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L'ambiguità delle opere di Bufalino

L'ambiguità delle opere di Bufalino


Abitudine di Bufalino è di lasciare il lettore di continuo in sospeso, una sorta di “dippiù di crudeltà” coltivato e perfezionato nel tempo quale ricercata amplificazione dell'ambiguità che regna sovrana nei suoi testi. La tendenza all'omissione si rivela per molti aspetti come l'altra faccia dell'amor di menzogna, differente manifestazione di una reiterata e precisa volontà di nascondimento veicolata in questo caso attraverso la consegna del lettopre all'irredimibile dubbio del non detto.
La sicilitudine si sposa ancora una volta col barocchismo e Bufalino è il primo a definirsi come scrittore di dubbi e non di sicurezze, saldamente ed esclusivamente ancorato a quella contraddittoria dimensione letteraria nella quale la realtà è solo una maschera del mistero e viceversa. All'interno della sua scrittura dominano un esorbitante uso della metafora e un dichiarato gusto dell'ossimoro, entrambi espressione di uno scarto tanto più suggestivo quanto più ampia si presenti la crepa di buio che divide i termini messi a confronto. Anche la retorica si sporge sull'oscuro abisso di una vertiginosa inquietudine fedele e congruente al ruolo di scrittore che si è dato Bufalino: guardiano della legge e turbatore della quiete, un Prometeo che porta agli uomini il segreto della cenere. L'oscurità legata alla scrittura riguarda lo stesso emissario di essa, che è un seminatore di sciarade, di cifre nel tappeto, di cui persino lui perde la chiave interpretativa, del tutto simile ad un piccione viaggiatore che ignora il messaggio recato sotto la propria ala. La ricerca del fruirore non ha dunque speranze di riuscita dal momento che neanche l'autore conosce le risposte ultime ai suoi testi. Il successo del giallo, secondo Bufalino, sta nel potervi trovare dentro consolazione e risarcimento nel finale, con la scoperta del colpevole, cosa che nella vita non accade. Invece in Bufalino il mancato approdo a verità contingenti, intorno alla cui scoperta ruota di volta in volta l'organizzazione diegetica, rappresenta uno scacco gnoseologico doppio, reale e sovrannaturale, proiezione dell'ansia di ognuno di dare altrettante risposte alle mille domande che la creazione gli pone, malgrado lo sconcertante sospetto che tutto nell'universo s'è svolto e svolge per approdare ad uno sterminato punto interrogativo.


Tratto da LETTERATURA ITALIANA MODERNA E CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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