Il dibattito sui generi letterari del '500
Il Cinquecento è stato il secolo in cui maggiormente si è dibattuto di generi letterari. La letteratura fonda e si organizza i diversi tipi di scrittura su convenzionali distinzioni tra forme, temi e linguaggi: tragedia, epica, commedia, lirica, satira, epigramma, elegia. Lo spazio letterario è ripartito e ordinato, proliferano le accademie; la letteratura diventa critica, incorpora le proprie ragioni e le mette in luca con una consapevolezza metapoetica prima sconosciuta.
L'archetipo tassonomico è naturalmente Aristotele, ideale anche se non storico. L'Ars Poetica di Orazio fu presto sentita troppo vaga e generica. È un errore comunque sostenere che la teoria cinquecentesca dei generi derivi da Aristotele. Si è invece cercato di adattare la schematicità di Aristotele al Cinquecento, arricchendo le sue teorie, forti della sua auctoritas. L'atto di nascita di una teoria dei generi basata su Aristotele è firmata Giovan Battista Giraldi Cinzio, che scrisse un Discorso over Lettera intorno al comporre delle commediee delle tragedie, pubblicato nel 1554 ma scritto già nel 1543.
La definizione dei generi non è però né astratta né puramente precettistica e tiene conto del contemporaneo stato della produzione letteraria, come mostra il caso dell'epica, genere principe del Rinascimento. Solo in seguito all'enorme successo di un poema tanto anticlassico come l'Orlando Furioso di Ariosto, i teorizzatori di scuola neoaristotelica sentirono il bisogno di definire il genere epico secondo criteri coerenti.
Ne nacque in dibattito che oppose i classicisti, di stretta osservanza, che ponendosi alla guida della controversia, si ostinavano a considerare il poema ariostesco in termini di poema epico notando tutte le difformità tra il presunto modello antico e l'opera di Ariosto (mancanza di unità, invadenza del narratore, carattere immorale di alcuni episodi, eccesso del meraviglioso) e i modernisti, che vedevano nel poema il nuovo genere del romanzo o la sostanziale tradizionalità di certe caratteristiche, evidenziando l'ideale discendenza del poema dalle Metamorfosi di Ovidio, pur senza riuscire a difendere completamente il testo dall'accusa di discontinuità.
In questo senso è interessante la posizione progressista di un aristotelico come Giraldi Cinzio, che difende l'Orlando Furioso nel suo Discorso intorno al comporre romanzi (1554), rivolto a sottolineare la differenze tra il poema dell'Ariosto e l'epos antico, promuovendo la novità della forma romanzesca e la sua emancipazione dalle regole della Poetica.
Si manifesta in effetti una crisi dell'ortodossia classicista: Tasso comprende che una accettazione pedissequa dei principi aristotelici non porta a nulla e l'esempio più lampante è quella Italia liberata dai Goti scritta da Giangiorgio Trissino nel 1548.
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Autore:
Gherardo Fabretti
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- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Letterature comparate
- Docente: Domenico Tanteri
- Titolo del libro: Letteratura comparata
- Autore del libro: Nicola Gardini
- Editore: Nuova Italia
- Anno pubblicazione: 2003
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