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Disposizioni sulla capacità giuridica della donna
La legge n. 1176, recante «Disposizioni sulla capacità giuridica della donna», se da un lato sembra favorire le donne, riconoscendo loro una parziale capacità civile (si abroga l'istituto della autorizzazione maritale e quello delle limitazioni agli uffici tutelari), dall'altro lato sancisce il divieto di impegnare personale femminile in tutti i lavori che implichino poteri pubblici e giurisdizionali, o l'esercizio di diritti e potestà politiche, quali ad esempio il ruolo di prefetto, di magistrato, di ufficiale giudiziario, di personale di cancelleria, di personale di segreteria presso il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti. Si procede, cioè, ad estromettere la donna dall'esercizio di quelle funzioni pubbliche alle quali è annessa la dignità di "grande ufficiale" dello Stato e, di conseguenza, ad emarginarla anche nell'ambito dell'impiego pubblico, individuando su base normativa quelle attività e quelle mansioni "tipicamente femminili" o "maschili", che contrassegneranno in seguito i ruoli professionali per sesso, relegando le donne nei settori meno redditizi, nonché in quelli più soggetti a crisi di produzione.
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