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Il pubblico ministero come soggetto processuale


La relazione al progetto preliminare del codice, dopo aver ribadito che al pm va riconosciuta la posizione di parte, puntualizza che ciò comporta la più netta distinzione tra quest'organo e il giudice.

In quanto portatore di una richiesta – la richiesta di una decisione che accolga le ragioni dell'accusa – avanzata ad un soggetto che in situazione di imparzialità dovrà su di essa decidere, il pm si lascia inquadrare nel concetto di parte del processo penale. L'art. 358 cpp impone al pm di compiere ogni attività necessaria per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione, svolgendo al contempo accertamenti su fatti e su circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini: ove egli non riuscisse a raccogliere elementi idonei per sostenere l'accusa in giudizio, il promovimento dell'azione penale si rivelerebbe inutile, sicché interessa al buon esito della sua iniziativa individuare anche eventuali fatti e circostanze suscettibili di screditare l'ipotesi accusatoria.

Diversamente che per l'organo giudicante, il codice non detta norme in ordine alla capacità e alle correlative situazioni di incompatibilità del pm. Regole in materia si rinvengono negli artt. 18 e 19 r.d. 30 gennaio 1941 n. 12, i quali prevedono ipotesi di incompatibilità per magistrati, anche del pubblico ministero, che operino in sedi nelle quali loro parenti o affini esercitino come avvocati ovvero che facciano parte di uffici giudiziari insieme ad altri magistrati a cui siano legati da vincoli di parentela o di affinità.

Tratto da IL PUBBLICO MINISTERO di Gianfranco Fettolini
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