La tragica conlcusione di Le Menzogne della notte - Bufalino -
Stessa chiave anche per la tragica conclusione delle Menzogne della notte. La lettera sancita dal suicidio del Governatore ma di fatto segnata dal possibilismo di un ultimo interrogativo che riassume il nodo del sentimento e dell'incredulità dello stesso Bufalino. Sulle soglie di una morte volontaria, determinata proprio dall'indistricabilità dei dubbi, Sparafucile si consegna all'unica possibile e attendibile rivelazione, lasciando però il lettore ancora una volta nell'oscurità.
La stessa lettera con cui Sparafucile annuncia al sovrano la sua intenzione di morire, mette non a caso nuovamente in gioco la conclusione della detection precedentemente data per buona, veicolando questa reimmersione nella dimensione del mistero attraverso delle “carte trovate su un piccione da un cacciatore”. Il rilancio degli interrogativi da parte di Sparafucile si propone in tal senso come speculare a quello operato dallo scrittore, anch'egli colombo viaggiatore che ignora il messaggio portato sotto l'ala e anch'egli interprete attivo e passivo di una coazione all'occultamento che more solito non manca di tradire nelle consuete agevolazioni confezionate ad uso e consumo del suo pubblico. Nell'esporre la trama del romanzo in Cur? Cui? Quis? Quomodo? Quid? Bufalino omette ad esempio sia l'esistenza, accanto ai quattro condannati, di un quinto personaggio (Sparafucile appunto) sia come la vicenda ruoti interamente intorno allo svelamento dell'identità del cosiddetto Padreterno a capo della congiura contro il sovrano, riproducendo e amplificando, attraverso l'infedeltà della parziale spiegazione, l'idea stessa del libro come luogo oscuro. Tutta la fabula, del resto, ruota intorno al tema di un camuffamento ontologico. Nel testo ciò si ripercuote a vari livelli, in base ad un preciso disegno dell'autore e da lui in qualche modo schematizzato in quarta di copertina. Una serie di analoghe alternative condurrà del resto al suicidio Sparafucile, incerto persino sulle intenzioni di quella mortifera bestiola che gli stava allocata “al centro del cerebro”, una chiara metafora non solo di una malattia incombente ma anche del tarlo del dubbio, di quello più radicale, costantemente presente tra le righe della tormentosa quete notturna. Dietro la ricerca caparbia del Padreterno, l'autore primo e il domino della congiura, si nasconde esplicitamente l'inchiesta sull'Altro Padreterno, nel nome del quale il Governatore porta del resto dichiaratamente avanti il proprio compito e la propria Causa. La sovrapposizione risulta peraltro esplicita sin dalle prime pagine del romanzo, allorché Consalvo, tormentato dal consueto quanto misterioso dolore fisico ad opera di un “topo” o forse di “Dio” si chiede “se non sia meglio pregare”. Tra barlumi di luce e buchi di oscurità, la volontà di capire, sapere, scoprire cerca così di farsi largo nel Governatore, per paradosso diviso anche fisicamente l'unico occhio che vede e “l'altro, orbo sotto la benda, fissa in un immutabile nero”, dove peraltro, proprio in nome di un'insolubile difficoltà di conoscenza “ha sede la seconda metà, la più vera, dell'esistenza”. Ne risulta inevitabilmente minata la possibilità di una Fede che per sua natura richiede abbandono e non comprensione critica, quella fede che pure era stata dal personaggio apertamente professata sotto le mentite spoglie di frate Cirillo, ma che non a caso si denunciava già pericolosamente inficiata da raziocinanti tentazioni di prese di coscienza direttamente ereditate dalle inquietudini di altre precedenti maschere narrative bufaliniane. Davanti al mistero della morte e dell'esistenza lo scrittore spinge, in questo libro, il suo personaggio, a chiedere conto fino in fondo di quel mistero, a farsi sciascianamente inquisitore del mondo e poliziotto di Dio. E per capire, l'unica strada percorribile è quella di Sparafucile nel momento stesso in cui dà concretezza fattuale al suo nomignolo. Il puparo scrittore manda così il puparo governatore allo scontro definitivo col puparo Padreterno, del quale solo chi compie il passo estremo può però conoscere l'esito, fugando in tal modo ogni lacerante interrogativo. Per lo scrittore, che si ferma al di qua di quella soglia, una possibile alternativa è tuttavia insita nello stesso gioco di specchi e di raddoppiamenti consentito dalla letteratura, il quale, garantendogli di diritto il ruolo di creatore artificiale di misteri e menzogne, gli permette allo stesso tempo di esorcizzarne la portata e di ricondurre sotto la propria giurisdizione narrativa ciò che non può essere spiegato. La letteratura diviene ancora una volta una tana rassicurante all'interno della quale anche l'inspiegabile può essere addomesticato attraverso “inconcludenti” esercitazioni investigative fini a sé stesse e costantemente contrassegnate dalla solida garanzia di una inespugnabile autoreferenzialità. Lo scrittore ne è onnipotente, onnisciente e incontrastato artefice, doppio tanto di chi investiga quanto di chi è oggetto dell'investigazione, di chi dà vita all'enigma e di chi si affanna a svelarlo, in un indistricabile rimpiattino con lo specchio nel quale la vera vittima da lasciare senza risposte non è altri, alla fine, che il disarmato lettore antagonista.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Gherardo Fabretti
[Visita la sua tesi: "Le geometrie irrequiete di Fleur Jaeggy"]
[Visita la sua tesi: "Profezie inascoltate: il "Golia" di Giuseppe Antonio Borgese"]
- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Letteratura italiana moderna e contemporanea
- Docente: Maria Caterina Paino
- Titolo del libro: Dicerie dell'autore
- Autore del libro: Maria Caterina Paino
- Editore: Olschki
- Anno pubblicazione: 2010
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