L'alleanza comunista del dopoguerra
Ciò non vuol dire che gli operai non avessero maturato delle istanze e delle richieste compiute. Il desiderio di ricostruzione dopo le tremende distruzioni degli anni della guerra era forte, come la diffusa attesa di profonde riforme sociali ed economiche. Eppure queste aspirazioni non trovarono uno sbocco politico adeguato nel Partito Comunista, anche se sulla carta esso sembrava rispondere perfettamente ai bisogni del movimento operaio. È innegabile però il fatto che i comunisti continuassero a sostenere che la rivoluzione era impossibile (truppe alleate rimasero fino al 1947 in Italia), per quanto sostenessero una realizzabilità concreta delle riforme, magari grazie ad una forte e continua alleanza a larghe maglie tra PCI, DC e PSIUP, i tre grandi partiti di massa. Non si può del resto accusare i comunisti di non avere tentato la rivoluzione, impraticabile, oggettivamente, per la continua presenza alleata prima e per la dottrina Truman dopo, e soggettivamente, per la mancanza di una diffusa coscienza rivoluzionaria.
È anche vero che le colpe ci furono: sprecarono tutte le occasioni di ottenere per il movimento operaio significativi progressi pur all'interno di un quadro capitalistico. Nel periodo 1943 – 1945 il PCI rinviò ogni riforma in nome dell'unità nazionale, e negli anni successivi, fino alla disfatta del 1948, la sua miopia lo portò a vedere come unici strumenti per la realizzazione delle riforme il terreno politico e l'alleanza con la DC. Togliatti vide in De Gasperi un progressista e si illuse di poter giungere con lui a grandi riforme condivise; non solo era un giudizio sbagliato sulla persona, ma anche un tragico errore di valutazione della natura della DC.
Tra il 1945 e il 1947 il PCI, per mantenere l'alleanza, fece larghe concessioni alla DC, che non mancò di coglierle al volo, diventando sempre più il partito di tutti coloro – ed erano tanti – che vedevano nella democrazia progressiva una brutta minaccia. Questo desiderio di intesa tra i partiti tanto sbandierata da Togliatti era un fossile della Terza Internazionale che finì per azzoppare il partito a colpi di moderazione ed elettoralismo, vedendo il PCI nell'aumento del consenso elettorale l'unico strumento per spostare l'equilibrio del potere nel parlamento. Era invece
l'attivismo della classe operaia lo strumento più forte e il partito lo affossò miseramente.
Non solo. Il PCI registrò minori successi della DC anche nell'attrarre i settori intermedi della società, compito per loro parecchio più arduo: come si fa a parlare di alleanza con la classe operaia contro il capitalismo monopolistico ad una classe la cui cultura era di formazione fascista e capitalista? Se in alcune aree dell'Italia centrale le fatiche furono ripagate con i voti dei mezzadri e degli artigiani, in altre, la lentezza nel costruire una organizzazione di contadini proprietari antagonista alla Coldiretti fallì, lasciando le mani libere alla DC.
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Autore:
Gherardo Fabretti
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[Visita la sua tesi: "Profezie inascoltate: il "Golia" di Giuseppe Antonio Borgese"]
- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Storia contemporanea
- Docente: Salvatore Adorno
- Titolo del libro: Storia d'Italia 1943 - 1996
- Autore del libro: Paul Ginsborg
- Editore: Einaudi
- Anno pubblicazione: 1989
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