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Le caratteristiche del giudice penale: a) indipendenza e imparzialità


Il giudice è l'organo terzo e imparziale, collocato in una posizione di equidistanza rispetto alle parti, cui spetta il compito di ius dicere e dunque di pronunciare la decisione a lui richiesta attraverso la domanda di giudizio.

Quando si parla di indipendenza ci si riferisce alla libertà dell'organo giurisdizionale di agire secondo il proprio giudizio e la propria volontà, senza vincoli né rapporti di subordinazione formale o sostanziale nei confronti di altri organi, poteri o soggetti → la magistratura, alla quale i giudici appartengono, “costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere” (art. 104 Cost.).

Nei confronti del potere legislativo, indipendenza del giudice significa impossibilità che il Parlamento, in primo luogo attraverso la sua funzione di legislatore, ponga direttive sul modo di giudicare che possano coartare la libera formazione del giudizio decisorio, e poi, attraverso la sua funzione di controllo politico, interferisca, mediante inchieste o dibattiti, sull'operato di un singolo giudice o su singole questioni decise o da decidere o, più in generale, adotti iniziative (ad es. risoluzioni) che possano risolversi in un'intromissione nell'esercizio della potestà giurisdizionale.

Nei confronti del potere esecutivo, l'indipendenza si traduce nell'evitare che il giudice possa subire condizionamenti nello svolgimento dei suoi delicati compiti di organo della giurisdizione, per il fatto che amministrativamente è un impiegato statale.

Per rendere effettiva questa forma di indipendenza è necessario eliminare in capo al potere esecutivo qualsiasi facoltà di disporre degli interessi personali del giudice relativamente alla sua stessa situazione giuridica di impiegato pubblico (Foschini): il che è stato realizzato attraverso l'istituzione, con l. 24 marzo 1958 n. 195, di un organo a rilevanza costituzionale, il Consiglio superiore della magistratura → l'art. 105 Cost. ha attribuito alla sua competenza alcuni provvedimenti che in passato venivano adottati dal potere esecutivo, realizzando così una sorta di “autogoverno”della magistratura, nell'intento di rendere effettiva l'autonomia dell'ordine giudiziario così da sottrarlo ad eventuali interferenze esterne.

Nell'art. 106 comma I Cost. si stabilisce che le nomine dei magistrati devono aver luogo per concorso; all'art. 107 comma I Cost. è disposto che i magistrati sono inamovibili (in senso ampio: dall'impiego, dal grado, dalla funzione, dalla sede) e che qualsiasi provvedimento di dispensa, di sospensione dal servizio, di destinazione ad altra sede o funzione dovrà essere adottato o per motivi e con le garanzie di difesa volute dall'ordinamento giudiziario o con il consenso dell'interessato.

Il problema dell'indipendenza sussiste anche nei confronti dello stesso potere giudiziario, nel senso che al singolo giudice deve essere consentito di operare al riparo da possibili condizionamenti e interferenze da parte di altri soggetti appartenenti all'organizzazione della magistratura, che possano trovarsi in posizione di supremazia. Dopo aver chiarito che i giudici sono soggetti solo alla legge (art. 101 comma II Cost.), a significare che nessuna soggezione di carattere gerarchico è ipotizzabile, la Costituzione pone la regola secondo cui i giudici si distinguono tra loro unicamente per diversità di funzioni (art. 107 comma III Cost.).

Completa, infine, lo statuto costituzionale del giudice il carattere dell'imparzialità, che si riferisce anzitutto all'assoluta estraneità ed indifferenza del giudice rispetto alle diverse situazioni che animano l'agire delle parti e alle ragioni di cui esse sono portatrici nel processo. Il riformato art. 111 Cost. proclama, per inequivocabile monito del giudice ordinario, che ogni processo si svolge davanti a giudice terzo e imparziale.

Anche il codice pone una serie di norme (artt. 34-37) volte a stabilire l'incompatibilità della funzione di giudice in presenza di talune situazioni idonee a compromettere il suo ruolo di soggetto autenticamente terzo e imparziale.

Tratto da IL GIUDICE di Gianfranco Fettolini
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