Le vittime del Kampuchea democratico
La distruzione di un quarto della popolazione nazionale rappresenta un genocidio in quanto tale? Il fatto che la percentuale delle vittime vari a seconda del gruppo cui appartenevano da una parte permette di stabilire quali furono i gruppi più vittimizzati, dall’altra indica anche che i dirigenti khmer rossi mirassero a colpire soprattutto alcune categorie. Una volta eliminati innanzitutto i nemici politici dichiarati, le probabilità di morire e sopravvivere nella Kampuchea democratica erano determinate dall’appartenenza a precise categorie socio territoriali. I khmer rossi colpirono per primi i loro avversari politici cioè coloro che consideravano i naturali oppositori della Cambogia ideale. I coefficienti di mortalità più elevati riguardano i dirigenti del regime repubblicano, i poliziotti, gli ufficiali, i funzionari e i magistrati. Ma questi gruppi politici non superano il 5% del totale con le loro famiglie. Di chi è composto il restante 20%? In primo luogo da gruppi territoriali: per esempio la città con tutte le sue attività specifiche, il suo stile di vita e le sue abitudini culturali influenzate dai paesi stranieri è inevitabilmente presa di mira in quanto tale. La città di Phnon Penh è la prima a essere colpita e subisce l’evacuazione forzata dei suoi abitanti.
Alcune categorie particolari sono state colpite prima di altre: per esempio gli intellettuali della città sono una delle categorie più vittimizzate (laureati, medici…). Nelle campagne il clero buddhista scomparve quasi completamente. Furono colpiti anche alcuni gruppi religiosi ed etnici: i musulmani chan, i cattolici, i cinesi, i vietnamiti. Questi gruppi sono perseguitati in quanto tali o in quanto rappresentanti di categorie cittadine e di commercianti di ribelli dell’autorità e seguaci di un’altra visione del mondo totale o ancora simbolicamente legate all’imperialismo coloniale.
Esiste un piano strategico dell’eliminazione che risponde a un’intenzionalità omicida di natura sociologica. Infatti per i dirigenti dell’Angkar (l’organizzazione) bisognava sradicare 3 montagne: l’imperialismo, il feudalesimo e il capitalismo reazionario. Le vittime appartengono così in maggioranza a 3 categorie stigmatizzate:
1. il nuovo popolo: classi popolari delle città o delle campagne come impiegati, operai, contadini rifugiati che sino al 17 aprile del 75 erano vissute sotto il controllo di Lon Nol e che per questo sarebbero state contagiate dallo spirito reazionario o imperialista straniero. Questa massa è stata deportata e unita a vecchio popolo (ovvero la popolazione contadina delle aree “liberate” a partire dal 1970 ritenuta più pura e quindi sicura) per essere rieducata con il lavoro forzato e con trattamenti umilianti.
2. il sottopopolo che è formato dalle categorie socio professionali più legate al vecchio ordine e quindi considerate quasi sempre non rieducabili, indegne di vivere e destinate alla progressiva eliminazione: gli intellettuali in senso ampio, i liberi professionisti, i commercianti, il clero.
3. i traditori condannati all’annientamento immediato. Erano i militari e funzionari del regime precedente.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Filippo Amelotti
[Visita la sua tesi: "Il Canada e la politica internazionale di peacekeeping"]
[Visita la sua tesi: "I cartoni animati satirici: il caso South Park"]
- Università: Università degli studi di Genova
- Facoltà: Scienze Politiche
- Esame: Storia contemporanea
- Docente: E. Preda
- Titolo del libro: Il secolo dei genocidi
- Autore del libro: Bernard Bruneteau
- Editore: Il Mulino
- Anno pubblicazione: 2005
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