Stato e mercato nella circolazione dei beni culturali
Lo studio della disciplina del patrimonio culturale, articolato nell’esame della sua evoluzione nel tempo, in quello delle sue connotazioni positive e del suo contesto internazionale, ha premesso di cogliere due aspetti fondamentali:
a) la configurazione, nel diritto nazionale, di uno statuto giuridico speciale dei beni culturali di proprietà privata, che devia dal modello di proprietà accolto dal codice civile sotto diversi profili, trasformando il proprietario privato di essi in un “funzionario” incaricato di assicurarne la protezione e la conservazione, secondo gli obiettivi fissati dall’amministrazione pubblica, vincolato a permetterne la pubblica visita qualora abbia fruito del concorso pubblico nelle opere di conservazione, idealmente pronto a valorizzarli, sempre secondo i dettami dell’amministrazione pubblica, nell’attesa che questa decida di acquisirne coattivamente la proprietà;
b) nel contesto internazionale e sovrannazionale, le Convenzioni in materia di protezione del patrimonio culturale e il diritto dell’Unione Europea danno la preminenza ad un’ispirazione nazionalista, espressione della volontà di molti Stati di limitare – o addirittura vietare – la circolazione internazionale dei beni culturali, a discapito di una vocazione internazionalista a mettere in comune il patrimonio culturale, ampliando le deroghe al principio di libertà degli scambi affermato dalle Convenzioni che hanno dato origine alla WTO e dai Trattati dell’UE.
La disciplina nazionale, in particolare, è stata poi riconsiderata sotto il profilo della sua efficienza economica, formulando l’ipotesi che l’accennato statuto giuridico della proprietà dei beni culturali fosse all’origine di una distruzione di ricchezza.
[...]Il quadro normativo deve tornare in considerazione, al suo massimo livello: l’art. 9 della Costituzione che, come si è visto, assegna alla Repubblica il duplice compito di promuovere lo sviluppo della cultura, inclusa la ricerca scientifica e tecnica, e di tutelare il patrimonio storico-artistico e paesaggistico della Nazione.
[...]Modificazioni dello statuto giuridico della proprietà privata dei beni culturali sarebbero, in linea di principio, possibili: né vi osterebbe l’affermazione, contenuta nel secondo comma dell’art. 42 della Costituzione, della funzione sociale della proprietà privata, perché essa non può svuotare la garanzia pure offerta dalla stessa disposizione.
[...]Ovviamente, l’attenzione qui rivolta a tale modello non ha la pretesa di suggerirne la semplice imitazione da parte del legislatore italiano, quando intendesse riformare la normativa di tutela: entrerebbero in gioco anche esigenze di armonia del sistema, che probabilmente richiederebbero appropriati adeguamenti. Pure, l’esistenza stessa di un modello diverso dimostra che gli obiettivi di tutela possono essere perseguiti imponendo minori restrizioni alla posizione dei privati ed evitando gravi distorsioni dei mercati.
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Informazioni tesi
Autore: | Federico Pontiroli |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM) |
Facoltà: | Arti, mercati e patrimoni della cultura |
Corso: | Storia dell'arte |
Relatore: | Giancarlo Graziani |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 181 |
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