Affido etero-familiare
Istituto recente nella legislazione italiana (legge 184 del 1983), ha lo scopo di fornire a bambini con genitori temporaneamente non in grado di provvedere al loro allevamento un ambiente familiare più adatto di quello tradizionale dell’istituto. È un modo per prevenire l’abbandono definivo e conseguenze psicologiche sul bambino.
Motivi: realtà contingenti che rendono la famiglia originaria temporaneamente incapace di allevarlo o situazioni di fragilità, multiproblematicità familiare che possono essere superate con intervento dei servizi socioassitenziali e il temporaneo allontanamento del figlio (es. malattie, crisi familiari anche economiche, trascuratezza, maltrattamento, disorganizzazione familiare). Necessità di temporaneità dell’intervento per mantenere e sviluppare i rapporti con genitori così da favorire il rientro in famiglia (lavoro di sostegno su famiglia d’origine e collaborazione tra le 2 famiglie).
Problemi:
- consenso da parte della famiglia d’origine non sempre facile (esiste l’intervento giudiziario quando l’allontanamento è necessario e non c’è consenso), motivi possibili: comparsa di nuove figure allevanti e timore di perdita, percepire la genitorialità come fonte d’autostima (l’incapacità genitoriale incide sui meccanismi di autovalutazione e sicurezza personale, senso di fallimento, svalutazione sociale)
- allontanamento del bambino: cambiamento di riferimenti e relazioni interpersonali (perplessità, ansia). Il bambino può legarsi alla famiglia d’origine anche se poco disponibile o adatta nei suoi confronti (seno di perdita), soprattutto se il bambino ha percepito il bisogno che il genitore ha di lui (si sente utile, indispensabile all’adulto, gli infonde sicurezza, è dannoso per sua crescita, provoca confusione di ruoli); essere allontanato può incrementare la percezione d’emarginazione (rinuncia, depressione, rifiuto situazione, elaborazione di comportamenti ipercompensatori, dipendenza, passività)
- vivere una situazione di appartenenza a 2 famiglie: necessità di vivere la doppia collocazione senza conflittualità per strutturare un’identità adeguata; le due famiglie devono collaborare, spesso sono reciprocamente in competizione e vivono la presenza dell’altra come intrusione; spesso la famiglia affidataria tende a svalutare i genitori veri e porsi in posizione di sostituzione anziché di aiuto temporaneo. È ancor più difficile se non c’è comunicazione tra le 2 famiglie, il bambino è costretto a elaborare da solo le sue ipotesi di appartenenza familiare.
Elementi indispensabili x una buona riuscita:
- dinamiche personali e relazionali del bambino e sue possibili reazioni: programmazione d’interventi adeguati per garantire un reale miglioramento delle sue condizioni
- individuazione di nuovi contesti familiari effettivamente in grado di aiutarlo
- programmazione di un sostegno a tutti gli adulti implicati nell’allevamento in un concreto di fiducia reciproca
- verifica sistematica dell’evoluzione della situazione per poter individuare con opportuni interventi difficoltà di adattamento, disfunzioni relazionali che coinvolgono tutto il sistema allevante che possono rendere inutile o rischioso per il bambino il provvedimento preso.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Antonella Bastone
[Visita la sua tesi: "L’anoressia mentale in adolescenza: analisi multidimensionale dell'autostima"]
[Visita la sua tesi: "Corpo, modelli estetici e disturbi del comportamento alimentare. Un’interpretazione socioculturale."]
- Università: Università degli Studi di Torino
- Facoltà: Scienze della Formazione
- Esame: Igiene mentale
- Docente: Chiara Marocco Muttni
- Titolo del libro: Dizionario di psicologia dello sviluppo
- Autore del libro: a cura di S. Bonino
- Editore: Einaudi
- Anno pubblicazione: 2002
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