Principio di umanità della pena
Indipendentemente dagli orientamenti teologici la pena è sempre limitata dalla garanzia data dal principio di umanità che impone il rispetto della dignità umana del condannato.
Nella nostra Costituzione tale principio risulta dall’art. 273 cost. il quale afferma che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità”.
Il principio di umanità è stato ripreso da tanti atti, accordi e convenzioni internazionali dal dopoguerra ad oggi.
La convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo afferma all’art. 3 che “nessuno può essere sottoposto a tortura né a pena o trattamento inumano o degradante” dove con l’uso del termine “trattamenti” richiama al rispetto del principio di umanità non solo la pena ma anche tutte le misure coercitive, i trattamenti sanitari, le misure di polizia e le tecniche di interrogatorio, nonché tutti quei trattamenti che producono danni psicologico-morali come l’umiliazione.
Il principio di umanità è altresì altamente antinomico in quanto si impone come assoluto, cioè non derogabile per non cadere nell’inciviltà, ma è altresì relativo, in quanto il suo contenuto pratico muta con la società e il periodo storico: le pene sono sempre inumane, la soglia minima varia nelle epoche storiche.
Il divieto di pene inumane è assoluto e inderogabile in principio mentre è relativo e mutevole nel contenuto.
Nonostante queste difficoltà applicative questo principio ha trovato ampio sviluppo.
La penetrazione del principio di umanità negli ordinamenti avviene in due fasi:
- abolizione tipologie sanzionatorie ritenute disumane, tutte quelle categorie, come le pene corporali, ritenute dalla coscienza comune del tempo come inumane.
In Italia la pena di morte è stata abolita per questo motivo, l’ergastolo, invece, è permaso;
- contenimento delle tipologie sanzionatorie “umane” entro i limiti del rispetto del principio di umanità, pene di per se considerate umane devono essere anche eseguite in maniera umana.
La carcerazione non deve sfociare in trattamenti disumani quali catene, scarso igiene, taglio di capelli imposto, cambio del nome in numero di matricola.
Ciò riveste particolare importanza per quei detenuti assoggettati a regimi speciali di reclusione, più severi, e per i detenuti malati e bisognosi di cure.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto penale I, a.a. 2006/2007
- Titolo del libro: Corso di Diritto Penale
- Autore del libro: Francesco Palazzo
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