Analisi dell'ultimo Heidegger, ossia della fase finale della sua speculazione, in cui il filosofo si rivolge alla questione irrisolta di “Essere e tempo”: la questione dell’essere. Si studia, inoltre, l'opera Beiträge zur Philosophie, concentrandosi in particolare sulle sei configurazioni dell’essere come Ereignis.
L'ultimo Heidegger
di Carmine Ferrara
Analisi dell'ultimo Heidegger, ossia della fase finale della sua speculazione, in
cui il filosofo si rivolge alla questione irrisolta di “Essere e tempo”: la questione
dell’essere. Si studia, inoltre, l'opera Beiträge zur Philosophie, concentrandosi
in particolare sulle sei configurazioni dell’essere come Ereignis.
Università: Università degli Studi di Salerno
Facoltà: Lettere e Filosofia
Corso: Filosofia
Esame: Filosofia teoretica
Docente: Francesco Tomatis1. Conferenze di Brema e di Friburgo: identità tra essere e pensiero
Le “Conferenze di Brema e di Friburgo” sono molto utili per dare un quadro d’insieme dell’ultimo
Heidegger. Nella fase finale della sua speculazione, Heidegger si rivolge alla questione irrisolta di “Essere e
tempo”: la questione dell’essere. In una delle conferenze di Friburgo (“Il principio d’identità” [1957]), egli
espone il modo in cui intende impostare il problema dell’essere, ovvero ripartendo dall’approfondimento
della presunta identità tra “essere” e “pensiero” esposta nel celebre frammento 3 di Parmenide:
Lo stesso è infatti pensare e altrettanto anche essere.
Il termine è traducibile in latino con due termini: idem e ipse. In tedesco idem è tradotto con gleich e ipse
con selbe. I due termini non significano esattamente la stessa cosa: la differenza che intercorre tra loro è
propriamente la stessa differenza che sussiste tra il pensare l’identità come “identità matematica” (A = A),
un’identità statica in cui non sono contemplate diversità tra i membri dell’uguaglianza, e un’identità intesa
come “stessità” (A è A, dove “è” esprime “esistenza” e non è intesa come copula), un’uguaglianza dinamica
che presuppone una differenziazione tra i termini.
Secondo Heidegger, quando Parmenide afferma che essere e pensiero sono identici, non parla di un’identità
tipica dell’idem, ovvero di un’identità matematica, ma di una stessità tipica dell’ipse. Essere e pensiero sono
“lo stesso” nel senso che vi è una appartenenza reciproca, una coappartenenza (Zusammen-gehörigkeit, da
gehöre = appartenere) tra i due termini. Questa appartenenza reciproca non implica un rapporto di proprietà
tra essere e pensiero, ma indica piuttosto un appartenere nel senso di un esser posto in relazione di ascolto:
in questo consiste propriamente il pensare, in un porsi in ascolto del darsi dell’essere al pensiero. La
coappartenenza tra pensiero ed essere consiste, dunque, nel darsi dell’essere e nella capacità di ascolto
dell’essere propria dell’uomo che è ente pensante. Questa appartenenza reciproca rimanda, tuttavia, a una
differenziazione: l’essere si dà nella forma dell’essere pensato, ma ciò non implica che sia il pensiero a
determinare il darsi dell’essere. Solo se si dà essere si dà pensiero dell’essere e non viceversa.
L’identità intesa in senso ipseistico (propria del pensiero di Parmenide) tra essere e pensiero è propriamente,
secondo Heidegger, l’identità ipseistica tra uomo (ente pensante) ed essere. Questa identità ipseistica, che
presuppone una differenza pur nella relazione reciproca tra i termini, è indicata da Heidegger col termine
Aus-trag, traducibile con “di-aferenza”, differenza che porta in sé l’identità.
Carmine Ferrara Sezione Appunti
L'ultimo Heidegger