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Diritto romano: l’erede e il patrimonio ereditario

DIRITTO ROMANO: L’EREDE E IL PATRIMONIO EREDITARIO


Alla morte del pater familias il gruppo familiare non rimaneva unito sotto un nuovo capo, bensì si scindeva in tante distinte familiae. Pare dunque potersi escludere che il testamento avesse la funzione di scegliere il nuovo capo della famiglia.
Il titolo di erede, a differenza di quello di successore, era riservato a chi era sottoposto alla patria potestas dell'ereditando e diventava sui iuris con la sua morte.
Tutti gli altri potevano prendere solo il patrimonio ereditario.
Nel periodo antico, quindi, l'elemento essenziale per l'acquisto del patrimonio ereditario era la presa di possesso. Finchè non veniva compiuta si aveva la situazione di hereditas iacens: il patrimonio non era di nessuno e chiunque poteva impossessarsi o dell'insieme o dei singoli beni; ma un soggetto, che avesse titolo per l'acquisto dell'eredità, poteva rivendicarne la proprietà.
Questa possibilità aveva un limite, che dipendeva dal tempo di proprietà del terzo. Si poteva avere la usucapio pro herede, che doveva avere la durata di un anno. Il patrimonio ereditario si usucapiva in un anno anche se comprendeva beni immobili.
Nell'eventualità in cui il successore avente titolo all'acquisto del patrimonio ereditario lo trovasse in possesso di altri, il rimedio era l'hereditas vindicatio nella forma dellal.a sacramento in rem, in ius. Questo permise di rivendicare l'eredita tramite la in iure cessio, definendone il trasferimento ad altri.

Tratto da ISTITUZIONI DI DIRITTO ROMANO di Sara Zauli da Baccagnano
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