Pietro Cavallini tra Roma e Napoli

La maggioranza degli studiosi sono oggi concordi nel collocare il ciclo di Santa Cecilia in Trastevere tra i perduti interventi di Pietro Cavallini nei due principali insediamenti francescani a Roma, ovvero in San Francesco a Ripa e in Santa Maria in Aracoeli. Mentre della prima chiesa niente ci è pervenuto ed ogni supposizione riguardante le Storie di San Francesco sembra dunque labile, per ciò che concerne l’affresco scomparso dell’abside di Santa Maria in Aracoeli, considerato da Giorgio Vasari nella seconda edizione delle Vite come un capolavoro di Pietro Cavallini81, è stato possibile tuttavia avanzare, da parte di alcuni studiosi, collegamenti tra questa chiesa e le pretese della Curia romana di rilanciare una tradizione antica-imperiale82. Infatti, stando alla testimonianza dello storico aretino che vide di persona la decorazione raffigurante l’Apparizione della Vergine con il Bambino a Ottaviano e alla Sibilla Tiburtina, tutto condurrebbe alla nota leggenda sull’imperatore Augusto tramandata per la prima volta in età medievale nei Mirabilia del 1143, seconda la quale il sovrano sarebbe stato avvisato della venuta del figlio di Dio dalla Sibilla tiburtina; evento che spinse l’imperatore a erigere un altare in onore del re divino. Si riporta qui di seguito la descrizione di Vasari: “Ma la migliore opera che in quella città facesse, fu nella detta chiesa d’Araceli sul Campidoglio; dove dipinse in fresco, nella volta della tribuna maggiore, la Nostra Donna col Figliolo in braccio, circondata da un cerchio di sole; e a basso, Ottaviano imperatore, al quale la Sibilla Tiburtina mostrando Gesù Cristo, egli l’adora: le quali figure in quest’opera, come si è detto in altri luoghi, si sono conservate molto meglio che l’altre, perché che sono nelle volte, sono meno offese dalla polvere che quelle che nelle facciate si fanno”.