L’ambiente morale, intellettuale, politico e sociale del 700
Gli uomini e le idee che contribuiscono allo sviluppo del movimento rivoluzionario europeo vanno messi in rapporto con l’ambiente in cui vivono: è un ambiente ristretto alla borghesia più elevata, alla quasi totalità dell’aristocrazia di corte e ad una piccola parte dell’aristocrazia di provincia. Un ambiente che coincide con un elite non rappresentativa dell’intera collettività sociale.
L’ambiente morale: vede una vita di società fondata non su principi cristiani ma su un diverso codice morale esteriore: la politesse (l’eleganza di comportamento) propria allo spirito mondano privo di fede interiore o concezione generale della vita. La vita di società dei salotti e delle grandi sale in cui si riuniscono i nomi più colti è tutto. L’essere d’accordo con le gens du mond provoca un conformismo contro il quale si batterà il movimento romantico. Il modello dell’uomo è il philosophe che poi altro non è che il libertin d’esprit. Egli sottopone a revisione le condizioni che vigono tra gli uomini, convinto che ne scaturirà un mondo migliore dominato da una fraternità laica. Al primo posto per lui è la ragione: di qui l’entusiasmo per le scienza esatte perché in esse trionfa la ragione e il disprezzo per gli impulsi del sentimento.
L’ambiente intellettuale: è dominato da 2 idee, il regno della ragione e il progresso indefinito. Dai primi del 700 alla rivoluzione, il razionalismo ottimista si estende a tutto, compresa la storia che viene vista con diffidenza. Anche l’arte risponde ad una concezione razionalistica che esclude il confuso o il tempestoso. Lo stesso vale per la politica e il diritto. La scure della ragione deve abbattersi sul groviglio creato dall’ancien regime per ridurre tutto a idee chiare e distinte, ad una struttura geometrica. La fiducia in un progresso indefinito in grado di migliorare le sorti umane trasformandole in un luminoso paradiso terrestre discende dall’idea di bontà della natura umana. Le due idee del regno della ragione e del progresso indefinito si impongono alla fola incolta e diventano programmi di riforma politica e sociale. L’affermazione del regno della ragione annuncia la fine dei regni costituiti secondo il sistema dell’assolutismo.
L’ambiente politico: la laicità dello stato quale elaborata dai pensatori settecenteschi produce 2 mutamenti, nella politica estera e nella politica interna. Nella prima si assiste ad un sistema di violazione delle norme consuetudinarie internazionali che la comunità cristiana aveva riconosciuto come sua base. Inoltre gli elementi economici prevalgono nelle relazioni tra gli stati con la conseguenza di una politica più nettamente materialistica, priva di quei motivi religiosi invocati come giustificazioni esteriori. Già la pace di westfalia aveva delineato una politica estera laica. Non solo è morta ogni autorità del pontificato romano ad eliminare conflitti internazionali ma è scomparso ogni principio di responsabilità dello stato di fronte a leggi ad esso superiori. In politica interna, dalla metà del 700 si assiste ad una trasformazione dell’alleanza tra trono e altare: nasce l’assolutismo illuminato. Il movimento illuminista sottopone la chiesa allo stato in nome dei principi della ragione. È la riforma amministrativa l’obbiettivo di diversi sovrani. Al confessionismo religioso sono sostituiti i principi dell’illuminismo. Con essi il sovrano illuminato rafforza la costruzione dello stato maestro di civiltà, che non deriva più la sua missione da un credo trascendente ma dalla convinzione che esso stato debba essere l’unico maestro e propagandista. Ogni stato europeo sente di non essere più strumento della provvidenza ma solo una creatura umana al cui fondamento sta la legge di natura al cui vertice sta l’utilità generale e sente di avere solo in se stesso la propria legittimazione.
L’ambiente sociale: il periodo in cui si sviluppa il movimento rivoluzionario europeo vede ancora una distinzione delle classi radicata nel privilegio della nobiltà e del clero nei confronti delle altre classi sociali, soprattutto della borghesia. Si tratta di distinzione ormai prova di solida giustificazione e che per ciò sarà determinante per l’esplosione della rivoluzione francese. C’era
1. la nobiltà presentata a corte che è la vera privilegiata. Possiede enormi rendite ed ha 3 categoria di privilegi: il potere di rendere giustizia, l’esenzione delle imposte e una serie di diritti onorifici che ne fanno una classe sociale ristretta e invidiata.
2. il clero che è diviso in 2 ceti: alto e basso clero. Solo l’alto clero si avvicina alla posizione privilegiata della nobiltà: quasi tutto ricchissimo, per buona parte privilegiato e staccato dal popolo. Il basso clero vive in povertà estrema e finisce con il confondersi con la massa del popolo del quale condivide il sentimento rivoluzionario
3. la borghesia: non coincide con il popolo ma con ceti che costituiscono già allora la classe dirigente: professioni liberali, ceto industriale e mercantile, uomini di scienza. La sua emersione sociale risale al medioevo ma alla fine del 600 la reazione aristocratica la esclude da molte cariche pubbliche e militari.
4. il popolo: l’Europa seicentesca respinge il popolo dall’organizzazione statale. Sia contadini che operai vivono in condizioni di indigenza. Le antiche virtù religiose vanno scadendo anche a causa dell’estrema miseria e dell’assoluta ignoranza. Il popolo si sente fuori dallo stato ma anche fuori dalla chiesa. Così alla fine del 700 la reazione popolare si scatena un po’ ovunque.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Filippo Amelotti
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- Università: Università degli studi di Genova
- Facoltà: Scienze Politiche
- Esame: Storia e sistemi dei rapporti tra stato e chiesa
- Docente: G. Varnier
- Titolo del libro: A Cesare ciò che è di Cesare, a Dio ciò che è di Dio
- Autore del libro: O. Fumagalli Carulli
- Editore: V&P
- Anno pubblicazione: 2006
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