La Cagliostra di Castel Sant'Angelo
La Cagliostra è all’estremità nord dell’appartamento papale, comprende un corridoio di accesso, una sala centrale e due camerini laterali, che dagli stucchi delle volte con gli emblemi araldici farnesiani (il delfino, il camaleonte e lo struzzo) prendono il nome di Gabinetto del Delfino e della Salamandra e di Gabinetto della Cicogna. Le decorazioni a grottesche delle volte dei camerini e delle pareti della sala centrale furono eseguite da Luzio e aiuti nel 1545, quelle del corridoio di accesso dalla equipe di Perin del Vaga nel 1546.
La sala centrale era in origine una loggia aperta verso i Prati, che si saldava con quella sottostante di Paolo III aprendo nel blocco compatto del cilindro romano una cavità d’ambra con valore chiaroscurale.
Radicali trasformazioni intervennero nel Settecento, quando furono chiusi con murature i vani della loggia, sostituiti i soffitti della sala centrale e del corridoio di accesso dipinti da del Vaga e nascoste sotto vari strati di imbianco le decorazioni superstiti. Queste riaffiorarono faticosamente dallo scialbo in seguito ai lavori di restauro di inizio Novecento. Sono state poi eliminate le grossolane ridipinture che conferivano un senso di inautenticità ma non i gravissimi danni che le decorazioni di questi ambienti, ridotti a prigione, hanno dovuto subire. Le manomissioni e le trasformazioni hanno fatto dimenticare la struttura originaria della sala centrale. I soffitti moderni hanno ribassato l’ambiente togliendo il disegno delle pareti.
Le pitture infatti si estendevano al soffitto della sala centrale e forse ai camerini.
Le grottesche della sala centrale sono inquadrate da una cornice architettonica – illusionistica costituita da pilastri dipinti poggianti su una finta zoccolatura a riquadri marmorei, che si integra illusivamente con le strutture reali della loggia. Le stesse grottesche dovevano contribuire all’effetto illusivo di dilatazione e di ambiguità spaziale affiorando liberamente, come apparizioni improvvise, dal fondo bianco e uniforme dello stucco romano, autonome dalla parete e come magicamente sospese nel vuoto.
Le decorazioni si svolgono solo su tre pareti.
Grazie ai disegni preparatori è comprovato che tali invenzioni siano di Luzio.
Nelle pitture del corridoio, che sembrano rievocare le fragili architetture della Domus Aurea con un effetto illusorio di dilatazione spaziale e nelle quali vengono di nuovo impiegati gli stessi contorni a specchio da una parete all’altra, non è sempre facile distinguere la parete di Luzio da quella di Perino. Ma il ricorso ai disegni preparatori ci conferma che Luzio, prima di lasciare Castel Sant’Angelo, aveva predisposto ed eseguito, almeno in parte, alcuni progetti per la parete del corridoio.
L’opera di Perino riguardò il soffitto perduto ed il completamento delle pareti con nuove sezioni decorative.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Gabriella Galbiati
[Visita la sua tesi: "Logica del tempo in Guglielmo di Ockham e Arthur Norman Prior"]
- Università: Università degli Studi Suor Orsola Benincasa - Napoli
- Facoltà: Conservazione dei Beni Culturali
- Esame: Storia dell'arte moderna
- Docente: Maria Calì
- Titolo del libro: Gli affreschi di Paolo III a Castel Sant'Angelo. Progetto ed esecuzione. Catalogo della mostra.
- Autore del libro: Eraldo Gaudioso
- Editore: De Luca
- Anno pubblicazione: 1981
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