La gerarchia della nobiltà tedesca - 1500/1700 -
La gerarchia della nobiltà tedesca - 1500/1700 -
Tornando al nostro quesito, non possiamo anzitutto identificare la nobiltà esclusivamente con i signori feudali o con la classe dominante. Il quadro era molto più articolato. La gerarchia, nel caso tedesco, ad esempio, era questa:
- Re, prìncipi e vescovi – prìncipi che avevano conquistato il potere supremo durante la formazione dello stato assoluto. I Reichsfursten. Avevano l'imperatore sopra di loro, è vero, ma regnavano indisturbati nei loro stati.
- Nobiltà regionale. Insediata e radicata alla terra, aveva la peculiarità di essere di “vecchia data”, coltivandone pazientemente la coscienza e impedendo che cadessero in disuso gli antichi segni giuridici e cerimoniali che l'attestavano. L'accesso alle diete era il privilegio più esclusivo, considerato che per accedervi bisognava dimostrare di avere otto antenati nobili nell'albero genealogico.
- Nobiltà acquisita o nobiltà dei funzionari.
- Cavalleria dell'impero e ordini cavallereschi.
Per comprendere meglio la situazione della nobiltà europea tra 1500 e 1700 ci rifacciamo dunque al caso esemplare della Germania, partendo dal 1500. Per questo ceto, di solito, l'inizio e spesso anche l'intera età moderna viene vista come un'epoca di crisi. Ma di che crisi si è trattato? Riguardava l'intero ceto nel suo complesso? Se consideriamo il campo economico che offre alcuni utili argomenti, vediamo che la nobiltà fondiaria aveva eccezionalmente sofferto della depressione agraria tardomedievale. I prezzi dei cereali erano bassi e la vendita dei prodotti difficile; i nobili non erano del resto abituati a svolgere altri lavori. La buona congiuntura agraria del 1500 produsse una svolta nelle cose ma la posizione di partenza dei nobili non fu sempre delle più favorevoli. Per ottenere forza – lavoro aveva ceduto molta terra a condizioni vantaggiose di lunga durata e di queste condizioni, con l'inflazione, i contadini colonizzatori ne approfittavano traendone ulteriori vantaggi. È anche vero che questa non fu una tendenza generale del 1500 dato che la signoria fondiaria e i diritti giurisdizionali che le erano spesso connessi, erano strutture abbastanza potenti da consentirle di uscire vincitrice da ipotetiche lotte di distribuzione coi contadini.
La situazione fu meno brillante solo là dove la nobiltà si sclerotizzò nella conduzione diretta, come nel sud – ovest tedesco, nella comoda ma pericolosa posizione del rentier. Nel complesso, dunque, vediamo la nobiltà ben piazzata in agricoltura e sotto questo aspetto l'area della sua massima compattezza e potenza fu quella delle tenute nobiliari a est dell'Elba. La tesi della ristrettezza e chiusura della casta feudale a cui ci hanno abituato i manuali è errata: l'aristocrazia, specie nel Settecento, fu largamente impegnata in diversi settori commerciali e industriali.
Si trattò allora di una crisi di collocazione e di coscienza politica? Qui, indubbiamente, sono necessarie considerazioni più dettagliate. Con l'inizio dell'età moderna, nell'Europa centrale e occidentale, l'epoca d'oro dell'autolegittimazione signorile da parte della nobiltà era praticamente finita. Poche famiglie erano riuscite ad appropriarsi, nel quadro della formazione dello stato territoriale, di una quota maggiore di potere, approdando all'autorità imperiale. In linea generale si può affermare che da allora in poi l'antica nobiltà non avrebbe più avuto accesso al potere statale. Da allora molti saranno gli episodi di sommosse e tentativi nobiliari di accesso, ma mai senza grossi risultati. Questi erano senza dubbio segni di una profonda crisi di coscienza dell'antica nobiltà, alla quale erano venute a mancare due colonne della sua esistenza sociale: la giurisdizione autonoma del diritto feudale e il servizio personale nell'esercito e nelle guerre del suo feudatario. A ciò si aggiungeva il fatto che alla fine del Cinquecento le spropositate esigenze di status superavano ampiamente le sue possibilità finanziarie. Il risultato fu che tanto l'alta aristocrazia inglese che quella spagnola e così pure la nobiltà di spada francese in questo periodo si trovavano gravemente indebitate; ciò acutizzò ancor più la dipendenza a cui cercavano di sottrarsi, dall'alto nei confronti dello stato e dal basso nei confronti dei membri abbienti dei ceti inferiori.
Il principato sostanzialmente trasse vantaggio da questo stato di cose. Le dinastie dominanti non avevano il minimo interesse ad eliminare la nobiltà da cui essi stessi provenivano, ma puntavano alla repressione delle sue ambizioni feudali e alla sua integrazione nella corte e nello stato; un obiettivo poco a poco raggiunto. I principi, infatti, immisero a poco a poco la nobiltà nella nuova realtà dello stato moderno. Questo presupponeva una tecnica consumata di dominio; bisognava privilegiare costantemente la nobiltà senza mai lasciarle in mano le redini della politica, ciò che ad esempio non riuscì alla debole monarchia spagnola dopo Filippo II. La Spagna è in questo periodo di nuovo in balia dell'alta nobiltà e la sua direzione politica in mano ai Grandi di Spagna. Qualcosa di simile accadeva anche nei piccoli stati italiani, retti da potentati locali o viceré asburgici.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Gherardo Fabretti
[Visita la sua tesi: "Le geometrie irrequiete di Fleur Jaeggy"]
[Visita la sua tesi: "Profezie inascoltate: il "Golia" di Giuseppe Antonio Borgese"]
- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Storia moderna
- Docente: Gino Longhitano
- Titolo del libro: Alle origini dell'età moderna
- Autore del libro: Ernst Hinrichs
- Editore: Laterza
- Anno pubblicazione: 2005
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