L'interprete
L'interprete può operare sia come possibile ausiliare della parte privata, sia in funzione delle esigenze di comprensione linguistica legate a tutto il contesto processuale.
Secondo l'art. 143 comma I, l'imputato che non conosce la lingua italiana ha diritto di farsi assistere gratuitamente da un interprete al fine di poter comprendere l'accusa contro di lui formulata e di seguire il compimento degli atti cui partecipa. Disposizione che configura il ricorso all'interprete come oggetto di un diritto individuale dell'imputato volto a consentirgli quella partecipazione cosciente al procedimento che è parte ineliminabile delle garanzie di difesa (Corte cost., sent. n. 341/1999). Diritto che trova oggi riconoscimento nell'art. 111 Cost., in forza del quale nel processo penale la legge assicura che la persona accusata di un reato sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo (si recepiscono: art. 6 n. 3 lett. e CEDU; art. 14 n. 3 lett. f del Patto internazionale sui diritti civili e politici).
Condivisibile l'opinione giurisprudenziale secondo cui condizione fondamentale per l'esercizio del diritto a essere assistito da un interprete è che l'imputato dichiari espressamente o dimostri di non sapersi esprimere in italiano o di non capirlo, dal momento che l'art. 145 non prevede l'obbligo indiscriminato dell'assistenza di un interprete (Cass. 6 febbraio 1992, Samire; Cass. 17 dicembre 1998, Daraji). Inaccettabile invece l'idea che all'autorità giudiziaria competa il potere di validare la capacità dell'imputato di esprimersi e di comprendere il contenuto degli atti processuali che lo riguardano, in lingua italiana.
Dopo aver posto la regola secondo cui la prestazione dell'ufficio d'interprete è obbligatoria (art. 143 comma I), il codice fissa dei limiti soggettivi all'espletamento di tale ufficio, configurando delle cause di incapacità e di incompatibilità che ne impediscono l'assunzione, a pena di nullità.
L'incapacità ad assumere l'ufficio di interprete può essere determinata o da cause di inidoneità naturale (minore età, stato di interdizione legale o giudiziale, inabilitazione, infermità di mente) o da cause di indegnità (interdizione anche temporanea dai pubblici servizi, interdizione o sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte, la sottoposizione a misure di sicurezza personali o a misure di prevenzione, ex art. 144 lett. a, b, c).
L'incompatibilità con l'ufficio di interprete, che è relativa a singole vicende processuali, investe le persone che non possono essere assunte come testimoni (ad es coimputati, pm …), le persone che hanno facoltà di astenersi dal rendere testimonianza (ad es i prossimi congiunti dell'imputato), le persone chiamate a prestare ufficio di testimoni, di periti o di consulenti tecnici nello stesso procedimento o in uno connesso (art. 144 lett. d).
Parimenti improntata all'esigenza di assicurare un'efficace opera di sussidio alla parte è la disciplina della ricusazione e dell'astensione dell'interprete, qualora ricorrano le stesse cause determinatrici dell'incapacità e dell'incompatibilità (art. 145).
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Autore:
Gianfranco Fettolini
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- Università: Università degli Studi di Brescia
- Facoltà: Giurisprudenza
- Corso: Giurisprudenza
- Esame: Diritto Processuale Penale
- Docente: Alessandro Bernasconi
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