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Il pubblico ministero come organo statuale


Il PM risalta come organo dell'apparato statuale e come soggetto processuale.

Per il primo aspetto, il PM si presenta in veste di organo chiamato ad esercitare “sotto la vigilanza del ministro di grazia e giustizia le funzioni che la legge gli attribuisce” (art. 69 r.d 30 gennaio 1941 n. 12 sull'ordinamento giudiziario): in particolare vegliare all'osservanza delle leggi e alla pronta e regolare amministrazione della giustizia.

La collocazione del PM è, nonostante talune assonanze, lontana dal potere giurisdizionale. Anzitutto egli manca della potestà di jus dicere, vale a dire di emettere una decisione; secondariamente, non presenta i tratti tipici e ineludibili della fisionomia degli organi giurisdizionali, primo tra tutti quello scolpito nell'art. 101 Cost. La norma contenuta in quest'articolo, mentre si preoccupa di stabilire che i giudici sono soggetti solo alla legge, non altrettanto fa per i magistrati del pubblico ministero; ciò induce a pensare che essi subiscano vincoli di soggezione sia pure all'interno dell'organizzazione gerarchica di carattere verticale da cui i vari uffici del PM sono contrassegnati.

Tale deduzione è confermata dagli artt. 53 comma I cpp e 20 comma IV d.P.R. 22 settembre 1988 n. 449, nei quali si afferma il principio che nel corso delle udienze penali i magistrati del pubblico ministero svolgono le proprie funzioni con piena autonomia: autonomia rispetto ai titolari degli uffici, ai quali viene tuttavia attribuito, in casi predeterminati, un potere di sostituzione del magistrato.

Una posizione di gerarchia nell'assetto degli organi del pubblico ministero viene ribadita dall'art. 30 del citato d.P.R. che istituisce un potere di sorveglianza dei capi sui magistrati appartenenti ai singoli uffici, nonché degli uffici superiori su quelli sottordinati.

Una decisiva svolta verso un'accentuata gerarchizzazione dei rapporti interni all'ufficio del pubblico ministero s'è avuta con il d.lgs. 20 febbraio 2006 n. 106 che rende vincolanti per i magistrati dell'ufficio stesso i principi e i criteri fissati dal capo relativamente alla trattazione di un determinato procedimento.
Infine, l'art. 29 del citato d.P.R.  lega il passaggio dei magistrati dalle funzioni di giudice a quelle di PM, o viceversa, all'accertamento della sussistenza di peculiari predisposizioni a svolgere la nuova funzione.

Tratto da IL PUBBLICO MINISTERO di Gianfranco Fettolini
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