6
William Rothman in un suo articolo nota come nei film di Hitchcock la cinepresa
mostri quei gesti che hanno la forza di affermazioni, dimostrazioni e argomentazioni.
3
Proprio qui che si sofferma il mio interesse: come Hitchock utilizzava la camera e
sceglieva le inquadrature per restituire la dimensione etico-morale dei suoi film.
La morale, secondo il dizionario della lingua italiana, è questa “complesso di
consuetudini e norme che regolano la vita pubblica e privata.”
4
L’obiettivo principale della
tesi è individuare le tecniche e il montaggio delle inquadrature che Hitchcock usava per
delineare i motivi morali e gli stati d’animo dei personaggi, cioè come riusciva
all’immagine morale sia dei personaggi che delle situazioni narrate. Per meglio
comprendere il tema trattato prenderemo brevemente in esame la vita e le opere di Alfred
Hitchcock, con l’accento sulla dimensione religiosa; analizzeremo i temi morali che
appaiono nei suoi film alla luce della teologia/etica sottostante; individueremo le
caratteristiche morali dell’eroe hitchcockiano e, concentrandoci su The Wrong Man,
studieremo l’opera di Alfred Hitchcock nell’ottica della visualizzazione della morale.
Il metodo di questa ricerca sarà la lettura critico-analitica di alcuni scritti sul
cinema di Alfred Hitchcock e, successivamente, un approccio semiotico alla sua
cinematografia soffermandoci su alcuni framenti dei suoi film.
Anche se fino ad oggi sono state scritte decine di biografie di Hitchcock, l’autore
più noto e più citato rimane Donald Spoto il cui libro è universalmente considerato la
biografia “definitiva” del regista. Spoto, dottore in letteratura teologica, ha esplorato le
radici profonde delle ossessioni di Hitchcock nel suo testo più noto, ricostruendo le origini
del suo incomparabile e bizzarro genio, dagli anni della fanciulezza e della formazione a
quelli del successo americano. Dall’altra parte il regista francese e teorico del cinema,
François Truffaut, che realizzò molte interviste con il cineasta inglese, si è occupato della
grammatica delle immagini, delle invenzioni visive, del taglio delle quadrature, della
narrazione.
3
Cf. William ROTHMAN, Some Thoughts on Hitchcock’s Autorship, in R., ALLEN ISHII - S. GONZALES
(Edd.), Alfred Hitchcock. Centerary Essays, London, British Film Institute,31.
4
Nicola ZINGARELLI, Lo Zingarelli: Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli. Dodicesima
edizione. Bologna, Zanichelli 1999, 1140.
7
L’autore che si è occupato della semiologia dei film di Hitchcock, da un punto di
vista cattolico, è stato il gesuita americano Neil Hurley, che ha curato in particolare
l’esplorazione del suo mondo metafisico, e che prenderemo in esame nel corso di questo
lavoro. Infine altri autori che hanno scritto su questa tematica e che verranno citati sono
Eric Rohmer e Claude Chabrol, Slavoj Žižek, David Sterritt, Natalino Bruzzone e Valerio
Caprara.
L’analisi semiotica delle sequenze e di alcune scene, che focalizzano al meglio la
narrazione morale nei film, sarà prevalentemente basata sulla significazione del linguaggio
cinematografico approfondita da Roberto Provenzano.
8
Capitolo primo
LA VITA E LE OPERE DI ALFRED JOSEPH HITCHCOCK
Figura complessa e controversa, Alfred Hitchcock è considerato da quasi tutti i
critici cineasti come un grande regista di cinema puro, colui che è stato maestro nella
narrazione attraverso le immagini, acquistando la notorietà per il suo caratteristico stile
legato alla suspense. Ma ci sono anche degli studiosi di questo cineasta che hanno preso in
considerazione i temi religiosi e morali che rappresentano il filo conduttore di quasi tutte le
sue opere, soprattutto quelle prodotte nel periodo maturo della sua carriera a Hollywood:
negli anni ‘50 e ‘60. C’è proprio un intero mondo della morale che merita di essere
esplorato nei suoi 54 film. Per questo motivo bisogna cominciare dal principio, in altre
parole vedere e capire i punti cruciali della sua vita nel periodo dell’infanzia e
dell’adolescenza che hanno influenzato il suo modo di essere sul piano personale e il suo
modo di girare i film sul piano professionale, sia nel periodo britannico, sia in quello
americano, ed è ciò che verrà preso in considerazione nel presente capitolo.
9
1. Dalla famiglia severa al Collegio gesuita: l’infanzia e l’adolescenza
La vita di un artista che ha vissuto ottant’anni, di cui sessanta da regista, merita
un’attenzione appropriata, come è riuscito a fare in 650 pagine Donald Spoto, il più famoso
biografo di Hitchcock. Poichè lo spazio di questa tesi è assai limitato, ci concentriamo
sugli eventi e sulle personalità più rilevanti per comprendere la personalità del cineasta
inglese e i motivi per i quali suoi film affrontino le tematiche del profondo umano.
1.1. L’educazione ricevuta nell’ambito familiare
Leggendo le biografie di Alfred Hitchcock e facendo i riferimenti alle rare
osservazioni personali sulla propria infanzia, come il leitmotiv emergono la figura
predominante di madre e della sua rigida educazione cattolica da una parte, e la severità del
padre dall’altra. Quelle esperienze che Hitchcock ha vissuto in famiglia, insieme con
qualche evento particolare che ha lasciato una “traccia” nella sua anima, saranno esaminate
nel paragrafo successivo.
1.1.1. La formazione basata sull’immagine materna
Alfred Joseph Hitchcock nasce il 13 agosto 1899 in Inghilterra, a Leytonstone,
nell’East End di Londra, in una famiglia cattolica della classe media come il terzo figlio di
William ed Emma Hitchcock.
Il naturale predominio delle madri nelle famiglie dell'East End, l'amore sviscerato
di cui la signora Hitchcock circondava suo figlio più piccolo e la severità del suo retroterra
di cattolica irlandese rendevano inevitabile la centralità della madre nella vita del giovane
Hitchcock. Secondo un cugino, Emma Hitchcock era una persona composta ed elegante,
che parlava pacatamente, con un certo piglio aristocratico. Non si avventurava mai fuori
della sua stanza senza essersi vestita da capo a piedi in modo perfetto, e faceva le sue cose
in tutta calma, in modo un po’ solenne. Hitchcock solo raramente accennava a sua madre -
a parte nei film - e quando capitava nel corso di una conversazione lo faceva in modo
molto stringato e generico. Anche in età adulta, lei accompagnava spesso il figlio in
10
vacanza con la moglie, e in quelle occasioni lui si sentiva più in dovere di soddisfare i
capricci di sua madre che di preoccuparsi di sua moglie. In cima ai pensieri di Emma
Hitchcock c'era il dovere di proteggere i suoi figli da influenze negative. Mentre il padre
teneva d'occhio l'orologio e stabiliva le regole, era la madre che dedicava ai figli la
maggior parte del tempo. Ogni sera quando Hitch tornava a casa da scuola, la madre lo
faceva sedere ai piedi del suo letto per sottoporlo a domande particolareggiate sulla sua
giornata, che richiedevano risposte altrettanto particolareggiate: “È una cosa che mi ha
sempre fatto fare. Era un rito. Ricorderò per sempre le confessioni della sera”, raccontava
Hitchcock 50 anni dopo. La devozione pretesa da una madre il cui interesse per la vita del
figlio imprigionava piuttosto che liberava, indagava piuttosto che incoraggiava, e
infondeva un senso di colpa rigoroso e nevrotico.
5
Per quanto riguarda i suoi film, Notorious per esempio, è rappresentativo di una
nuova e acuta concezione del rapporto madre-figlio, dove la figura della madre non è più
presente solo per far conversazione, ma, per la prima volta in un film di Alfred Hitchcock,
risulta fra i personaggi principali e da allora in poi - come più tardi in Psycho, The Birds e
Marnie – il regista ha cominciato a rappresentare la figura materna come colei che tenta di
impedire ai figli di avere relazioni con altre donne, dunque come confidente personale
della sua rabbia, delle colpe, del risentimento e del suo triste struggimento.
6
L’etica ufficiale inglese nel periodo dell’adolescenza di Hitchcock si basava ancora
sulle leggi della Scrittura, sui comandamenti, sul timore di Dio, sui codici del Regno e sulla
consuetudine universalmente accettata di vigilare sulle passioni, specialmente su quelle dei
sensi. Anche il fatto di essere cattolico in un ambiente a maggioranza protestante è sempre
stata quasi un’eccentricità e motivo di imbarazzo nei rapporti sociali. Quindi l'insistenza sul
timore del peccato, sulla rettitudine morale e sull'osservazione di ogni più piccolo
particolare dei dettami dell’Antico e dell’Nuovo Testamento era concepita per mantenere
forti e compatti i ranghi dei cattolici.
5
Cf. Donald SPOTO, Il lato oscuro del genio: la vita di Alfred Hitchcock, Torino, Lindau, 1999, 32-33.
6
Cf. SPOTO, Il lato oscuro del genio, 343. Cf. anche Paul DUNCAN, Tutti i film di Alfred Hitchcock, Köln,
Taschen, 2003, 109.
11
Essendo un ragazzo dell’East End, non emarginato, ma neppure socialmente
rispettabile, Hitch “era combattuto fra il desiderio di prestigio sociale e lusso, da un lato, e,
dall’altro, il principio cattolico, che gli era stato inculcato, secondo il quale il prestigio
sociale e il lusso non fanno la felicità”.
7
Sulla domanda se si considerasse un artista
cattolico, il cineasta inglese rispose: “Appartengo a una famiglia cattolica e la mia
educazione è stata strettamente religiosa. D’altronde, mia moglie si è convertita al
cattolicesimo prima del nostro matrimonio.
8
Non credo che si possa dire che sono un’artista
cattolico, ma è possibile che la mia educazione, così importante in un uomo, e il mio
istinto, traspaiono nel mio lavoro”.
9
1.1.2. La vicenda dell’oscura figura paterna
Il padre William Hitchcock, negoziante e venditore di pollame, era un tipo
abbastanza eccentrico e in realtà, come lo stesso Hitch ha confessato a Truffaut,
estremamente nervoso.
10
Usava anche una certa severità nei confronti del figlio e perciò
Alfred non gli era mai stato molto vicino.
L’incidente centrale della sua infanzia – l’esperienza del carcere - che Hitchcock
raccontò all’infinito per anni a giornalisti, colleghi, scrittori e attori, ci spiega come mai al
centro di molti suoi film ci sia un uomo che viene ingiustamente accusato di un crimine:
Quando avevo non più di sei anni feci una cosa che mio padre considerò degna di
rimprovero e fui mandato alla stazione di polizia con un biglietto. L’agente di turno lo
lesse e mi rin2chiuse in cella per cinque minuti dicendo: “Ecco che cosa facciamo ai
bambini cattivi. Da allora ho fatto qualunque cosa per evitare l’arresto e la reclusione. Per
i giovani il messaggio è: state alla larga della prigione.
11
7
SPOTO, Il lato oscuro del genio, 40.
8
Secondo Spoto, la madre di Hitchcock ha suggerito, per superare l’impedimento, che Alma abbraciasse il
credo cattolico. Lei frequentò il corso preparatorio richiesto per la conversione e fu ribattezzata secondo il
rito cattolico. Cf. SPOTO, Il lato oscuro del genio,124.
9
TRUFFAUT, Il cinema secondo Hitchcock, 264.
10
Cf. TRUFFAUT, Il cinema secondo Hitchcock, 292.
11
SPOTO, Il lato oscuro del genio, 24.
12
Il problema era che Hitch non sapeva quale fosse stata la ragione del suo
imprigionamento: “Non ne ho la minima idea. Mio padre mi chiamava sempre la sua
‘piccola pecora senza macchia’. Veramente non riesco ad immaginarmi che cosa abbia
potuto fare”.
12
La storia della prigione suggerisce un'idea dell'educazione rigorosa di Alfred e
dell'ambivalenza dei suoi sentimenti. Se il racconto è veritiero, allora William Hitchcock
aveva una vena insolitamente crudele, indipendentemente della colpa per cui il bambino
doveva essere punito. È possibile che dietro questa storia fosse il temperamento della
madre di Alfred e di suo padre poliziotto, ma in proposito non si può che fare supposizioni.
Hitchcock dichiarò sempre che quella breve carcerazione giovanile lo spaventò a morte,
infondendogli il terrore per la polizia e per ogni tipo d’autorità, e ha sottolineato come il
motivo, ricorrente nel suo lavoro, dell'innocente arrestato e imprigionato fosse un tentativo
di esorcizzare quel trauma infantile. Potrebbe, in effetti, anche aver inventato quella storia.
Se quell’incidente è accaduto davvero così come lui lo raccontava, allora suo padre aveva
un modo davvero strano di correggere i figli. Se è pura invenzione hitchcockiana, il
racconto suggerisce, comunque, l’impressione adulta che aveva di suo padre e della sua
infanzia - o, almeno, il senso di colpa e di terrore che lui voleva far credere alla gente di
aver patito.
13
Per quanto riguarda l’educazione rigida di Hitchcock, possiamo concludere che:
Questo regime di ferrea disciplina, unito alla rigida educazione cattolica e al carattere
autoritario della madre, generò nel giovane Hitchcock la certezza che ogni minima
infrazione alla regola sarebbe stata punita senza indugio e con severità. Aveva un’esatta
percezione della linea di confine tra il bene e il male ed essendo restio a superarla
sviluppò uno spiccato autocontrollo e un buon senso dell’organizzazione.
14
12
TRUFFAUT, Il cinema secondo Hitchcock, 23.
13
Cf. SPOTO, Il lato oscuro del genio, 31-32.
14
DUNCAN, Tutti i film di Alfred Hitchcock, 20.
13
1.2. La formazione religiosa e “ timorosa” dai Gesuiti
Nel 1908 William ed Emma, dopo l’accusa di padre Flanagan per aver scelto
un’educazione laica per il figlio, hanno deciso di mandare il ragazzo di nove anni in
collegio dai Salesiani, a Battersea. A causa del vitto cattivo e dopo uno scontro con il
preside, il padre ritirò il figlio dalla loro scuola.
15
Successivamente, nel 1910, fu iscritto, sempre come laico, al St. Ignatius College di
Stamford Hill, sotto la rigida cura dei padri gesuiti,
16
ai quali Hitch doveva, secondo i suoi
numerosi studiosi, la formazione di un’identità paurosa e l’influenza sulle sue opere.
17
I
Gesuiti infatti erano famosi per le loro punizioni corporali di “una dimensione psicologica,
dando ai ragazzi la facoltà di decidere quando ricevere le sferzate di una dura verga di
gomma”.
18
Probabilmente fu durante il tempo passato dai Gesuiti che la paura si è rafforzata in me.
Paura morale, quella di essere associato a tutto ciò che è male. Me ne sono sempre tenuto
alla larga. Perché? Per timore fisico, forse. Avevo il terrore delle punizioni corporali.
Allora c'era la frusta. Sono convinto che i Gesuiti la usino ancora. Era di gomma molto
dura. Non la somministravo certo così, a caso, era una sentenza che eseguivano. Ti
dicevano di passare da un certo prete alla fine della giornata. Questo prete registrava
solennemente il tuo nome in un quaderno indicando il castigo che dovevi subire, e per
tutta la giornata vivevi in questa attesa.
19
Anche la più remota possibilità di essere sottoposti a pene corporali, per molti
studenti, specialmente quelli più sensibili, che forse a casa non erano mai stati puniti, era
fonte di un terrore mortale.
15
Cf. SPOTO, Il lato oscuro del genio, 30. Spoto ci anche informa che i salesiani “avevano la mania di
purgare, sempre e comunque”. Duncan poi aggiunge che “il Collegio dei Salesiani di Battersea purgava i
mali fisici e spirituali degli allievi somministrando loro, al termine della cena, una dose di lassativo con ovvie
conseguenze”, in DUNCAN, Tutti i film di Alfred Hitchcock, 19.
16
Il Saint Ignatius College, a Stamford Hill, Londra, fu fondato nel 1894. Quando si è iscritto Hitchcock, fra i
250 studenti esterni dell'autunno del 1910, la scuola era già largamente nota per la tradizionale insistenza dei
Gesuiti sull'ordine, sulla disciplina e sul rigore del corso di studi. Cf. SPOTO, Il lato oscuro del genio, 41.
17
A proposito padre Neil Hurley disse che “l’influenza di Gesuiti è un pezzo mancante nell'enigma che
costituisce questo uomo complesso ed il suo lavoro straordinario”, in HURLEY, Soul in Suspense:
Hitchcock’s Fright and Delight, VII.
18
DUNCAN, Tutti i film di Alfred Hitchcock, 19. Secondo le parole di Spoto, le percosse quotidiane con la
verga non fossero comminate solo per una risposta sbagliata a una domanta dell'insegnante, invece erano
dispensate solo per rilevanti mancanze o l’insofferenza notoria. Cf. SPOTO, Il lato oscuro del genio, 45.
19
Fabio CARLINI, Alfred Hitchcock, Firenze, La Nuova Italia, 1974, 8.