Antisocialità
Fenomeno che racchiude una varietà di condotte che assumono significati diversi a seconda dei contesti. È una condotta che viola le regole, norme, principi, valori di un determinato gruppo o società, associata al disagio o ostacolo al benessere altrui.
Le condotte antisociali possono diventare delinquenziali se assumono caratteri estremi d’illegalità e finiscono con l’interessare l’autorità giudiziaria e polizia. Si distinguono in manifeste (rivolte contro persone) e non manifeste (rivolte contro la proprietà o se stessi).
Ipotesi: deficit del sistema cognitivo che provoca impulsività e incapacità di controllo, attualmente prospettiva interazionista tra fattori individuali e sociali, in relazione ai contesti in cui si manifestano, fasi di sviluppo interessate e meccanismi che li innescano.
Precursori: importanza delle relazioni precoci bambino/genitori nei primi mesi di vita, 2 variabili che influiscono sull’adattamento del bambino: temperamento (reattività e autoregolazione insufficiente, deve fare a affidamento su chi si occupa di lui come fonte esterna di autoregolazione) e attaccamento (bambini con stati d’irritabilità e disagio, attaccamento insicuro e resistente) = bambini che sviluppano in età scolare problemi di adattamento sociale (oppositività verso gli altri, infrazioni regole, aggressività).
Contesti:
1. famiglia: ha un ruolo cruciale, le strategie educative familiari adottate nell’allevamento dei figli (meccanismi di coercizione con cui si apprendono le strategie di relazione con gli altri). Nelle famiglie normali: i genitori conoscono la loro funzione educativa con maggior consapevolezza e coerenza, stabiliscono le aspettative verso i figli, approvano e incoraggiano i comportamenti orientati al rispetto delle regole e degli altri. Nelle famiglie antisociali: inefficacia educativa, condotte aggressive e antisociali dei figli, spesso i bambini antisociali sono maltrattati, figli di genitori a loro volta maltrattati, rifiutati, trascurati.
2. scuola: alta correlazione tra insuccesso scolastico/condotte antisociali (esperienza di non saper regolare il proprio comportamento in un nuovo contesto con regole stabilite, esperienza di fallimento nel raggiungimento degli obiettivi scolastici, rischio di comportamenti di disubbidienza e oppositività)
3. gruppo coetanei: prime interazioni con coetanei sono il luogo privilegiato per osservare le abilità relazionali, reciprocità, socialità. Il tempo trascorso con coetanei permette di sviluppare maggiore comprensione interpersonale e condotte prosociali. Ci sono bambini incapaci di risolvere conflitti, sviluppare amicizie (attirano l’attenzione, trascorrono molto tempo al di là delle attività di gioco, non riconoscono le regole del gruppo), vanno incontro al rifiuto sociale. I bambini antisociali tendono ad attribuire intenzioni ostili ai loro compagni, hanno modalità di risposta impulsive; alla consapevolezza di non essere accettati dai compagni si associa una maggior difficoltà a mettere in atto condotte socialmente accettabili
Dall’antisocialità alla delinquenza: aggressività precoce è associata all’antisocialità in adolescenza e criminalità adulta. Secondo fasce d’età:
- 3/6 anni: appropriazione di oggetti, distruttività
- 11/12 anni: marinare scuola, vandalismo, menzogne
- Dai 14: uso sostanza alcoliche e droghe
Se l’aggressione diventa una modalità di controllo del comportamento e proprietà altrui è probabile che i comportamenti antisociali continuino nel corso del tempo.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Antonella Bastone
[Visita la sua tesi: "L’anoressia mentale in adolescenza: analisi multidimensionale dell'autostima"]
[Visita la sua tesi: "Corpo, modelli estetici e disturbi del comportamento alimentare. Un’interpretazione socioculturale."]
- Università: Università degli Studi di Torino
- Facoltà: Scienze della Formazione
- Esame: Igiene mentale
- Docente: Chiara Marocco Muttni
- Titolo del libro: Dizionario di psicologia dello sviluppo
- Autore del libro: a cura di S. Bonino
- Editore: Einaudi
- Anno pubblicazione: 2002
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