La rete degli investimenti diretti esteri (IDE)
Una specifica misura del processo di internazionalizzazione è del crescente ruolo assunto dalle imprese multinazionali è rappresentata dall'entità e dalla natura degli investimenti diretti esteri (IDE). si tratta di investimenti internazionali effettuati da un soggetto (l'investitore) con l'obiettivo di stabilire “ interessi durevoli” in un'impresa localizzata in un differente paese. Il concetto di interesse durevole implica l'esistenza di una relazione di lungo periodo fra l'investitore è l'azienda, caratteri che vengono convenzionalmente considerati soddisfatti nel caso del possesso di almeno il 10% delle azioni ordinarie della società. L'acquisizione di strutture e di impresa preesistenti non rappresenta l'unica tipologia di investimento diretto estero. In alternativa, il movimento di capitale può essere destinato alla costruzione di nuovi impianti. Infine i flussi di investimenti esteri si distinguono intuitivamente in IDE “in uscita” e “in ingresso” a seconda che siano osservati dalla prospettiva del paese investitore o dal punto di vista di chi riceve l'investimento.
L’internazionalizzazione delle attività delle imprese multinazionali in termini di flussi di investimenti esteri è incrementata vertiginosamente a partire dagli anni successivi alla seconda guerra mondiale: durante gli anni 60, gli investimenti sono cresciuti a velocità doppia rispetto al Pil e il 40% più rapidamente delle esportazioni. negli anni 70 e nella prima metà degli anni 80 i tre indicatori economici (flussi commerciali, PIL e investimenti esteri) sono cresciuti con ritmi simili, ma dalla metà degli anni 80 fino agli inizi del 2000, gli IDE hanno conosciuto un'espansione senza precedenti: le ragioni di questo momento sono da ricondurre alla forte crescita del fenomeno delle imprese multinazionali, che con circa 82.000 imprese controllanti e 807.000 stabilimenti all'estero rappresentano il motore della globalizzazione economica.
Le statistiche appena citate corrono il rischio di far apparire il fenomeno degli investimenti relativamente omogeneo e semplice da classificare; in realtà, occorre considerare come si tratti di movimenti estremamente eterogenei sia con riferimento alle logiche di impresa, sia per quanto riguarda gli effetti sulla costruzione dello spazio geografico.
Nel tentativo di introdurre alcune chiavi interpretative si può far riferimento all'impostazione teorica di Dunning e al suo “paradigma OLI”:
• Gli IDE ORIZZONTALI: comprendono due logiche distinte. In primo luogo, essi possono riferirsi alla protezione o alla ricerca di mercati di sbocco per prodotti e servizi. Si tratta tipicamente di duplicare atti del processo produttivo costruendo o acquisendo nuovi impianti industriali allo scopo di fornire differenti aree geografiche. D'altro canto, l'investimento orizzontale è tipicamente benvenuto nei paesi beneficiari, poiché normalmente non si limita a spostare lo spazio geografico il capitale necessario per la costruzione o l'acquisizione di uno stabilimento: a seconda delle circostanze, esso implica anche il trasferimento di tecnologie produttive e know-how del marketing.
• Gli IDE VERTICALI: si riferiscono a due tipologie logiche di investimento: la ricerca di risorse e di efficienza. La prima tipologia è riconducibile alla ricerca di input produttivi strategici, come per esempio materie prime, e costituisce la logica di investimento estero più antica (questa logica è stata oggetto di analisi critica: da un lato si è sovrapposta a forme di dominio coloniale, dall'altro tende a contribuire in maniera assai marginale alla crescita economica dei paesi destinatari). La motivazione alla base di un investimento teso a perseguire maggiore efficienza si riferisce alla riduzione dei costi di produzione, e in particolare del costo del lavoro, o all'incremento delle economie di scala (anche al riguardo sono state mosse critiche come lo sfruttamento della manodopera a basso costo la quale tenderebbe ma non innalzare il profilo tecnologico o salario medio dei lavoratori).
A differenza degli IDE orizzontali, quelli verticali intendono espandere il commercio internazionale , poiché implicano il movimento di prodotti intermedi fra i vari luoghi in cui è distribuita la catena produttiva. proprio per questa ragione si stima che circa un terzo del commercio internazionale avvenga all'interno di imprese multinazionali, cioè tra stabilimenti dislocati in paesi differenti, ma appartenenti a una stessa struttura di impresa.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Alessandro Remigio
[Visita la sua tesi: "L'offerta fuori sede di strumenti finanziari"]
[Visita la sua tesi: "Valore delle merci e diritti di licenza"]
- Università: Università degli Studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara
- Facoltà: Economia
- Docente: Prof. Landini
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