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salvaguardia, esplorazione e restauro dei materiali è stata sempre accompagnata
dallo studio sistematico e interdisciplinare delle evidenze portate alla luce, sia
per quanto riguarda i suoli d’abitato che i reperti che li compongono.
Le indagini interdisciplinari hanno già permesso di chiarire molti aspetti
che riguardano l’ambiente di allora, la fauna, la flora e l’uomo. Il giacimento
fornisce risoluzione a diversi problemi del Quaternario continentale, non solo
in sede locale, ma anche per correlazioni di più ampia portata (data la sua
posizione geografica ) nell’ambito del bacino mediterraneo.
Inoltre, la complessa serie stratigrafica ha permesso di approfondire lo
studio sull'evoluzione tettonica del bacino di Isernia, sul vulcanismo ad esso
collegato e infine sui rapporti tra pedogenesi, clima, tempo e roccia madre.
Ulteriori approfondimenti hanno permesso di chiarire le caratteristiche di
alcuni animali del passato quali i bisonti, i rinoceronti e gli elefanti euroasiatici,
data la loro altissima frequenza nel giacimento. Le analisi polliniche e lo studio
delle faune hanno permesso inoltre, col contributo anche delle discipline
geologiche, una ricostruzione particolareggiata dell'ambiente di 700.000 anni
fa.
Nel quadro complesso ed articolato definito dal sito di Isernia il mio
lavoro di ricerca è stato strutturato in modo da analizzare in maniera
particolareggiata i manufatti in selce utilizzati dall’Uomo preistorico del sito, sia
dal punto di vista tipologico (morfologia dei manufatti) che dal punto di vista
5
tecnologico (studio della selezione dei materiali grezzi utilizzati e dalle catene
operative di fabbricazione di utensili).
Sono stati presi in esame tutti i differenti livelli antropici già individuati
e parzialmente esplorati, anche se la mia attenzione si è rivolta in particolare
all’analisi dell’archeosuperficie 3a del I settore di scavo, quello maggiormente
scavato ed esplorato sistematicamente e comunque anche il più ricco in
termini di quantità e qualità di reperti raccolti.
Nel I capitolo ho descritto nelle linee generali l’industria litica come
elemento di evoluzione culturale con le sue caratteristiche distintive facendo
riferimento anche alle specie ominidi che l’avrebbero prodotte nel corso del
tempo. Nel II capitolo, invece, ho accentuato la mia attenzione sulla
presentazione del sito di Isernia descrivendone l’ambiente, la fauna, la
stratigrafia, le archeosuperfici e la relativa distribuzione spaziale del materiale
ivi rinvenuto.
Nel III capitolo sono entrata nel vivo del mio lavoro trattando dei
caratteri generali dell’industria litica in cui si inseriscono le indagini volte alla
ricostruzione delle strategie di sussistenza degli antichi uomini, sulla base di
ogni possibile evidenza desunta dalle attività di esplorazione e di ricerca
condotte sul sito preistorico, le metodologie di raccolta dei materiali e lo
schema di classificazione utilizzato per lo studio dei manufatti litici.
6
Nel IV capitolo particolare significato hanno i risultati relativi alla
identificazione e caratterizzazione della materia prima utilizzata: alla
scheggiatura ed ai suoi prodotti, all’utilizzo e alla funzionalità degli strumenti e
alla loro distribuzione areale sulle quattro archeosuperfici del I e del II settore
di scavo.
Nel V capitolo vengono nello specifico esposti i risultati della mia
ricerca sui reperti litici provenienti dall’unità stratigrafica 3E (Colluvio) con la
descrizione del loro stato di conservazione, lo stato del débitage delle schegge,
le caratteristiche tipologiche dei reperti (schegge, talloni e nuclei) e l’analisi
dimensionale degli stessi.
La scelta di incentrare lo studio su una particolare tipologia di materiali,
quale è l’industria litica, è stata dettata essenzialmente dall’intento di partire da
un dato sperimentale per ricostruire e capire gli aspetti più prettamente
biologici comportamentali e culturali che caratterizzano ed influenzano i
gruppi umani nel loro costante rapporto con l’ambiente circostante. E questo
aspetto è stato da me tanto più sentito in quanto ho avuto la possibilità di fare
esperienza sullo scavo di Isernia e di restare positivamente colpita dalle
innumerevoli informazioni che si possono ricavare dallo studio di un oggetto e
dalle interpretazioni che da esso si possono addurre sull’evoluzione
comportamentale dell’uomo.
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C a p i t o l o I
L’INDUSTRIA LITICA COME ELEMENTO DI
EVOLUZIONE CULTURALE
1.1 LE INDUSTRIE LITICHE NELLA METODOLOGIA DELLA
RICERCA ARCHEOLOGICA
L’Uomo è un essere del tutto originale avendo fatto confluire in quella
che chiamiamo cultura tutta una serie di modi di fare, atteggiamenti, idee e
comportamenti che derivano da quello biologico.
Infatti l’uomo raggiunge un grado di sviluppo cerebrale unico nel
mondo degli esseri viventi, mettendolo nelle condizioni di comprendere le
relazioni tra le cose, di trarne le dovute conseguenze e di elaborare
quell’insieme di proprietà e di atteggiamenti noti con il termine di “cultura”.
La cultura è il prodotto dell’insieme infinito di relazioni che l’uomo
riesce ad intessere e perciò egli possiede una qualità unica rispetto a tutti gli
esseri viventi, cioè di avere la “percezione del vissuto”, di interrogarsi sulle
proprie radici, cercando di risalire alle origini. Quindi la cultura, o meglio le sue
conoscenze, rappresentano la nostra “vera nicchia ecologica”.
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Ma il desiderio di conoscenza storica non è altro che la ricerca di ciò che
è stato e costituisce la riprova certa della percezione di avere non sola la
coscienza di sé, ma anche del proprio passato. (Peretto, 2001)
Sappiamo che l’utensile ha una sua propria gerarchia tecnologica e
intellettuale, anche se al bisogno vitale di procurarsi del nutrimento si aggiunge
deliberatamente una tecnologia semplice e una certa abilità gestuale.
L’industria litica, essendo un prodotto della cultura umana, è la
testimonianza più duratura dell’attività dell’uomo in un determinato sito. Gli
insiemi dei manufatti possono essere considerati da due differenti punti di
vista:
1. come espressione della tecnologia del gruppo umano che li ha
prodotti;
2. come oggetti che hanno avuto un utilizzo e che pertanto sono
espressione delle attività svolte nel sito (Broglio e Koslowski,
1986).
I prodotti dell’attività dell’uomo vengono tradizionalmente distinti sulla
base dei materiali impiegati per fabbricarli e secondariamente sulla base del
metodo di lavorazione. Si parla perciò di industria litica, di industria su materie
dure animali (osso, avorio), effettuando una distinzione per i diversi periodi
che hanno visto un’evoluzione delle tecniche di scheggiatura e di produzione
dei manufatti. Infatti si possono distinguere:
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¾ un’industria della pietra scheggiata;
¾ un’industria della pietra levigata.
Già nella prima metà del secolo scorso i periodi di tempo preistorici sono stati
suddivisi su tali basi:
¾ Età della pietra, poi suddivisa in:
¾ Età della pietra scheggiata o Paleolitico;
¾ Età della pietra levigata o Neolitico (Broglio, 1998).
Lo sviluppo delle ricerche portò alla formulazione di diversi metodi di
classificazione e di studio delle industrie litiche tra cui quella proposta da G.
de Mortillet (1821-1898), il quale introdusse una classificazione fondata sulle
caratteristiche delle industrie litiche, alla cui base stava la nozione di fossile-
guida, mutuata dalla paleontologia.
Egli distinse le culture in:
¾ Paleolitico inferiore che va da 1,8 a 0,78 milioni di anni fa
(corrispondente all’Olduvaiano e Acheuleano, con ciottoli scheggiati
e strumenti bifacciali);
¾ Paleolitico medio che va da 780.000 a 118.000 anni fa
(corrispondente al Musteriano, con strumenti su scheggia);
¾ Paleolitico superiore che va da 118.000 a 10.000 anni fa
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(corrispondente all’Aurignaziano, con strumenti laminari; al
Solutreano, con strumenti foliati; e al Maddaleniano, con strumenti
su osso) (Broglio, 1998).
Questo sistema di periodizzazione proposto da G. de Mortillet conobbe
un grande successo, e fu accolto dai ricercatori dapprima nell’Europa
occidentale, quindi in molte altre aree dell’Europa, dell’Asia e dell’Africa, anche
in regioni molto lontane da quelle in cui il sistema stesso era stato elaborato.
F. Bordes (1919-1981), invece, intorno al 1950, dopo aver analizzato e
sperimentato i metodi di lavorazione adottati nel Paleolitico inferiore e medio,
propose un approccio alle industrie di tali età basato sulle tecniche di
produzione dei supporti e sulla morfologia degli strumenti (scheda 1; fig. 1.1).
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LISTA TIPOLOGICA DEGLI STRUMENTI SU SCHEGGIA (Scheda 1)
F. Bordes propone una lista di 63 tipi (fig. 1.1).
1 Scheggia Levallois tipica 22 Rasch. trasversale rettilineo 43 Denticolato
2 Scheggia Levallois atipica 23 Rasch. trasversale convesso 44 Punta burinante alterna
3 Punta Levallois 24 Rasch. trasversale concavo 45
Scheggia ritoccata sulla faccia
piana
4 Punta Levallois ritoccata 25 Rasch. su faccia piana 46 Schaeggia a ritocco erto spesso
5 Punta pseudo Levallois 26 Rasch. a ritocco erto 47 Scheggia a ritocco alterno spesso
6 Punta musteriana 27 Rasch. a dorso assottigliato 48 Scheggia a ritocco erto "sottile"
7 Punta musteriana allungata 28 Rasch. a ritocco bifacciale 49
Scheggia a ritocco alterno
"sottile"
8 Limace 29 Rasch. alterno 50 Scheggia a ritocco bifacciale
9 Raschiatoio semplice rettilineo 30 Grattatoio 51 Punta di Tayac
10 Rasch. semplice convesso 31 Grattatoio atipico 52 Triangolo con incavo
11 Rasch. semplice concavo 32 Bulino 53 Pseudomicrobulino
12 Rasch. doppio rettilineo 33 Bulino atipico 54 Incavo su estremità di scheggia
13 Rasch. doppio rettilineo-convesso 34 Perforatore 55 Hachoir
14 Rasch. doppio rettilineo-concavo 35 Perforatore atipico 56 Rabot
15 Rasch. doppio biconvesso 36 Coltello a dorso 57 Punta peduncolata
16 Rasch. doppio biconcavo 37 Coltello a dorso atipico 58 Strumento peduncolato
17 Rasch. doppio concavo-convesso 38 Coltello a dorso naturale 59 Chopper
18 Rasch. convergente rettilineo 39 Raclette 60 chopper inverso
19 Rasch. convergente convesso 40 Scheggia troncata 61 Chopping tool
20 Rasch. convergente concavo 41 Tranchet 62 Diversi
21 Rasch. déjété 42 Incavo 63 punta foliata bifacciale
Fig. 1.1 – Principali tipi definiti nella lista tipologica di F. Bordes (in questa scheda). I numeri riportati
corrispondono a quelli della lista. Gli strumenti 10Q, 23Q e 28Q sono stati elaborati con ritocco
Quina, ½ della grandezza naturale (da F. Bordes).
12
A F. Bordes si deve anche l’introduzione del metodo sperimentale nello
studio dei procedimenti di lavorazione dei materiali litici, la formulazione delle
prime liste tipologiche e l’utilizzo di criteri statistici elementari nello studio
degli insiemi di manufatti.
Pochi anni dopo D. de Sonneville Bordes e J. Pierrot (1953-1956)
proposero un modello di classificazione dei tipi di strumenti del Paleolitico
superiore, (scheda 2; fig. 1.2) cui seguirono altre liste tipologiche per lo studio
del Mesolitico: esse prendono in considerazione soltanto la morfologia degli
strumenti.
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LISTA DEI TIPI (Scheda 2)
1
Grattatoio su estremità di
lama
32 Bulino busqué 63
Lama a troncatura
convessa
2 Gratt. su estr. di lama atipico 33 Bulino a becco di pappagallo 64 Lama a doppia troncatura
3 Grattatoi doppio 34 Bulino su troncatura normale 65
Lama a ritocco continuo
unilaterale
4 Grattatoio ogivale 35 Bulino su troncatura obliqua 66
Lama a ritocco continuo
bilaterale
5 Grattatoio su lama ritoccata 36 Bulino su troncatura concava 67 Lama aurignaziana
6
Grattatoio su lama
aurignaziana
37 Bulino su troncatura convessa 68 Lama a strozzatura
7 Grattatoio a ventaglio 38 Bulino trasversale su troncatura 69 Punta a faccia piana
8 Grattatoio su scheggia 39 Bulino trasversale su incavo 70 Foglia di lauro
9 Grattatoio circolare 40 Bulino multiplo su troncatura 71 Foglia di salice
10 Grattatoio unguiforme 41 Bulino multiplo misto 72 Punta a cran tipica
11 Grattatoio carenato 42 Bulino di Noailles 73 Picco
12 Grattatoio carenato atipico 43 Bulino nucleiforme 74 Pezzo con incavo
13 Grattatoio a muso 44 Bulino piano 75 Pezzo denticolato
14 Grattatoio a muso atipico 45 Coltello dell'Abri Audi 76 Pezzo scagliato
15 Grattatoio nucleiforme 46 Punta di Châtelperron 77 Raschiatoio
16 Rabot 47 Punta di Châtelperron atipica 78 Raclette
17 Grattatoio-bulino 48 Punta de La Gravette 79 Triangolo
18 Grattatoio-lama troncata 49 Punta de La Gravette atipica 80 Rettangolo
19 Bulino-lama troncata 50 Microgravette 81 Trapezio
20 Perforatore-lama troncata 51 Punta di Les Vachons 82 Rombo
21 Perforatore-grattatoio 52 Punta di Font-Yves 83 Segmento
22 Perforatore-bulino 53 Pezzo a dorso con gibbosità 84 Lamella troncata laterale
23 Perforatore 54 Flechette 85 Lamella a dorso
24 Perforatore atipico 55 Punta peduncolata 86
Lamella a dorso e
troncatura
25 Perforatore multiplo 56 Punta a cran atipica 87
Lamella a dorso
denticolata
26 Microperforatore 57 Pezzo a cran 88 Lamella denticolata
27 Bulino diedro diritto 58 Lama a dorso totale 89 Lamella con incavo
28 Bulino diedro curvo 59 Lama a dorso parziale 90 Lamella a ritocco inverso
29 Bulino diedro d'angolo 60 Lama a troncatura normale 91 Punta aziliana
30
Bulino diedro d'ang. su
frattura
61 Lama a troncatura obliqua 92 Diversi
31 Bulino diedro multiplo 62 Lama a troncatura concava
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Fig. 1.2 – Principali tipi del Paleolitico superiore definiti nella lista di D. de Sonneville, Bordes e J. Pierrot. I
numeri corrispondono a quelli della scheda 16.
Contemporaneamente G. Laplace (1964, 1968) fa una classificazione
tecnico-tipologica degli strumenti (cioè i prodotti della scheggiatura elaborati
secondariamente mediante il ritocco) classificandoli secondo un insieme di
criteri che tengono conto delle dimensioni e del tipo di supporto, della
morfologia, del ritocco utilizzato per ottenerla, etc. Il sistema si articola in
cinque categorie tassonomiche gerarchizzate:
¾ tipo primario: il tema tipologico costante che ricorre in tanti tipi
secondari, che ne rappresentano altrettante varietà;
¾ tipo secondario: ogni singolo strumento, individuato nelle sue
caratteristiche tecnico-morfologiche;
15
¾ classe e gruppo: riuniscono a due diversi livelli i tipi primari che
rappresentano le stesse caratteristiche fondamentali;
¾ e la famiglia: riunisce più gruppi similari (fig. 1.5-1.6).
V.G. Childe, a sua volta, sottolinea l’importanza degli aspetti economici
nell’ambito delle relazioni di tutti i dati inerenti una ricerca archeologica.
Anche l’ambiente riveste successivamente, nell’ambito degli studi
scientifici, un ruolo sempre maggiore nella definizione degli atteggiamenti e
delle scelte del gruppo umano. La corretta ricostruzione degli antichi habitat è
fondamentale per la ricostruzione delle strategie adottate e dei conseguenti
risvolti culturali.
Intorno al 1960 L. Binford cominciò ad affrontare lo studio del
Paleolitico da un nuovo punto di vista, dando avvio alla scuola detta New
Archaeology. Egli si chiese il significato di evidenze archeologiche quali siti,
strutture, manufatti, ossa, ecc., e cercò di interpretarle secondo modelli desunti
dallo studio di popolazioni primitive attuali (etnoarcheologia), eventualmente
ricorrendo a simulazioni dei processi di formazione dei depositi antropici
(archeologia sperimentale). Ha fortemente criticato l’approccio tradizionale agli
insiemi litici, considerati espressioni delle etnie che li hanno prodotti (Broglio,
1998).
In Italia si deve a G. Scarabelli (1820-1905) la prima pubblicazione
italiana (1850) su reperti di Imola attribuiti al Paleolitico e al Neolitico.
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A partire dall’inizio del ‘900 segue una fase di ristagno un pò per le
attività più attenuate, un pò per una visione particolare della preistoria voluta
da L. Pigorini, che sosteneva che in Italia non si è diffuso il Paleolitico
superiore e dall’Aucheuleano si sarebbe passati direttamente alle industrie
“campignane”.
Si avvia in Italia una lunga fase di ristagno nello studio delle discipline
della natura e quindi anche della storia naturale dell’Uomo.
La famiglia Blanc (Gian Alberto e Carlo Alberto, 1906-1960) ha
un’importanza determinante nello sviluppo dell’indagine scientifica
(multidisciplinare); si conferma la necessità della ricostruzione paleoambientale
per la comprensione della storia naturale e culturale dell’uomo.
Intervengono discipline quali la geologia, geomorfologia, pedologia,
paleontologia dei vertebrati, antropologia, ecc. Si sviluppano i metodi di datazione
radiometrica che propongono possibili età dei materiali indipendentemente dalla
loro collocazione stratigrafica e dalla correlazione con altri ritrovamenti
(quest’ultima è nota come cronologia relativa) (Peretto, 2001).