2
aspetti sonori del dramma, un vero e proprio “racconto sonoro”. Il suonomontaggio,
sebbene è stata una piccola parentesi all'interno della storia dei radiolavori, ha dato un
grande impulso ai successivi generi per quanto riguarda la caratterizzazione sonoro –
musicale. Ma il radiodramma è anche testo, non solo suono, così sviluppo fondamentale
per la relazione suono – musica - testo è stato dato dalla rivista musicale di Angelo Nizza e
Riccardo Morbelli che hanno innaugurato tale genere con le vicende de “I quattro
moschettieri”.
Per ciò che riguarda le tematiche il radiodramma ha attinto molto da un genere
“particolare” come il documentario radiofonico. Caratteristica essenziale dei
documentaristi è rappresentare la realtà che circonda l'uomo, le problematiche e le
situazioni che giorno dopo giorno bisogna affrontare. Per citare Enrico Rocca, che con il
suo saggio Panorama dell'arte radiofonica, sarà la mia linea guida per lo svolgimento della
prima parte della tesi, il documentario è il “discorso su di una cosa con la presentazione
della cosa stessa”.
1
Dopo aver analizzato questi generi che hanno dato molto alla formazione e crescita
del radiodramma e di un suo linguaggio specifico, analizzerò l'evoluzione e
l'emancipazione del genere dagli altri generi radiofonici, presentandone le sue
caratteristiche essenziali. Infine traccerò un excursus sulla storia radiodramma in quei paesi
europei come l'Inghilterra, la Francia e la Germania che hanno una florida tradizione
radiodrammatica. La produzione in questi paesi influenzerà anche la produzione italiana.
Nel secondo capitolo elaborerò un'analisi sulla storia del genere radiodrammatico in
Italia. Dividerò la storia del radiodramma nei quattro momenti principali della storia
radiofonica italiana. Il primo periodo va dalla nascita del primo ente radiofonico italiano,
l'URI, e la sua sostituzione con l'EIAR: nascono le prime produzioni radiodrammatiche. Il
secondo momento sarà lo sviluppo del genere durante il periodo fascista. Qui verrà
dedicato ampio spazio al primo vero genio del radiodramma italiano, Ettore Giannini.
Il terzo periodo incomincia con la fine della Seconda Guerra Mondiale, la caduta
del Fascismo e la nascita della RAI, come concessionaria monopolistica sulle trasmissioni
radiofoniche. Questa è la fase della storia radiodrammatica italiana, nella quale si
1
E. Rocca, Panorama dell’arte radiofonica, Milano, Bompiani Editore, 1938, pag. 86.
3
intravedono a pieno le potenzialità del genere e l'interesse di dirigenti ed autori. Nasce il
premio internazionale per radiodrammi, il Premio Internazionale per arte radiodrammatica
Prix Italia e il Terzo Programma, il cui palinsesto è dedito alla diffusione culturale.
Il quarto ed ultimo periodo è segnato dalla nascita della televisione e dalla riforma
RAI del 1975, con la quale la radio perderà pubblico, finanziamenti ed importanza a
discapito del nuovo mezzo. Questo periodo segnerà anche un forte calo di produzioni
radiodrammatiche e di sperimentazioni.
La metodologia utilizzata per lo svolgimento della tesi è stata “critico – analitica”.
Ho preso in considerazione la bibliografia, le pagine web e le riviste specializzate
sull’argomento trattato. Come detto in precedenza, mi sono attenuto a due libri guida,
essendo la bibliografia sull’argomento esigua.
Come testo guida per quanto riguarda la prima parte della tesi sui generi radiofonici
affini al radiodramma e sugli esordi di quest’ultimo in Europa ed in Italia, ho utilizzato
Panorama dell’arte radiofonica, di Enrico Rocca (studioso dell’arte radiofonica) Il testo
del Rocca arriva fino al 1938.
Per quanto riguarda, invece, gli sviluppi storici in Italia del genere radiodrammatico
fino alla riforma RAI, utilizzerò come linea guida il testo di Franco Malatini,
Cinquant’anni di teatro radiofonico in Italia, 1929 – 1979.
La ricerca si ferma, in effetti, alla fine degli anni ’70, sia perché sono gli anni della
riforma, sia perché la bibliografia a mia disposizione non tocca, se non in maniera
sporadica, l’ultimi venti anni di storia radiodrammatica italiana ed europea.
4
Capitolo primo
I GENERI CHE HANNO FATTO LA STORIA DEL DRAMMA RADIOFONICO
1.1. Radioteatro: dal teatro per radio al teatro radiofonico
Quando si parla di teatro radiofonico, bisogna, per prima cosa, fare una distinzione
terminologica. Infatti, soprattutto nel passato, ma anche ai nostri giorni, spesso si cade
nella contraddizione di confondere i termini radio teatro (o teatro radiofonico) e
radiodramma parlando di un solo genere radiofonico, invece di parlare di due tipi di
produzione ben diverse tra loro
2
.
Per radio teatro o teatro radiofonico noi faremo riferimento a quel genere che parte
dalla riduzione e dall’adattamento dei testi teatrali secondo le specificità del medium
radiofonico
3
, mentre il radiodramma “è un genere di fiction radiofonica in cui la voce degli
attori, la musica e gli effetti sonori costruiscono un intreccio narrativo originale.”
4
I primi esperimenti di radioteatro si hanno praticamente gia agli inizi della
diffusione della radio (1922) poiché da subito si intuì una certa affinità tra il dramma a
teatro e alla radio, un’affinità non così scontata come si riteneva.
Gli aspetti in comune tra le due forme drammatiche sono, come sosteneva gia dal
1938 uno studioso dell’arte radiofonica Enrico Rocca
5
nel suo saggio Panorama dell’arte
radiofonica:
”la categoria comico o tragica, intanto il dialogo che, acquistando nel radio lavoro
,maggiore stringatezza e mobilità e pregnanza e forza evocativa, non perde, ed anzi assume più
esclusivamente di prima, il compito di impostar tesi ed antitesi, d’arrivare all’acme e alla
catarsi, al nodo drammatico all’imbroglio esilarante, al lieto o al terrifico fine”
6
.
2
Cfr. P. Ortoleva, B. Scaramucci, Radio, Milano, Edizioni Garzanti, 2003, pag. 681 - 867.
3
Cfr. Ortoleva, Scaramucci, Radio, pag. 867.
4
F. Lever, P. C. Rivoltella, A. Zanacchi, La comunicazione, il dizionario di scienze e tecniche,
Roma, LAS, Elledici, RAI, 2002, pag. 947.
5
Cfr. F. Malatini, Cinquant’anni di teatro radiofonico in Italia, 1929 - 1979, pag. 40.
6
Rocca, Panorama dell’arte radiofonica, pag. 147.
5
Prima della nascita e produzione del genere specifico del radio teatro bisogna
riconoscere che, in contemporanea con la nascita della radio, uno dei primi programmi
trasmessi dalle emittenti radiofoniche fu il così detto “teatro trasmesso per radio”.
Il teatro trasmesso per radio consisteva nella messa in onda della diretta dai teatri
durante uno spettacolo
7
. Indubbiamente questo tipo di trasmissioni portò dei benefici al
teatro. Infatti le opere che venivano trasmesse erano delle più varie; si andava dalle
commedie, ai drammi anche classici (quindi di drammaturghi greci o latini), all’opera lirica
e ciò fece si che i lavori arrivassero anche aldilà del solito pubblico che affollava le sale
teatrali quindi ad un numero di persone sicuramente più ampio. Si pensi che con una sola
trasmissione per radio l’opera era ascoltata da più persone che in tutto l’arco di una
stagione teatrale e c’è da dire che gli utenti radiofonici erano ancora una minoranza
all’interno della popolazione
8
.
Il teatro trasmesso per radio, però, non era un genere che funzionava bene
soprattutto perché non sfruttava a pieno le potenzialità del mezzo radiofonico. Anzi
possiamo dire che sia le potenzialità, sia il pubblico della radio e sia le stesse opere ne
uscivano spesso mortificati dal confronto con lo spettacolo visto al teatro.
Infatti le opere teatrali, scritti appositamente per il teatro e senza accorgimenti
particolari, emesse per radio perdevano molto. Una trasmissione in diretta dal teatro di
prosa comporta vari inconvenienti non tanto per il fattore tecnico, che anzi era abbastanza
semplice, ma proprio per la caratteristica dei vari lavori. Al teatro uno iato, una pausa, o
semplicemente l’entrata in scena di un attore ha come elemento comunicativo principale la
parte visiva che gli spettatori nella sala possono ammirare e che è importante per la
definizione, ad esempio, delle caratteristiche del personaggio e del periodo in cui l’opera è
ambientata. Qui intendiamo tutta la comunicazione non verbale che in teatro trova largo
utilizzo e sfogo.
Quindi le incompatibilità tra teatro e radio sono evidenti ad esempio negli abiti dei
personaggi che sono visti dal pubblico in sala, ma non sono per ovvie ragione percepibili
agli ascoltatori radiofonici e così la gestualità degli attori, il simbolismo che soprattutto in
7
Cfr. Ortoleva, Scaramucci, Radio, pag. 867.
8
Cfr. A. L. Natale, Gli anni della radio, 1924 – 1954, Napoli, Liguori Editore, 1990, pag. 58 – 59.
6
certe correnti teatrali è molto presente, anche le stesse scene e gli sfondi della
rappresentazione e per le voci che in radio devono avere caratteristiche del tutto diverse,
non devono essere solo generiche, ma devono caratterizzare i personaggi ed hanno
funzioni ambientali e corali. Ad esempio in radio spesso le voci dei protagonisti danno
anche la prossemica, cioè la distanza spaziale tra i vari personaggi.
Questi elementi non potevano mancare nel complesso di un lavoro scritto
appositamente per il teatro, elementi che, quindi, in una trasposizione radiofonica del
lavoro stesso venivano a mancare. L’opera era così, mozza, mancante di qualcosa e il
radioascoltatore si sentiva estromesso dalla buona comprensione del dramma
9
.
Un'altra difficoltà sostanziale che fa si che una ripresa diretta da una sala di un
teatro non sia “radiofonica” è data dalla lunghezza delle piéce poiché un programma
radiofonico non può durare quanto un testo teatrale essendo mancante il fattore visivo che
riempie la scena. Enrico Rocca spiega così la differenza di ritmo che intercorre tra lavoro
teatrale e radiofonico paragonandoli anche al ritmo cinematografico sia muto che sonoro:
la rapidità del ritmo è artisticamente in proporzione inversa alla complessità dei
fattori, per fattori intendendo sia i sensi cui la percezione si rivolge che le dimensioni in cui è
avvertita. Il teatro che si rivolge a due sensi, vista ed udito, e che si affida a tutte e tre le
dimensioni, può permettersi maggiori indugi del film parlato che ugualmente si rivolge alla
vista ed all’udito, ma non dispone che di una premessa planimetrica e delle relative illusioni
ottiche. Il ritmo s’accelera ancora nel film muto, dove alla costante delle due dimensioni fa
riscontro un senso solo (la vista), e raggiunge il prestissimo nel radiolavoro che si rivolge al
solo udito e non può disporre per i suoi effetti che di una profondità rappresentata da distanze
acustiche
10
Enrico Rocca, sempre nel suo saggio già citato, descrive solo due casi in cui la
contemporanea messa in scena ed in onda può avere fortuna e cioè quando un lavoro radio
drammatico sia inscenabile (cioè quando un lavoro scritto per la radio si presta anche alla
rappresentazione scenica) “o quando un lavoro di teatro abbia tale semplicità ed interiorità
da rispondere alle esigenze della radio”
11
. Il Rocca qui ci riporta due esempi di lavori adatti
sia per la messa in onda e sia per la scena, il primo esempio contemplato è di un radio
lavoro del austriaco Johann Ilgs che la Ravag trasmise e rappresentò nel 1934, il secondo
9
Rocca, Panorama dell’arte radiofonica, pag. 130.
10
Rocca, Panorama dell’arte radiofonica, pag. 133.
11
Rocca, Panorama dell’arte radiofonica, pag. 132.
7
caso, sempre in Austria, è il dramma morale religioso-cavalleresco di Hans Nuchtern
Vicenda dei quattro cavalieri e della pulzella.
12
Per ovviare a queste difficoltà e distorsioni della comunicazione è importante creare
una trasposizione dal genere teatrale al genere radiofonico dell’opera. L’adeguamento del
ritmo teatrale al ritmo radiofonico può avvenire mediante riduzione cioè l’eliminare delle
azioni troppo secondarie dalla vicenda principale così da renderla più rapida e quindi più
amabilmente portato per l’orecchio all’utente radiofonico. Un altro escamotage trovato
dagli autori e registi del teatro radiofonico è quello del narratore, ruolo mutuato dalle
radiocronache.
Il narratore ha il compito di legare le varie parti rimaste di un’opera dopo che è
stata semplificata e magari di spiegare ed introdurre al pubblico radiofonico la scena in cui
si svolge l’”azione”, il periodo storico in cui è ambientato il lavoro, i vestiti degli attori e
quant’altro per supplire alla mancanza della vista nel radioascoltatore.
Così, dopo vari esperimenti e discussioni si arriva al passaggio dal semplice
trasmissione in diretta di opere teatrali alla nascita di un genere prettamente radiofonico
come il radioteatro.
Secondo le fonti a nostra disposizione e secondo quanto scrive nel 1942 Captain
Peter Eckersley nel suo libro sulla storia della produzione radiofonica inglese, The Power
Behind The Microphone
13
, il primo vero lavoro radioteatrale di cui abbiamo una
registrazione è del 17 Ottobre del 1922 quando dalla stazione radio di Writtle, villaggio del
distretto di Chelmsford, della contea dell’Essex , in Inghilterra, venne trasmessa via etere
la scena della balconata della commedia teatrale di Edmond Rostand il Cyrano de
Bergerac (1897). Tale momento dello Cyrano fu scelto dagli autori per la staticità dei
personaggi nello svolgimento della scena così da non far sussistere uno dei problemi della
trasposizioni da testi teatrali a testi radiofonici, cioè come rappresentare il movimento dei
personaggi sulla scena
14
. Dopo due anni, quindi siamo nel 1924, la stazione nazionale
inglese la British Broadcasting Corporation (la B.B.C.) inizierà un progetto di produzione e
12
Cfr. Rocca, Panorama dell’arte radiofonica, pag. 132.
13
Cfr. T. Crook, British Radio Drama - A Cultural Case History, in
http://www.irdp.co.uk/britrad.htm.asp, 14.06.2006.
14
Cfr. Crook, British Radio Drama - A Cultural Case History, in
http://www.irdp.co.uk/britrad.htm.asp, 14.06.2006.