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Potenze conservatrici e potenze revisioniste


La storia diplomatica compiva una classica distinzione tra potenze conservatrici e potenze revisioniste. I meccanismi di bilanciamento si innescano contro le potenze revisioniste ovvero interessata al cambiamento anche violento dell’ordine.
Aron fa una classificazione dei vari sistemi internazionali a seconda che siano omogenei o eterogenei. Quelli omogenei sono caratterizzati da ideologie conservatrici compatibili le une con le altre. Ci possono essere conflitti e logiche di equilibrio ma di portata limitata. Nei sistemi eterogenei una o più potenze hanno una visione della politica diversa da quelle delle altre (guerre di religione, rivoluzione francese). Questi sistemi sono più instabili perché oltre ai normali obiettivi di politica estera, le potenze hanno anche un’agenda rivoluzionaria che mira a modificare gli assetti di politica interna degli altri stati.
Secondo il realismo difensivo il meccanismo dell’equilibrio di potenza tende ad essere un sufficiente deterrente per la maggior parte degli stati perché questi cercano sicurezza e si accontentano quando ne raggiungono un ragionevole livello. Solo pochi stati vogliono massimizzare il proprio potere sino a raggiungere una posizione egemonica e non sono facilmente contenuti dalla prospettiva di una coalizione che si formi contro di loro. In questi casi l’equilibri fallisce perché una efficace deterrenza contro stati di questo tipo è difficile.
Snyder studia il fenomeno della sovra espansione ovvero il fatt ceh alcuni stati tendano a sviluppare politiche aggressive, tanto da generare controreazioni forti da parte degli altri sino a portare alla loro sconfitta totale.
Schweller considera importanti le intenzioni degli stati per il funzionamento dell’equilibrio di potenza, dal momento ceh stati revisionisti non si alleeranno con stati conservatori. Ci sono 4 tipi di stati: quelli orientati alla difesa dello status quo (i leoni, come l’UK), quelli interessati allo status quo ma più deboli e remissivi (gli agnelli, come stati Europa orientale), quelli interessati al revisionismo (i lupi, Germania nazista) e quelli che sperano di guadagnare vantaggi opportunistici da un cambiamento (gli sciacalli, Italia fascista). La stabilità del sistema dipenderà dalla presenza di un sufficiente numero di leoni e agnelli in contrapposizione a lupi e sciacalli.
Schweller dice anche che lo stato che deve contrastare una minaccia deve mobilitare le risorse a sua disposizione. La strategia migliore dipende dal grado di consenso tra le sue elite politiche, dal suo grado di coesione politica e sociale e dalla forza delle sue istituzioni politiche. Se in uno stato queste variabili hanno valori bassi (incoerenti) diminuirà la volontà di bilanciamento e la debolezza del sistema politico diminuirà la capacità di uno stato di estrarre le risorse. Gli stati incoerenti tenderanno ad avere politiche di underbalancing tra cui c’è anche la strategia del saltare sul carro del più forte.
A queste critiche lo strutturalismo risponde con una visione offensiva del realismo secondo la quale la natura anarchica del sistema costringe tutti gli stati a massimizzare sempre e comunque il proprio potere e prefigurano un ambiente internazionale molto più competitivo e pericoloso. Ogni stato, messo di fronte all’occasione cercherà una posizione egemonica e di dominio sugli altri.
Secondo i realisti classici la sola struttura non è sufficiente a spiegare la persistenza dell’equilibrio ed è necessario che le grandi potenze vogliano e possano mantenerlo.
Il realismo eterodosso introduce anche oltre all’importanza dell’abilità diplomatica, una dimensione ideologica per la quale alcuni tipi di stati producono maggiore instabilità con le loro finalità rivoluzionarie.
Secondo i realisti difensivi la capacità e la volontà di mantenere l’equilibrio dipendono in larga misura dalla politica interna.

Tratto da RELAZIONI INTERNAZIONALI di Filippo Amelotti
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