Il numero effettivo dei partiti
I sistemi bipartitici puri sono rari. Ci si chiede se dobbiamo contare o no i piccoli partiti e quanto ampi devono essere per essere considerati nel conteggio.
Una soluzione è quella adottata da Giovanni Sartori che suggerisce alcuni assunti fondamentali: i partiti che non ottengono seggi parlamentari devono essere esclusi dal conteggio; la forza di ognuno degli altri partiti si deve misurare in termini di seggi parlamentari; per l’inclusione dei vari partiti nel conteggio non si può fare affidamento solo sul criterio della loro ampiezza e quindi non possiamo procedere semplicemente scegliendo una soglia di discrimine (per esempio il 5% del totale dei voti) ammettendo i partiti al di sopra della soglia ed escludendo quelli al di sotto. Questi assunti preliminari sono incontestabili. Più controverse sono le regole del conteggio di Sartori. Osserva che dovremmo poter contare solo i partiti che risultano rilevanti in misura del loro rispettivo potenziale di coalizione e del potenziale di ricatto. Un partito mostra un certo potenziale di coalizione quando ha gia partecipato ad esperienze di coalizione o quando i partiti maggiori lo considerano un possibile partner. I partiti che sono inaccettabili per tutti o per la maggior parte delle formazioni devono essere contati solo se sono abbastanza grandi. Questa è la seconda regola di Sartori basata sul potere di intimidazione o potenziale di ricatto dei partiti orientati ad un ruolo di opposizione (comunisti in Francia e Italia fino agli anni 70).
I criteri di Sartori sono utili per distinguere partiti significativi e non; ma non funzionano per contare i partiti effettivamente presenti all’interno di un sistema. In primo luogo, sebbene i criteri di Sartori siano basati su 2 variabili, la grandezza e la compatibilità ideologica, la prima di esse rimane il fattore cruciale. Solo i partiti di una creta grandezza possono avere potenziale di ricatto. Dall’altro lato i partiti piccoli con pochi seggi in parlamento sono spesso moderati e quindi accettabili dalle formazioni più grandi come possibili alleati. Raramente possiedono potenziale di coalizione perché il loro peso non è sufficiente per contribuire in modo decisivo alla formazione di un governo. Di conseguenza i partiti che risulteranno conteggiabili saranno quelli più grandi a prescindere dalla loro compatibilità ideologica. In secondo luogo,sebbene la dimensione dei partiti sia così nettamente prominente nella teoria di Sartori, egli non utilizza questo fattore per produrre ulteriori distinzioni tra i partiti rilevanti.
Per ovviare a questo difetto, Blondel aveva proposto una classificazione dei sistemi di partito che prende in considerazione sia il numero dei partiti che il loro peso relativo. Divide i sistemi partitici in 4 categorie. I sistemi bipartitici, dominati da 2 grandi formazioni; se in aggiunta abbiamo una terza formazione non significativa in termini elettorali ma importante per il suo potenziale di coalizione allora avremo sistemi a 2 partiti e mezzo; i sistemi in cui i partiti sono più di 2 e mezzo sono i multipartitici e si possono dividere in due categorie a seconda che sia presente o meno il partito dominante.
Ciò di cui abbiamo bisogno allora è un indice quantitativo che possa dirci esattamente il numero di partiti presenti in un sistema tenendo in considerazione il peso di ognuno di essi. Un indice di questo tipo è stato creato da Markku Laakso e Rein Taagepera. Si tratta del numero effettivo dei partiti.
Si evince che in un ipotetico sistema bipartitico con due formazioni equivalenti, il numero effettivo dei partiti ha esattamente il valore di 2. se uno dei due partiti è molto più forte dell’altro (per esempio con una % di seggi del 70% contro il 30%), il numero effettivo dei partiti sarà 1.7 rispettando la valutazione per la quale ci stiamo spostando da un caso di bipartitismo puro verso una forma di sistema monopartitico. Con 3 partiti uguali la formula del numero effettivo porterà a un valore di 3. ma se uno dei 3 partiti è più debole degli altri 2 il numero effettivo sarà compreso tra 2 e 3.
In tutti i casi in cui i partiti sono uguali il numero effettivo dei partiti sarà lo stesso del loro conteggio. Quando i partiti non sono uguali in termini di forza, il numero effettivo sarà inferiore rispetto al numero delle unità partitiche.
Continua a leggere:
- Successivo: Alleanze di partiti affini
- Precedente: Sistemi di partiti: modelli bipartitici e multipartitici
Dettagli appunto:
-
Autore:
Filippo Amelotti
[Visita la sua tesi: "Il Canada e la politica internazionale di peacekeeping"]
[Visita la sua tesi: "I cartoni animati satirici: il caso South Park"]
- Università: Università degli studi di Genova
- Facoltà: Scienze Politiche
- Esame: Le Democrazie contemporanee
- Docente: G.Cama
- Titolo del libro: Le Democrazie contemporanee
- Autore del libro: A. Lijphart
- Editore: Il mulino
- Anno pubblicazione: 2001
Altri appunti correlati:
- Scienza politica
- Political Philosophy (Modulo 1 e Modulo 2)
- Sociologia politica e nuovi media
- Rappresentanza politica e governabilità
- Democrazia e Islam
Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:
- Le elezioni del Presidente degli Stati Uniti d'America
- Dalla crisi del sistema “Party Centered” all’affermazione del “Candidate Centered System”: il PSI di Craxi
- L'evoluzione del federalismo tedesco: da Weimar alla Grosse Koalition
- Forme di governo e sistemi elettorali in America del sud: il caso cileno
- Il principio di autodeterminazione dei popoli nel diritto internazionale contemporaneo: stato della prassi e tendenze evolutive
Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.