Regime di impugnazione delle sentenze non definitive
Il nostro ordinamento discipline regime di impugnazione delle sentenze non definitive in due disposizioni: gli artt. 340 e 361 c.p.c., per la differente eventualità che la sentenza non definitiva si è emanata in primo grado o in appello.
L’art. 340 c.p.c. dispone che: “ contro le sentenze previste dagli artt. 278 e 279 c.p.c. (sentenze di condanna generica e provvisionale e non definitivi in genere), l’appello può essere differito, qualora la parte soccombente faccia riserva, a pena di decadenza, entro il termine per appellare e, in ogni caso, non oltre la prima udienza davanti al giudice istruttore successiva alla notificazione della sentenza”.
Se ne deduce che la regola generale in tema di impugnazione di sentenze non definitive è la loro impugnabilità immediata.
Decorsi i termini per appellare si determina il passaggio in giudicato della sentenza non definitiva e si verifica una preclusione da “giudicato interno” sulla questione da essa risolta.
Oltre a questo regime generale, il legislatore ne ha previsto anche uno eccezionale, secondo cui la parte soccombente può fare riserva di impugnazione entro i termini per appellare e comunque non oltre la prima udienza che si sia svolta davanti al giudice istruttore per la prosecuzione del processo.
Una volta effettuata tale riserva, è possibile impugnare la sentenza non definitiva unitariamente all’impugnazione contro la sentenza che definisce il giudizio (o con quella che venga proposta contro altra sentenza successiva che non definisce il giudizio).
Per individuare la parte legittimata ad impugnare la sentenza non definitiva, solo in ipotesi residuali si farà ricorso al criterio di soccombenza pratica, mentre di solito (essendo queste sentenze pronunciate su questioni) si dovrà ricorrere al concetto di soccombenza teorica, si farà, cioè, riferimento al modo in cui è stata risolta la questione nella sentenza non definitiva.
Un altro dato rilevante che emerge riguarda una inevitabile rottura del principio di integrità oggettiva del processo di impugnazione rispetto al processo impugnato.
Questo perché in seguito ad impugnazione immediata avremo la contemporanea pendenza di due processi originati da quell’unica domanda giudiziale proposta all’inizio.
Queste conseguenze hanno causato non poche critiche al regime di impugnabilità immediata.
Il testo originario del codice del 1942 prevedeva che contro le sentenze non definitive era esperibile solo l’impugnazione differita, purché in precedenza fosse stata effettuata la riserva di impugnazione.
Il regime introdotto dal legislatore del 1950, e tuttora vigente, pone gravi e delicati problemi di coordinamento tra lo svolgimento del processo nel cui corso è emanata la sentenza non definitiva e lo svolgimento del giudizio di impugnazione immediata della sentenza stessa.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto processuale civile, a.a.2007/2008
- Titolo del libro: Lezioni di diritto processuale civile
- Autore del libro: A. Proto Pisani
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