tempo fuori dal mercato.
A questa situazione gli stati devono trovare una soluzione, devono
essere capaci di trovare idee in grado di permettere la realizzazione
dell’ipotesi di Aznar sintetizzabile nella frase, << lavorare bene e
14
Pierre Durand, autore del libro Il ruolo del lavoro nella società globale
15
lavorare tutti >>
15
, che nell’epoca attuale potrebbe realizzarsi tramite
l’attuazione di contratti a tempo determinato e il part time.
Lo scenario che si prospetta non è certo incoraggiante, maggiore
disoccupazione significa maggiore povertà, più persone che vivono
ai margini, più tensione sociale, più merci che arrivano sul mercato
ma che non possono essere consumate, Rifkin sostiene che queste
aspettative possano essere solo risolte con la riduzione dell’orario, e
l’investimento nello sviluppo di organizzazioni non profit
16
.
Sullo scenario lavorativo globale compaiono, oggi, delle variabili che
meritano attenzione, perché tentano di arginare quella crisi che ha
caratterizzato e sta ancora oggi caratterizzando il nostro periodo, la
nascita del lavoro atipico e tutto ciò che ruota attorno a lui.
Che cosa è oggi classificabile come un lavoro atipico? E’ solo un
lavoro che vincola la persona a prestare la propria opera in orari
particolari? Oppure in modi particolari? Oppure ancora avendo a
disposizione “manodopera” particolare? Un lavoro atipico è oggi
anche questo, un lavoro cioè che compare sulla scena internazionale
per assorbire tutta quella manodopera vacante, priva di esperienza o
che oramai ha un’esperienza poco sfruttabile, (pensiamo agli
artigiani, ai tipografi etc…) ma anche a tutti coloro che per molto
tempo sono stati esclusi dallo scenario lavorativo, per esempio le
donne
17
.
Il lavoro atipico è un lavoro che non è regolamentato dalle stesse
leggi e dagli stessi contratti che fanno dei lavoratori a tempo
indeterminato i privilegiati. Esso non ha gli stessi orari, né ha la
stessa durata e soprattutto non fornisce certo la stessa sicurezza, ma
al contrario flessibilità.
E’ questa la parola che deve essere analizzata per capire quali sono
gli svantaggi che da essa derivano e quali, allo stesso tempo, sono i
vantaggi che la stessa potrebbe procurare. In queste analisi non ci
15
E’ il titolo del libro di Aznar Lavorare bene lavorare tutti, che divenne lo slogan della lotta
sindacale in Italia negli anni 70’. Aznar sostiene una serie di ipotesi, attraverso cui, tramite la
riduzione dell’orario di lavoro ma mantenendo inalterato il livello salariale (grazie ad un
contributo statale), tutti possono entrare a far parte del mondo del lavoro con dignità e
continuità.
16
Secondo Jeremy Rifikin, autore del libro The end of the work, queste soluzioni sono
necessarie in un sistema dove le previsioni non sono rosee, nel 2020 negli Stati Uniti si
preveder che l’80% della forza lavoro industriale sarà in mezzo alla strada.
17
Il call center come vedremo in seguito assorbe questa manodopera.
16
sono solo considerazioni che possono essere fatte dal punto di vista
economico e sindacale, ma anche considerazioni di tipo psicologico
ed ergonomico
18
. Non si posso infatti eludere dall’analisi tutte le
implicazioni umane, fisiche e psicologiche, legate a questo nuovo
fenomeno.
E’ certo che in un primo elemento lo scenario sembra essere
particolarmente adatto a due tipi di categorie, i giovani
19
e le donne.
I primi sono un vero esercito di forze che possono trovare in questo
scenario gli spunti giusti per fare esperienza, per mettere in atto i
propri studi, per cambiare.
Le seconde invece, pare che in questo scenario abbiano trovato lo
spunto per emergere e farsi conoscere nel mondo del lavoro.
Dagli <<anni 80’
20
l’occupazione femminile in Italia è aumentata del
10% …le forze di lavoro femminili poi sono cresciute in termini
percentuali cinque volte più di quelle maschili…>>
21
, alcuni
ritengono che questa espansione del lavoro femminile sia, oltre che
determinata, da cause sociali e culturali anche dalla maggiore
duttilità che il lavoro flessibile offre
22
. La diffusione del lavoro
femminile sembra esplodere soprattutto in alcuni nuovi settori, che
riguardano l’informatica e realtà del tutto nuove come i call center
23
.
Forse sono proprio queste realtà, molto diverse tra loro, per tipo di
servizi offerti e di caratteristiche umane connesse a rappresentare in
modo migliore la flessibilità, le sue implicazioni, i suoi vantaggi e le
18
Caio Plinio Odescalchi, uno dei padri fondatori dell'ergonomia italiana, definiva nel 1970
l'ergonomia come << una tecnica di procedure che, avvalendosi di apporti interdisciplinari,
studia i rapporti del sistema uomo, macchina, ambiente, al fine di intercorrelarli in termini
umani, adattando il lavoro alle esigenze psicofisiche del lavoratore.
Cfr. http://filceacgil.it/videoterminali.htm.
19
<<Il 60% dei giovani…entra orami in azienda con un contratto atipico, se non addirittura con
uno stage non retribuito o appena sufficiente a pagarsi l’autobus…>> Cfr. A.c. di Renato
Fontana e Barbara Mazza, 2001, E-JOB,Guida al lavoro e alla net economy, Guerrini e
Associati, Milano, pag 157.
20
Grazie alla Legge n.903 del 1977, denominata << Parità di trattamento tra uomini e donne in
materia di lavoro >> iniziano , anche in Italia gli sforzi per raggiungere o tentare di farlo, le
pari opportunità, per approfondimenti vedi Appendice 3.
21
Cfr.A.c. di Renato Fontana e Barbara Mazza, E-JOB, Guida al lavoro e alla net economy,
Guerrini e Associati, pag 62.
22
La duttilità del lavoro consiste nel part-time, nella maggiore flessibilità e nel concentrare il
lavoro solo in alcuni periodi.
23
Il call center Bofrost sembra confermare questo dato, nella struttura di Roma tutte le
operatrici sono donne.
17
sue opportunità. I call center, oggi, entrano a far parte del nuovo
contratto di settore, e rappresentano quella grande fetta di imprese
che sono destinate a curare i rapporti con la clientela per fornire
informazioni, servizi, assistenza, ma anche offerte. Oggi questo
settore è ormai il vero punto di partenza.
E’ in questa fase socio-economica nuova che scienze, tra le quali
l’ergonomia, diventano una delle protagoniste per analizzare, in
modo efficace, tutte quelle trasformazioni sostanziali del lavoro e
riuscire anche ad adattare le trasformazioni dello stesso al lavoratore
dal punto di vista fisico e psicologico. Attualmente problemi come lo
sfruttamento dei lavoratori, la sicurezza sul lavoro e le tutele dei
lavoratori sono stati in parte risolti. Tuttavia nello scenario attuale se
ne propongono molti altri, come i microtraumi ripetuti, la salute
mentale dei soggetti, l’abbattimento o almeno, ottimisticamente,
l’abbassamento dello stress lavorativo. Questi sono i problemi che
stanno crescendo in modo allarmante.
24
24
<<Sulla base dei dati dell'Ufficio per le statistiche del lavoro americano, ad esempio, il 52%
delle malattie da lavoro è causato da microtraumi ripetuti. Il costo dei danni all'apparato
muscoloscheletrico ammontano al 33% del totale degli indennizzi pagati ai lavoratori e ci si
aspetta che aumentino al 50% entro la fine del secolo. Sempre secondo l'Ufficio per le
statistiche del lavoro degli Stati Uniti, le richieste d'indennizzo per sindrome del tunnel carpale
ammontano al 69,6% del totale delle richieste per disturbi al polso, esclusi gli infortuni…>>
Cfr. http:// www.cgil.it