L'esperienza di Zarathustra: eterno ritorno tra fede e dottrina
Dottrina come Esperienza
Per comprendere questa “vita” dobbiamo innanzitutto vedere cosa Nietzsche intende con “tragico”.
Heidegger scrive:
il sapere tragico sa che la “vita stessa”, l’ente nel suo insieme, condiziona “il tormento, la distruzione”, le sofferenze e che tutto questo non è una “obiezione contro questa vita”. La comune rappresentazione del tragico – per quanto elevata – vi vede unicamente colpa e tramonto, fine e disperazione. Il concetto nietzschiano del tragico e della tragedia è un altro, è essenzialmente più profondo. Il tragico nel senso di Nietzsche è contro la “rassegnazione”, se mai ha ancora bisogno di essere contro qualcosa. Il tragico nel senso di Nietzsche non ha niente a che fare con il mero rabbuiamento di un pessimismo autolesionista, ma nemmeno con il cieco delirio di un ottimismo perso solo in meri desideri; il tragico nel senso di Nietzsche cade fuori da questa antitesi, già per il fatto che è la posizione di una volontà e quindi di un sapere rispetto all’ente nel suo insieme, la cui legge fondamentale sta nella lotta come tale.11
In che senso si parla di una “posizione di una volontà rispetto all’ente nel suo insieme?” innanzitutto: cosa significa “l’ente nel suo insieme”? Scrive Heidegger:
Noi adoperiamo questo termine per denominare in primo luogo tutto quello che non è un niente: la natura, quella inanimata e quella animata, la storia e le sue produzioni e i personaggi che l’hanno plasmata e le sue figure portanti, il dio, gli dei e i semidei. Diciamo enti anche le cose che divengono, nascono e periscono. Infatti esse non sono già più, o non sono ancora il niente. Diciamo enti anche la parvenza, le sembianze e l’illusione, e il falso. Se non fossero enti, non potrebbero illudere e ingannare. Tutte queste cose sono comprese nella nozione “l’ente nel suo insieme”.12
E ancora:
Quando Nietzsche pone la domanda se l’esistenza abbia un senso, o se in generale si possa assegnar- gliene uno, in questo caso il significato di “esistenza” coincide grosso modo, fatte alcune riserve, con ciò che noi chiamiamo l’ente nel suo insieme. “Esistenza” ha per Nietzsche un significato equivalente a “mondo”; al suo posto dice pure “vita”, intendendo non solo la vita e l’esistenza umana.13
Quindi cosa significa qui “posizione”? È il modo in cui l’eroe tragico si pone di fronte al mondo, con tutto sé stesso, ovvero con il suo corpo, con la sua volontà e con i suoi pensieri. E questo “di fronte” vuol dire di fronte alle sfide che l’esistenza continuamente pone, in un’incessante lotta per il superamento, poiché la “lotta” è la sua “legge fondamentale”. E questo eroe deve essere un eroe consapevole poiché “ogni azione è – senza lo spirito e il pensiero – un nulla”14.
Ecco perché Incipit tragoedia. Una volta ascoltato il passo che esplicita il contenuto dell’eterno ritorno, dobbiamo incamminarci per un lungo viaggio, seguendo Nietzsche-Zarathustra verso il suo “tramonto”, per divenire a nostra volta consapevoli. Zarathustra ha ben chiaro questo pensiero, lui è già consapevole, perciò può (e deve) insegnarlo. Per Nietzsche-Zarathustra questo è un “destino” al quale non può sottrarsi, e contemporaneamente al quale aderisce con gioia. Ecco la “dottrina”, l’insegnamento come “esperienza da cui s’impara”. Non è un sistema, un insieme di nozioni e di precetti che uniti insieme ci donando un nuovo sguardo sul mondo, ma è tutta un’esperienza, complessa e stratificata, di un cammino ricolmo di “vette e abissi”, di verità millenarie da demolire e di nuove prospettive da erigere, di “antiche tavole” da spezzare e “nuove tavole” da scrivere. L’eterno ritorno è il pensiero fondamentale, il “peso più grande”, con il quale inizia il “tramonto” di Zarathustra, ovvero del maestro dell’eterno ritorno stesso, che attraverso la sua “tragedia” ci mostrerà cosa davvero significhi pensare: “vuoi tu questo ancora una volta e innumerevoli volte ancora?”
Prima d’intraprendere il cammino seguendo i passi di Zarathustra, teniamo fermo il concetto che senza lo sguardo tragico, che vede la vita come spettacolo e tragedia, l’eterno ritorno dell’uguale non potrà dirsi compreso, questo deve restare sullo sfondo di ogni ragionamento; attraverso la coscienza della tragicità, la profondità di un pensiero che vuole l’eternità si manifesta in tutta la sua potenza.
11 M. Heidegger, Nietzsche, cit. p. 235.
12 Ivi, pp. 267-268
13 M. Heidegger, Nietzsche, cit. pp. 267-268
14 Ivi, p. 240.
Questo brano è tratto dalla tesi:
L'esperienza di Zarathustra: eterno ritorno tra fede e dottrina
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Informazioni tesi
Autore: | Claudio Rea |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2023-24 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Filosofia |
Corso: | Filosofia |
Relatore: | Federico Lijioi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 78 |
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