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Pensiero politico di Rousseau 1712 – 1778


Ha il suo centro ispiratore negli ideali della libertà e dell’uguaglianza che devono essere fatti valere con un rinnovamento totale della società, delle tradizioni, delle leggi, delle istituzioni. Tale rinnovamento trova esito nella democrazia. Conclude il giusnaturalismo.
L’uomo civilizzato nella società nega i principi, i valori, l’ordine della natura.
Scrive “il discorso sulle scienze e sulle arti” in cui è esaminato il concetto di progresso e si tratta di capire se ha reso l’uomo più civile. Dice che non ha portato alcun miglioramento.
Il progresso delle scienze e delle arti si traduce in un aumento di ricchezza che determina l’amore per gli agi, il lusso… l’amore per la ricchezza fa perdere di vista alla società gli scopi della sua costituzione, il valore della virtù civica, il sacrificio per il bene della comunità.
Contrappone i costumi rozzi ma naturali, spontanei, sinceri a quelli civili ma corrotti: la civiltà promossa dalle arti e le scienze nasconde l’artificiosità dei sentimenti.
La scienza tiene a diventare uno strumento politico nelle mani dei governanti e si fa portatrice non tanto di verità quanto di opinioni che avalla con il prestigio della sua autorità.
La diffusione dei lumi promossa dall’enciclopedia non promuove una crescita culturale ma si fonda sul nozionismo e nasconde le difficoltà reali connesse all’acquisizione di autentica cultura.
È sostenitore della primitiva ignoranza, della semplicità e spontaneità dell’uomo primitivo. La ragione e la scienza sono svuotate da qualsiasi contenuto etico e umano.

La contrapposizione tra l’uomo come è nella natura e la società civile quale risulta dal progresso è approfondita nel “discorso sull’origine della ineguaglianza. Vuole individuare le cause in cui l’uomo originariamente libero e felice perviene ad una situazione opposta. L’uomo vero e autentico era quello dello stato di natura quando non c’erta la società civile. Nello stato di natura l’uomo è libero ed uguale, è sollecitato dall’istinto e dai bisogni e conduce una vita semplice e tranquilla. Al contrario di Hobbes, per Rousseau l’uomo primitivo è pacifico. La natura umana si esprime nell’amor di se stesso che è temperato da un altro sentimento: la pietà che l’uomo avverte nei confronti dei suoi simili. La civiltà tende ad attenuare il sentimento fondamentale dell’uomo perché la ragione dissolve la compassione. La ragione educa il sentimento contrapposto all’amor di se stesso, l’amor proprio per cui l’uomo diventa individuo cioè si chiude in se stesso e riporta tutto a se stesso cercando l’esaltazione di sé per primeggiare sugli altri.

La scoperta delle arti, la lavorazione della pietra, ferro, bronzo, l’agricoltura, consentono all’uomo di formare associazioni naturali: la famiglia, la tribù, il villaggio, in cui si esprime la socialità primitiva dell’uomo. Si pongono le prime differenze tra gli uomini connesse alle attività che si svolgono in quelle prime società naturali. Queste disuguaglianze vengono istituzionalizzate e riconosciute con l’istituzione della proprietà privata che è il moltiplicatore delle ineguaglianze e la loro legittimazione. La ineguaglianza genera nella convivenza umana le passioni e la primitiva etica comunitaria si corrompe. Il contrasto tra ricchi e poveri determina uno stato di guerra permanente di tutti contro tutti. Questa situazione indusse i ricchi che vedevano in pericolo i loro patrimoni a proporre una nuova forma di associazione che garantisse la pace per tutti e i beni di tutti con la costituzione di un potere supremo che imponesse a tutti il rispetto di comuni norme di convivenza. È questa l’origine della società politica fondata su un contratto sociale proposta dall’intelligenza dei ricchi che raggirarono i più deboli. Il progresso delle società politiche ha rafforzato sempre più il predominio dei pochi sui molti.
Più la società progredisce più l’uomo diventa schiavo di essa. Il termine finale di questo processo è il dispotismo che riproduce rovesciata, l’originaria situazione della società di natura. Tutti si trovano alla mercè del potere dispotico.
La storia è un progresso degenerativo che svuota l’uomo della sua vera umanità.

Tratto da STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE di Filippo Amelotti
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