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Il testamento spirituale di Pietro Abelardo, Monita ad Astralabium ed Ethica a confronto

Oggetto specifico di studio di questa tesi sarà l’analisi e il confronto tra le due opere relative alla filosofia morale del bretone Pietro Abelardo (1079-1142): magister, amante, padre, monaco, personalità irrequieta e pensatore di elevatissimo spessore, che rappresenta senza dubbio una delle figure più originali dell’intero Medioevo. Partito dallo studio della logica e della dialettica, egli giunge più tardi alla teologia sino a sviluppare un interesse crescente verso l’etica, che si consolida negli ultimi anni della sua vita.
L’Ethica seu Scito te ipsum e i Monita ad Astralabium sono le opere espressamente dedicate alla morale e alla sua ricaduta sul piano educativo.
Mentre il primo testo è stato oggetto di numerosi approfondimenti e studi critici succedutisi nel corso degli anni, il secondo non ha goduto né dello stesso interesse né della stessa fortuna, rimanendo all’ombra non solo dell’Etica, ma anche di tutte le altre opere del filosofo bretone. Quindi, l’obiettivo principale che mi sono posto è stato quello di evidenziare e delineare una possibile convergenza e complementarietà dei due libri, agendo sulla base di quella sostanziale unità, spesso ribadita dagli studiosi, che lega l’intero corpus abelardiano.
Il lavoro preliminare a questo scopo ha riguardato una lettura approfondita delle opere affinché, in un secondo momento, emergesse la possibilità concreta e fondata di procedere all’esame comparativo dei due scritti. Il presente elaborato si è strutturato perciò in quattro capitoli: nel primo ho riportato le vicende della vita di Abelardo, fondamentali per comprendere a pieno la sua filosofia. In questo senso è stata preziosa l’Historia calamitatum, la ben nota autobiografia del filosofo. Nel secondo capitolo invece, il mio interesse si è focalizzato sugli elementi portanti e rivoluzionari dell’Ethica; nello specifico: il vizio, l’intenzione, il consenso, il peccato e la volontà. Successivamente, col terzo capitolo, mi sono rivolto con lo stesso metodo ai Monita, sebbene essi siano un’opera meno sistematicamente organizzata e, soprattutto, rivolta ad un intento nuovo rispetto alla prima: quello pedagogico.
Il cuore del discorso è rappresentato dall’ultima parte del presente studio, il capitolo quarto, nel quale in prima istanza ho messo in luce come diversi precetti degli Insegnamenti possano essere letti quale possibile sviluppo e consolidamento dei contenuti etici esposti nello Scito, rafforzati in seguito da una serie di consigli pratici che metterebbero appunto in atto l’intento pedagogico dell’opera. Tuttavia, con la seconda parte del capitolo, ho cercato di evidenziare alcuni elementi che sembrano segnare una discontinuità tra i due scritti, in tal senso ho concentrato l’attenzione sullo sviluppo divergente di un tema specifico, quello della considerazione e della posizione della donna nell’ambito della questione morale, provando nel contempo ad interrogarmi sull’effettivo iato tra le due opere, o non, piuttosto, su una possibile, benché del tutto ipotetica, lettura convergente anche di questa apparentemente palese difformità di vedute.

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3 Introduzione Oggetto specifico di studio di questa tesi sarà l’analisi e il confronto tra le due opere relative alla filosofia morale del bretone Pietro Abelardo (1079-1142): magister, amante, padre, monaco, personalità irrequieta e pensatore di elevatissimo spessore, che rappresenta senza dubbio una delle figure più originali dell’intero Medioevo. Partito dallo studio della logica e della dialettica, egli giunge più tardi alla teologia sino a sviluppare un interesse crescente verso l’etica, che si consolida negli ultimi anni della sua vita. L’Ethica seu Scito te ipsum e i Monita ad Astralabium sono le opere espressamente dedicate alla morale e alla sua ricaduta sul piano educativo. Mentre il primo testo è stato oggetto di numerosi approfondimenti e studi critici succedutisi nel corso degli anni, il secondo non ha goduto né dello stesso interesse né della stessa fortuna, rimanendo all’ombra non solo dell’Etica, ma anche di tutte le altre opere del filosofo bretone. Quindi, l’obiettivo principale che mi sono posto è stato quello di evidenziare e delineare una possibile convergenza e complementarietà dei due libri, agendo sulla base di quella sostanziale unità, spesso ribadita dagli studiosi, che lega l’intero corpus abelardiano. Il lavoro preliminare a questo scopo ha riguardato una lettura approfondita delle opere affinché, in un secondo momento, emergesse la possibilità concreta e fondata di procedere all’esame comparativo dei due scritti. Il presente elaborato si è strutturato perciò in quattro capitoli: nel primo ho riportato le vicende della vita di Abelardo, fondamentali per comprendere a pieno la sua filosofia. In questo senso è stata preziosa l’Historia calamitatum, la ben nota autobiografia del filosofo. Nel secondo capitolo invece, il mio interesse si è focalizzato sugli elementi portanti e rivoluzionari dell’Ethica; nello specifico: il vizio, l’intenzione, il consenso, il peccato e la volontà. Successivamente, col terzo capitolo, mi sono rivolto con lo stesso metodo ai Monita, sebbene essi siano un’opera meno sistematicamente organizzata e, soprattutto, rivolta ad un intento nuovo rispetto alla prima: quello pedagogico.

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Informazioni tesi

  Autore: Francesco Tagliaferri
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2014-15
  Università: Università degli Studi di Roma Tor Vergata
  Facoltà: Filosofia
  Corso: Filosofia
  Relatore: Cecilia Panti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 58

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Parole chiave

etica
filosofia
epistolario
confronto
eloisa
abelardo
astrolabio
precetti

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