L’intervento adesivo dipendente ex art. 1052 c.p.c.
L’intervento adesivo dipendente ex art. 105(2) c.p.c.
Esaurita l’interpretazione del primo comma dell’art. 105 possiamo iniziare l’esame del secondo comma.
La dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel ritenere che:
con il termine interesse, adoperato dall’art. 105(2) c.p.c., il legislatore abbia inteso riferirsi alla situazione sostanziale legittimante all’intervento, non all’interesse processuale ad agire di cui all’art. 100 c.p.c.;
la situazione legittimante all’intervento sia data dalla titolarità da parte del terzo di un diritto o rapporto giuridicamente dipendente dal diritto o rapporto del processo originario;
il rapporto giuridicamente dipendente del terzo costituisca situazione legittimante all’intervento, ma non è dedotto in giudizio dal terzo; con l’intervento, cioè, non si propone alcuna domanda relativa al diritto dipendente del terzo e non si allarga l’ambito oggettivo del processo originario.
L’intervento adesivo semplice o dipendente affonda le sue radici nella relazione di pregiudizialità/dipendenza tra rapporti sostanziali.
Come si è visto esaminando i limiti soggettivi di efficacia della sentenza, il nostro ordinamento presenta soluzioni differenziate in ordine al problema relativo al se la sentenza pronunciata sul rapporto pregiudiziale esplichi o no efficacia riflessa nei confronti del terzo titolare del rapporto giuridico dipendente rimasto estraneo al processo: a volte esclude del tutto il manifestarsi di tale efficacia (se sfavorevole), a volte ammette il manifestarsi di tale efficacia, ma consente al terzo, nel secondo processo che abbia ad oggetto il rapporto dipendente, di contestare la giustizia della prima decisione; a volte, infine, ammette il manifestarsi di tale efficacia e consente al terzo di dolersi della sentenza resa sul rapporto pregiudiziale solo negli stretti limiti in cui lo consente l’opposizione di terzo revocatoria.
La flessione dell’intervento adesivo dipendente muta radicalmente a seconda che si consideri il terzo soggetto o no all’efficacia riflessa della sentenza pronunciata sul rapporto pregiudiziale oggetto del processo originario:
- nelle ipotesi in cui il terzo titolare del rapporto dipendente sia considerato sempre soggetto all’efficacia riflessa della sentenza relativa al rapporto pregiudiziale, l’intervento adesivo dipendente assolve la funzione di assicurare al terzo una tutela preventiva consentendogli di partecipare al procedimento di formazione del provvedimento giurisdizionale alla cui efficacia riflessa sarebbe comunque soggetto;
- nelle ipotesi, invece, in cui il terzo titolare del rapporto dipendente non sia considerato soggetto all’efficacia riflessa della sentenza relativa al rapporto pregiudiziale, l’intervento adesivo dipendente assolve la funzione di consentire che rapporto pregiudiziale sia accertato fra i legittimi contraddittori con efficacia vincolante anche nei confronti del terzo.
L’interesse che, in ipotesi di tale specie, può sollecitare il terzo a spiegare l’intervento è dato, non già dalla soggezione all’efficacia riflessa nella sentenza, bensì sullo opportunità di prevenire il formarsi di un mero precedente giurisprudenziale favorevole.
Estremamente delicata è l’analisi volta ad individuare i poteri processuali dell’interveniente adesivo dipendente:
- se l’interveniente poteva mettere in moto il processo sul rapporto pregiudiziale in forza di una sua legittimazione straordinaria, allora ha tutti i poteri propri delle parti, ivi compreso il potere di autonoma impugnazione della sentenza;
- se l’interveniente non poteva mettere in moto il processo sul rapporto pregiudiziale in quanto non fornito di legittimazione straordinaria ad agire, allora è munito di una mera legittimazione ad intervenire in una causa che non avrebbe potuto proporre.
Per l’individuazione dei suoi poteri processuali occorre distinguere:
- in ogni caso nell’ambito del processo di primo grado ha pieni poteri istruttori, nonché il potere di allegare al processo fatti posti a fondamento di eccezioni rilevabili d’ufficio;
quanto al potere di impugnare, la giurisprudenza è afferma nel negare la legittimazione ad impugnare all’interveniente adesivo dipendente.
Nella sua radicalità questa soluzione non convince.
Poiché l’esperimento dell’intervento non può privare il terzo di quei poteri di impugnazione di cui godere del nell’autonomo processo relativo al rapporto dipendente, ove non fosse intervenuto nel processo relativo al rapporto pregiudiziale, è da riconoscergli la legittimazione ad impugnare la sentenza resa su questo rapporto; ove, però, le parti di tale rapporto non impugnino a loro volta, la relativa sentenza è destinata a passare in giudicato tra di esse, e l’eventuale accoglimento dell’impugnazione proposta dal terzo varrà solo ai fini della ricaduta che il rapporto pregiudiziale può avere sull’esistenza o modo d’essere del rapporto dipendente di cui è parte il terzo.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto processuale civile, a.a.2007/2008
- Titolo del libro: Lezioni di diritto processuale civile
- Autore del libro: A. Proto Pisani
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