PERCHÈ IL DECLINO NON HA CAUSE ECONOMICHE?
Schumpeter contesta:
1) la tesi per la quale l'evoluzione del capitalismo implica un aumento della disoccupazione: la crescita dei disoccupati negli anni ‘30 è risultata sì «anormalmente elevata», ma si è trattato di un fenomeno temporaneo, legato alla fase di recessione che di solito segue, nel ciclo economico, una fase di prosperità legata a un periodo di innovazione.
Insomma, la crisi del ‘29 è il frutto di un insieme di cause che aggravano gli effetti di una fase discendente particolarmente acuta del ciclo. Tali fattori si collocano però tutti sullo sfondo di un irrigidimento complessivo dei meccanismi di autoregolazione dei mercati per effetto di quelle che Schumpeter chiama le «politiche anticapitalistiche» (e che Polanyi chiamava invece nuovo protezionismo sociale).
In realtà, secondo Schumpeter, se il sistema economico guidato dal mercato fosse stato lasciato libero di funzionare, avrebbe potuto assicurare un tasso di sviluppo tale da ridurre i problemi di povertà. E anche se la disoccupazione non sarebbe stata eliminata del tutto (perché legata al meccanismo dell'innovazione e del ciclo economico che ne segue), si sarebbero potute creare le risorse necessarie per attenuare il problema della mancanza temporanea di lavoro dei disoccupati per evitare loro le conseguenze in termini di povertà.
Quindi, non è stato il capitalismo di mercato a creare meno sviluppo, ma fattori di natura istituzionale, come le politiche anticapitalistiche, che hanno portato il capitalismo ad operare con sempre minore efficienza.
2) l'idea che il passaggio a una fase in cui prevalgono aziende monopolistiche e oligopolistiche implichi di per sé minore efficienza e minor dinamismo: perché ritiene che l'effetto frenante sullo sviluppo indotto da fenomeni di oligopolio o di monopolio, con prezzi più alti e restrizioni della produzione, è limitato al breve periodo; a medio e lungo termine si diffondono invece vantaggi legati alla qualità e ai costi, che migliorano per effetto dell'innovazione.
Dal punto di vista dinamico, la concorrenza di tipo oligopolistico o monopolistico, quindi, creando nuovi beni, nuove tecniche, nuove fonti di approvvigionamento e metodi di organizzazione a lungo andare espande la produzione e riduce i prezzi.
3) la tesi del declino delle opportunità di investimento (di Keynes) : egli afferma che le potenzialità di innovazione e sviluppo del capitalismo non sono affatto esaurite. Sono state le politiche governative, che con la leva fiscale e della spesa dovrebbero sostenere la domanda e gli investimenti per contrastare il ristagno, ad aggravare il male che vorrebbero curare. Fattori come la più alta pressione fiscale sulle imprese o le politiche di protezione del lavoro hanno avuto l'effetto di frenare le aspettative di profitto e gli investimenti.
Per questo, secondo Schumpeter il ristagno non ha motivi economici, ma socioculturali e politici, nella fattispecie l'atmosfera ostile che, col tempo, lo sviluppo del capitalismo ha alimentato spingendo verso politiche anticapitalistiche.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Antonio Amato
[Visita la sua tesi: "La condizionalità nelle organizzazioni internazionali economiche"]
- Università: Università degli studi di Napoli "Parthenope"
- Facoltà: Giurisprudenza
- Corso: Scienze dell'Amministrazione
- Titolo del libro: Sociologia Economica
- Autore del libro: Trigilia
- Editore: Il Mulino
- Anno pubblicazione: 1998
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