L'espressività del non verbale in Helmuth Plessner

L'immediatezza della natura e la mediazione culturale definiscono secondo Plessner, la seconda legge antropologica.

L'uomo vive in un “ambiente artefatto” che funge da medio attraverso cui praticare un varco nel mondo reale. Egli cerca un contatto diretto con l'esterno; trova invece il campo infinito della mediazione.

In questa legge, viene messa in evidenza la capacità dell'uomo di trasformare la natura a suo piacimento; l'uomo agisce solo dopo aver mediato con la visualizzazione di un fine ultimo, per ottenere un risultato artificiale, ma funzionale alla sua natura eccentrica.

La struttura stessa della sua esistenza lo vede estremamente prossimo e insieme infinitamente lontano da sé stesso e dal mondo, immediatamente vincolato eppure mediatamente distante.

Questo “vincolo-distante”, è quel paradosso eccentrico che appartiene all'uomo, che fonda la possibilità di poter dubitare, non solo di sé stessi, ma della realtà circostante; l'io vede la possibilità di essere sempre altro da ciò che è.
Il progetto umano tende sempre ad un progresso che non ha mai fine; perciò i desideri saranno sempre irraggiungibili, nel senso che una volta raggiunti, ce ne saranno sempre degli altri da dover raggiungere, senza mai un traguardo di arrivo definito.

In un certo senso, l'uomo non raggiunge mai ciò che desidera; ma proprio questo suo tendere è misura della non illusorietà dei suoi progetti e della loro realizzabilità [...] L'espressione – la forma in cui è sempre incarnato un contenuto – è pertanto la modalità specifica nella quale l'uomo si rinnova facendosi opera. Attraverso la sua espressività, l'uomo è quel vivente che con intenzioni sempre nuove spinge innanzi sé stesso, cerca realizzazioni sempre diverse, lasciando dietro di sé le tracce di una storia.

L'autore dichiara, che la legge dell'immediatezza mediata lo getta di continuo fuori dalla condizione di equilibrio alla quale egli vuole continuamente ritornare.