5
progressivamente ritrovate a dover affrontare: l’inadeguatezza ed
obsolescenza delle tradizionali metodologie e tecniche del marketing (tanto
da un punto di vista strategico ed analitico, quanto più prettamente
operativo). In altre parole, sono state le imprese a dover individuare forme
alternative di ricerca e comunicazione allorché quelle tradizionali non sono
più state in grado di garantire un’affidabile conoscenza dei propri target,
nonché un’efficacia nell’instaurarci relazioni. È quindi il target, ed in senso
più esteso il fenomeno del consumo, a rappresentare la variabile
indipendente, dai quali riassestamenti è dipesa la modernizzazione delle
pratiche del marketing. Da un punto di vista più strettamente strategico ed
analitico, potremmo indicare le origini delle nuove tecniche di ricerca del
marketing contemporaneo in tre ordini di motivi, rinvenibili nel più
generale mutamento strutturale delle pratiche di consumo che hanno
portato alla definizione del nuovo consumatore postmoderno: da una parte,
infatti, questi è oggi molto più consapevole di quanto lo fosse in
precedenza rispetto ai reali bisogni che esso ha; in altre parole, raramente
potrà farsi sedurre da una merce con la stessa facilità di prima, quando si
asserviva ad essa con totale disponibilità. D’altro canto, ha anche
accresciuto enormemente il suo potere negoziale (in termini di
comunicazione, grazie alla diffusione di Internet, che gli permette di avere
conoscenze ed informazioni assolutamente approfondite sui prodotti verso
i quali mostra un atteggiamento favorevole, ed economici, perché può
scegliere tra un range di beni molto più ampio), divenendo quindi un
soggetto assolutamente attivo e partecipativo nello scambio
domanda/offerta. Tuttavia, poiché ha ormai soddisfatto completamente i
bisogni di tipo primario, il consumatore postmoderno sembra essere
sempre più alla ricerca di valori effimeri ed esperienze fuggevoli e
transitorie per soddisfare quei bisogni di tipo secondario (bisogni di
aspirazione ed autorealizzazione) della nota piramide di Maslow.
Da questo sintetico quadro risulta un tipo di consumatore totalmente
diverso da quello precedente, perché mosso, nelle sue pratiche di consumo,
da motivazioni estremamente differenti; se a ciò aggiungiamo il fatto che
oggi stiano emergendo sempre più frequentemente anche nuovi tipi di
6
target (gli anziani, gli omosessuali, le comunità immigrate, ecc.) che
costituiscono dei veri e propri mercati, si capisce immediatamente come il
consumatore postmoderno difficilmente possa venir analizzato e
classificato attraverso categorie rigide. La tradizionale ricerca del
marketing, quella che produceva una grande massa di dati e delle cluster
articolate e schematiche, deve esser sostituita da un nuovo tipo di ricerca
più flessibile e fluida. Soprattutto, non si può continuare a considerare il
consumatore come un numero, come uno degli addendi che sommati
costituiscono il mercato, in una società sempre più tribalizzata
1
.
Da un punto di vista operativo, invece, la crisi del marketing può essere
riassunta nella crisi del modello pubblicitario classico. Pubblici sempre
meno affezionati ai media da una parte, nonché crescente sovraffollamento
dei messaggi (con conseguente overload e saturazione dei canali
comunicativi, e crescita esponenziale dei costi degli spazi) dall’altra, sono
probabilmente le due cause principali della crisi della comunicazione mass
market. Anche in questo caso, le aziende si sono ritrovate a dover ricercare
delle forme alternative di comunicazione: e per incontrare un consumatore
sempre più sfuggevole, tale ricerca si è spesso risolta nell’individuazione
dei luoghi stessi in cui il target si aggrega ed interagisce (da qui, ad
esempio, lo sviluppo di tecniche come l’ambient marketing). Il target va
dunque inseguito e rincorso, perché aspettandolo fermi sui media
tradizionali si rischia di non incontrarlo mai; e come dimostrano le tecniche
più recenti, dal word-of-mouth al flash mod, agli sneezers, fino ad insolite
forme di assvertising, l’azienda non può mai fermarsi e rilassarsi.
Marketing research e marketing communication avrebbero quindi sofferto
particolarmente quella crisi più generale della disciplina che ha
caratterizzato questi ultimi anni (e che di certo non è ancora totalmente
superata). E proprio sul riassestamento di tali processi stanno emergendo le
tecniche più significative del marketing contemporaneo.
Tuttavia, c’è un terzo aspetto da dover considerare; un aspetto che, tra
1
In fondo, sembrano riproporsi qui le stesse problematiche della ricerca scientifica più
classica: l’analisi quantitativa deve essere assolutamente supportata dall’indagine
qualitativa.
7
l’altro, ci introduce più specificatamente al significato del presente lavoro:
la crisi che il marketing ha attraversato anche da un punto di vista
paradigmatico e strutturale. Per chiarire questa terza dimensione è però
necessario fare prima alcune considerazioni. Nel lavoro, infatti, tendiamo a
considerare il marketing contemporaneo come postmoderno. L’uso di tale
termine può nascere da molteplici significati, che verranno illustrati più
avanti; non ultimo, tuttavia, quello strettamente legato all’uso che di tale
termine viene fatto negli ambiti più specificatamente culturali e sociologici
per indicare il più vasto processo di mutamento che ha riguardato le società
contemporanee negli ultimi decenni e le ha portate ad acquisire quei
contorni propri, appunto, della postmodernità. Il passaggio a tale
dimensione sarebbe dovuto, fondamentalmente, alla crisi e caduta delle
ideologie, o metanarrazioni, per dirla con le parole di chi per primo ha
posto queste considerazioni ad un’attenzione più diffusa di quanto lo fosse
quella che accolse tale termine inizialmente, in una fase, evidentemente,
ancora troppo prematura (gli ambiti artistici e letterari). Questa crisi
epistemologica, composta con una serie di mutamenti più prettamente
sociali, politici ed economici, avrebbero in sintesi dissolto quell’ideale (e
poi pratica) di modernità che era invece stato il punto di riferimento delle
società per i secoli precedenti (per lo meno, gli ultimi tre). Attraverso
quest’idea, esse avevano potuto lasciarsi alle spalle la tradizione e buttarsi
a pieno regime in quel processo di modernizzazione che avrebbe loro
permesso il compimento di quel progetto illuminista di emancipare
l’individuo, liberandolo appunto dagli obblighi comunitari, per renderlo un
uomo libero, felice e, soprattutto, facoltoso di scegliere da per sé il suo
personalissimo progetto di vita. Sarà nostro compito affrontare meglio
questo tipo di discorsi nella prima parte del lavoro: da una parte per
liberare immediatamente il campo da possibili equivoci ed estremismi
concettuali, dall’altra perché necessari per motivare il senso più profondo
dell’intero lavoro. Noi utilizzeremo le riflessioni partorite dal discorso
filosofico della modernità come particolarissime categorie interpretative
per poi strutturare quello che è il fondamento della tesi, cioè capire se si sia
passati da un marketing delle società alla società del marketing. Capire
8
quindi come la modernità si sia sviluppata, quali traiettorie abbia percorso
e come sia arrivata a frammentarsi in questi ultimi decenni c’è sembrato
assolutamente fondamentale per poi comprendere quello che è stato l’iter
di formazione-dissoluzione di una pratica che è nata decisamente moderna,
ma che oggi è sempre più postmoderna. Crediamo, infatti, che quegli stessi
fenomeni che hanno portato alla crisi della modernità si siano poi rivelati
estremamente decisivi per una crisi del marketing; non solo, ma le
dinamiche che oggi ne stanno permettendo la risurrezione, ci sembrano
pressoché quelle medesime che stanno caratterizzando il procedere della
postmodernità e il suo manifestarsi.
0.2 Questioni di metodo
Come visto, il lavoro si muove su più ambiti concettuali, cercando di
concentrare in un’unica prospettiva idee e considerazioni estremamente
diverse e lontane tra loro. E per evitare contiguità e sovrapposizioni
concettuali, nonché alludibili pretese di assolutismo e rivoluzionarismo
sostanziale, assolutamente assenti nelle intenzioni, crediamo sia doveroso
operare un’iniziale, ed appunto introduttiva, distinzione e chiarificazione di
cosa si possa intendere, innanzitutto, per marketing in questi scenari, e di
conseguenza come ciò possa venir congiunto a riflessioni tanto diverse e
lontane, per esperienze e applicabilità, come quelle sulla modernità, le sue
logiche e le sue traiettorie attuali. Innanzitutto, questo lavoro non si
presenta come una sorta di manuale disciplinare; dunque, non crediamo sia
la sede, data la mission del presente lavoro, di operare delucidazioni sugli
innumerevoli significati che nel corso di decenni sono stati attribuiti alla
pratica del marketing; né riteniamo meno inutile un excursus sulle origini
di questa disciplina e dei percorsi che l’hanno vista diffondersi e
svilupparsi, in continui giochi di rimodellamento a seconda dei diversi
contesti di riferimento e delle diverse esigenze, nei diversi orientamenti
operativi che l’hanno contraddistinta. Vorremmo invece considerare e
rilevare quasi esclusivamente la natura dinamica di questa disciplina, la sua
9
imprescindibile necessità di confrontarsi, e quasi scindersi, con la società, o
in parti di essa (i segmenti di mercato), la sua minuziosa focalizzazione e
attenzione su gruppi di individui, visti come consumatori, ma pur sempre
attori sociali, con ruoli ascritti e ruoli da conseguire sulle stesse pratiche
operative di marketing, portatori di identità da riflettere, di valori ed
ideologie, depositari di stili di vita e di consumo, rito imprescindibile per la
stipulazione di un contratto sociale. Non si considererà quindi il marketing
nel suo orientamento di vendita, nella tradizionale ottica di questo come
funzione commerciale delle organizzazioni aziendali, che in questo
investono per il mero raggiungimento di obiettivi commerciali e la crescita
dei volumi di vendita e delle quote di mercato; ma, piuttosto, come un
particolarissimo soggetto da sempre vicino ai mutamenti e cambiamenti
sociali e culturali. Strumento che nei nuovi approcci metodologici si è man
mano evoluto e sempre più raffinato. Altrettanto poco produttivo riteniamo
sia soffermarsi sulla possibile obiezione riguardo quei casi in cui è il
marketing stesso, con le sue pratiche operative (pubblicità classica su
tutte), a guidare il mercato e diffondere in esso gusti e bisogni predefiniti.
Crediamo infatti che nei tempi odierni questa sia un’operazione
estremamente complessa, e per alcuni contesti non più praticabile, data la
impercettibilità e la fluidità dei segmenti sociali postmoderni. Tenderemo
quindi a considerare il marketing come un fenomeno sociale, come un
qualcosa che ha sempre avuto qualcosa a che fare con la società, con le sue
dinamiche ed i suoi fenomeni, lasciando alle pagine che seguono il
compito di meglio approfondire tale particolarissimo rapporto, e cogliere le
diverse intensità delle contaminazioni e reciprocità storicamente
determinatesi. Il tutto in una prospettiva storico-evolutiva, che ci
permetterà di arrivare ad una distinzione tra un marketing moderno ed un
marketing postmoderno: la ricerca delle discontinuità tra le due fasi può
essere un primo obiettivo d’indagine. S’impone tuttavia una prima nota
metodologica. Nel lavoro useremo i termini marketing postmoderno e
marketing non convenzionale in maniera apparentemente interscambiabile;
essi hanno invece significati a nostro avviso leggermente diversi:
marketing postmoderno sta a significare infatti l’approccio culturale di
10
riferimento, l’atteggiamento necessario per competere nei nuovi mercati
contemporanei, nonché a collocarne il suo ruolo nella più generale era
contemporanea della postmodernità; marketing non convenzionale
comprende invece solamente l’insieme delle tecniche operative a
disposizione di un management (che si potranno rivelare vincenti solo se
esso avrà un orientamento postmoderno, quindi). Tuttavia, l’impostazione
sociologica del lavoro rimarrà tale anche in questo tipo di distinzione: il
marketing postmoderno, quindi, si identificherà esclusivamente con la
postmodernità. Anche perché, come detto, tali considerazioni potranno
sussistere se supportate da quanto in precedenza discusso a proposito del
dibattito modernità vs postmodernità. Anche in questo caso, si impongono
alcune note metodologiche. Il termine postmodernità, per quanto
frequentemente riproposto, non gode assolutamente di un consenso diffuso,
ma è spesso oggetto di critica e scetticismo. Esso ha sempre avuto, e
continuerà ad avere, vita piuttosto difficile. Sostenuto e proclamato un po’
ovunque, viene ugualmente rifiutato e criticato da chi intravede in esso un
semplice pretesto, anche un po’ modaiolo, di notorietà e popolarità fra gli
ambienti accademici e culturali. Tuttavia, il ricorso sempre più assiduo che
ad esso si fa per indicare fenomeni contemporanei sempre più estesi e
differenti tra loro (e probabilmente il nostro caso ne è un esempio) non è
solamente motivo di confusionarietà e superficialità analitica, ma anzi
indice di ricchezza e pluralità concettuale. Quindi, anche noi potremmo
correre quello stesso rischio, che accomuna chi ne fa utilizzo, di essere
tacciati di stravaganza, quando va bene, e inattendibilità. Ad ogni modo,
noi continueremo a fare uso della nozione di postmodernità ed anche in
riferimento alle società contemporanee perché, anche se variamente
contestata, ma comunque insistentemente riproposta, essa è
concettualmente e storicamente sostenibile, e nonostante i suoi limiti
(peraltro non maggiori di quelli connessi alle nozioni di modernità e
tradizione che tuttavia hanno goduto e godono di larga accettazione)
permette di inquadrare al suo interno una serie di fenomeni e dinamiche
proprie della contemporaneità che altri, per esempio, rubricano sotto
l’ormai abusata dizione di “complessità”. Tra l’altro, tale quadro teorico è
11
servito, come detto, per produrre poi la nostra osservazione più generale
sul percorso evolutivo (e dissolutivo) del marketing.
Discorso diverso merita il concetto di postmodernizzazione. Esso,
probabilmente, non gode di alcun consenso neanche in quegli ambiti pur
particolarmente fertili per le ipotesi postmoderniste. Non ha fondamento,
né, quindi, neanche un pur minimo significato radicato. Noi ce ne
serviremo esclusivamente per far riferimento a certe e particolari
dinamiche del marketing postmoderno che tenteremo di indagare. Ma il
nostro sarà comunque un utilizzo di comodo, per così dire, perché ci
sembra comunque facilmente intuibile (e provvederemo comunque a darne
prontamente un significato definito non appena se ne avvertirà l’esigenza).
0.3 Guida alla lettura
Il presente lavoro si propone di ripercorrere l’iter evolutivo del marketing
da un punto di vista particolarmente sociologico, che ci permetta cioè di
ritrovare in tale sviluppo i momenti in cui i contatti tra marketing e società
si sono fatti più intimi e profondi. Come detto, per tracciare questo
percorso ci siamo dovuti servire di categorie ben precise, che abbiamo
ritenuto di poter individuare nel discorso più generale della modernità e
della postmodernità. Il tutto, per poter giungere ad una risposta che possa
soddisfare quello che è l’interrogativo di fondo di tutto il lavoro: con il
passaggio alla postmodernità, si è effettivamente passati da un marketing
delle società alla società del marketing?
Nella prima parte, quindi, ripercorreremo il discorso filosofico della
modernità, attingendo dall’immensa disponibilità concettuale della
letteratura (dal nostro punto di vista prevalentemente sociologica) di
riferimento. Più in particolare, nel capitolo primo si ripercorrerà come
nell’Illuminismo si sia iniziato a partorire l’idea di un progetto modernista
che producesse un mutamento negli ordinamenti sociali di allora e nel
ruolo dell’individuo, rendendolo un attore partecipe di tali cambiamenti.
Fondamentalmente, sarà posta particolare attenzione, innanzitutto, sulle
12
specificità strutturali che contraddistinsero l’ideologia modernista propria
dei filosofi del Lumi; in seguito, come questa ideologia si sia servita di uno
strumento per adempiere i fini illuministici: il processo di modernizzazione
riprese in pieno, infatti, i caratteri di razionalizzazione e rivoluzione propri
del pensiero modernista più generale, permettendo la rottura con i vincoli
tradizionali e comunitari, nel tentativo di emancipare l’azione umana da
ogni forma di appartenenza prestabilita, attraverso l’instaurazione di un
processo universalizzante di modernizzazione come strumento per
pervenire alle esigenze della modernità. Concluderemo il capitolo
accennando a quel fenomeno che fu probabilmente, per alcuni versi, il
segno prematuro della successiva postmodernità, perché sviluppatosi in
reazione agli eccessi della modernizzazione: il modernismo. Nel capitolo
due, invece, cercheremo di ripercorrere le riflessioni e le considerazioni
degli autori che in maniera maggiormente decisiva rispetto ad altri hanno
posto le basi per un discorso universale sulla modernità e sulle sue
applicazioni nei diversi contesti e nelle diverse esperienze. Verrà
considerata, sempre sullo sfondo di riflessioni presenti nella letteratura
contemporanea, la condizione attuale della modernità e le conseguenze di
una sua probabile rottura. Su un’analisi di comportamenti collettivi e
pratiche sociali proprie di questi ultimi tempi, si baserà un’ipotesi di
transizione sociale verso un’epoca postmoderna, con un’accurata
chiarificazione, anche terminologica, sulle implicazioni possibili.
Crediamo che proprio le riflessioni di quegli autori che meglio di altri
hanno colto le caratteristiche di questi mutamenti possano offrire contributi
significativi per comprendere anche la natura e le finalità dei nuovi
approcci del marketing postmoderno.
La seconda parte del lavoro è quella più prettamente specifica di quelle che
sono le nostre intenzioni più generali: cercheremo qui di dare concretezza
alle nostre idee circa questo particolarissimo connubio tra marketing e
modernità. Nel capitolo tre, proveremo ad individuare il rapporto che il
marketing ha avuto con la modernità, per arrivare a decretarne una crisi
proprio in virtù della più generale crisi della modernità. Decisivo, in questo
senso, sarà il passaggio da un marketing come prodotto della modernità ad
13
un marketing fattore di modernizzazione. Specificità e peculiarità di questa
transizione, di ingenti conseguenze, saranno chiarite attraverso il ricorso ad
un’interpretazione del marketing come particolarissima ideologia.
Il capitolo quattro, invece, tenterà di individuare, nella realtà operativa
contemporanea, quali siano i segnali di una ripresa strutturale della pratica
del marketing, in riferimento al contesto più generale entro il quale esso si
trova ad operare: la società postmoderna. Sarà così possibile meglio
definire le origini del marketing postmoderno, e chiarire come esso si
ricollochi oggi con il passaggio più generale alla postmodernità.
Nel capitolo cinque, infine, verranno riportate le interviste fatte a tre
personaggi di primo piano nel panorama, non solamente italiano, delle
tecniche non convenzionali del marketing postmoderno. Con tali interviste,
tenteremo di avvalorare le considerazioni che avremo fatto nei capitoli
precedenti; individuare quante delle riflessioni partorite da un approccio
sicuramente innovativo, anche perché quasi per nulla praticato, siano
realmente ipotizzabili e, soprattutto, indicatrici della realtà operativa con la
quale questi tre personaggi hanno la fortuna, ad avviso di chi scrive, di
confrontarsi quotidianamente.
Jacopo Rita
14
1
IL PROGETTO ILLUMINISTA E IL
PROCESSO DI MODERNIZZAZIONE
La modernità è il tempo nell’epoca in cui il tempo ha una storia.
Z. Bauman
15
1.1 Introduzione
Generalmente con il termine modernità si è soliti indicare lo stato assunto
dalle società occidentali a partire dal XVIII secolo a seguito di una serie di
mutamenti, non avvenuti esclusivamente nella sfera del sociale, che hanno
in qualche modo traghettato gli ordinamenti tradizionali verso un nuovo
sistema di organizzazione sociale. In un ipotetico continuum metodologico,
la modernità costituirebbe il secondo dei due poli dicotomici, essendo il
primo rappresentato invece dalla tradizione. Lungo il continuum, secoli di
eventi, fenomeni e circostanze, produttori del più vasto mutamento epocale
(solitamente noto come il processo di modernizzazione).
Nel distinguere fra gemeinshaft e gesellschaft, ciò che sembrava a
Töennies
2
maggiormente incisivo come criterio per un’operazione
oppositiva, era la mutata condizione delle relazioni interpersonali degli
individui. Se infatti certi contesti sociali più intimi incoraggiano relazioni
naturali, motivate da una volontà essenziale di interagire, laddove questi
contesti perdono la loro familiarità e non facilitano un senso comune di
appartenenza, vengono favorite relazioni più fredde e razionali, strumentali
alle proprie necessità e ai propri bisogni, motivate da una volontà che
Töennies definisce arbitraria. E i contesti sociali che si stavano formando
e che stavano conducendo verso la modernità (Töennies scriveva questo
nel 1887, trovandosi partecipe del mutamento) si caratterizzavano proprio
per la crescente perdita di quella naturalezza e di quella intimità che
avevano contraddistinto le comunità tradizionali fino ad allora esistenti.
Nelle nuove società gli individui, non più membri, sviluppavano relazioni
interpersonali solamente per necessità e interesse, non subordinando quasi
mai le loro azioni a motivi di interesse collettivo. Allo stesso modo
Durkheim fa riferimento alla solidarietà meccanica e solidarietà organica
per distinguere, ancora una volta, la diversa natura dei legami sociali fra gli
individui come fondamento strutturale dei due diversi tipi di società, quella
tradizionale premoderna, in cui “le varie unità sociali sono simili le une
alle altre e tutte sono ugualmente subordinate all’unica unità superiore: il
2
F. Toënnies, Comunità e società, Edizioni di Comunità, Milano, 1963
16
singolo è sottoposto al patriarca, la famiglia al clan, il clan alla tribù”
3
, e
quella moderna, che si manifesta invece laddove esiste una complessa
divisione del lavoro e la solidarietà sociale si fonda sulla differenza e non
sull’eguaglianza. Simmel
4
invece, anche se in maniera meno pronunciata,
opera una simile distinzione nel momento in cui nota come le attuali
società moderne siano caratterizzate da un economia monetaria sviluppata
(capitalistica), a differenza delle precedenti società, sottolineando il ruolo
giocato dall’attività economica, per l’appunto, nella definizione delle
nuove società moderne. Infine, anche il contrasto evidenziato da Weber
5
fra tutte le precedenti società tradizionali e quelle fondate sul moderno
razionalismo occidentale è inseribile nella classica tradizione sociologica
che muoveva nell’intento di comprendere i mutamenti delle organizzazioni
sociali allora in atto. In fondo la stessa sociologia è un prodotto della
modernità
6
. Nella scorporazione della filosofia in una molteplicità di saperi
che avviene a fine ottocento, in un’ottica di maggior “specializzazione”
della conoscenza e con l’intento, illuminista, di una maggior
consapevolezza delle leggi che regolano la natura, compito attribuito alla
sociologia fu proprio quello di comprendere i mutamenti che stavano
attraversando le società, e la natura delle dinamiche di socializzazione e di
aggregazione che strutturavano le relazioni degli individui moderni. E
infatti, come brevemente accennato, tutta la sociologia di primo stampo si
mosse in questa direzione, trovando nell’opposizione sistematica fra
comunità tradizionali e società moderne il miglior impianto metodologico
per perseguire i fini dell’analisi sociologica
7
. La modernità non è tema,
3
E. Durkheim, Le forme elementari della vita religiosa, Ed. Comunità, Milano, 1971
4
G. Simmel, Sociologia, Edizioni di Comunità, Milano, 1989
5
M. Weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, Sansoni, Firenze, 1972
6
Come osserva Frisby, nella sua lotta per affermarsi come disciplina indipendente, la
sociologia spesso ha preso come oggetto di studio ciò di cui era un prodotto: vale a dire la
modernità. Cfr. D. Frisby, Frammenti di modernità: Simmel, Kracauer, Benjamin, Il
Mulino, Bologna, 1992
7
E’ interessante notare come nel discorso sociologico della modernità di questi autori,
come detto attori partecipi dei mutamenti della modernizzazione, prevalga una visione
quasi sempre pessimistica del mutamento. Soprattutto in Toënnies, la nostalgia e il
17
però, di competenza esclusivamente sociologica. Anche perché la
modernità, come concezione e ancor prima come termine, ha storia
lunghissima alle spalle, ben più lontana del 1850.
1.2 Il progetto illuminista della modernità
I presupposti teorici di un passaggio delle società tradizionali a un nuovo
ordine moderno iniziarono a manifestarsi, infatti, già fra i pensatori
dell’Illuminismo. Secondo Habermas, proprio in quel periodo si verificò
uno straordinario sforzo intellettuale di “sviluppare una scienza obiettiva,
una morale e un diritto universali e un’arte autonoma secondo le rispettive
logiche interne”
8
che permettessero una rottura con il passato e un
superamento delle consuetudini tradizionali fino ad allora praticate.
Che puntualmente, nella storia dell’umanità, si verifichi un bisogno di
svolta storica e di affrancamento dalla tradizione è un fenomeno piuttosto
noto. Del resto, tutta la questione circa la disputa fra antiquus e modernus
ha sempre generato momenti di dibattito e di riflessione e ha, tra l’altro,
radici profondissime. Già sant’Agostino aveva proposto l’antinomia per
contrapporre la nuova era cristiana all’antichità pagana. Ancora,
l’Umanesimo e il Rinascimento introdussero il termine medioevo per
distinguere tra evo antico e evo moderno. Non solo, la nuova epoca veniva
vista come una rinascita e un radicale cambiamento dopo la stagnazione
degli ultimi tempi. Nel XVII secolo, la controversia fra gli antichi e i
rammarico per quel paradiso perduto che erano le comunità tradizionali è piuttosto
chiaro. Ciò ha sempre prodotto, nelle analisi sociologiche, un percorso sempre più
negativo man mano che il continuum si spostava dal primo polo delle comunità
tradizionali verso il polo opposto delle società moderne. Non è irrilevante tale questione;
come vedremo dopo, crediamo che questo testimoni come la modernità abbia prodotto sui
suoi stessi percorsi un sentimento di reazione e di intolleranza verso l’ordine che essa
cercava di imporre in quei soggetti che si trovavano coinvolti nel vortice del
cambiamento; tutta un’estetica modernista che si sviluppò nel secolo successivo muoveva
proprio contro l’ordine e la razionalità che la modernità cercava di imporre per affermarsi.
8
J. Habermas, Il discorso filosofico della modernità, La Terza, Bari-Roma, 1987
18
moderni si fece ancora più insistente. A chi attribuiva una maggior
consapevolezza e conoscenza delle cose agli antichi, perché veri
protagonisti della storia, si opponevano coloro che, fautori dell’affermarsi
di una cultura moderna e di un clima intellettuale nuovo, alimentato dai
grandi progressi della scienza e delle invenzioni proprie dei tempi moderni,
attribuivano ai moderni una maggior capacità di intendere il flusso e la
direzione degli eventi proprio perché conoscitori anche di quella passata
oltre che protagonisti di quella presente. Tutte dimostrazioni, queste, della
ciclità della storia, e del suo perpetuarsi in maniera paradossalmente
ordinata, o quantomeno prevedibile, pur nel caos del momento e
dell’istantaneità. Tra l’altro il termine tardo-latino modus, da cui moderno
deriva, significava proprio ciò che è ora, adesso. Inevitabile, quindi, che
una conseguente disputa fra ciò che è ora e ciò che l’ora ha dissolto
fermenti gli animi di nostalgici e tradizionalisti, e quelli di chi è
maggiormente aperto al nuovo e al progresso. Ma il nuovo che
l’Illuminismo auspicava è il moderno così come noi lo viviamo oggi; la
modernità cercata insistentemente per secoli è la nostra contemporaneità,
come ricorda Martinelli
9
. Non solo, ma la forza e l’intensità, nonché il
desiderio estremamente diffuso di cambiamento, con cui la modernità è
stata cercata dai suoi sostenitori, differisce forse da ogni precedente storico
di svolta epocale; così come le conseguenze della modernità: dice Giddens
che i modi di vita introdotti dalla modernità “ci hanno allontanato, in
maniera del tutto nuova, da tutti i tipi tradizionali di ordinamento sociale”
10
. Come osservato da Bloom, ciò che distingue la filosofia dei Lumi da
quanto la precede è proprio la sua intenzione di estendere a tutti gli uomini
quello che era stato il territorio di alcuni soltanto, ovvero “un’esistenza
condotta conformemente alla ragione”
11
. Perché questo salto storico si
potesse compiere bisognava, come ogni diatriba fra presente e passato
giustamente impone, innanzitutto dissolvere ogni legame con il passato e il
9
A. Martinelli, La modernizzazione, Il Mulino, Bologna 1998
10
A. Giddens, Le conseguenze della modernità: fiducia e rischio, sicurezza e pericolo, Il
Mulino, Bologna, 1994
11
A. Bloom, L’arme desarmee. Essai sur le declin de la culture generale, Juillard, 1987