La Dichiarazione di Laeken sul futuro dell’UE e la Convenzione sull’Avvenire dell’Europa
Attualmente, l’unione dei Quindici si trova ad affrontare una grandiosa sfida: l’allargamento ai dieci paesi dell’Europa centrale e orientale (Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Ungheria, Boemia, Slovacchia, Slovenia, Cipro e Malta), con i quali il Consiglio europeo di Lussemburgo del 13 dicembre 1997 ha deciso di avviare negoziati di adesione, a partire dalla primavera del 1998.
A questo proposito, il Trattato di Nizza del 2000 si inserisce perfettamente nel nuovo processo di sistematizzazione normativa, volto a preparare le istituzioni europee a questa prossima evoluzione politica, che avrà piena attuazione il primo maggio 2004; analizzando il metodo tradizionale di revisione dei trattati (EX ART.48 TUE), si é evidenziata la sua scarsa democraticità, dovuta all’esclusiva consultazione dei governi nazionali raggruppati in una conferenza intergovernativa, senza alcun coinvolgimento dei Parlamenti nazionali e dell’opinione pubblica.
Per questa ragione, l’innovativo metodo convenzionale, adottato per l’approvazione della Carta dei diritti nel 1999 a Colonia, era apparso come una possibile soluzione; tuttavia, non avendo ricevuto il consenso alla ratifica dalla Conferenza intergovernativa (CIG 2000), il Trattato di Nizza ha generato una crisi generale dell’UE.
La Dichiarazione di Nizza, tuttavia, ha stabilito la convocazione di una nuova Convenzione, che doveva analizzare le innovazioni da apportare all’UE (METODO CONVENZIONALE INNOVATIVO) e delegare poi l’analisi dei risultati così ottenuti ad una nuova CIG (METODO INTERGOVERNATIVO TRADIZIONALE).
Di conseguenza, dopo esattamente un mese, il Consiglio europeo si è riunito a Laeken e, il 15 dicembre 2001, ha adottato una Dichiarazione sul futuro dell'Unione europea, la cosiddetta Dichiarazione di Laeken, che impegna l'Unione a diventare più democratica, più trasparente e più efficace.
Il documento ha sollevato 52 quesiti, che si impongono quali nuove sfide, cui l'UE è chiamata a dare una risposta, implicante una profonda riforma dell'assetto istituzionale e rispetto alla quale sono stati posti una serie di interrogativi relativi ai seguenti temi: la ripartizione e la definizione delle competenze, l’architettura istituzionale, (con particolare riguardo alla Commissione, al Parlamento europeo e al Consiglio dell'Unione), il ruolo dei Parlamenti nazionali, la semplificazione del processo decisionale, la semplificazione del sistema delle fonti dell'Unione. Stando alle conclusioni del Consiglio europeo, le prospettive per il futuro dell’Europa così determinate «segnano per i cittadini una tappa decisiva verso un'Unione più semplice, più forte nel perseguire i propri obiettivi essenziali e più presente nel mondo».
In particolare, nell’ambito delle competenze, i quesiti di fondo vertono rispettivamente sulle modalità attraverso cui rendere più trasparente la loro ripartizione, sul loro riordino ed, infine, sulla predisposizione di garanzie atte ad impedire che il loro riassetto nell'ordinamento comunitario si risolva in una tacita estensione della potestà di azione dell’UE oppure in una sua invasione dei settori di competenza esclusiva degli Stati membri e, laddove previsto, delle Regioni.
Per quanto concerne le istituzioni, il quesito principale verte sul modo in cui sia possibile accrescere la legittimità democratica e la trasparenza degli attuali organi europei, specialmente tramite la revisione del sistema elettorale del Parlamento europeo e la pubblicità dei lavori del Consiglio; ulteriore problematica è poi la ridefinizione dei rapporti fra tutte e tre le istituzioni.
Dall'esigenza di accrescere la legittimità democratica dell'Unione scaturisce inoltre il riferimento ai Parlamenti nazionali: i principali interrogativi riguardano la possibilità per questi ultimi di essere rappresentati in una sorta di seconda Camera, la quale si affianchi al Consiglio e al Parlamento europeo, nonché il ruolo che essi debbano svolgere nel quadro dell'architettura europea, sempre rispettando la ripartizione di competenze tra Unione e Stati membri.
L’individuazione dei modi, attraverso i quali migliorare l'efficienza del processo decisionale e il funzionamento delle istituzioni, nella prospettiva di un'Unione allargata a trenta Stati membri è un altro dei quesiti cui dare risposta; in particolare, è presa in considerazione l'ipotesi di estendere la regola della maggioranza qualificata ad un numero più ampio di decisioni.
A livello di fonti primarie, il quesito principale della Dichiarazione di Laeken risiede tuttavia nella semplificazione e nel riordino dei trattati esistenti.
Circa il primo aspetto, è stata avanzata l'ipotesi di ridurre il numero dei trattati al momento esistenti, questione che pone interrogativi circa l'opportunità o meno di eliminare la distinzione fra Comunità ed Unione e, quindi, di rivedere la struttura dei tre pilastri su cui è attualmente fondata l'Unione.
Per quanto concerne il secondo, si considera invece l'idea di procedere ad una distinzione tra un trattato di base e le altre disposizioni del trattato, anche al fine di introdurre una distinzione fra le procedure di modifica e quelle di ratifica del trattato di base e le altre disposizioni del trattato. Sempre nell'ottica di una riorganizzazione complessiva dei trattati, la dichiarazione invita a riflettere sull'opportunità o meno di inserire in un trattato di base la Carta dei diritti fondamentali, nonché sull'eventualità o meno di consentire alla Comunità l’adesione alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Secondariamente, al fine di controllare la proliferazione di strumenti normativi avvenuta negli ultimi anni, che ha condotto ad una legislazione troppo particolareggiata, si propone di introdurre una distinzione tra misure legislative e di attuazione. Da ultimo, è stata richiamata l'attenzione sulla necessità di valutare la possibilità di redigere un testo costituzionale che integri l'opera di semplificazione e di riordino dei trattati.
Al fine di procedere alla riforma dei trattati, infatti, la Dichiarazione di Laeken ha previsto la convocazione di un organo ad hoc, la Convenzione sull'avvenire dell'Europa, la quale ha avuto il compito di assicurare, con la stesura di un documento finale, una preparazione quanto più ampia e trasparente possibile della successiva Conferenza intergovernativa.
Organo di rilievo, con funzioni di impulso e di preparazione dei lavori della Convenzione, a questo proposito, è stato il Presidium, composto dal Presidente (V. Giscard d'Estaing), dai due Vicepresidenti (G. Amato e J.L. Dehaene) e da altri nove membri della Convenzione;
vi hanno partecipato 105 membri, in rappresentanza dei governi nazionali, del Parlamento europeo, dei Parlamenti nazionali degli Stati membri, dei paesi allora candidati e della Commissione europea e, parallelamente ai lavori svolti al suo interno, un forum on line ha consentito di strutturare e allargare il dibattito sul futuro dell'Unione anche all’opinione pubblica.
Tracciando un breve excursus sull’operato della Convenzione europea, è opportuno ricordare che il 28 febbraio 2002 si è tenuta a Bruxelles la prima sessione inaugurale; in tale data si è avviata la cosiddetta fase preliminare di ascolto, conclusasi il 2 luglio dello stesso anno, in seguito al frazionamento dei 105 membri coinvolti in 11 gruppi di lavoro (SUSSIDIARIETÀ, CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI, PERSONALITÀ GIURIDICA, RUOLO DEI PARLAMENTI NAZIONALI, COMPETENZE COMPLEMENTARI, GOVERNANCE ECONOMICA, AZIONE ESTERNA, DIFESA, SEMPLIFICAZIONE, SPAZIO LIBERTÀ SICUREZZA & GIUSTIZIA E EUROPA SOCIALE), ciascuno dei quali è stato denominato in base alle tematiche chiave di Laeken.
Durante una successiva fase di valutazione, tutti i gruppi di lavoro hanno elaborato un rapporto sintetico sulle principali idee derivate dal loro operato, cui ha fatto seguito, a partire dal 6 febbraio, la stesura di una bozza del Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa; tuttavia, la fase conclusiva di redazione era in realtà già iniziata il 28 ottobre 2002, giorno in cui il Presidium ha delineato una sorta di indice del progetto di trattato.
Il 30 giugno 2003, presso il Consiglio europeo riunito a Salonicco, è stata invece consegnata la formulazione ridotta del progetto, il cosiddetto trattato costituzionale in senso stretto, riguardante la Parte I (ARCHITETTURA COSTITUZIONALE) e la Parte II (CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI).
Infine, dopo la definitiva chiusura dei lavori, il 18 luglio 2003 Giscard d'Estaing ha presentato al presidente del Consiglio europeo (S. Berlusconi) un Progetto di trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa, comprendente, nella sua versione integrale, anche la Parte III (POLITICHE DI AZIONE) e la Parte IV (DISPOSIZIONI GENERALI E FINALI).
Ora la Costituzione europea, così come è stata approvata dalla Conferenza Intergovernativa, dovrà essere ratificata dai 25 paesi membri dell’Unione per diventare così parte integrante delle Costituzioni nazionali.
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Dettagli appunto:
- Autore: Luisa Agliassa
- Università: Università degli Studi di Torino
- Facoltà: Giurisprudenza
- Corso: Giurisprudenza
- Docente: Porchia
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