Cenni sulla c.d. privatizzazione del pubblico impiego
Il n.4 dell’art. 409 c.p.c. devolve alla giurisdizione del giudice ordinario e al rito del lavoro le controversie relative ai rapporti di lavoro che svolgono esclusivamente o prevalentemente attività economica.
Per le controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti da enti pubblici non economici, il n.5 dell’art. 409 c.p.c. è oggi del tutto superato dalla revisione della disciplina del pubblico impiego.
Essenziale è l’art. 63 d.lgs. 165/2001 secondo cui “sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni”.
A questa regola generale fanno eccezione solo i rapporti di lavoro dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili, degli avvocati e procuratori dello Stato, del personale militare delle Forze di polizia dello Stato, del personale della carriera diplomatica e prefettizia, dei professori e dei ricercatori universitari, nonché dei dipendenti di alcune cosiddette autorità garanti: le controversie relative a questi rapporti di lavoro continuano ad essere soggette alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo che conoscerà anche i diritti patrimoniali consequenziali.
A chiarimento della devoluzione, come regola generale, al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro delle controversie relative rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, l’art. 63 effettua una serie di importanti precisazioni.
Innanzitutto si precisa che tra tali controversie rientrano anche “le controversie concernenti l’assunzione al lavoro (escluso solo le controversie “in materia di procedure concorsuali”) il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte”.
In secondo luogo si dispone che la giurisdizione del giudice ordinario sussiste “allorché vengano in questione atti amministrativi presupposti. Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se illegittimi”.
Ed ancora, si dispone che “il giudice adotta, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati”.
In terzo luogo, infine, si dispone che “sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie relative a comportamenti antisindacali delle pubbliche amministrazioni”.
Nel duplice tentativo per un verso di evitare al giudice ordinario il sovraccarico derivante dalle controversie seriali dei dipendenti delle pubblica amministrazione, e per altro verso di assicurare l’uniformità degli indirizzi interpretativi in materia di contratti o accordi collettivi sottoscritti dall’ARAN, l’art. 64 detta una disciplina tutta particolare in ordine all’accertamento dell’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi.
Il giudice quando, nella definizione di una controversia, “è necessario risolvere in via pregiudiziale una questione concernente l’efficacia, la validità, con l’interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale sottoscritto dall’ARAN” dovrà:
individuare con ordinanza la questione e mettere in moto un complesso processo di conciliazione collettiva che, ove si concluda con “accordo sull’interpretazione autentica del contratto o accordo collettivo ovvero sulla modifica della clausola controversa” avrà efficacia retroattiva vincolante erga omnes anche per le parti del processo individuale;
all’esito negativo del tentativo di conciliazione collettivo, decidere con sentenza (non definitiva) la sola questione.
La sentenza è impugnabile solo immediatamente con ricorso per cassazione (anche da parte dell’ARAN).
La sentenza della Corte di Cassazione avrà efficacia vincolante nel giudizio a quo, nonché imporrà ai giudici degli altri processi nei quali è necessario risolvere la stessa questione di pronunciare sentenza non definitiva sulla questione stessa (impugnabile solo immediatamente con ricorso per cassazione), ove non ritengano di uniformarsi alla pronuncia della Corte.
A mio avviso è da ritenere che ove la “questione” sia di agevole soluzione il giudice possa risolverla secondo l’iter normale.
La disciplina è stata estesa alle controversie cosiddette di lavoro privato dipendenti dalla risoluzione pregiudiziale di una questione concernente l’efficacia, la validità o l’interpretazione di un contratto o accordo collettivo nazionale.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto processuale civile, a.a.2007/2008
- Titolo del libro: Lezioni di diritto processuale civile
- Autore del libro: A. Proto Pisani
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